martedì 17 settembre 2013

Mercoledì della XXIV settimana del Tempo Ordinario




Purtroppo succede che la creatura uomo dica quasi sempre di no 
e pensi che solo il dire no, rappresenti la prova della libertà. 
Dio cerca l’uomo con tutti i registri possibili;  
cerca il cammino del rigore, della severità, nel Sinai, 
nel tempo dei profeti, nelle parole di Giovanni Battista.

E l’uomo risponde: no, io sono libero, 
non accetto il rigore di questi comandamenti, prendo la mia strada. 
Dio cerca anche con la strada dell’umiltà, della bontà, 
della sua vita, dell’amore all’uomo. 
E cosa succede? Anche qui l’uomo dice no, 
anzi, deride questo Dio debole che cerca il suo consenso 
e si rivela così non onnipotente.

L’uomo non entra in questo gioco del divino amore, si oppone. 
Questa è la tristezza e la sofferenza divina con questa sua storia.
Non hanno ascoltato, Signore. 
Così vediamo la verità che è questo lamento di Dio, 
che è nello stesso tempo non solo una descrizione del passato, 
ma un avviso e un’ammonizione forte a noi e alla nostra generazione: 
ascoltate finalmente, la cosa non è ancora persa, 
ascoltate e seguite il Signore. 

Card. Joseph Ratzinger, 12 dicembre 2003

Dal Vangelo secondo Luca 7,31-35. 

A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili? 
Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto! 
E' venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio. 
E' venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. 
Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli». 



Il commento

Stolti o sapienti, non si può restare nel mezzo. O siamo "figli" della Sapienza o figli eternamente bambini che non sanno far altro che giocare e passare il tempo tra capricci e mormorazioni. Siamo dunque figli di "questa generazione", o siamo figli di una "nuova generazione", che non procede da carne e sangue ma dalla Sapienza della Croce? In essa è rivelato l'amore di Dio, la sua infinita pazienza e lo zelo pieno di compassione con il quale cerca ogni uomo. Il suo amore non resta invischiato negli schemi. Pur di salvare una persona si fa musica da ballare o lamento da piangere. 


Non lo abbiamo sperimentato nella nostra vita? Quante volte il Signore ci ha raggiunto sui cammini nei quali ci eravamo perduti. Dio è così! Dio entra nelle discoteche pur di salvare un ragazzo che, ballando si sballa e butta la sua vita. Dio non lo ferma niente e nessuno! Vengono in mente le parole ripetute dagli ultimi tre Pontefici: di fronte alle sfide della Nuova Evangelizzazione essi hanno insistito sulla necessità di una "creatività pastorale". Incontrando i presbiteri della Diocesi di Roma Papa Francesco sottolineava che bisogna "cercare la strada perché il Vangelo sia annunciato, anche se questo non è facile". La creatività, infatti, "non è soltanto cambiare le cose. Essa viene dallo Spirito e si fa con la preghiera e si fa parlando con i fedeli, con la gente". Non bisogna dunque aver paura, ma uscire proprio nelle "piazze" dove si raduna una generazione bambina, che ha bisogno di essere raggiunta laddove si trova, fosse anche, e spessissimo lo è, impigliata nei capricci.

Scriveva S. Ireneo che "Cristo, nella sua venuta, ha portato con sé tutta la novità" (S. Ireneo, Adversus haereses, IV, 34, 1). Ma come far giungere "tutta la novità" al collega, al cugino, forse anche ai figli che, incapaci di assumersi responsabilità, galleggiano sulla vita seguendo gli istinti e le concupiscenze? Innanzi tutto facendo memoria della nostra stessa esperienza. Dove ci è venuto a cercare il Signore? Come ci ha parlato? Come ha vinto la nostra durezza e la nostra superficialità? Con amore infinito e pazienza smisurata. E' entrato nella nostra vita, si è fatto nostro compagno sul cammino, si è sporcato, è venuto con noi, anche laddove abbiamo deciso di peccare. Sì, non è restato fuori dalle bettole e dalle discoteche, non ci ha lasciati soli mentre ci dimenticavamo di Lui. Si è fatto peccato! Ah, ma questo è scandaloso! Sì, lo è, perché scandaloso è stato il nostro cuore, scandalosi i nostri peccati. Scandaloso l'esito della nostra vita lontana da Lui.

