sabato 1 novembre 2014

Omelia del Papa Francesco al Cimitero Monumentale del Verano.(ITA. ESP)


Papa Francesco celebra la Messa nel Cimitero Monumentale del Verano. Tre immagini: devastazione, vittime e Dio




Papa al Verano: uomo che si crede "dio" distrugge il mondo. 

Testo integrale dell'omelia .

"Il Signore ci aiuti e ci dia la grazia di questa speranza, ma anche la grazia del coraggio di uscire da tutto quello che è distruzione, devastazione, relativismo di vita, esclusione degli altri, esclusione dei valori, esclusione di tutto quello che il Signore ci ha dato: esclusione di pace."
Quando nella prima Lettura ho sentito questa voce dell’Angelo che gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso di devastare la Terra e il Mare, di distruggere tutto: “Non devastate la Terra né il Mare né le piante”, a me è venuta in mente una frase che non è qui, ma è nel cuore di tutti noi: “Gli uomini sono capaci di farlo, meglio di voi”. Noi siamo capaci di devastare la Terra meglio degli angeli. E questo lo stiamo facendo, questo lo facciamo: devastare il Creato, devastare la vita, devastare le culture, devastare i valori, devastare la speranza. E quanto bisogno abbiamo della forza del Signore perché ci sigilli con il suo amore e con la sua forza, per fermare questa pazza corsa di distruzione. Distruzione di quello che Lui ci ha dato, delle cose più belle che Lui ha fatto per noi, perché noi le portassimo avanti, le facessimo crescere, dare frutti … 
Quando in sagrestia guardavo le fotografie di 71 anni fa [il Papa allude al bombardamento di Roma che colpì il quartiere dove si trova il cimitero], ho pensato: “Questo è stato tanto grave, tanto doloroso. Questo è niente in comparazione di quello che oggi accade”. L’uomo si impadronisce di tutto, si crede Dio, si crede il Re. E le guerre: le guerre che continuano, non precisamente a seminare grano di vita. A distruggere. Ma, è l’industria della distruzione. E’ un sistema, anche, di vita che quando le cose non si possono sistemare, si scartano: si scartano i bambini, si scartano gli anziani, si scartano i giovani senza lavoro … Questa devastazione ha fatto questa cultura dello scarto. Si scartano popoli … Questa è la prima immagine che è venuta a me, quando ho sentito questa Lettura. 
La seconda immagine, nella stessa Lettura: questa moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua … I popoli, la gente … Adesso incomincia il freddo: questi poveri, che devono fuggire per salvare la vita, dalle loro case, dai loro popoli, dai loro villaggi, nel deserto … e vivono in tende, sentono il freddo, senza medicine, affamati … perché il dio-uomo si è impadronito del Creato, di tutto quel bello che Dio ha fatto per noi. Ma chi paga la festa? Loro! I piccoli, i poveri, quelli che da persona sono finiti in scarto. E questo non è storia antica: succede oggi. “Ma, Padre, è lontano …” – Anche qui! [In] tutte le parti. Succede oggi. Dirò di più: sembra che questa gente, questi bambini affamati, ammalati, sembra che non contino, che siano di un’altra specie, non siano umani. E questa moltitudine è davanti a Dio e chiede: “Per favore, salvezza! Per favore, pace! Per favore, pane! Per favore, lavoro! Per favore, figli e nonni! Per favore, giovani con la dignità di poter lavorare!”