sabato 8 dicembre 2012

La Parola di Dio planò su Giovanni, nel deserto

   


Chiunque predica la fede retta e le buone opere,  
che cos’altro fa se non preparare una via al Signore  
che viene nei cuori di chi ascolta? 
S. Gregorio Magno, Omelia 20, 3 

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Oggi 9 dicembre celebriamo la 

II DOMENICA DI AVVENTO

 Anno C

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Sulla figura di Giovanni Battista vedi i post con la relativa etichetta, particolarmente i seguenti:



23 Giu 2011
TESTIMONE DELL'AGNELLO. MORCELLIANA 1965. Titolo originale dell'opera: Jean Baptiste témoin de l'Agneau, Trad. di Velleda Minelli Meneghetti. PREFAZIONE I manoscritti del Mar Morto hanno portato un rinnovato interesse ...



11 Dic 2011
Il Mistero dell'Avvento - Jean Danielou (3). SECONDA PARTE GLI ULTIMI PRECURSORI. Capitolo primo. GIOVANNI IL PRECURSORE. Studiando l'Antico Testamento abbiamo già veduto come Dio, agendo nel tempo e ...




Voce di uno che grida nel deserto
Dal «Commento sul profeta Isaia» di Eusebio, vescovo di Cesarea.
(Cap. 40, vv. 3. 9; PG 24, 366-367)

Voce di uno che grida nel deserto: «Preparate la via al Signore, appianate nella steppa la strada per il nostro Dio» (Is 40, 3).
Dichiara apertamente che le cose riferite nel vaticinio, e cioè l'avvento della gloria del Signore e la manifestazione a tutta l'umanità della salvezza di Dio, avverranno non in Gerusalemme, ma nel deserto. E questo si è realizzato storicamente e letteralmente quando Giovanni Battista predicò il salutare avvento di Dio nel deserto del Giordano, dove appunto si manifestò la salvezza di Dio. Infatti Cristo e la sua gloria apparvero chiaramente a tutti quando, dopo il suo battesimo, si aprirono i cieli e lo Spirito Santo, scendendo in forma di colomba, si posò su di lui e risuonò la voce del Padre che rendeva testimonianza al Figlio: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo» (Mt 17, 5).
Ma tutto ciò va inteso anche in un senso allegorico. Dio stava per venire in quel deserto, da sempre impervio e inaccessibile, che era l'umanità. Questa infatti era un deserto completamente chiuso alla conoscenza di Dio e sbarrato a ogni giusto e profeta. Quella voce, però, impone di aprire una strada verso di esso al Verbo di Dio; comanda di appianare il terreno accidentato e scosceso che ad esso conduce, perché venendo possa entrarvi: Preparate la via del Signore (cfr. Ml 3, 1).
Preparazione è l'evangelizzazione del mondo, è la grazia confortatrice. Esse comunicano all'umanità al conoscenza della salvezza di Dio.
«Sali su un alto monte, tu che rechi liete notizie in Sion; alza la voce con forza, tu che rechi liete notizie in Gerusalemme» (Is 40, 9).
Prima si era parlato della voce risuonante nel deserto, ora, con queste espressioni, si fa allusione, in maniera piuttosto pittoresca, agli annunziatori più immediati della venuta di Dio e alla sua venuta stessa. Infatti prima si parla della profezia di Giovanni Battista e poi degli evangelizzatori.
Ma qual è la Sion a cui si riferiscono quelle parole? Certo quella che prima si chiamava Gerusalemme. Anch'essa infatti era un monte, come afferma la Scrittura quando dice: «Il monte Sion, dove hai preso dimora» (Sal 73, 2); e l'Apostolo: «Vi siete accostati al monte di Sion» (Eb 12, 22). Ma in un senso superiore la Sion, che rende nota le venuta di Cristo, è il coro degli apostoli, scelto di mezzo al popolo della circoncisione.
Si, questa, infatti, è la Sion e la Gerusalemme che accolse la salvezza di Dio e che è posta sopra il monte di Dio, è fondata, cioè, sull'unigenito Verbo del Padre. A lei comanda di salire prima su un monte sublime, e di annunziare, poi, la salvezza di Dio.
Di chi è figura, infatti, colui che reca liete notizie se non della schiera degli evangelizzatori? E che cosa significa evangelizzare se non portare a tutti gli uomini, e anzitutto alle città di Giuda, il buon annunzio della venuta di Cristo in terra?
 
