venerdì 13 settembre 2013

Chiamami Angelo.



Angelo_ok
 di Mario Barbieri
A quel tempo ero quello che si chiama un “magnaccia” o un “pappone”, insomma avevo una mia “scuderia” di ragazze che battevano la strada per me e da cui incassavo un bel po’ di soldi, lasciando a loro pochi spiccioli, tanto pensavo a tutto io, anche a “proteggerle”. Ero conosciuto e rispettato, rispettato perché non permettevo a nessuno di mancarmi di rispetto, chi ci provava quantomeno ci rimetteva i denti… tutti i denti.
Negli ultimi tempi, giusto per arrotondare e per tenere sotto controllo le mie ragazze, avevo iniziato a spacciare e come capita di frequente a chi traffica con la droga, nella droga ero caduto. Quando stavo bene passavo quasi tutto il giorno al solito bar, dove tutti mi conoscevano, oppure davanti al “mio” palazzo, dove tenevo un paio delle mie ragazze migliori dalle quali potevo ricavare qualcosa di più.Beh, proprio un tipo “poco raccomandabile”, per i benpensanti un delinquente, un rifiuto della società… uno schifo d’uomo, ma con i benpensanti avevo poco a che fare, tranne quando venivano a cercare le mie ragazze… Un giorno me ne stavo al bar, stravaccato sulla seggiola come sempre, quando ti vedo questo tipo mai visto, insignificante, che non avrei mai notato se non fosse che passando, accenna ad un sorriso ed un cenno di saluto nella mia direzione. Mi volto a guardare chi c’è dietro di me, ma in realtà non vedo nessuno a cui quel cenno potesse essere indirizzato, mi rigiro, ma il tipo era già sparito.Il giorno dopo ripassa… stessa cosa, mi giro ancora indietro, nessuno! “Che c…. questo ce l’ha con me!” penso.Il giorno appresso lo aspetto, sempre stando seduto.
Eccolo che arriva, si gira verso di me, sorride e fa un cenno e io di rimando un cenno che dice inequivocabilmente: “che c…. vuoi?!” Lui  se ne va come se nulla fosse. Così dopo il terzo giorno, lo aspetto pronto ad affrontarlo… Arriva, sorrisetto, io scatto come una molla e arrivo a mettere il mio grugno davanti al suo, appiccicato. “Oh, testa di c… a chi saluti! Chi ti conosce… che minchia vuoi da me?” “Nulla, non voglio nulla, perdonami… mi è stato detto di salutarti quando passo…” “Che minchia dici.. chi ti ha detto di salutarmi, non mi prendere per il culo perché ti cancello quel sorriso dalla faccia per sempre!” “Non ti adirare, ti chiedo scusa, non volevo mancarti di rispetto, davvero, volevo augurarti solo una buona giornata…” Io rimango, come si suol dire basito… una buona giornata a me? Questo voleva augurare una buona giornata a me? Ma se non me l’ha mai augurata nessuno! Manco quella buona donna di mia madre…Così mentre basito mi faccio queste domande, il tipo… si dilegua. Il giorno dopo decido di passare la mattina sotto il “mio” palazzo a fumare e per controllare l’andirivieni.Sbuca il tipo da in fondo la strada, sul marciapiede dall’altro lato… “cazzarola, ma questo mi pedina”, penso. Eccolo che passa, un sorriso e un cenno di saluto… “ma vaffa…” penso io e lo dico con un gesto.Insomma ‘sta cosa iniziata all’improvviso, continua per un bel po’… tutti i santi giorni, tanto che iniziando a pensare che sia un povero deficiente del tutto innocuo, comincio a ricambiare i suoi cenni con uno di risposta. Poi d’un tratto, così come era apparso, il tipo sparisce! E devo dire che mi ritrovavo ad aspettarlo, a vedere se sbucava da in fondo la strada, ma nulla. 
Arrivano così dei giorni pesanti per me, problemi con alcune delle mie ragazze, un cliente che ne pesta una, quei rompic… della polizia, insomma un periodo di merda, tant’è che inizio a “farmi” sempre più spesso e per farla breve, mi riduco uno “straccio” che quasi non mi reggevo in piedi. E in uno di questi giorni, mentre sono difronte al portone del “mio” palazzo, stramazzo a terra come un sacco vuoto!
