sabato 25 gennaio 2014

Regina di cuore



Nella basilica di Santa Chiara a Napoli la beatificazione di Maria Cristina di Savoia. 

Anche una regina può vivere con eroismo le virtù cristiane se si lascia trasformare dalla grazia divina. Lo ha detto il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, presiedendo in rappresentanza di Papa Francesco — sabato mattina, 25 gennaio, nella basilica di Santa Chiara a Napoli — il rito di beatificazione di Maria Cristina di Savoia. La messa è stata celebrata dal cardinale arcivescovo Crescenzio Sepe. La beatificazione della regina che fu sposa di Ferdinando II di Borbone, ha detto il cardinale, «mostra che la porta stretta della santità può essere varcata da tutti, grandi e piccoli, ricchi e poveri, uomini e donne, sacerdoti e laici, perché l’essenziale della santità consiste nell’amare Dio e il prossimo con tutte le proprie forze». La nuova beata è stata «conquistata dall’amore di Cristo», tanto da trasformare «la nobiltà del censo in nobiltà di grazia, diventando un’autentica regina della carità». Infatti, seppe rendere la sua ricchezza «un talento da investire per il regno dei cieli». In questo senso, la sua dignità regale «non fu un impedimento, ma un gradino per slanciarsi con agilità giovanile fino in cima alla scala della perfezione evangelica». Maria Cristina, al culmine del prestigio sociale, ha vissuto con eroismo la fede, la speranza e la carità, perché — ha ricordato il porporato — ha trasformato «questa sua dote spirituale in risorsa per soccorrere i bisognosi: dare da mangiare e da bere agli affamati e agli assetati; alleviare le pene dei carcerati; visitare e consolare gli ammalati». 
Il popolo napoletano, che «ha un senso raffinato nel riconoscere i santi a prima vista», appena incontrò questa «giovane e avvenente sovrana, dallo sguardo luminoso e mite, fu talmente conquistato dalla sua bontà materna da chiamarla subito la “reginella santa”». Infatti «pur potendo vivere nel fasto», ha ricordato il cardinale, era «mortificata nel cibo e negli svaghi di corte», tanto che quando accompagnava il re a teatro, «e lo faceva perché la sua presenza attirava molta gente, con grande gioia degli impresari», sedeva in modo tale «da volgere quasi le spalle alla scena». Di fronte alle frivolezze, ha sottolineato il prefetto, la beata «manteneva la modestia e l’innocenza di un’anima semplice», al punto che le damigelle di corte dicevano: «Non sembrava una figlia di Adamo, ma piuttosto un angelo».
Interrogandosi infine sull’attualità del messaggio di Maria Cristina, il porporato ha indicato quattro punti. Il primo ricorda ai battezzati che «sono tutti chiamati alla santità». La perfezione della carità non «è privilegio di una casta, ma opportunità data a tutti i cristiani, se investono in bene i loro talenti spirituali di fede, speranza e carità. San Giovanni Bosco esortava anche i giovani alla santità». Il secondo consiste nel riconoscere che «la vera ricchezza e nobiltà è il nostro essere cristiani, e cioè essere figli del Padre celeste, salvati da Cristo, che ci perdona e ci rafforza quotidianamente con la sua grazia». Infatti, mamme, padri di famiglia, giovani, bambini, malati, poveri, «possono trovare nella parola di Gesù la giusta risposta per vivere con serenità e fiducia la propria esistenza». Per questo, «piccolezza, debolezza, indigenza, fragilità non sono impedimenti per la santità, se si sa mettere tutto ciò nel cuore misericordioso di Gesù, che dice: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò”». 
Il terzo punto è che i santi come Maria Cristina «risvegliano il mondo, facendolo uscire dal torpore della mediocrità e del male per aprirlo al dinamismo del bene». In una società come quella attuale, dove «sembra che le virtù vengano capovolte» e i «vizi, come la superbia, l'avarizia, la lussuria, la gola, l’ira, la pigrizia sono lodati a scapito delle virtù, che vengono denigrate e disprezzate», i santi «rimettono le cose a posto, mostrando come la povertà, la mitezza, la purezza, la giustizia, la pace, la condivisione siano beatitudini che edificano la società rendendola più sana e più umana». Perché i santi «bonificano la società dall’inquinamento dei vizi, restituendo valore alla virtù e dignità alla vita».
A questo proposito, la nuova beata, «giovane mamma morta nel dare alla luce il suo bambino tanto atteso, ci ricorda che la nostra esistenza avrà il suo approdo nella vita eterna». I santi, ha proseguito il cardinale Amato, «hanno il compito di precederci in cielo, di spianarci la strada, di toglierci l’angoscia della morte e di restituirci la gioia della vita eterna». I santi sono «il nostro ponte per il Paradiso». Infine, il porporato ha concluso con l’auspicio che la beata «aiuti tutti a riaccendere il fuoco della carità per dare splendore e nobiltà al vivere quotidiano, in questa straordinaria città di Napoli, terra di mare, di sole, di luce e di tanta grazia divina».
L'Osservatore Romano