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Cf Is 30,19.30
Popolo di Sion, il Signore verrà a salvare i popoli
e farà sentire la sua voce potente
per la gioia del vostro cuore.
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Colletta
Dio grande e misericordioso, fa' che il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio, ma la sapienza che viene dal cielo ci guidi alla comunione con Cristo, nostro Salvatore. Egli è Dio...
   
LITURGIA DELLA PAROLA
 
Prima Lettura  Bar 5,1-9
Dio mostrerà il tuo splendore ad ogni creatura.
 

Dal libro del profeta Baruc
Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell'afflizione,
rivestiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre.
Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio,
metti sul tuo capo il diadema di gloria dell'Eterno,
perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo.
Sarai chiamata da Dio per sempre:
«Pace di giustizia» e «Gloria di pietà».
Sorgi, o Gerusalemme, sta' in piedi sull'altura
e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti,
dal tramonto del sole fino al suo sorgere,
alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio.
Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici;
ora Dio te li riconduce in trionfo come sopra un trono regale.
Poiché Dio ha deciso di spianare
ogni alta montagna e le rupi perenni,
di colmare le valli livellando il terreno,
perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio.
Anche le selve e ogni albero odoroso
hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio.
Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria,
con la misericordia e la giustizia che vengono da lui.
 Salmo Responsoriale  Dal Salmo 125
Grandi cose ha fatto il Signore per noi.
   
Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.
 
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.
 
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte.
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
 
Nell'andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

Seconda Lettura  Fil 1,4-6,8-11
State integri e irreprensibili per il giorno di Cristo.
 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fratelli, sempre, quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente. Sono persuaso che colui il quale ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.
Infatti Dio mi è testimone del vivo desiderio che nutro per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio. 

 
Canto al Vangelo   Lc 3,4-6
Alleluia, alleluia.
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Alleluia.
  
  
Vangelo
  Lc 3,1-6
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!.
Dal vangelo secondo Luca
Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesa­re, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea. Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Parola del Signore.

