sabato 1 febbraio 2014

Una missione chiave


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Noi Vescovi del Triveneto siamo quotidianamente raggiunti – soprattutto nell’incontro con persone, famiglie, parrocchie e realtà associative – da notizie e questioni preoccupanti che riguardano la vita delle persone in tutti i suoi aspetti. Una vita che – ne siamo consapevoli – è dono di Dio ed è cosa preziosa, ma è minacciata e resa fragile da molte cause.
In occasione della 36ª Giornata per la Vita desideriamo ribadire, in comunione con la Chiesa italiana, la nostra preoccupazione per tante situazioni che contrastano la vita in tutte le sue fasi, dal concepimento alla nascita, dalla crescita alla piena maturità, dal declino fino alla morte naturale. Tale preoccupazione diventa per la Chiesa impegno a continuare, insieme a tutte le persone di buona volontà, a sostenere la vita umana in ogni momento e in ogni circostanza, ribadendone l’inviolabile dignità ed offrendo concreti aiuti a chi vive fragilità e sofferenze.
Il perdurare della crisi economica ci spinge ad essere vicini a chi ha perso il lavoro, alle famiglie che non arrivano a fine mese, ai giovani che non riescono a inserirsi nel mondo produttivo. Vogliamo continuare con le nostre Chiese – in particolare attraverso le Caritas -l’opera di ascolto, aiuto, sostegno alle situazioni di difficoltà e invitiamo tutti coloro che possono offrire occasioni concrete di lavoro a un di più di generosità e di inventiva.
Consapevoli del venir meno di molte tutele sociali, incoraggiamo e ci impegniamo a sostenere chi opera a favore dei molteplici disagi delle persone e delle famiglie. E ribadiamo in questa giornata l’appello a “generare futuro”, sostenendo concretamente quel desiderio dei giovani sposi di generare figli che spesso “resta mortificato per la carenza di adeguate politiche familiari, per la pressione fiscale e una cultura diffidente verso la vita”[1].
Esprimiamo vicinanza a chi soffre per le condizioni – spesso non rispettose della dignità umana – di carcerato, profugo o straniero e invitiamo chi ne ha la responsabilità ad assumere i necessari interventi legislativi e amministrativi, assicurando contemporaneamente  l’impegno della comunità cristiana verso queste sorelle e questi fratelli.
Senza trascurare tali aspetti di difesa e promozione della vita, sentiamo oggi in particolare il dovere di soffermarci più diffusamente su alcune questioni educative che riguardano aspetti fondamentali e delicatissimi dell’essere umano, con numerose e preoccupanti ricadute in ambito culturale, formativo, educativo e, quindi, politico della nostra società (triveneta, italiana, europea) e che toccano e coinvolgono in modo diretto la vita delle persone, delle famiglie e della scuola.
Ci sentiamo così in sintonia con il decennio che la Chiesa italiana sta dedicando al tema dell’educazione e in piena consonanza con quanto papa Francesco ha di recente espresso con forza, mettendo in rilievo come la situazione attuale ponga dinanzi sfide sempre nuove e più difficili: “Il compito educativo è una missione chiave!”[2].
A questo riguardo, ci riferiamo al dibattito sugli “stereotipi di genere” e sul possibile inserimento dell’ideologia del gender nei programmi educativi e formativi delle scuole e nella formazione degli insegnanti, ad alcuni aspetti problematici presenti nell’affrontare in chiave legislativa la lotta all’omofobia, a taluni non solo discutibili ma fuorvianti orientamenti sull’educazione sessuale ai bambini anche in tenera età, alle richieste di accantonare gli stessi termini “padre” e “madre” in luogo di altri considerati meno “discriminanti” e, infine, al grave stravolgimento – potenziale e talora, purtroppo, già in atto – del valore e del concetto stesso di famiglia naturale fondato sul matrimonio tra un uomo e una donna.
Questa inedita situazione richiede a noi Vescovi, prima di tutto, e alle comunità ecclesiali di non venir meno ad un compito e ad una testimonianza di carità e verità che rappresentano il primo e concreto modo per servire e promuovere l’uomo e la vita buona nella nostra società. Ci sentiamo, in tal senso, sollecitati da Papa Francesco, il quale ci ha appena ricordato che “i Pastori, accogliendo gli apporti delle diverse scienze, hanno il diritto di emettere opinioni su tutto ciò che riguarda la vita delle persone, dal momento che il compito dell’evangelizzazione implica ed esige una promozione integrale di ogni essere umano. Non si può più affermare che la religione deve limitarsi nell’ambito del privato…”[3].
Di fronte a quella che si configura come una vera “emergenza educativa”, noi Vescovi avvertiamo la responsabilità e il dovere di richiamare tutti alla delicatezza e all’importanza di una corretta formazione delle nuove generazioni – a partire da una visione dell’uomo che sia integrale e solidale – affinché possano orientarsi nella vita, discernere il bene dal male, acquisire criteri di giudizio e obiettivi forti attorno ai quali giocare al meglio la propria esistenza e perseguire la gioia e la felicità del compimento[4].
