sabato 17 gennaio 2015

II Domenica del Tempo Ordinario - Anno B




MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 65/66,4
Tutta la terra ti adori, o Dio, e inneggi a te:
inneggi al tuo nome, o Altissimo.
 

Colletta

Dio onnipotente ed eterno, che governi il cielo e la terra, ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo e dona ai nostri giorni la tua pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Oppure:
O Dio, che riveli i segni della tua presenza nella Chiesa, nella liturgia e nei fratelli, fa' che non lasciamo cadere a vuoto nessuna tua parola, per riconoscere il tuo progetto di salvezza e divenire apostoli e profeti del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
   
LITURGIA DELLA PAROLA
    
Prima Lettura  1 Sam 3, 3b-10. 19
Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta.
 

Dal primo libro di Samuèle
In quei giorni, Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio.
Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire.
Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore.
Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"». Samuèle andò a dormire al suo posto.
Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: Samuèle, Samuèle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta».
Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.
    
Salmo Responsoriale  Dal Salmo 39
Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.
    
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio.

Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo».

«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».

Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai. 
 
     
Seconda Lettura  1 Cor 6, 13c-15, 17-20
I vostri corpi sono membra di Cristo.
 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, il corpo non è per l'impurità, ma per il Signo­re, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.
Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall'impurità! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impu­rità, pecca contro il proprio corpo.
Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!
 
  
Canto al Vangelo  Gv 1,41.17b
Alleluia, alleluia.
«Abbiamo trovato il Messia»:
la grazia e la verità vennero per mezzo di lui.
Alleluia.
   
   
Vangelo  Gv 1,35-42
Videro dove dimorava e rimasero con lui. 
 

Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbi - che, tradotto, significa maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui: erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa», che significa Pietro. 

*
Nella seconda domenica del Tempo ordinario la liturgia ci propone il Vangelo in cui due discepoli di Giovanni Battista chiedono a Gesù dove abiti. Il Signore risponde:
«Venite e vedrete».
Gesù passa, guarda e chiama. E i discepoli di Giovanni lo seguono. Alla loro domanda: “Rabbì, Maestro, dove dimori?” Risponde loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava… E l’incontro con Gesù è così definitivo che diventa la notizia da comunicare agli altri: “Abbiamo trovato il Messia”. Il Vangelo, la Chiesa, ci ha detto Papa Benedetto – e ci ripete Papa Francesco (Evangelii Gaudium, 14), “non cresce per proselitismo, ma per attrazione”. Ma perché possiamo diventare capaci di attrarre gli altri è fondamentale essere stati con il Signore: essere andati ed aver visto. Gesù continua anche oggi a passare per le nostre strade e a ripetere: “Venite e vedrete”. Continua a chiamare. Ci invita ad andare a vedere nella fede la mensa domenicale, a mangiare il pane della Parola insieme con i fratelli, a divenire suoi commensali al banchetto del Suo Corpo e del Suo Sangue. Ci invita a pregustare il cielo, dove Egli è ora, alla destra del Padre per intercedere per noi, nella gloria del Padre, gloria alla quale siamo stati predestinati, per essere per sempre uno con lui. Questa esperienza di comunione fraterna, questa contemplazione gloriosa, può dare senso alla nostra vita quotidiana, può riempirla di gioiosa speranza e farci veramente cristiani, farci appartenere davvero a Cristo Gesù, così da contagiare chi ci sta accanto e da suscitare in loro una santa invidia. “Abbiamo trovato il Messia”, abbiamo trovato Dio, il Cielo. don Ezechiele Pasotti
*