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COMMENTI

1. CONGREGAZIONE PER IL CLERO

In questa seconda Domenica d’Avvento, la Chiesa sembra come “attirarci”, sempre di più, verso il “Fatto” che ha cambiato la storia dell’umanità, verso l’Avvenimento che è a fondamento di quella “nuova storia”, che, ora, abbraccia l’umanità e che celebreremo nella Notte di Natale: Gesù di Nazareth, Signore e Cristo, Incarnato, morto e risorto per noi.
Sono due, nella Liturgia odierna, i modi, nei quali la Chiesa ci introduce alle soglie del Mistero del Natale: dandoci le coordinate storico-politiche del Fatto, di cui stiamo parlando, e facendoci incontrare colui, che di questo Fatto, è stata la voce.
Anzitutto, guardiamo alle coordinate storico politiche del Fatto: San Luca ci riferisce chi era l’imperatore di allora, chi il governatore della Giudea, quali i tetrarchi e chi i sommi sacerdoti d’Israele. Dio non si affaccia genericamente sulla storia dell’umanità, ma entra in una storia, in un popolo e in un luogo ben determinati, nei quali attirerà, poi, l’umanità intera, come abbiamo ascoltato nella straordinaria profezia del profeta Baruc: «Sorgi, o Gerusalemme, sta’ in piedi sull’altura e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo come sopra un trono regale» (Bar 5,5).
Veniamo così condotti, progressivamente, a quella “concretezza” estrema di Dio che è il Mistero dell’Incarnazione: Dio si rende incontrabile in un particolare momento storico e in un determinato popolo, ma non solo; Egli si fa incontrare addirittura in una “persona”, nella Persona di Gesù di Nazareth, il Figlio Unigenito dell’Eterno Padre, concepito da Maria Vergine e dato alla luce a Betlemme di Giudea.
Dio, però, non ha operato e non opera in questa particolare storia, per merito dell’uomo. Non vi è nell’uomo e nel suo operare, infatti, alcuna “ragione” per meritare la venuta di Dio; non vi è nell’universo un solo atomo che possa meritare una tale grazia! Dio si china su di noi, in questa nostra concretissima vicenda, perché nel Mistero della Sua sovrana Libertà, Egli vuole così. Certamente, eleggendosi un popolo, il popolo di Israele, Egli ha voluto anche “educare” l’uomo a domandare il Suo intervento, ad implorare il Suo perdono, la Sua grazia, ma Egli, ultimamente, interviene per un atto assolutamente gratuito della Sua Volontà.
Guardiamo sempre con infinita gratitudine a Gesù e domandiamo di incontrarLo: Egli, Bambino nella culla di Betlemme, è “per noi”, Egli è per ciascuno di noi. Ed è tanto più evidente l’incommensurabile grandezza di questo Dono, quanto più accettiamo di riconoscere che non lo meritiamo, che nulla in noi merita tanto. Non attendiamo, perciò, un tempo favorevole per incontrare il Signore, non aspettiamo di meritare il dono della Fede o di una Fede più ardente e profonda, ma domandiamo che Egli intervenga nella nostra vita, che Si mostri a noi, che ci apra gli occhi, perché la Fede, cioè l’incontro con Lui, è una “grazia”, che Egli vuole accordarci – anzi che nel Battesimo ci ha accordato definitivamente - e che ci invita a domandare, perché, desiderandola, possiamo accoglierla con sempre maggiore frutto.
E, infine, la Chiesa ci fa incontrare, nella Liturgia odierna, colui che di questo Fatto, è la voce: il figlio di Zaccaria e di Elisabetta, il cugino di Gesù, Giovanni Battista, eletto da Dio per diventare il Profeta del Suo Figlio. Giunge a noi quella voce che sapremo spegnersi presto, nel martirio, per lasciare posto a Colui che è la Parola, la Parola Eterna del Padre, Cristo Signore.
E cosa dice Giovanni? Qual è il suo messaggio? Egli ci invita, anzitutto, ad un’azione, dicendo: «preparate la via del Signore, raddrizzate i Suoi sentieri»; ma, poi, aggiunge – attraverso quello, che gli esegeti chiamano il “passivo teologico” – che questa azione sarà compiuta da Dio stesso: «le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate». Equivale a dire: «Non ponete ostacoli sulla via del Signore, ma domandate, implorate che Egli venga e “lasciate” che giunga fino a voi». Sì, perché Dio ha deciso di non salvarci senza di noi. Egli non vuole fare a meno del “sì” di Maria, per farsi uomo; vuole essere annunciato, per la prima volta, all’umanità da Giovanni, figlio di Zaccaria; ha costituito gli Apostoli, i Sacerdoti, quali strumenti “necessari” della Sua opera di Salvezza; ha costituito la Chiesa quale “luogo” dell’Incontro con Lui, e domanda, ora, il nostro personale “sì” per salvarci: «Preparate la via del Signore […]. Le vie tortuose diventeranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la Salvezza di Dio».
Maria Immacolata, la Dimora che Dio stesso si è preparata per farsi uomo ed entrare nel mondo, l’umilissima creatura che ha accettato e domandato che avvenisse di Lei quanto l’Angelo aveva detto, ci ottenga Lei la grazia di implorare ed accogliere l’Incontro con Cristo e la radicale trasformazione, che da questo Incontro, sempre, scaturisce. Amen!
 2. p. Raniero Cantalamessa ofmcapp.