Per questo, come Davide quando, nella gioia immensa di aver recuperato l'Arca, danza mezzo nudo senza vergogna davanti al Popolo, Dio non ha avuto remore nel farsi giudicare come un "mangione e un beone" o come un "indemoniato". Lo ha fatto per noi, per te e per me, bambini capricciosi, sempre attaccati alla carne dalla quale abbiamo creduto di mungere la vita. Sesso, oggetti, vacanze, denaro, potere e prestigio, successo e visibilità, ecco i prodotti acquistati nelle nostre "piazze". E in mezzo al commercio che non ci ha mai arricchiti è giunta la sua Parola: quella seria e dura della verità che illumina i peccati, come un lamento nel quale avremmo potuto deporre le nostre lacrime. E quella dolce e compassionevole della misericordia, come di un flauto sulle cui note avremmo potuto danzare di gioia e gratitudine. Ma forse non abbiamo accolto né l'una né l'altra, schiavi del nostro orgoglio capriccioso.

E allora ecco la Croce, la Sapienza che spazza via ogni tentativo della carne di saziare e dare ragioni che non può dare. Ecco Cristo crocifisso, eccolo fatto peccato nell'amore sino alla fine che l'ha unito al Padre. Ecco la Sapienza crocifissa, ecco lo Spirito Santo, dolce soffio che ci ha consegnato il perdono e la rigenerazione. Ecco il culmine inaspettato della "creatività coraggiosa" di Dio, quella alla quale Papa Francesco ha chiamato i suoi preti e la Chiesa. Come una Madre, infatti, è lei che annuncia il Vangelo genera "figli" alla Sapienza perché le rendano testimonianza. Tutti noi, raggiunti dalla sua predicazione, abbiamo potuto sperimentare la liberazione e la salvezza. Dopo esserci induriti tante volte è giunto per noi l'annuncio decisivo, e lo Spirito Santo ha sigillato nel nostro cuore l'amore infinito di Dio. Ora lo vediamo chiaramente, quante volte ci ha cercato, perdonato, ripescato nelle pozzanghere inquinate. Quante volte, sino a che non ci siamo abbandonati alla sua Sapienza crocifissa. 

E ora siamo chiamati a rendere testimonianza alla "Sapienza": siamo i suoi figli, non possiamo perdere neanche un'occasione. Il mondo capriccioso ci attende ovunque la storia ci conduca. E' necessario aprire le parrocchie e i cuori, scendere sino alle periferie esistenziali, quelle fisiche e quelle spirituali, senza temere che lo Spirito Santo ci avvinca e ci conduca nella sua "creatività": "bisogna cercare strade nuove, come una missione nel quartiere promossa dai laici" diceva Papa Francesco. E auspicava per la Chiesa e per ciascuno di noi "la conversione pastorale, perché anche il Codice di diritto canonico ci dà tante, tante possibilità, tanta libertà per cercare queste cose". Esattamente come ripeteva Giovanni Paolo II, invitando i Vescovi a lasciare le forme vecchie e atrofizzate per aprirsi ai carismi che suscita lo Spirito Santo. E' la sua creatività che ci ha salvato, è lei che dobbiamo seguire, senza paura... 

Parole nuove, gesti nuovi e unici per tutte le uniche e irripetibili persone e situazioni che incontreremo. I piccoli, i poveri, i divorziati e i loro figli, le mamme che hanno abortito, i giovani che convivono, quelli che sporcano la vita con droghe e sesso, tutti quelli imprigionati nella rete del mondo e dei suoi messaggi virtuali. Ci attendono dove essi vivono per morire. Ci attendono per ascoltare la musica dello Spirito, le note dell'amore che si fa danza o lamento, di certo melodia crocifissa. Ecco, il Signore ci manda oggi crocifissi con Lui a rendere testimonianza della Vita che nasce dalla morte. Ci manda come "madri" di figli capricciosi, perché, nell'incontro con la Sapienza misteriosa che incarna lo Spirito d'amore di Dio, possano ritrovare pace e maturità. Come Maria, nella Chiesa, in comunione con il Padre e il Figlio e sospinti dal soffio e dall'ardore dello Spirito, anche oggi siamo inviati a tutti per accoglierli nel grembo misericordioso nel quale anche noi abbiamo sperimentato la salvezza e la gioia.