Gesù cammina sempre dinanzi a noi

Commento al Vangelo della II Domenica del Tempo Ordinario - Anno B


Nello sguardo fisso di Giovanni su Gesù che passa è rivelato il cuore della Chiesa: innamorata del suo Sposo, instancabilmente indica al mondo Gesù, l'Agnello di Dio. Non v'è traccia di moralismo, d'impegno, di opzioni preferenziali.
La Chiesa, come Giovanni, non è un’agenzia di collocamento; non è neanche uno stato che cerca giovani volontari decisi ad arruolarsi nell’esercito. A dispetto di ciò che molti credono non propone neppure ideali perché Dio non si è fatto “idea” ma carne; per questo non sbandiera sogni e utopie.
Soprattutto, non chiede nulla. Conosce che cosa attende davvero il cuore di ogni uomo, per questo sa che ogni uomo è, in un modo o nell’altro, un suo discepolo, perché tutti cercano l'amore e il perdono. In ogni uomo vi è infatti, latente, come nei due discepoli di Giovanni, un cuore pronto ad ardere nell'ascoltare il suo annuncio.
Questi erano Ebrei, sapevano che a Pasqua un agnello era sacrificato per i peccati; e che il suo sangue sugli stipiti delle loro case aveva significato salvezza, libertà, vita. Sentirono parlare Giovanni "così" e intuirono che in quell'Uomo che s'avvicinava v'era tutto ciò che il loro cuore desiderava.
Quell'uomo che "si avvicinava" era l'oggetto della santa inquietudine che Dio continuamente sollecita nel cuore dell'uomo. Anche le difficoltà, la crisi economica, gli attentati dei fondamentalisti, un terremoto o una malattia, il tradimento della persona amata, perfino la morte e ogni dolore e angoscia ci destano dal torpore.  
Proprio Gesùera il desiderio d'ogni uomo, d'ogni istante, d'ogni storia. Il nostro desiderio. Tutta la nostra vita è come infilata in un tunnel dove, a momenti, le luci compaiono e sembrano dare un po' di sollievo, ma è questione di attimi, si ripiomba presto nell'oscurità.
Questa intermittenza ci stordisce e ci intristisce, vaccinandoci da noi stessi e dagli altri; la precarietà figlia della nostra debolezza di povere creature ci inchioda alla paura di morire. E pecchiamo, e sembra non esserci fine.
Come una ragazza che, acciuffata dalla passione e dalla paura di non essere amata, perde la sua verginità con il ragazzino che si illude di amare. E comincia a disprezzarsi profondamente, e per far tacere l’inquietudine, si concede sempre di più, finendo con il perdere la dignità e la speranza di essere amata per quello che è, e non per il suo corpo.
Ma è così per ogni peccato. I giudizi generano altri giudizi, l’avarizia altra avarizia, e così via. Corriamo ansimando dentro questo tunnel e non riusciamo a vederne la fine. Vorremmo scoprire i nostri peccati e quelli degli altri strappati via, resecati alla radice.
Vorremmo che non ci fossero più debolezze. Aneliamo a una vita finalmente tranquilla, speriamo una casa che ci accolga senza dover tribolare tra un imprevisto e uno sbalzo d'umore.
