martedì 28 gennaio 2014

Mercoledì della III settimana del Tempo Ordinario



Ma, dirai, a che pro seminare tra le spine, fra i sassi o lungo la strada ?
Se si trattasse di un seme e una terra materiali, non avrebbe nessun senso;
ma poiché si tratta delle anime e della Parola, la cosa è degna di elogi.
A ragione si rimprovererebbe a un coltivatore di agire così;
il sasso non può diventare terra, la strada non può non essere una strada,
né le spine non essere delle spine.
Ma nella sfera spirituale, non è lo stesso:
il sasso può diventare una terra fertile,
la strada non essere più calpestata dai passanti e diventare un campo fecondo,
le spine essere sradicate e permettere al seme di dare frutto liberamente.
Se questo non fosse possibile, il seminatore non avrebbe sparso il seme come ha fatto.

San Giovanni CrisostomoDiscorsi 44 sul vangelo di Matteo, 3-4




Dal Vangelo secondo Marco 4,1-20.
Di nuovo si mise a insegnare lungo il mare. E si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli salì su una barca e là restò seduto, stando in mare, mentre la folla era a terra lungo la riva. Insegnava loro molte cose in parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, uscì il seminatore a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un'altra cadde fra i sassi, dove non c'era molta terra, e subito spuntò perché non c'era un terreno profondo; ma quando si levò il sole, restò bruciata e, non avendo radice, si seccò. Un'altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. E un'altra cadde sulla terra buona, diede frutto che venne su e crebbe, e rese ora il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno». E diceva: «Chi ha orecchi per intendere intenda!». Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro: «A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché: guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato». Continuò dicendo loro: «Se non comprendete questa parabola, come potrete capire tutte le altre parabole? Il seminatore semina la parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l'ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro. Similmente quelli che ricevono il seme sulle pietre sono coloro che, quando ascoltano la parola, subito l'accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono. Altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine: sono coloro che hanno ascoltato la parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e l'inganno della ricchezza e tutte le altre bramosie, soffocano la parola e questa rimane senza frutto. Quelli poi che ricevono il seme su un terreno buono, sono coloro che ascoltano la parola, l'accolgono e portano frutto nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno».  

Il commento

Una barca sul mare, e sulla terra “una folla enorme” di volti e cuori in attesa. Di che cosa hanno bisogno? Di una parabola, che li strappi ad uno ad uno dall’anonimato che stinge l’unicità di ciascuno nel grigio del sentimentalismo e dei desideri dettati dagli umori della carne. Tra le “molte cose” che Gesù insegnava, il Vangelo ne registra una, trasmessa attraverso una parabola con la quale illumina la Chiesa, il suo stare nel mondo come “terra bella” e feconda di frutti che sanno di vita eterna. Comprendere questa parabola è capire tutte le altre, perché in essa è celata la chiave con la quale aprire lo scrigno della Scrittura. Essa racconta di un Seminatore che, per salvare tutta la terra, anche quella dove vi sono solo spine e sassi e dove passa la strada, è “uscito a seminare” il suo seme più prezioso, come il Padre che, per salvare tutti i suoi figli ribelli e dispersi, ha sacrificato il suo Figlio prediletto. Il mondo che ha ingannato e rapito ogni uomo, infatti, è terra dura, ostile e inospitale. In essa la Parola incarnata vi è “caduta” sotto il peso della Croce, sulla strada del Calvario, tra spine e pietre. E' stata rifiutata, derisa, uccisa proprio da coloro ai quali era stata inviata. E il seme è morto, sepolto nella terra del maligno, ma dalla solitudine del sepolcro è scaturito il frutto della risurrezione, donato come una primizia a un pugno di uomini scelti per essere la “terra bella e buona”, come le Terra Promessa sposa della Parola che dà la Vita. Terra di Galilea, fatta di pescatori e peccatori, testardi e duri di cuore, incapaci di comprendere, come tutti gli altri, e per questo segno di un mistero che stupisce, dell'elezione irrevocabile come già fu quella che cadde sul Popolo di Israele. Gli apostoli, le primizie scelte per mostrare "il frutto" del puro amore ad ogni uomo, il destino eterno che tutti ci attende, "nella misura chi del trenta, chi del sessanta, chi del cento per uno". Ciascuno, infatti, ha una storia, una famiglia, un lavoro, luoghi e persone che Dio ha pensato di salvare attraverso di noi. Il frutto non dipende dagli sforzi e dalle capacità, ma dalla Grazia che ci è data in funzione della missione alla quale siamo chiamati. Niente campionati e classifiche, un unico obbiettivo per tutti, la salvezza di ogni uomo. 

Per opera della Grazia, in quel pugno di uomini la terra s'è fatta dolce e accogliente, come il seno benedetto di Maria. Dodici uomini fecondati dalla Parola che ritorna al Cielo dopo aver compiuto la missione per la quale era stata seminata: grazie ad essa, infatti, il sasso può diventare una terra fertile, la strada non essere più calpestata dai passanti e diventare un campo fecondo, le spine essere sradicate e permettere al seme di dare frutto liberamente” (San Giovanni Crisostomo). Parola viva,la vita di Cristo nella vita di quegli uomini diventati Chiesa, Assemblea Santa nello Spirito Santo. La Chiesa Amica e Sposa di Cristo, depositaria dei suoi segreti più intimi, primizia del Regno che solca il mare della morte. Per questo la barca di Gesù che, “seduto”, annuncia il Vangelo e insegna la Verità come l'unico Maestro, è separata dalla terraferma, vittoriosa sul mare della morte. Così è la Chiesa, le nostre comunità sparse nel mondo senza appartenergli; così vivono gli Apostoli, e ciascuno di noi, separati dalla terra per mostrare la vittoria sul mare di morte che incombe su tutti. Su quella barca siamo chiamati a vivere il combattimento di ogni giorno, perché le scorie della vecchia terra sterile sono in agguato con le stesse tentazioni che hanno assalito il Popolo di Israele davanti al Mar Rosso e Gesù nel deserto e sulla Croce; tentazioni che ci scuotono per indurci a riprendere criteri e pensieri mondani, “affanni e preoccupazioni”, “ricchezze e bramosie”, “paure ed angosce di persecuzioni” e fallimenti. La via della Chiesa, infatti, non può che passare sul mare, seguendo le orme spesso invisibili del Signore che ci precede nell'esodo eterno. Come Mosè, la Chiesa è chiamata a trascinare il mondo nella Pasqua della salvezza, nel passaggio dalla schiavitù alla libertà, dall'Egitto, la terra ostile al seme della Parola, alla Gerusalemme celeste, la terra buona e promessa. Anche oggi il Signore ci chiama con sé nella Chiesa, per offrire un'arca d'amore e salvezza ad ogni uomo.