Il Vangelo di questa Domenica è occupato per intero dalla figura di Giovanni Battista. Fin dal momento della sua nascita, Giovanni Battista fu salutato dal padre Zaccaria come profeta: “E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade” (Lc 1, 76).
Cosa ha fatto il Precursore per essere definito un profeta, anzi “il più grande dei profeti” (cfr. Lc 7,28)? Anzitutto, sulla scia degli antichi profeti di Israele, egli ha predicato contro l’oppressione e l’ingiustizia sociale. Nel Vangelo di Domenica prossima lo sentiremo dire: “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto”. Agli esattori delle tasse, che tanto spesso dissanguavano i poveri con richieste arbitrarie, dice: “Non esigete nulla più di quanto vi è stato fissato”. Ai soldati, inclini alla violenza: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno” (cfr. Lc 3, 11-14). Anche le parole sui monti da spianare, le valli da colmare e i passi tortuosi da raddrizzare, potremmo oggi intenderle così: “Ogni ingiusta differenza sociale tra ricchissimi (i monti) e poverissimi (le valli) deve essere eliminata o almeno ridotta; le vie tortuose della corruzione e dell’inganno devono essere raddrizzate”.
Fin qui riconosciamo facilmente l’idea che abbiamo oggi del profeta: uno che spinge al cambiamento; che denuncia le storture del sistema, che punta il dito contro il potere in tutte le sue forme -religioso, economico, militare-, e osa gridare in faccia al tiranno: “Non ti è lecito!” (Mt 14,4).
Ma Giovanni Battista fa anche una seconda cosa: dà al popolo “la conoscenza della salvezza, nella remissione dei suoi peccati” (Lc 1, 77). Dov’è, potremmo chiederci, la profezia in questo caso? I profeti annunciavano una salvezza futura; ma Giovanni Battista non annuncia una salvezza futura; indica uno che è presente. Egli è colui che punta il dito verso una persona e grida: “Eccolo!” (cf. Gv 1,29). “Quello che si è atteso per secoli e secoli, è qui, è lui!” Che brivido dovette passare quel giorno per il corpo dei presenti a sentirlo parlare così!
I profeti tradizionali aiutavano i contemporanei a oltrepassare il muro del tempo e vedere nel futuro, ma lui aiuta a superare il muro, ancora più spesso, delle apparenze contrarie e fa scoprire il Messia nascosto dietro le sembianze di un uomo come gli altri. Il Battista inaugurava così la nuova profezia cristiana, che non consiste nell’annunciare una salvezza futura (“negli ultimi tempi”), ma nel rivelare la presenza nascosta di Cristo nel mondo.
Che cosa ha da dire tutto ciò a noi? Che anche noi dobbiamo tenere insieme quei due aspetti del ministero profetico: impegno per la giustizia sociale da una parte, e annuncio del Vangelo dall’altra. Non possiamo dimezzare questo compito, né in un senso né nell’altro. Un annuncio di Cristo, non accompagnato dallo sforzo per la promozione umana, risulterebbe disincarnato e poco credibile; un impegno per la giustizia, privo dell’annuncio di fede e del contatto rigenerante con la parola di Dio, si esaurirebbe presto, o finirebbe in sterile contestazione.
Ci dice anche che annuncio del Vangelo e lotta per la giustizia non devono rimanere due cose giustapposte, senza legame tra di loro. Deve essere proprio il Vangelo di Cristo a spingerci a lottare per il rispetto dell’uomo, in modo da rendere possibile a ogni uomo “vedere la salvezza di Dio”. Giovanni Battista non predicava contro gli abusi da agitatore sociale, ma da araldo del Vangelo, per “preparare al Signore un popolo ben disposto” (Lc 1, 17).
* * *
3. Luciano Manicardi
La parola del profeta (I lettura), la predicazione di Giovanni Battista (vangelo), l’insegnamento dell’Apostolo (II lettura) sono le necessarie mediazioni della Parola di Dio. E il profeta, Giovanni Battista e Paolo sono imediatori che svegliano il popolo alla coscienza della salvezza che Dio sta operando nella storia e lo dispongono ad accoglierla. Per “vedere la salvezza di Dio” (cf. Lc 3,6) occorre che siano spianate le alture e colmate le valli che separano la terra della deportazione dalla terra d’Israele (Baruc), occorre che siano abbassate le montagne dell’orgoglio e colmate le valli della disperazione in un vero movimento di conversione (Luca), occorre mettere in atto il discernimento che conduce a una equilibrata visione di sé di fronte al Signore che viene (Filippesi).
In un contesto storico estremamente problematico sia dal punto di vista politico che religioso (l’occupazione romana della terra d’Israele e la situazione di degrado del sacerdozio gerosolimitano) la speranza viene dal deserto(cf. Lc 3,1-2). La storia di salvezza conosce i suoi re-inizi nei luoghi marginali, periferici, desertici, dove la Parola di Dio può trovare un uomo non distratto che lascia dispiegare su di sé la sua potenza. La purificazione della vita del popolo, la riforma della vita ecclesiale iniziano non da strategie innovative, ma da un uomo che osa lasciarsi purificare, plasmare, dare forma nuova dalla Parola di Dio. Giovanni, di stirpe sacerdotale (“figlio di Zaccaria”: Lc 3,2), diviene profeta: “la Parola di Dio fu su Giovanni”. La vicenda personalissima di un uomo che osa mettere il proprio cuore alla dura scuola del deserto viene fatta emergere accanto alla esteriorità eclatante della macrostoria (cf. Lc 3,1) e agli intrighi delle gerarchie religiose (il v. 2 fa allusione al fatto che Anna, dopo essere stato sommo sacerdote dal 6 al 15 d.C., continuò a controllare quella carica e a tenere le fila del potere religioso grazie ai suoi figli e poi al genero Caifa che subentrarono in quella carica). Carattere deprimente della situazione storica e squallore della “politica ecclesiastica” non distolgono Giovanni dall’abitare nel deserto per accogliere la Parola di Dio e vivere la propria conversione. Certo, questo significherà che la parola della sua predicazione sarà a lungo un far risuonare la sua voce nel deserto, nel nascondimento, nella marginalità, ma il lavoro operato dalla Parola di Dio su di lui lo renderà capace di chiedere poi conversione e di indicare ad altri la via per arrivare a vedere la salvezza di Dio.