Riaffermiamo, come prima cosa, la dignità e il valore della persona umana e poi la tutela e il rispetto che si devono ad ogni persona, soprattutto se in situazioni di fragilità, nonché la necessità di continuare a combattere strenuamente ogni forma di discriminazione (di carattere religioso, etnico, sessuale) o, addirittura, di violenza.
Sottolineiamo, altresì, il grave pericolo che deriva, per la nostra civiltà, dal disattendere o stravolgere i fondamentali fatti e principi di natura che riguardano i beni della vita, della famiglia e dell’educazione, confondendo gli elementi obiettivi con quelli soggettivi e veicolati da discutibili concezioni ideologiche della persona che non conducono al vero bene né dei singoli né della società.
Riconosciamo la “ricchezza insostituibile della differenza”[5] - specialmente quella fondamentale, tra “maschile” e “femminile” – e la specificità assoluta della famiglia come“unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio. Essa nasce dal loro amore (…), dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne e sono capaci di generare una nuova vita”[6]; essa è, davvero, la “cellula fondamentale della società, luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri”[7].
Su tale linea indichiamo anche due testi che, essendo espressione di una sana laicità, possono ben alimentare un sereno e positivo dibattito pubblico su questi temi: l’art. 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e l’art. 29 della Costituzione repubblicana[8].
Siamo, infatti, consapevoli che la differenza dei sessi è elemento portante di ogni essere umano ed espressione chiara del suo essere in “relazione”; senza la comune salvaguardia delle “grandi differenze” vi è un grave e concreto rischio per la realizzazione di un autentico e pieno sviluppo della vita delle persone e della società[9].
Ribadiamo perciò – come espresso autorevolmente, anche di recente, dalla Santa Sede di fronte al Comitato ONU della Convenzione dei diritti del fanciullo – il rifiuto di un’ideologia del gender che neghi di fatto il fondamento oggettivo della differenza e complementarietà dei sessi, divenendo anche fonte di confusione sul piano giuridico[10].
Invitiamo quindi a non avere paura e a non nutrire ingiustificati pudori o ritrosie nel continuare ad utilizzare, anche nel contesto pubblico, le parole tra le più dolci e vere che ci sia mai dato di poter pronunciare: “padre”, “madre”, “marito”, “moglie”, “famiglia” fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.
Difendiamo e promuoviamo il carattere decisivo – oggi più che mai – della libertà di educazione dei figli che spetta, di diritto, al padre e alla madre aiutati, di volta in volta, da soggetti o istituzioni chiamati a coadiuvarli[11]. E rigettiamo ogni tentativo ideologico che porterebbe ad omologare tutto e tutti in una sorta di deviante e mortificante “pensiero unico”, sempre più spesso veicolato da iniziative delle pubbliche istituzioni.
Sosteniamo e incoraggiamo l’impegno e lo sforzo di quanti, a vari livelli e su più ambiti, affrontanoogni giorno, anche nel contesto pubblico e nella prospettiva di una vera e positiva “laicità”, tutte le più importanti questioni antropologiche ed educative del nostro tempo e che segnatamente riguardano: la difesa della vita, dal concepimento al suo naturale spegnersi, la famiglia, il matrimonio e la differenza sessuale, la libertà religiosa e di educazione.
La proposta cristiana punta al bene integrale dell’uomo e contribuisce in modo decisivo al bene comune e alla promessa di un buon futuro per tutti. E pur in un contesto di diffusa secolarizzazione, che insinua la tendenza a ridurre la fede e la Chiesa all’ambito privato e intimo, come ricorda Papa Francesco “nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni e della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini”[12].
Al termine di questa Nota, proponiamo ancora un passo dell’Evangelii gaudium che spiega bene il senso della nostra riflessione e nel quale noi Vescovi ci ritroviamo in pieno perché tocca anche le delicate e importanti questioni antropologiche, culturali, formative ed educative qui menzionate e sottoposte sempre più all’attenzione e all’approfondimento di tutti, noi per primi: “Amiamo questo magnifico pianeta e amiamo l’umanità che lo abita, con tutti i suoi drammi e le sue stanchezze, con i suoi aneliti e le sue speranze, con i suoi valori e le sue fragilità (…). Tutti i cristiani, anche i Pastori, sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore… il pensiero sociale della Chiesa è in primo luogo positivo e propositivo, orienta un’azione trasformatrice, e in questo senso non cessa di essere un segno di speranza che sgorga dal cuore pieno d’amore di Gesù Cristo”[13].
Condividendo con fiducia queste nostre riflessioni e indicazioni, in un momento grave per il bene delle persone e della società, assicuriamo la nostra preghiera.

