lunedì 7 ottobre 2013

Quel foglio bianco dove il Signore scrive



Presieduta dal sostituto della Segreteria di Stato la supplica alla Madonna.

La tradizionale supplica alla Madonna, nella prima domenica di ottobre, è stata presieduta dall’arcivescovo sostituto della Segreteria di Stato sul sagrato della basilica mariana di Pompei. Con il presule — la cui omelia pubblichiamo quasi per intero — hanno concelebrato sei arcivescovi, fra i quali il prelato di Pompei, monsignor Tommaso Caputo, che gli ha rivolto parole di saluto e di ringraziamento. Al termine della celebrazione, attraverso i maxischermi allestiti nella piazza, i numerosi fedeli presenti hanno potuto ascoltare l’Angelus di Papa Francesco in collegamento da piazza San Pietro.

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(Angelo Becciu) Ogni giorno, per tre volte, ricordiamo l’evento rivelato dal Vangelo appena ascoltato: «L’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria. Ed ella concepì dallo Spirito Santo». E per ben 50 volte ogni giorno rivolgiamo a Maria le parole dell’Angelo: «Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te».Questo grande mistero — Dio che si fa uomo nel grembo della Vergine Maria e viene ad abitare in mezzo a noi — è costantemente presente nella nostra giornata e la illumina con la certezza dell’Emmanuele: Dio è veramente con noi, ci ama fino a condividere la nostra umanità con i nostri problemi, le sofferenze, le necessità. Questa buona novella, annunciata dall’Angelo 2000 anni fa, è sempre attuale: Gesù che si è fatto uomo nel grembo della Vergine è ancora con noi, come ha promesso: non siamo soli nel nostro cammino.
Il ricordo di questo grande mistero rende presente nella giornata anche Maria, colei che ha trovato grazia presso Dio. In lei si rispecchia tutta la Chiesa che Gesù, dall’alto della croce, ha generato «senza macchia né ruga, splendore di bellezza». Ognuno di noi, peccatori, possiamo guardare con speranza a Maria, la senza peccato e la tutta santa, credendo che, come lei, siamo stati «scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati».
Sembrerebbe una vocazione troppo grande — essere santi e immacolati, come Maria. Eppure possiamo attuare la nostra vocazione, basterà fare come lei: metterci in ascolto del Signore e rispondere alla sua chiamata.
Paolo VI aveva definito Maria «Vergine in ascolto, che accoglie la parola di Dio con fede» (Marialis cultus, 17). Il Vangelo di oggi ce la mostra infatti attenta alle parole dell’angelo e in dialogo con lui per comprendere fino in fondo quello che Dio vuole da lei.
«Maria sa ascoltare Dio — ci ha detto Papa Francesco in una delle sue omelie quotidiane a Santa Marta —. Attenzione: non è un semplice «udire», un udire superficiale, ma è l’«ascolto» fatto di attenzione, di accoglienza, di disponibilità verso Dio. Non è il modo distratto con cui a volte noi ci mettiamo di fronte al Signore o agli altri: udiamo le parole, ma non ascoltiamo veramente. Maria è attenta a Dio, ascolta Dio. Ma Maria ascolta anche i fatti, legge cioè gli eventi della sua vita, è attenta alla realtà concreta e non si ferma alla superficie, ma va nel profondo, per accoglierne il significato» (21 maggio 2013).
È questo il suo costante atteggiamento: Maria, oltre alle parole dell’angelo, sa ascoltare il saluto di Elisabetta, il canto degli angeli a Betlemme, la profezia di Simeone, il giubilo di Anna, le oscure parole di Gesù adolescente e quelle piene di mistero del figlio diventato rabbi, a partire dalla festa di nozze a Cana fino alla croce sul Golgota. È attenta anche agli eventi in cui ella è coinvolta: la nascita del figlio, la sua crescita in età sapienza e grazia, i miracoli, il dono supremo della vita...
«Questo vale anche nella nostra vita — ci ricorda ancora Papa Francesco —: ascolto di Dio che ci parla, e ascolto anche della realtà quotidiana, attenzione alle persone, ai fatti perché il Signore è alla porta della nostra vita e bussa in molti modi, pone segni nel nostro cammino; a noi dà la capacità di vederli».