La Chiesa conosce il cuore dell'uomo perché Dio si è fatto uomo, per questo non è un club esclusivo di impeccabili. Comprende le ansie, i desideri, le sofferenze, perché il suo sguardo non si scosta un secondo da Cristo: lo celebra, lo prega, lo ama e lo annuncia.
Come Giovanni è trafitta dallo Spirito che le attesta sin nelle più remote profondità che proprio Gesù è il Signore, l'Agnello di Dio che ha portato e tolto il peccato del mondo. E ce lo mostra oggi, ora mentre ci viene incontro di nuovo con la sua Parola e la liturgia, nei pastori e nei fratelli.
Nel tunnel che stiamo percorrendo, Gesù accende il nostro cammino con la luce del suo volto. E ci attira dentro il mistero dell’annuncio. Perché senza l’annuncio di Giovanni la Chiesa smette di essere se stessa. Esiste per dire a tutti che esiste il perdono dei peccati.
Gesù, infatti, cammina sempre dinanzi a noi. Ma abbiamo bisogno di ascoltare la Chiesa che ce lo annunci, spingendoci a metterci in cammino per seguirlo.
Non c’è conversione senza l’ascolto e l’uscire da se stessi. Perché Gesù si ferma e si volta solo per rispondere alla nostra libertà. Il suo amore ci rispetta e attende i nostri passi dietro i suoi. Aspetta che il nostro desiderio lo talloni.
Solo incontrando il nostro sguardo mendicante può chiederci: "Che cercate?". Una casa cerchiamo Signore, un riposo, essere felici nonostante noi stessi. Cerchiamo consistenza per la nostra vita, qualcosa, Qualcuno, che segni il nostro cammino tra le troppe intermittenze che scuotono i nostri giorni.
"Maestro dove abiti?", dov'è che dimora il perdono, dov'è che possiamo immergerci nella misericordia? La tua casa Signore, la tua famiglia, il tuo luogo, questo cerchiamo. Seguirti per stare con te, dove tu sei.
E questo significa scoprire che Gesù ci è più familiare di nostra madre, che è, da sempre, carne della nostra carne, vita della nostra vita. Perché è l’amore che non ci giudica, e cancella il peccato del mondo che è in noi.
"Erano le quattro del pomeriggio" hanno registrato con cura i due discepoli, perché da quell'istante per loro, come per chiunque dopo averlo seguito è entrato nella sua casa, nulla è stato più lo stesso; ogni ora è diventata storia di salvezza e di pace.
Coraggio, perché come un Agnellino il Signore desidera le nostre storie per farne la sua dimora. Anche se i nostri peccati fossero grandissimi, anche se sino ad oggi sei stato schiavo del sesso, del denaro, del gioco, la Chiesa ci annuncia che Gesù è venuto per liberarti e cambiare il tuo cuore.
Mettiamoci in cammino seriamente, per sperimentare la misericordia di Dio che ci accoglie nella sua famiglia, nella comunione del Paradiso che abbiamo perduto. Perché il mondo attende la nostra conversione! Tuo fratello, tua nipote, il tuo collega, aspettano che, Come Giovanni e Andrea, tu possa annunciare che hai "trovato il Messia".
Lui ha il potere di fare nuova ogni cosa, e il mondo ha bisogno di vederlo nei cristiani. Il matrimonio che fa acqua? Sarà una creazione nuova, come il nome nuovo dato a Pietro. Gesù può fare della pietra che indurisce il nostro cuore una roccia dove ancorare la fede e la speranza per amare chi ci è accanto.  

