A Milano famiglie al minimo storico
Non è una città per famiglie. Vuoi per i costi proibitivi, per il lavoro stressante e per la cultura dell’individualismo che dilaga. Milano ai minimi storici per "coesione familiare". Quasi una persona su due vive da sola. E se l’invecchiamento della popolazione ha senz’altro contribuito a questo triste primato, il dato che preoccupa è che in dieci la scalata dei single è stata inarrestabile con un aumento del 37%.
Ci ha pensato la Coldiretti a fotografare, partendo dai dati Istat, la situazione del territorio lombardo, mettendo a confronto i numeri del 2001 con quelli del 2011. A detenere il primato della città meno "amica" delle famiglie è senz’altro il capoluogo: il 45% dei nuclei familiari, ben 276mila, è composto infatti da una sola persona, con una crescita, rispetto a dieci anni fa del 34%. Se si considera invece l’intera provincia milanese la percentuale dei single scende al 36%. Dopo Milano al secondo posto di questa classifica si piazza Pavia con il 43% di famiglie composte da una persona, seguita da Bergamo (42%), Brescia e Mantova (40%). Il numero di famiglie in Lombardia è aumentato del 14% dal 2001 al 2011, in calo invece ovviamente il numero medio dei componenti che è passato da 2,45 a 2,32. Un vero e proprio esercito che rappresenta quasi un terzo del totale delle famiglie.
"I numeri parlano di uno sfilacciamento della realtà famiglia – sottolinea Ernesto Mainardi, del direttivo del Forum della famiglie lombarde –. La verità è che l’Italia non è un paese amico delle famiglie visto che dedica alle politiche familiari solo il 4% della spesa pubblica, circa la metà di quello che fanno gli altri paesi europei. Dall’altra parte c’è un declino culturale, di cui tutti siamo responsabili, si sta perdendo il valore della famiglia come asse portante della società a favore dell’individualismo".
Per il Forum della famiglie dalle istituzioni locali deve arrivare un messaggio, politico prima ancora che economico. "Penso ad esempio ad aliquote Iperf commisurate ai carichi familiari – spiega Mainardi – Comune e Regione potrebbero fare il primo passo in attesa che ci sia una normativa nazionale su questo tema per noi fondamentale".
Ci ha pensato la Coldiretti a fotografare, partendo dai dati Istat, la situazione del territorio lombardo, mettendo a confronto i numeri del 2001 con quelli del 2011. A detenere il primato della città meno "amica" delle famiglie è senz’altro il capoluogo: il 45% dei nuclei familiari, ben 276mila, è composto infatti da una sola persona, con una crescita, rispetto a dieci anni fa del 34%. Se si considera invece l’intera provincia milanese la percentuale dei single scende al 36%. Dopo Milano al secondo posto di questa classifica si piazza Pavia con il 43% di famiglie composte da una persona, seguita da Bergamo (42%), Brescia e Mantova (40%). Il numero di famiglie in Lombardia è aumentato del 14% dal 2001 al 2011, in calo invece ovviamente il numero medio dei componenti che è passato da 2,45 a 2,32. Un vero e proprio esercito che rappresenta quasi un terzo del totale delle famiglie.
"I numeri parlano di uno sfilacciamento della realtà famiglia – sottolinea Ernesto Mainardi, del direttivo del Forum della famiglie lombarde –. La verità è che l’Italia non è un paese amico delle famiglie visto che dedica alle politiche familiari solo il 4% della spesa pubblica, circa la metà di quello che fanno gli altri paesi europei. Dall’altra parte c’è un declino culturale, di cui tutti siamo responsabili, si sta perdendo il valore della famiglia come asse portante della società a favore dell’individualismo".
Per il Forum della famiglie dalle istituzioni locali deve arrivare un messaggio, politico prima ancora che economico. "Penso ad esempio ad aliquote Iperf commisurate ai carichi familiari – spiega Mainardi – Comune e Regione potrebbero fare il primo passo in attesa che ci sia una normativa nazionale su questo tema per noi fondamentale".