. Ma i perseguitati, tra loro, quelli che sono perseguitati per la fede … “Uno degli anziani, allora, si rivolse a me e disse: ‘Questi chi sono, vestiti di bianco?’ - chi sono?, da dove vengono? – ‘Sono quelli che vengono dalla Grande Tribolazione e che hanno le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello’”.
E oggi, senza esagerare, oggi, nel giorno di Tutti i Santi, vorrei che noi pensassimo a tutti questi, i santi sconosciuti. Peccatori come noi, peggio di noi, ma distrutti. A questa tanta gente che viene dalla Grande Tribolazione: la maggior parte del mondo è in tribolazione. E il Signore santifica questo popolo, peccatore come noi, ma lo santifica con la tribolazione.
E alla fine, la terza immagine. Dio. La prima, la devastazione; la seconda, le vittime; la terza, Dio. Dio: “Noi fin d’ora siamo figli di Dio”, abbiamo sentito nella seconda Lettura. “Ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo come Egli è”, cioè: la speranza. E questa è la benedizione del Signore che ancora abbiamo: la speranza. La speranza che abbia pietà del Suo popolo, che abbia pietà di questi che sono nella Grande Tribolazione. Anche, che abbia pietà dei distruttori e si convertano. E così, la santità della Chiesa va avanti: con questa gente, con noi che vedremo Dio come Lui è. E quale dev’essere l’atteggiamento nostro, se vogliamo entrare in questo popolo e camminare verso il Padre, in questo mondo di devastazione, in questo mondo di guerre, in questo mondo di tribolazione? Il nostro atteggiamento, lo abbiamo sentito nel Vangelo: è l’atteggiamento delle Beatitudini. Soltanto quel cammino ci porterà all’incontro con Dio. Soltanto quel cammino ci salverà dalla distruzione, dalla devastazione della Terra, del Creato, della morale, della Storia, della famiglia, di tutto. Soltanto quel cammino: ma ci farà passare cose brutte, eh? Ci porterà problemi. Persecuzione. Ma soltanto quel cammino ci porterà avanti. E così, questo popolo che tanto soffre oggi per l’egoismo dei devastatori, dei nostri fratelli devastatori, questo popolo va avanti con le Beatitudini, con la speranza di trovare Dio, di trovare a quattr’occhi il Signore, con la speranza di diventare santi, in quel momento dell’incontro definitivo con Lui.
Il Signore ci aiuti e ci dia la grazia di questa speranza, ma anche la grazia del coraggio di uscire da tutto quello che è distruzione, devastazione, relativismo di vita, esclusione degli altri, esclusione dei valori, esclusione di tutto quello che il Signore ci ha dato: esclusione di pace. Ci liberi da questo, e ci dia la grazia di camminare con la speranza di trovarci un giorno a quattr’occhi con Lui. E questa speranza, fratelli e sorelle, non delude.
Radio Vaticana