*

La vita è vocazione alla gioia

Lectio Divina sulle letture liturgiche della II Domenica del Tempo Ordinario (Anno B), 18 gennaio 2015

Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche della II Domenica del Tempo Ordinario (Anno B), 18 gennaio 2015.
Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.
***
LECTIO DIVINA
La vita è vocazione alla gioia
Rito Romano
II Domenica del Tempo Ordinario - Anno B - 18 gennaio 2015
1Sam 3,3-10.19; Sal 39; 1Cor 6,13-15.17-20; Gv 1,35-42.

Rito Ambrosiano
II Domenica dopo l’Epifania
Is 25,6-10a; Sal 71; Col 2,1-10a; Gv 2,1-11.
1) La vocazione nella vita di ogni giorno.
Dopo la celebrazione del Battesimo di Gesù che domenica scorsa ha concluso il tempo natalizio, oggi la Liturgia presenta un brano del primo capitolo del Vangelo di Giovanni per completare la narrazione degli eventi di manifestazione di Gesù come Messia e Figlio di Dio, che chiama a seguirlo.
Non è casuale che pure le altre due letture della Messa di questa Domenica, la II del Tempo ordinario, abbiano come tema centrale la vocazione. Tutti siamo stati chiamati a seguire una “vocazione” da realizzare nella nostra vita di tutti i giorni. Tutti siamo chiamati a vivere la nostra vocazione a figli di Dio nell'unico Figlio nell’apparente banalità della vita quotidiana. Tutti siamo chiamati a essere con Cristo, prima che a fare qualcosa per Cristo. L’esempio più alto a questo riguardo è la Madonna che prima di “fare” la mamma, “fu” ed “è” ancora mamma. Ma anche gli apostoli di cui parla il Vangelo di oggi, prima di fare qualcosa per Cristo, furono con Cristo. A Giovanni e Andrea che gli chiedevano: “Maestro, dove abiti”, Gesù rispose: “Venite e vedrete”, cioè propose loro di “essere” con Lui, prima che di “fare” qualcosa con Lui.
Non è casuale neppure il fatto che la liturgia del Tempo ordinario chieda che il prete indossi i paramenti verdi, per indicare il tempo verde della nostra vita. Si tratta di un tempo carico di speranza, che accompagna ed illumina il nostro quotidiano da “spendere” nella sequela di Cristo. Quello ordinario non è un tempo minore, è il tempo in cui il Mistero della vita di Cristo e di noi in Lui scorre sotto i nostri occhi in modo ordinario e noi siamo chiamati ad accoglierlo e a comprenderlo, per percorrere la via della salvezza, in Cristo Gesù, nostra Via.
Ogni esistenza è già una chiamata: Dio ci ha tratti dall’abisso vertiginoso del nulla e, dandoci l’essere, ci ha dato anche un progetto da compiere, un disegno da realizzare che è addirittura disegnato “sul palmo delle sue mani” (Isaia 49). E’ questo il senso della nostra vita: essere con Dio e collaborare al grande progetto che Lui ha da tutta l’eternità su ognuno di noi.Siamo spesso tentati di credere che la vocazione, che Dio ci dona, sia un dovere penoso, una virtù obbligatoria e fastidiosa. No. La chiamata che Dio rivolge agli uomini è perché intreccino un rapporto di amore con Lui. Li invita alla sua dimora, li accoglie di nuovo in casa quando ritornano al suo amore. E non solo possono stare con Lui ma Lui sta nel loro cuore. Il dinamismo dell’uomo che è sempre in cerca della sua casa, è nostalgia della sua patria, della casa natale e il filosofo e scrittore tedesco Novalis (1772 -1801) scrisse “la filosofia è la nostalgia di tornare a casa”. Ebbene il brano del vangelo di oggi mostra come si arriva in questa casa: seguendo Cristo, chiedendoGli dove abita e rimanendo con Lui.La conseguenza più bella è che noi diventiamo la sua dimora. Infatti, avvicinarsi a Dio è diventare una cattedrale vivente. Ricevendo la sua Presenza in noi, comprendiamo la grandezza della condizione “umana” a cui siamo chiamati. La Bibbia trabocca di storie di vocazione: ne sono esempi Abramo, Mosè, Davide, i singoli profeti, il piccolo Samuele di cui si legge nella prima lettura di oggi (1Samuele 3,3-10), la Vergine Maria, gli apostoli.
Ciascuno in forme diverse, ma tutti siamo accomunati da questo invito a dare alla nostra esistenza il valore supremo dell’aprirsi alla relazione con Dio, dicendo come Maria: “Amen, Fiat, accada di me secondo la tua Parola”.