A volta abbiamo l’impressione che Dio ci chieda cose impossibili, troppo dure, difficili da accettare: una malattia, una disgrazia, oppure l’invito a uscire dal nostro egoismo, pronti ad accogliere un immigrato, ad aiutare una persona o una famiglia in difficoltà, ad essere onesti nel nostro lavoro pur con l’eventuale rischio di perdere il lavoro...
Anche per Maria non era sempre facile accogliere quanto Dio le chiedeva. La sua prima parola è proprio una domanda: «Come è possibile?»: non le era chiaro l’annuncio dall’angelo. Più avanti chiederà a Gesù: «Figlio, perché ci hai fatto questo?»; anche allora non capiva. Quando poi, ai piedi della croce, le venne domandato di donare suo Figlio, rimase senza parole: sembrava un assurdo.
Eppure Maria non esita a rispondere con generosità, perché si fida pienamente di Dio, sa che quanto le chiede — pur se incomprensibile o troppo difficile — è la cosa più buona, più bella, più giusta, perché gliela chiede un Dio che è Amore, che vuole il suo bene e sa cosa è meglio per lei. Per questo Maria pronuncia un sì sincero, convinto, attivo: «Avvenga di me secondo la tua parola».
Origene parafrasa così queste sue parole: «Io sono un foglio bianco, dove lo scrittore può scrivere ciò che vuole. Faccia di me ciò che vuole il Signore dell’universo».
Anche noi vorremmo essere un foglio bianco, sul quale Dio possa scrivere quello che vuole, certi che quando lui scrive compone sempre un capolavoro.
Non dobbiamo pensare che dire sì a Dio, obbedire a lui, significhi annullare la nostra persona e diventare schiavi. Al contrario, seguire Dio ci fa liberi, perché così si realizza il suo disegno su noi, pensato fin dall’eternità, e molto più bello e grande di quello che noi potremmo pensare per noi stessi.
In proposito Papa Francesco ci ha detto ancora: «Cosa significa obbedire a Dio? Significa che noi dobbiamo essere come schiavi, tutti legati? No, perché proprio chi obbedisce a Dio è libero, non è schiavo! Sembra una contraddizione. E non è una contraddizione. (...) Infatti obbedire viene dal latino, e significa ascoltare, sentire l’altro. Obbedire a Dio è ascoltare Dio, avere il cuore aperto per andare sulla strada che Dio ci indica. L’obbedienza a Dio è ascoltare Dio. E questo ci fa liberi» (Omelia a Santa Marta, 11 aprile 2013).
L’ultima parola di Maria riportata dai Vangeli è rivolta ai servitori alle nozze in Cana di Galilea: «Fate quello che lui vi dirà» (Gv 2, 5). È la parola che Maria oggi continua a rivolgere a tutti noi. Fare quello che egli ci chiede; il “sì” deve tradursi in vita: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7, 21).
Basterà lasciare che sia Gesù a vivere in noi, che sia lui a operare, così da poter ripetere, con Maria: «Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente».
Se ci guardiamo attorno, qui a Pompei, possiamo vedere quante grandi cose ha compiuto il Signore: questo santuario, le innumerevoli opere di carità, una famiglia religiosa femminile... Questa che era una valle disabitata ed inospitale è diventato cuore pulsante della devozione mariana e luogo di accoglienza per gli ultimi e gli emarginati. Tutto questo è nato da un innamorato della Madonna, che come lei ha detto di sì alla chiamata del Signore: il beato Bartolo Longo. «Il Signore vuole da te grandi cose, sei destinato a compiere un’alta missione», gli disse il venerabile Emanuele Ribera, redentorista. Più tardi il vescovo di Nola, Giuseppe Formisano, lo invitò alla costruzione di questo tempio. Impresa impossibile? No, «nulla è impossibile a Dio». Bartolo Longo si fidò di Dio. Egli che agli inizi voleva costruire una semplice cappella dedicata alla Madonna del Rosario, si rese docile all’indicazione del suo Vescovo e costruì quest’opera che oggi noi tutti possiamo ammirare.
È Dio che operò in Maria. È Dio che operò in Bartolo Longo. È Dio che potrà continuare ad operare in noi e attraverso di noi.
L'Osservatore Romano