2 febbraio 2014, Festa della Presentazione del Signore e 36ª Giornata nazionale per la Vita
I Vescovi della Conferenza Episcopale Triveneto
[1] Cfr. Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente della Cei per la 36ª Giornata nazionale per la Vita (2 febbraio 2014) sul tema “Generare futuro”.
[2] Il riferimento è all’incontro di Papa Francesco avvenuto il 29 novembre 2013 con i Superiori Generali degli Istituti maschili di vita religiosa, il cui resoconto è stata appena pubblicato su “La Civiltà Cattolica” (2014) | 3-17).
[3] Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 182.
[4] Cfr. Benedetto XVI, Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008.
[5] Cfr. Card. Angelo Bagnasco, Prolusione su “L’architettura della famiglia: logica e ricadute sociali” alla 47a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, Torino 13 settembre 2013.
[6] Papa Francesco, Lettera enciclica Lumen fidei, n. 52.
[7] Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 66.
[8] L’art. 16 (terzo comma) della Dichiarazione recita: “La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato”. E l’art. 29 (primo comma) della Costituzione italiana afferma: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.
[9] Cfr. Card. Angelo Bagnasco, Prolusione su “L’architettura della famiglia: logica e ricadute sociali” alla 47a Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, Torino 13 settembre 2013.
[10] Cfr. L’Osservatore Romano del 17 gennaio 2014 – v. articolo “Dignità da tutelare” sull’incontro a Ginevra della Delegazione della Santa Sede, guidata dall’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, con il Comitato ONU della Convenzione dei diritti del fanciullo.
[11] Su libertà e diritto d’istruzione si esprime, tra l’altro, anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (all’articolo 14), proclamata una prima volta nel dicembre 2000 a Nizza e poi una seconda volta, con alcune modifiche, nel dicembre 2007 a Strasburgo.
[12] Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 183.
[13] Ibidem, n. 183.