le condizioni che ostacolano la visione della salvezza di Dio non si situano solo fuori di noi (situazione politica o ecclesiastica), ma anzitutto in noi. Monti da abbassare e burroni da riempire hanno una valenza simbolica (cf. Is 2,12-18) e ricordano al credente che il troppo alto e il troppo basso, l’orgoglio e l'io minimo, l’esaltazione e la depressione sono condizioni di accecamento. Sia il farsi un’immagine troppo alta di sé (cf. Rm 12,16), sia lo svalutarsi sconsideratamente (cf. Mt 6,26; Lc 12,24) nascono da uno sguardo così ripiegato su di sé che non sa vedere il Signore e la sua azione. Si tratta insomma di preparare nel proprio cuore una strada al Signore: del resto, la stessa azione di rendere diritto(vv. 4.5 cf. Lc 3,4-5) ha valenza simbolica e mira alla rettitudine del cuore (cf. At 8,21) necessaria per vedere la salvezza di Dio. O, se vogliamo, mira alla purificazione del cuore necessaria per vedere Dio: “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Mt 5,8).
La conversione appare così come la responsabilità che il credente ha nei confronti della Parola di Dio ma anche di “ogni uomo” (Lc 3,6: lett. “ogni carne”): la mia non-conversione ostacola anche l’altro a vedere la salvezza di Dio, mentre la mia conversione è già narrazione della salvezza che Dio opera. La conversione è dunque una preparazione, un essere pronti per il Signore, per la sua venuta: “Siate pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate” (Lc 12,40). L’esortazione diviene per noi, necessariamente, domanda: siamo pronti?