Cinzia Arena (Avvenire)
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Macchè unioni civili. Milano città dei single: uno su due vive da solo
Di Angelo Mellone – Il Giornale, 29 gennaio 2014
Quasi una famiglia su due, a Milano, è composta da una sola persona. E questo dato è frutto di un
aumento dei single del 34 per cento in dieci anni. Più notizia di questa, cosa pretendiamo. Pochi dati
che scassano nello stesso tempo l'idea del «mammone» e della centralità della famiglia come
istituzione sociale. Milano non sarà l'America, come cantavano i Timoria, ma certamente è simile a
Londra, da questo punto di vista, ed è la città che, per mille ragioni, riesce ad anticipare tendenze
che poi si diffondono su tutto il tessuto nazionale. E dunque, come succede altrove, l'inverno del
nostro Paese, che invecchia e si intristisce, ci lascia immaginare gente che, alla sera, rientra in una
casa silenziosa, rapporti reticolari e destrutturati, e metropoli ridotte a una collezione di solipsismi.
Ne parleranno i futurologi. L'esercito in crescita dei single, ovviamente, è il frutto di un combinato
disposto di precarietà, separazioni, individualismo, solitudine. È un dato che non deve creare
allarme ma costringe a riflettere sul cambiamento radicale che sentimenti come l'affettività, la
solidarietà, la familiarità, stanno conoscendo nella nostra epoca liquida. E dovrebbe aiutare chi
assume decisioni pubbliche, in primis la politica, a far da parte i proclami ideologici e mettere al
centro delle proprie analisi una lettura attendibile dei fenomeni sociali. Una volta tanto, che gli
specialisti si mobilitino e ci raccontino a cosa stiamo andando incontro, e come un mondo single a metà
cambierà il nostro sistema sociale.
La singletudine di massa è un fatto che interesserà
soprattutto i grandi centri urbani, dove la mobilità è maggiore e lo sradicamento una precondizione
della residenza; ma sappiamo che la tendenza storica è quella all'inurbazione, e dunque, come si
diceva, ciò che è già accaduto a Milano è scenario plausibile per l'Italia intera. Nel calderone dei
single ci entrano i giovani precari, che non riescono a metter su famiglia (o non vogliono). Ci sono i
single per scelta, che amano la loro libertà, e ci sono i single per sfiga, che si trovano a fare i conti
con l'emarginazione. Ci sono i single di ritorno, padri e madri separati (padri soprattutto: quasi il 90
per cento di loro viene spedito fuori casa dalle ordinanze, senza che nessuno si ponga il problema di
dove andranno a vivere), una categoria in crescita costante e progressiva, stando al fatto che ormai
una coppia sposata su due è destinata a separarsi. E, infine, ci sono gli anziani, sempre meno sorretti
dalle proprie famiglie nel bisogno di cura e attenzione. L'esplosione dei single sta già cambiando le
abitudini sociali: fare la spesa solo per se stessi, ad esempio, rende il carrello del single
comparativamente molto più costoso di chi fa la spesa per una famiglia. Aumenta il car sharing, per
abbattere i costi del trasporto, e magari crescerà ancora la vendita di automobili biposto, adatte al
traffico metropolitano e non a portare i figli in piscina. Precari, separati, anziani: queste categorie
hanno bisogno di politiche ad hoc nell'housing, nell'assistenza, nei servizi sociali. Si tratta di milioni
di persone. Se questi dati li presentiamo così, sarà difficile che qualcuno non ammetta che il fatto è
evidente e il problema è serio. Solo che, finora, il dibattito politico e pubblico ha fatto finta di
niente, sottovalutando l'enormità della faccenda. Magari dedichiamo grande spazio e attenzione alla
battaglia civile sui Pacs, invischiando gli italiani in una frattura incapacitante, perché questa
battaglia possiede meccanismi di radicalizzazione che la rendono decisiva non per una centralità
oggettiva, ma per il tam tam mediatico che la sostiene. E il grande tema del futuro resta muto.
Certo, dedicarsi a scoprire chi e quanti e come sono i single contemporanei non ha lo stesso appeal,
non ha lobby e gruppi di pressione che sostengono la necessità di leggi ad hoc. Eppure è sufficiente
una sosta a un supermercato o in un grande magazzino per capire dove sta andando l'Italia. Nazione
di persone meglio sole che male accompagnate?