2) I tre verbi della vocazione, che non è una professione.
Le letture della Messa di oggi mostrano che la vocazione “ha” tre verbi: chiamare, ascoltare, rispondere.Chiamare. Tranne le poche eccezioni di una chiamata diretta, la vocazione avviene per il tramite di altri uomini, come si vede nell’episodio di oggi: per i due discepoli del Battista, il tramite è lui, col segnalare loro l’Agnello di Dio; per Pietro è suo fratello Andrea; per Samuele bambino è il suo “custode” Eli.
Ascoltare, come fece il piccolo Samuele che a Dio che lo chiamava per nome rispose: “Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta”.Rispondere andando ad abitare presso Colui che dice a noi, come a Giovanni e Andrea: “Venite e vedrete”.
iandiamo ancora al brano del Vangelo di oggi, nel quale ci è raccontato che, notando Giovanni e Andrea che lo seguivano, Gesù si voltò e chiese: “Che cosa cercate?”. Gesù interrogò non per informarsi, ma per provocare la risposta e per indurre a prendere coscienza della propria ricerca. Gesù costringe l’uomo ad interrogarsi sulle ragioni del proprio cammino.
La ricerca deve essere messa in questione. C’è, infatti, ricerca e ricerca. C’è chi cerca veramente Dio e chi in realtà cerca se stesso.
Dunque, la prima condizione è di verificare continuamente l’autenticità della propria ricerca di Dio. La seconda è di non cercare di capire la vocazione come ricerca di sistemare il mondo né di sistemarsi nel mondo, perché la vocazione non è frutto di un progetto umano o di una strategia organizzativa. La vocazione è all’Amore, ricevuto e donato. La vocazione non è una scelta, è l’essere scelti: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv 15, 16).
3) La vocazione alla felicità1 attraverso un esodo.
Nel Vangelo di Marco si legge: “Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. (...) Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi” (Mc 8, 34-35; 10,21).
Nel Vangelo di oggi, con altre parole Gesù ripete l’invito a Giovanni ed Andrea perché anche loro si mettano in cammino dieto di Lui. In entrambi i casi Cristo chiede di percorrere con Lui l’esodo nuovo, che non è solo di liberazione dal male e da ogni altra schiavitù fisica o morale, ma per la libertà, la verità2, l’amore, la gioia, che tanto ci stanno a cuore.
Un esempio di santo che accettò totalmente di fare questo esodo con Cristo, fu San Francesco d’Assisi (1182 –1226), espresse la sua esperienza di liberazione e di vocazione con queste parole che ricevettero di titolo di La Preghiera semplice:
Signore fa di me uno strumento della tua Pace:Dove è odio, che io porti l’Amore,Dove è offesa, che io porti il Perdono.Dove è discordia, che io porti l’Unione.Dove è dubbio, che io porti la Fede.Dove è errore, che io porti la Verità.Dove è disperazione, che io porti la Speranza.Dove è tristezza, che io porti la Gioia.Dove sono le tenebre, che io porti la Luce.Fa’ che io non cerchi tanto ad essere consolato, quanto a consolare, ad essere compreso, quanto a comprendere, ad essere amato, quanto ad amare. Poiché è dando che si riceve;è perdonando che si è perdonati;è morendo, che si risuscita a Vita eterna.”
Secoli prima, un altro Santo espresse l’esperienza di essere chiamato in modo molto profondo. Si tratta di Sant’Agostino d’Ippona (354 – 430), la cui vocazione-conversione fu ottenuta dalla preghiera e dalle lacrime di sua madre, Monica. Nelle Confessioni, scritte per narrare la sua vocazione e rendere gloria a Dio per la sua misericordia, questo grande Santo afferma che “il peso dell’amore eleva in alto” (Pondus meum amor meus - Confessioni, XIII, 9, 10). E’ come se il Vescovo di Ippona avesse detto: “In qualunque parte mi porti l’amore, là io sarò”.
Anche lui aveva trovato l’amore e non solo non voleva perderlo, voleva restargli fedele sempre.
Per anni aveva cercato la verità e l’amore. Una volta incontrato nella persona di Cristo, vi restò fedele per sempre.
Anche a lui Cristo disse “che cerchi?”, e alla risposta interrogativa: “Maestro dove abiti” la replica è ancora “vieni e vedrai”.
4) La testimonianza della Vergini consacrate nel mondo.