4. Enzo Bianchi

Anche in questa seconda domenica di Avvento la Parola di Dio ci invita a meditare sulla Venuta del Signore, e lo fa attraverso la figura di Giovanni il Battezzatore, colui che riassume in sé tutto l’Antico Testamento e lo unisce al Nuovo, il precursore del Messia Gesù nella vita come nella morte, da Gesù stesso definito “il più grande tra i nati di donna” (cf. Lc 7,28).
Luca esprime in modo particolarmente solenne l’entrata in scena di Giovanni il Battezzatore: “Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, … sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la Parola di Dio fu su Giovanni nel deserto”. Questa introduzione testimonia la vocazione profetica di Giovanni, il quale accetta di essere strumento della Parola di Dio, di farsi mediatore della sua potenza: la sua grandezza consiste nello spogliamento di sé che lo porta a un ascolto sempre più consapevole, affinché la Parola operi in lui. E ciò avviene nella storia, all’interno del dipanarsi di eventi che, segnati dall’arroganza del potere politico romano e dagli intrighi delle gerarchie religiose, sembrano contraddire il disegno di salvezza di Dio… Così appare in modo ancora più manifesto che è la Parola di Dio la vera protagonista: attraverso l’ascolto obbediente e l’acconsentimento di un uomo disposto a darle carne, attraverso Giovanni diventato profeta, essa può compiere nella storia eventi di salvezza, contro ogni evidenza umana…
La vicenda di Giovanni si svolge nel deserto, luogo in cui è possibile semplificare la propria vita, passando attraverso il vaglio della solitudine; una solitudine che però non è fine a se stessa, ma è condizione a cui Dio ci conduce perché possiamo ascoltare meglio la sua voce che sempre parla al nostro cuore (cf. Os 2,16). Dopo aver vissuto in luoghi solitari dall’infanzia “fino al giorno della sua manifestazione a Israele” (Lc 1,80), Giovanni, divenuto ormai voce della Parola, “percorre tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per la remissione dei peccati”. Egli chiama con forza alla conversione, cioè a ritornare a Dio attraverso un cambiamento di mentalità capace di tradursi in frutti concreti (cf. Lc 3,8). Ancora una volta, però, nessun protagonismo da parte dell’uomo: il suo sforzo essenziale deve essere quello di predisporre tutto per accogliere “la conoscenza della remissione dei peccati”, l’unica vera esperienza di salvezza a noi concessa sulla terra, come aveva cantato Zaccaria, il padre di Giovanni, in occasione della sua nascita straordinaria (cf. Lc 1,77).
La profezia che da alcuni secoli taceva in Israele riemerge dunque nuovamente in Giovanni. In questo senso è significativo che, per esprimere la missione del Battezzatore, Luca ricorra solo a parole della Scrittura, citando un oracolo del profeta Isaia: “Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato, i passi tortuosi siano diritti, i luoghi impervi spianati. Ogni carne vedrà la salvezza di Dio!” (Is 40,3-5). Sono parole di grande consolazione, che riattualizzano l’annuncio dell’esodo definitivo preparato da Dio per il suo popolo. Nel contempo, esse costituiscono un monito pressante per chi legge il vangelo: sull’esempio di Giovanni, infatti, il cristiano è chiamato a preparare ogni giorno una strada nelle sabbie del proprio cuore, abbassando i monti del proprio orgoglio e colmando i burroni della propria disperazione… E questa dura lotta ha in fondo un unico scopo: giungere a comprendere che il desiderio profondo di Dio è la salvezza di tutti gli uomini, quell’evento che si compirà pienamente con la Venuta del Signore alla fine della storia: “ogni carne vedrà la salvezza di Dio!”.
Per noi che ancora oggi siamo in attesa del Veniente, Giovanni è il nuovo Elia (cf. Ml 3,23-24; Lc 1,17), è colui che apre e annuncia la salvezza che sta per essere compiuta dal Figlio dell’uomo. Sì, Giovanni è stato il precursore di Cristo nella storia e lo sarà fino alla fine dei tempi, come aveva capito con grande intelligenza un antico padre della chiesa che scriveva: “il mistero di Giovanni si compirà fino alla Venuta nella gloria del Signore Gesù, perché lo spirito di Giovanni precede chiunque crede in Cristo, e la sua forza conduce gli uomini ad appianare le asperità dei loro cuori, a raddrizzare i sentieri delle loro vite”, richiede di essere “pronti” ad accogliere la venuta del Signore. Ma noi, noi cristiani, siamo pronti e veramente in attesa?