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L arcivescovo di Bruxelles, Leonard
C'è anche una Chiesa che non sta in silenzio
di Matteo Matzuzzi
Incontrando giovedì scorso in Vaticano una delegazione della University of Notre Dame dell’Indiana  il Papa si è soffermato sull’identità cattolica del campus: «Auspico che l’Università Notre Dame continui ad offrire la sua indispensabile ed inequivocabile testimonianza a questo aspetto della sua fondamentale identità cattolica, specialmente di fronte ai tentativi, da qualsiasi parte essi provengano, di diluirla. E questo è importante: l’identità propria, come è stata voluta dall’inizio. Difenderla, conservarla, farla andare avanti».

Parole dirette sì all’università dell’Indiana, ma anche a tutti i campus che, da secoli cattolici nel nome, spesso approvano statuti che poco hanno a che fare con quanto prevede il Magistero romano. Rimanendo negli Stati Uniti, le battaglie tra abortisti e anti abortisti alla Loyola Marymount di Los Angeles e alla Georgetown di Washington sono solo due tra i più recenti e rilevanti esempi.

Le parole del Papa vengono dunque spese in uno di quei “determinati contesti” di cui lo stesso Francesco parlò nell’intervista estiva alla Civiltà Cattolica, quando invitò a non insistere troppo su aborto, nozze omosessuali e contraccezione, se non – appunto – quando necessario.

Qualche giorno fa, però, l’arcivescovo di Boston, Sean O’Malley, ha respinto in un’intervista al quotidiano Boston Herald ogni accusa di ossessionare i fedeli con prediche dai pulpiti delle chiese tutte centrate su aborto e nozze omosessuali: «Un cattolico sentirà forse una volta all’anno un’omelia contro l’aborto. Ma se date un’occhiata al New York Times, in una settimana su quel giornale ci saranno almeno venti articoli su omosessualità, aborto e nozze gay. Chi è allora l’ossessionato?». Il punto, ha chiarito il porporato cappuccino membro della speciale consulta incaricata dal Pontefice di rifondare la Curia romana e di consigliarlo nel governo della Chiesa universale, è che «quando lo stato comincia a decidere chi è degno di vivere e chi no, a quel punto gli stessi diritti dell’uomo sono messi in pericolo».
La battaglia contro l’eutanasia non fa parte di quella triade, ma è comunque uno di quei princìpi su cui la Chiesa non ammette negoziazione. In Belgio è ormai prossimo all’approvazione da parte del Parlamento il disegno di legge che la legalizza anche per i minori, senza alcun limite d’età (il che fa del provvedimento il più “estremo” al mondo in tema di fine vita). Le condizioni per la concessione della cosiddetta “dolce morte” prevedono che il richiedente sia malato terminale, che la sofferenza patita sia insopportabile e che uno psichiatra attesti che il soggetto interessato sia consapevole di ciò cui sta andando incontro.

Davanti a questa prospettiva, ha alzato la voce l’arcivescovo di Bruxelles, mons. André Léonard, che ha chiamato a raccolta i fedeli cattolici belgi. Convocate veglie di preghiera in tutto il Paese, cattedrali e piccole chiese aperte, sit-in, marce. Il tutto corredato da una giornata di digiuno. Giovedì prossimo, la veglia a Bruxelles sarà presieduta dall’arcivescovo in persona e avrà inizio alle ore 20.00. L’obiettivo, ha spiegato il presule, è di estendere ai santuari e alle altre chiese periferiche il programma che sarà attuato nella capitale e a Lovanio. Quella di Léonard è una vera chiamata a scendere in strada: «Bisogna avere il coraggio di dire ai nostri concittadini che non è troppo tardi, il momento è ora! Dobbiamo agitare le nostre coscienze e anche quelle dei nostri fratelli e sorelle. E’ giunto il momento di agire. Contiamo su di voi». 
E’ il segno che qualcosa si muove. In Spagna, dove il presidente uscente della locale conferenza episcopale, il cardinale Antonio Maria Rouco Varela ha chiuso il Consiglio permanente di gennaio schierandosi a difesa del progetto di legge del ministro della Giustizia Alberto Ruiz-Gallardón che limita la possibilità di abortire a pochi casi ben definiti. In Italia, dove merita attenzione la Nota pastorale dei vescovi del Triveneto in cui è ribadita all’unanimità ogni contrarietà al tentativo di accantonare le parole «padre e madre in luogo di altre meno discriminanti e allo stravolgimento del valore di famiglia naturale fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna».

