domenica 2 novembre 2014

Così cambia la Chiesa

Una preghiera in una chiesa del New Jersey

Usa, addio ai vescovi guerrieri: così cambia la Chiesa


Terza punta dell’inchiesta sul dopo Sinodo.Negli States dalle battaglie contro l’aborto, l’attenzione si sposta su lavoro e povertà. Polemiche sulle scelte di Francesco. Neoconservatori sulle barricate

ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
Il nuovo volto della Chiesa americana ha i lineamenti di Blase Joseph Cupich, classe 1949, nato a Omaha, in Nebraska, insieme ai suoi otto fratelli, in una famiglia di origini croate. Francesco l'ha inaspettatamente nominato alla guida della diocesi di Chicago, con i suoi 2,3 milioni di fedeli la terza degli Stati Uniti. Il suo arrivo sulla cattedra dell'influente cardinale wojtyliano Francis George, settantasettenne e gravemente ammalato, è il segno di un significativo cambiamento di rotta rispetto agli ultimi decenni, che avevano visto designati ai vertici dell'episcopato Usa vescovi «cultural warriors», «guerrieri» impegnati in aspre battaglie pubbliche «pro life» e contro le unioni gay, molto meno sui temi dell'immigrazione, della giustizia sociale, della pace, delle conseguenze create da quella che Francesco nell'«Evangelii gaudium» ha chiamato un'economia «che uccide». Cupich, definito dal direttore del U.S. Catholic Magazine Bryan Cones «il vescovo che può parlare senza urlare», quando era vescovo di Rapid City aveva trasformato il locale «comitato pro-life» in «comitato per la giustizia sociale»: non aveva cessato di diffondere il messaggio contrario all'aborto, ma aveva ampliato lo spettro dei suoi interventi chiedendo una riforma dell'immigrazione e interessandosi dei poveri.

Le differenze di approccio tra l'episcopato degli Stati Uniti e Papa Francesco sono diventate ancora più evidenti in occasione del Sinodo sulla famiglia, così da far dire al vaticanista del Boston Globe, John Allen, che la «luna di miele» tra la Chiesa Usa e il Papa è finita. Tra le dichiarazioni dei prelati non presenti all'assemblea sinodale, hanno fatto scalpore quelle pubblicate sul sito web della diocesi di Providence dal vescovo Thomas Tobin: «Il concetto di avere un corpo rappresentativo della Chiesa che vota su applicazioni dottrinali e soluzioni pastorali mi colpisce come qualcosa piuttosto protestante». Tobin, sostiene che oggi «la Chiesa rischia di perdere la propria voce coraggiosa, contro-culturale e profetica». E l'arcivescovo di Philadelphia, Charles J. Chaput, riferendosi alle «distorsioni» dei media, ha detto che «l'immagine pubblica» del Sinodo ha creato «confusione», e «la confusione è del diavolo».

Uno dei protagonisti non soltanto mediatici del Sinodo è stato il cardinale curiale statunitense Raymond Leo Burke, Prefetto della Segnatura apostolica, in procinto per sua stessa ammissione di lasciare l'incarico: ha tuonato contro l'idea stessa di discutere dei sacramenti ai divorziati risposati, e si è lamentato pubblicamente per il fatto che il Francesco non si sia espresso in merito, lasciando libertà di discussione: «Non posso parlare per il Papa e non posso dire quale sia la sua posizione a questo riguardo, ma la mancanza di chiarezza sulla questione ha fatto senza dubbio molto danno». Tra i critici verso le aperture, all'interno del Sinodo, si è segnalato anche il cardinale di New York, Timothy Dolan. E fa discutere un commento dell'editorialista cattolico conservatore del New York Times, Ross Douthat, secondo il quale Papa Bergoglio starebbe portando la Chiesa «nel precipizio».

«Negli ultimi decenni - spiega a La Stampa Massimo Faggioli, docente di teologia alla St. Thomas University di Minneapolis - la Chiesa americana era diventata molto più importante che in passato, nel rapporto con la politica e con l'economia. Ora l'approccio di Francesco e le sue parole su povertà e giustizia sociale stanno mettendo in discussione le posizioni dell'episcopato. Negli Stati Uniti chi cita e valorizza il Concilio Vaticano II oggi sembra di sinistra».

Il cattolicesimo nordamericano non è più soltanto quello estremamente polarizzato e talvolta ideologizzato, storicamente diviso fra conservatori e liberal, ma deve fare i conti con la crescente presenza di immigrati dall'America Latina e dall'Asia, che non si riconoscono in questo schema. «I vescovi Usa - osserva ancora Faggioli - oggi non rappresentano una buona parte della base cattolica».