COMMENTI DALLA TRADIZIONE PATRISTICA
Origene 
Dal Commento al Vangelo di Luca, Omelia 21 
Quando si doveva annunziare il mistero del Vangelo e diffondere su tutta la terra la buona 
novella di cui Giovanni nel deserto fu il primo messaggero, allorché l’impero di Tiberio 
governava il mondo, allora troviamo scritto: Nel quindicesimo anno del suo regno la parola del 
Signore fu rivolta a Giovanni. Se la salvezza avesse dovuto essere annunciata soltanto ai 
pagani che avrebbero creduto e se Israele avesse dovuto esserne totalmente escluso, 
sarebbe stato sufficiente dire: Nel quindicesimo anno di Tiberio Cesare quando Ponzio Pilato era 
governatore della Giudea.
Ma siccome molti credenti sarebbero dovuti venire anche dalla Giudea e dalla Galilea, 
anche questi regni sono menzionati nel titolo. 
...  La parola di Dio fu rivolta a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Osserva nello stesso 
tempo che il significato è più forte se si intende “deserto” nel senso spirituale, e non in 
quello letterale puro e semplice. Infatti colui  che predica nel deserto, spreca la sua voce 
invano, in quanto non c’è nessuno che lo sente parlare. Il precursore di Cristo, la voce di 
colui che grida nel deserto, predica dunque nel deserto dell’anima che non ha pace. E non 
solo allora, ma anche oggi è una lampada ardente e brillante (Gv 5, 35), che viene prima e 
annunzia il battesimo della penitenza per la remissione dei peccati. Poi viene la luce vera (Gv 1, 9) 
quando la lampada stessa dice: è necessario che egli cresca e io diminuisca (Gv 3, 30).
La parola di Dio è proferita dunque nel deserto, e si diffonde in tutta la regione circostante il 
Giordano.
Quali altri luoghi avrebbe dovuto infatti percorrere il Battista, se non i dintorni del 
Giordano, per spingere al lavacro dell’acqua tutti coloro che volevano fare penitenza? 
Non v’è dubbio che Giordano significa “discendente”. Il fiume di Dio, “che discende” con 
la potenza di un’ampia corrente, è il nostro Salvatore e Signore nel quale noi siamo 
battezzati nell’acqua vera, l’acqua della salvezza. E del pari è per la remissione dei peccati che 
egli annuncia il battesimo. ... 
Troviamo nel profeta Isaia il passo dell’Antico Testamento or ora citato: Voce di colui che 
grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Il Signore vuol trovare 
in voi una strada per poter entrare nelle vostre anime e compiere il suo viaggio: preparate 
dunque per lui la strada di cui sta scritto: Raddrizzate i suoi sentieri. Voce di colui che grida nel 
deserto: c’è dunque una voce che grida:  Preparate la via. Dapprima infatti è la voce che 6 
giunge alle orecchie; poi, dopo la voce, o  meglio insieme con la voce, è la parola che 
penetra nell’udito. È in questo senso che Giovanni ha annunziato il Cristo. 
Vediamo dunque ciò che annunzia la voce a proposito della parola. Essa dice: Preparate la 
via al Signore. 
Quale strada dobbiamo noi preparare al Signore? Si tratta di una strada materiale? La 
parola di Dio può forse seguire una simile strada? O non bisogna invece preparare al 
Signore una via interiore, e disporre nel nostro cuore delle strade dritte e spianate? 
È attraverso questa via che è entrato il Verbo di Dio, e prende il suo posto nel cuore umano 
capace di accoglierlo. 
Grande è il cuore dell’uomo, spazioso, capace, sempreché sia puro. Vuoi conoscere la sua 
grandezza e la sua ampiezza?  Osserva l’estensione delle conoscenze divine che esso 
contiene. È esso che dice:  Egli mi ha dato una vera conoscenza di ciò che è; egli mi ha fatto 
conoscere la struttura del mondo, le proprietà degli elementi, l’inizio, la fine e lo svolgersi dei tempi, 
il cambiamento delle stagioni, la successione dei mesi, il ciclo degli anni, la posizione degli astri, la 
natura degli animali, la furia delle belve, la violenza degli spiriti e i pensieri degli uomini, le varietà 
degli alberi e la potenza delle radici (Sap 7, 17-20). Vedi dunque che non è affatto piccolo il 
cuore dell’uomo che abbraccia tutte queste  cose. Devi intendere questa grandezza, non 
secondo le sue dimensioni fisiche, ma secondo la potenza del suo pensiero, che è capace di 
abbracciare la conoscenza di tante verità. 
Come vi ho detto, non è piccolo il cuore dell’uomo se può contenere tanto. E se non è 
piccolo, dato che contiene tante cose, si può benissimo in esso preparare il cammino del 
Signore e tracciare un dritto sentiero in modo che il Verbo e la Sapienza di Dio possano 
entrarvi. 
Preparate una strada al Signore osservando una  condotta onesta, spianate i sentieri con 
opere degne, in modo che il Verbo di Dio cammini in voi senza incontrare ostacoli e vi dia 
la conoscenza dei suoi misteri e del suo avvento, Egli cui appartengono la gloria e la 
potenza nei secoli dei secoli. Amen.