 “C.… ne passa di gente su quel marciapiede, ma ci fosse un cane che si ferma!” Non riuscivo a muovermi, anzi tremavo tutto. Mi ero persino pisciato nei pantaloni , ma non mi riusciva di chiedere aiuto… ad un tratto vedo lui, il tipo… vedo il suo viso che dall’alto guarda giù verso di me. “Sono qui, ti aiuto, coraggio, appoggiati a me e tirati su…” Così mi aiuta a rialzarmi, mi porta dentro al palazzo, su, in ascensore, fino ad uno degli appartamenti delle mie ragazze (mi sono poi domandato come sapesse quale fosse…), mi mette a letto. “Coraggio, tra un po’ starai meglio, vedrai tra un po’ passa.” “Riposati ora, riposati” e mi sorride.Mi addormento o forse perdo conoscenza, non lo so, comunque passa l’intera giornata e la notte, Al mattino una delle ragazze, mi porta un caffè. “Ma chi è quel tipo? Un tuo amico? E’ stato qui quasi tutta la notte…” “E’ gentile…” “Già… gentile, un mio amico… non so neppure come si chiama” penso solo tra me e me, a lei non rispondo. Il giorno dopo sto meglio, sono al solito bar. Lo vedo arrivare. Un sorriso e un cenno di saluto, fa per tirare dritto… “Ehi, aspetta, aspetta… aspetta un attimo”. Lo raggiungo. “Si può sapere chi sei? Da dove vieni? Perché ti preoccupi tanto per me? Chi ti ha mandato?!”“Quante domande… però ti posso dire chi mi ha mandato. Vieni te lo mostro…”Io come un bambino gli vado dietro, potrei anche dire come un allocco, ma che cavolo voglio capire chi c’è dietro ‘sta storia…. “Dove minchia mi porta?” “Oh cavolo, questa è la chiesa dove venivo da piccolo a catechismo. Figurati, il catechismo…”Entriamo, ormai che sono qui andiamo sino in fondo… vedrai mi porterà dal prete e quello attaccherà la solfa: “Figliolo qui, figliolo qua, la pecorella, l’asinello e tutto lo zoo!” Arriviamo sotto al crocefisso, quello grande, quello che pende proprio sotto l’altare… “Mi ha mandato lui.” “Lui chi?”, penso io e mi guado attorno. E il tipo che mi vede smarrito, lo indica, indica il crocefisso: “Lui, si proprio lui, quello appeso lassù, appeso alla croce: Cristo Gesù”.“Come ti ha mandato lui!?” “Tu mi vuoi prendere per il c….?”“No non ti prendo in giro, mi ha detto <<Vai da lui, non fa una bella vita ed è solo, anche se gode di un certo “rispetto”. Nessuno lo saluta con un sorriso, tutti lo fanno solo per paura o per interesse.>> <<Vai da lui e portagli il mio saluto e quando avrà bisogno, io ti manderò da lui, tu gli starai accanto>> e così ho fatto”.“Ma… ma a te che ne viene?!” “Nulla”, mi risponde. “Qualcuno ha fatto lo stesso con me e io oggi sono felice di farlo con te” “E poi mi fa felice fare ciò che lui mi chiede…”“Ma io, io che ho a che fare con lui…?” domando io che inizio veramente a voler comprendere questa specie di mistero. “Hai molto a che fare con lui… Il suo sangue è stato sparso per te, si per te, proprio per te. Quel sangue che era giusto tu versassi per tutto il male che hai fatto e che stai facendo, lo ha versato lui al tuo posto e mentre moriva su quella croce, versando il suo sangue per te… e anche per me ben inteso, ha parlato bene di te al padre”. “Al padre?” “Si a Dio, suo padre, ha parlato bene di te, ha detto: <<Padre perdonalo perché non sa il male che sta facendo a me, agli altri, a sé stesso. Per l’amore che hai per me e per quello che io ho per te e per lui, Padre perdonalo>>”.
Non saprei spiegare quello che è successo dentro di me mentre guardavo in alto verso quel crocefisso e nel sentire quelle parole… qualcosa si è rotto, o meglio si è sciolto, sì sciolto… quel “groppo” che ho sempre sentito pesare dentro di me, a volte in testa, a volte nello stomaco… a volte nel cuore e che mi faceva camminare curvo dentro, anche se tenevo sempre la testa bella alta, si è sciolto in un calore che non saprei spiegare. Il calore di un abbraccio che viene da dentro… non lo so, non sono un poeta. So che ho pianto. Da quel giorno la mia vita è cambiata, direi – trasformata – niente più ragazze (poverette quanto male gli ho causato… alcune sono riuscito a sistemarle con un lavoro degno di una persona…), niente più droga, niente più giornate passate davanti al bar… ora lavoro, già incredibile, lavoro! Ricordo che ancora sotto il crocefisso smisi di piangere e mi ritrovai a ridere di gioia e quando, quasi trasalendo, mi voltai a cercare “il tipo”… era già in fondo alla chiesa, ormai all’uscita. “Aspetta, non mi hai ancora detto come ti chiami…” “Oh, mi chiamano in tanti modi, ma tu puoi chiamarmi Angelo”.
Da quel giorno non l’ho più visto, ma nelle mie preghiere ce n’è sempre una anche per Angelo.