Sono in molti a ritenere che, al di là delle differenti posizioni sui temi del Sinodo, uno dei punti di maggior frizione sia rappresentato dal fatto che Francesco sta mettendo in crisi la «santa alleanza» tra capitalismo e cristianesimo teorizzata dalle think tank cattoliche neocon. Lo hanno dimostrato certe reazioni ai paragrafi sociali dell'«Evangelii gaudium». Appena ieri il cardinale uscente di Chicago, George, a questo proposito ha dichiarato: «Il Papa parla, a quanto pare, a partire dall'esperienza e dall'analisi dei sudamericani che credono che alcuni sono ricchi perché gli altri sono volutamente tenuti poveri». Ma il tentativo di «chiudere» il Papa nello schema geopolitico latinoamericano non fa i conti con la trasversalità del suo messaggio.
«Francesco parla al cuore di chiunque - ci spiega padre Thomas Rosica, nato negli Stati Uniti e residente in Canada, Chief Executive Officer del network televisivo cattolico Salt + Light e assistente per la lingua inglese della Sala Stampa vaticana - raggiunge tutti i fedeli, passando al di sopra degli episcopati. E quando questo accade, sconvolge la leadership delle Chiese. Le parole del Papa non sono manipolabili. Le sue parole sui poveri e le sue critiche a una certa economia sono profondamente evangeliche e non vanno lette con le "lenti" o gli schemi vigenti nei singoli Paesi».

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Sinodo, il cardinale Marx sa come finirà. Come vuole lui
di Luisella Scrosati
Il cardinale Reinhard Marx, Presidente della Conferenza episcopale tedesca e membro del gruppo dei “consiglieri” del Santo Padre non sembra pienamente soddisfatto del risultato del Sinodo straordinario sulla famiglia. Forse non ha gradito il lavoro complessivo dei circoli minori, che hanno apportato importanti modifiche alla Relatio. Secondo quanto riporta Kath.net «il cardinal Marx avrebbe espresso in modo palese nell’aula sinodale il suo disappunto sul documento finale… per il fatto che le tesi del cardinal Kasper non hanno avuto praticamente nessuna influenza sul documento finale». Il cardinale avrebbe poi affermato che «se si confronta il discorso del Papa con questi testi, vien da dire che un po’ più di freschezza, un po’ più di slancio in avanti sarebbero stati desiderabili». 
Sarebbe dunque in ossequio a questo slancio, che l’arcivescovo di Monaco-Frisinga traccia il programma per l’anno che ci separa al Sinodo ordinario, dell’ottobre 2015: «Abbiamo il dovere di annunciare il Vangelo e non di citare noi stessi. Nei mesi che seguiranno l’attuale Sinodo, fino al Sinodo dei vescovi nell’anno a venire, si tratterà di vedere quali vie potremmo percorrere nelle Chiese locali per unire la dottrina della Chiesa e la situazione pastorale e familiare degli uomini. Si tratta - come annotato nel documento finale del Sinodo - di trovare “nuove strade” nella teoria e nella prassi. Come vescovi siamo pronti a questo nel dialogo. E non ci sono divieti di pensiero o di parola. Spero in un dibattito intenso all’interno delle nostre diocesi, parrocchie e associazioni».
“Novità”, “abolizione di divieti”, “apertura” sembrano essere divenute ormai le parole chiave della ventata antiproibizionista post-sinodale. Si sta ripetendo il mantra degli ultimi quarant’anni, per cui gli eventuali “limiti” che si trovano nei testi devono essere superati in nome dello spirito che li ha animati. Il cardinale Marx, in un’intervista rilasciata al settimanale Die Zeit il 28 ottobre, riportata sul National Catholic Reporter (clicca qui), si fa interprete di questo “spirito del Sinodo” (variante aggiornata dello spirito del Vaticano II…), infilando una serie di affermazioni che fanno ben capire quello che ci aspetterà nei prossimi mesi: «Le porte sono aperte più ampiamente di quanto sia mai accaduto dal Concilio Vaticano II. I dibattiti sinodali sono stati giusto un punto di partenza. Francesco vuole dare una mossa alle cose, vuole spingere in avanti i processi». A chi potrebbe far notare che però all’interno del Sinodo ha trovato spazio anche un altro “spirito”, che ha rigettato i famosi tre paragrafi sui temi della comunione ai divorziati-risposati e dell’omosessualità, Marx risponde: «Chiunque pervenga a questa conclusione (di un passo indietro, n.d.r.) non ha posto la sua attenzione su quanto sta avvenendo nella nostra Chiesa da un anno e mezzo. Fino ad ora, queste due questioni sono state assolutamente non negoziabili. Sebbene non abbiano raggiunto il consenso dei due terzi, la maggioranza dei padri sinodali ha nondimeno votato in loro favore».
Il cardinale inoltre ha spiegato per quale motivo i tre paragrafi siano stati comunque inseriti nel testo della Relatio, nonostante non abbiano raggiunto i voti necessari: «Sono ancora parte del testo. Specialmente io ho chiesto ciò al Papa, e il Papa ha detto che voleva che tutti i paragrafi venissero pubblicati, insieme ai voti corrispondenti. Egli ha voluto che, nella Chiesa, ciascuno vedesse a che punto eravamo. No, questo Papa ha spalancato le porte e i voti risultati alla fine del Sinodo non cambieranno questo». Verrebbe a questo punto da chiedersi a cosa serva discutere in un Sinodo e votare il documento finale paragrafo per paragrafo. A cosa serva un Sinodo che non tenga conto dei risultati del Sinodo…

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Papa. Sinodo. Parresia. Una richiesta.