Ma soprattutto qualcosa si muove in quei contesti che poco hanno da invidiare alle periferie esistenziali extraeuropee così tanto citate da Papa Francesco. Il Belgio è una delle vittime principali del laicismo esasperato e di cattolico, in quel paese ci sono ormai solamente le chiese intese come edifici di culto. Nella gran parte dei casi vuoti. Mons. Léonard, che in passato si è preso in faccia le torte delle attiviste di Femen senza reagire in alcun modo, ha l’obiettivo di far risvegliare la fede in quella terra. E i «criteri della fede – ha detto ieri Francesco al termine dei lavori della plenaria della congregazione per la Dottrina della fede ¬– devono sempre prevalere nelle parole e nella prassi della Chiesa». Prendersi cura dell’integrità della fede, ha aggiunto il Pontefice, «è un compito che serve a salvaguardare il diritto di tutto il Popolo di Dio a ricevere il deposito della fede nella sua purezza e nella sua integralità». Inoltre, «la verità esige la fedeltà, questa cresce sempre nella carità e nell’aiuto fraterno per chi è chiamato a maturare o chiarire le proprie convinzioni».

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Luca Volontè
Il Governo vuole la dissoluzione della Francia
di Luca Volontè
Di seguito l'intervento che Luca Volontè, presidente della Fondazione Novae Terrae, pronuncia oggi a Lione dal palco della Manif pour Tous, che si svolge contemporaneamente in diverse città europee compresa Roma (clicca qui per saperne di più). 

Cari amici di Francia, cari amici di Lione,
grazie di essere qui e grazie di avere invitato anche me.
Sapete che per 16 anni sono stato parlamentare italiano, per 3 anni Presidente del Gruppo del Partito Popolare Europeo al Consiglio di Europa. Sapete bene che il vostro Governo, dal Ministro Manuel Valls alla Signora Nejat mi adorano per aver promosso il Monitoraggio contro il Governo francese per l’abuso di violenze, la violazione della libertà di educazione e dei diritti dei genitori e la violazione della libertà di coscienza dei sindaci, della libertà di manifestazione per i cittadini, di espressione…
Mi sono permesso, nello scorso giugno in cui finivo il mio servizio politico, di lasciare un ricordo del mio impegno: Non si violano i diritti umani, nemmeno il Governo di Francia può farlo!
Ora, grazie alla Fondazione Novae Terrae, all’Istituto per la Dignità Umana, alla piattaforma CitizenGo, sono un pellegrino che visito amici, li sostengo, li esorto e incoraggio nelle buone battaglie e per la buona vita. Gli uomini veri si incontrano sempre, teniamo aperta la porta dei nostri cuori e la stupenda fantasia della Provvidenza sempre ci continuerà a sorprendere!
Diceva il vostro Bernanos: “La speranza è un rischio che dobbiamo correre!...La civiltà non crolla come un edificio, ma si svuota a poco a poco della sua sostanza finchè non ne resta più che la scorza”. 
In Francia, dopo le follie del peggior totalitarismo sovietico proposte da Peillon, dopo i divieti e le minacce ‘vetero cinesi’ della Nejat di carcere e multe per coloro che difendono il diritto umano alla vita contro l’aborto, dopo le recenti minacce anti cattoliche del Ministro Valls, il Governo mostra ancor più il volto contrario alla civiltà di Francia!
Il Governo vuole la dissoluzione della Francia, così come scrivevano Marx e Engels: la ‘tabula rasa’ inizia dalla distruzione fisica della famiglia! Se non fosse drammatico il ripetersi di tragedie del passato, dovremmo ridere di questi Ministri, copiano i maestri del terrore comunista e pensano di essere ‘innovatori’. Non c’è nessuna buona fede, c’è solo violenza e regime, solo famigliofobia e abolizione dell’umanità e della sua libertà. Si elimina la famiglia perché si vuole eliminare la democrazia, annientare la libertà sociale e rompere il contratto sociale e tornare allo statalismo totalitario.