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Texto de la homilía del Papa en la fiesta de Todos los Santos

Las beatitudes como brújula delante de una cultura de la devastación y del descarte

El santo padre Francisco celebró en el cementerio romano de 'Il Verano', la misa en la festividad de Todos los Santos. El Santo Padre ha comentado la lectura del apocalípsis y el Evangelio de las beatitudes, relacionándolas con la destrucción de lo creado, de la cultura del descarte y de la persecución que tantos sufren por ser cristianos. 
A continuación las palabras del Santo Padre.
"Cuando en la primera lectura he escuchado esta voz del ángel que gritó a gran voz, a los cuatro ángeles a los cuales les había sido concedido de devastar la tierra y el mar, de destruir todo. No devasten la tierra, el mar ni las plantas y a mi me vino a la mente una frase que no está aquí pero que está en el corazón de todos nosotros: Los hombres son capaces de hacerlo mejor, somos capaces de devastar la tierra, mejor que los ángeles y esto lo estamos haciendo, esto lo hacemos, devastar lo creado, devastar la vida, devastar las culturas, devastar los valores, devastar la esperanza. Y cuanta necesidad tenemos de la fuerza del Señor, para que nos selle con su amor con su fuerza para detener esta loca carrera de destrucción.
Destrucción de lo que Él nos ha dado, de las cosas más hermosas que hizo para nosotros, para que nosotros las lleváramos adelante, las hiciéramos crecer, dar sus frutos. Cuando estando en la sacristía miraba las fotos de hace tantos años atrás, he pensado, esto que ha sido tan grave y doloroso, esto es nada en comparación de lo que hoy sucede.
El hombre se apropia de todo, se cree Dios, se cree el rey. Y las guerras, las guerras que siguen no a sembrar grano de vida pero a destruir. Es la industria de la destrucción, es un sistema de vida en el que cuando las cosas no se logran arreglar se descartan, se descartan, se descartan a los niños se descartan a los ancianos, se descartan a los jóvenes, sin trabajo. Ha hecho esta cultura del descarte, se descartan los pueblos.
Esta es la primera imagen que me vino cuando sentí esta Lectura.
La segunda imagen en la misma lectura, es esta multitud inmensa que nadie podía contar, de todas las naciones, tribus, pueblos e idiomas.
Los pueblos, la gente, ahora comienza el frío. Estos pobres que tienen que huir para salvar la vida, de sus casas, de sus pueblos al desierto y viven en carpas y sienten en frío, sin medicinas, hambrientos. Porque el dios hombre se ha apropiado de lo creado, de todo lo bonito que Dios hizo para nosotros
¿Pero quién paga la fiesta? Los pequeños, los pobres. Los que de personas terminaron en descarte. Y esto no es historia antigua, sucede hoy. ¡Pero padre esto es lejos! También aquí, sucede hoy.
Y diré aún más, parece que esta gente, que estos niños hambrientos, enfermos, parece que no cuenten, que sean de otra especie, no sean humanos. Esta multitud está delante de Dios y pide: Por favor, salvación; por favor, paz; por favor, pan; por favor trabajo; por favor hijos y abuelos; por favor jóvenes con la dignidad de poder trabajar.
Pero los perseguidos entre ellos, los perseguidos por la fe. 'Uno de los ancianos se dirigió a mi: Quienes son estos vestidos de blanco, quiénes son, de dónde vienen? Son aquellos que vienen de la gran tribulación y que lavaron sus vestiduras volviéndolos cándidos en la sangre del Cordero'.
Y hoy sin exagerar, hoy en el día de todos los santos querría que todos pensáramos a todos ellos, los santos desconocidos, pecadores como nosotros, peor que nosotros, pero destruidos.
A esta multitud de gente que viene de la gran tribulación, la mayor parte del mundo está en tribulación. El Señor santifica a este pueblo pecador como nosotros, lo santifica con la tribulación.
Y al final hay una tercera imagen, Dios. La primera la devastación, segunda las víctimas y tercero Dios.
Dios, nosotros desde ahora somos hijos de Dios, lo hemos escuchado en la segunda lectura, pero lo que seremos aún no ha sido revelado. Pero sabemos que cuando Él se habrá manifestado nosotros seremos similares a Él, porque lo veremos como Él es, o sea la esperanza. Y esta es la bendición del Señor que aún tenemos: la esperanza, la esperanza que tenga piedad de su pueblo, que tenga piedad de éstos que están en la gran tribulación, y también que tenga piedad de los destructores para que se conviertan.
Y así la santidad de la Iglesia va adelante, con esta gente, con esta gente, con nosotros, que veremos a Dios como Él es. Y cuál tienen que ser nuestra actitud si queremos entrar en este pueblo, nuestro, si queremos entrar en ese pueblo y caminar hacia el Padre, en este mundo de devastación, de guerras, de tribulación.
Nuestra actitud la hemos escuchado en el Evangelio, es la actitud de las beatitudes. Solamente ese camino nos llevará al encuentro con Dios. Solamente ese camino nos salvara de la destrucción de la devastación de la tierra, de lo creado, de la moral, de la historia, de la familia, de todo.
Solamente ese camino. Nos hará pasar cosas feas, nos traerá problemas y pasar persecuciones. Pero solamente ese camino nos llevará hacia adelante. Y así este pueblo que tanto sufre hoy por el egoísmo de los devastadores, de nuestros hermanos devastadores, ese pueblo va adelante con las beatitudes, con la esperanza de encontrar a Dios, de ver cara a cara al Señor. Con la esperanza de volvernos santos en ese momento del encuentro definitivo con Él

El Señor nos ayude, nos de la gracia de esta esperanza, y también la gracia del coraje de salir de todo lo que es destrucción, devastación, relativismo de vida, exclusión de los otros, exclusión de los valores, exclusión de todo lo que el Señor nos ha dado, exclusión de la paz. Nos libre de ésto y nos dé la gracia de caminar con la esperanza de encontrarnos y cara a cara con Él y esta esperanza, hermanos y hermanas, no desilusiona.