Se davvero si vuole sgombrare il campo dai sospetti di un tentativo di manipolazione dall’alto del Sinodo, e per evitare che questi sospetti possano riprodursi di qua a un anno, sarebbe opportuno che si togliesse l’embargo alle relazioni scritte che i Padri sinodali hanno consegnato entro l’8 settembre scorso. Sarebbe un aiuto concreto a chi volesse scrivere una storia o una cronaca del Sinodo non viziata da partigianeria di nessun genere.
MARCO TOSATTI
Nelle ultime settimane le voci istituzionali della stampa cattolica hanno esaltato la trasparenza dell’ultimo Sinodo, e la volontà di chiarezza che papa Francesco ha esortato a mostrare, la cosiddetta “parresia” evangelica. E’ inevitabile che si operi, dopo ogni evento, una riscrittura più o meno interessata. E’ nella natura delle istituzioni, e la Chiesa non fa eccezione.  

E’ forse però opportuno contribuire a questa visione con una richiesta.  

Un Sinodo, come ogni evento del genere, per vivere nella storia in maniera limpida ha bisogno di documenti. E’ importante, sarà importante, per lo studioso come per il cronista, poter verificare sui testi lo sviluppo e la maturazione delle posizioni e del dibattito.  

Questo, al momento non è possibile, per una scelta precisa dei responsabili a cui il Papa ha affidato la gestione dell’evento. Le relazioni iniziali dei partecipanti sono state segretate. Così come non è stato possibile, in base alle conferenze stampa, percepire con chiarezza posizioni e dichiarazioni.  

L’unico documento “ufficiale” al momento in cui l’assemblea si è chiusa sciogliendosi nelle Commissioni è stata una Relatio discutibile e discussa, in cui moltissimi non si sono riconosciuti e di cui infatti le Commissioni hanno tenuto il conto che sappiamo.  

Le relazioni delle Commissioni sono state rese pubbliche contro la volontà iniziale della gestione del Sinodo, e solo dopo che in aula si era presa posizione contro la gestione della Segreteria, e si era espressa sfiducia verso la comunicazione che veniva fornita alla stampa.  

La Relazione finale è stata resa pubblica per un atto di volontà del Papa, a cui però si è aggiunta una violazione del regolamento del Sinodo. I tre articoli contestati (su omosessualità e eucarestia ai divorziati risposati) non avrebbero dovuto fare parte del testo, perché non avevano raggiunto i due terzi dei consensi.  

Ed ecco la richiesta.  

Se davvero si vuole sgombrare il campo dai sospetti – probabilmente non infondati – di un tentativo di manipolazione dall’alto del Sinodo, e per evitare che questi sospetti possano riprodursi di qua a un anno, sarebbe opportuno che si togliesse l’embargo alle relazioni scritte che i Padri sinodali hanno consegnato entro l’8 settembre scorso. Una decisione del genere da parte del Papa sarebbe convincente, più di ogni cronaca apologetica, sul suo desiderio di totale trasparenza in una materia che riguarda soprattutto i fedeli cattolici laici. Sarebbe, inoltre, un aiuto concreto a chi volesse scrivere una storia o una cronaca del Sinodo non viziata da partigianeria di nessun genere.  

Infine una piccola notazione. Non di frequente mi trovo d’accordo con Adista, un’agenzia di notizie cattolica. Ma non ho potuto fare a meno di apprezzare questo fondo di Augusto Cavadi:   
“Due osservazioni per chiudere. I giornali dicono che questo Sinodo ha spaccato la Chiesa cattolica. Falso: ha manifestato apertamente una spaccatura vecchia, forse antica quanto la Chiesa stessa. Senza andare troppo indietro, già da decenni il filosofo cattolico Pietro Prini aveva scritto sullo scisma sommerso, invisibile, di molti (vescovi, preti e teologi inclusi) rispetto al Magistero ufficiale. In questa spaccatura è spontaneo ritrovarsi in sintonia con i “progressisti” ma, mi sia concesso di aggiungere per amore della sincerità, non senza disagi: tra alcuni “progressisti” dell’ultima ora e i “conservatori” irriducibili la mia stima va a questi ultimi, fedeli alla propria linea anche quando diventa scomodo sostenerla. Che in pochi mesi, fiutato il vento, molti vescovi e parroci che da decenni hanno bollato i “riformisti” di eresia si scoprano aperti e sensibili, mi provoca disgusto: questi carrieristi conformisti sono troppo abili nel saltare sul carro dei potenti di turno per poter meritare la nostra fiducia di compagni di strada”.