No, la famiglia è la cellula sociale essenziale che rafforza il patto intergenerazionale, crea coesione sociale, rilancia il futuro. No, nella famglia nascono le virtù e le responsabilità dei futuri cittadini. No, tutti noi e tutti i bambini nella storia della umanità hanno avuto il diritto ad un papà ed ad una mamma!
I nostri "no" sempre vengono da molti "sì", dalla enorme positività della famiglia per noi, per le nostre famiglie, per i nostri figli, per la storia e la civiltà di tutto il mondo. E’ la nostra felice esperienza di famiglie che si oppone alla nuova tirannia e schiavitù dell’ «umanesimo ateo» descritto da De Lubac.
Amici miei, ancora il vostro Bernanos ricordava come «la maggiore minaccia per la libertà non sta nel lasciarsela togliere - perché chi se l’è lasciata togliere può sempre riconquistarla - ma nel disimparare ad amarla». Amiamo la nostra libertà, stimiamo la nostra esperienza, viviamo la verità del nostro cuore sino in fondo e mai correremo il rischio di ‘disimparare’, mai saremo omologati, sempre rialzeremo la testa con verità, fermezza e dolcezza.
Cosa ci ha insegnato la nostra esperienza? E’ vero quello che ci dicevano i nostri padri: «La verità sempre emerge e trionfa!». Non siamo noi a decidere i tempi, certo possiamo decidere come vivere la nostra vita, questa nostra scelta di vita è decisiva per il futuro di tutta la società! Corriamo di casa in casa, non c’è tempo da perdere, svegliamo i nostri amici e con loro lanciamo una grande resistenza della bellezza e della verità!
Altri amici, dopo di me e in un francese perfetto, parleranno della ideologia gender, delle lobby LGBT, dei diritti dei bambini e dei pericoli della GPA e della PMA, sino alle conclusioni di Tugdual Derville.
Due compiti, miei e vostri:

Primo, continuare a pregare, parlare, agire e manifestare, cioè mettere in pratica il diritto alla libertà di coscienza e religione, il diritto ad essere liberi e non schiavi del ‘peccato di Stato’.
Secondo, votare è un dovere morale.
Amici, tra qualche mese ci saranno elezioni europee ed elezioni comunali in Francia, finalmente la parola torna agli elettori, ai cittadini francesi. Dopo quello che è accaduto, è un dovere morale andare a votare e dare un forte e rumoroso segnale! Il voto delle europee è per voi il vero Referendum contro la Legge Toubirà e le tante leggi anti vita e famiglia del Governo! Non mancate all’appuntamento di metà maggio!
Dico ai politici presenti: coraggio, è il tempo della audacia e della coerenza!
“Non si può insieme ‘essere’ e ‘apparire’: bisogna scegliere!”. Scegliete di essere servitori del popolo e non politici  ‘galleggianti’!
A tutti voi, amici, chiedo di votare solo per i candidati che hanno dato prova certa e dimostrato di essere pronti a combattere per la buona battaglia, per promuovere vita e famiglia e libertà! In Europa e nei vostri comuni dovete sostenere coloro che vogliono, con noi e come noi, cambiare il mondo! I barbari sono alle porte, vogliono entrare nelle nostre case, ora è il tempo di riconquistare con dolcezza e fermezza la nostra casa, la nostra città, l’intera Francia!
Santa Giovanna d’Arco vi protegga sempre! Grazie!