La vocazione di Giovanni e Andrea fu suscitata dalla testimonianza del loro “vecchio” maestro, Giovanni il Battista, che aveva indicato Gesù quale “Agnello che toglie i peccati del mondo”, ma si chiarì nel dialogo con Cristo: “Che cercate?”, “Maestro, dove abiti?, “Venite e vedrete”.
A Giovanni e ad Andrea, come all’interminabile schiera di persone che Lo cercano e Gli chiedono: “Dove abiti?”, Gesù risponde con un imperativo (“venite”) e con una promessa (“vedrete”). La ricerca non è mai finita. La scoperta di Dio non è mai conclusa. Gesù non dice che cosa vedranno né quando. È stando con lui che il futuro si dischiuderà e fiorirà.
Seguire Gesù non significa sapere già dove egli conduce; vuol dire fidarsi di lui, confidare il Lui completamente. Questo abbandono totale è vissuto in modo particolare dalle Vergini consacrate. Queste donne ci testimoniano che la vocazione è riconoscere Cristo come centro affettivo della vita umana. Sul loro esempio, alla domanda di Cristo “Chi, che cosa cercate?”, rispondono: “Te” e nel quotidiano “sì” (fiat) si conformano al suo disegno di amore, rinnovando fedelmente il “sì” pronunciato nelle mani del Vescovo il giorno della consacrazione.
Tutti sappiamo che l’amore di Dio per l'uomo è fedele ed eterno: “Ti ho amato di amore eterno”, dice Dio all’uomo (cfr Ger 31, 3). Le Vergini consacrate ci testimoniano che anche noi possiamo vivere la vocazione all’amore di Dio che è luce, felicità e pienezza di vita quaggiù e per l’eternità.
*
LETTURA PATRISTICA
Tommaso d’Aquino, Ev. sec. Ioan., 1, 15, 1 s.
L’agnello di Dio e lo sguardo di Gesù      
Quando dice: "Ecco l’agnello di Dio", non solo vuole indicare il Cristo, ma vuole anche esprimere ammirazione per la sua potenza - "Il suo nome sarà Ammirabile" (Is 9,6) -. Ed è veramente un agnello di meravigliosa potenza questo che, ucciso, uccise il leone; il leone, dico, del quale parla Pietro - "Il vostro avversario, il diavolo, come un leone ruggente, cerca chi può divorare" (1P 5,8). Perciò lo stesso agnello venne chiamato leone vincitore e glorioso - "Ecco ha vinto il leone della tribù di Giuda" (Ap 5,5) -. "Ecco l’agnello di Dio" è una testimonianza molto breve; ma è breve perché i discepoli, ai quali Giovanni parla, da ciò ch’egli aveva già detto di Cristo, erano bene informati su di lui; e anche perché ciò che soprattutto interessava a Giovanni era di indirizzare i suoi discepoli a Cristo. E non dice «Andate da lui», perché i discepoli non credano di fargli un favore, se lo seguono; ma ne esalta il prestigio, perché capiscano che fanno bene a sé stessi, se lo seguono. Perciò dice: "Ecco l’agnello di Dio", cioè, ecco dov’è la grazia e la forza epuratrice del peccato; l’agnello, infatti, veniva offerto in espiazione dei peccati.
"Gesù poi voltatosi": queste parole stanno a dire che Gesù compie ciò ch’era stato iniziato da Giovanni, perché "la legge non portò nessuno alla perfezione" (He 7,19). Quindi Cristo esamina e istruisce i discepoli, poiché "dice loro: Venite e vedete". Cristo li esamina ed essi rispondono - "Ed essi dissero: Maestro, dove abiti?" E l’evangelista dice: "Gesù voltatosi e visto che lo seguivano, disse loro". Il senso letterale dice che Cristo andava avanti e i due discepoli, che lo seguivano, non ne vedevano la faccia, perciò Cristo, per incoraggiarli, si voltò verso di loro. E questo ci fa capire che Cristo dà speranza di misericordia a tutti coloro che si mettono a seguirlo con cuore puro. "Previene quelli che lo cercano" (Sg 6,14). Gesù si volta verso di noi, perché lo possiamo vedere. Questo avverrà in quella beata visione quando ci mostrerà il suo volto, come si dice nel salmo (Ps 79,4). "Mostraci il tuo volto e saremo salvi". Finché siamo in questo mondo però lo vediamo di spalla, perché arriviamo a lui per via di effetti, per cui nell’Esodo (Ex 33,23) è detto: "Vedrai le mie spalle". Si volge anche Gesù per offrirci l’aiuto della sua misericordia. Questo chiedeva il Ps 89,13: "Signore, volgiti un pochino". Finché, infatti, Cristo non offre l’aiuto della sua misericordia, ci sembra ostile. Si voltò, dunque, Gesù ai discepoli di Giovanni, che s’eran messi a seguirlo, per mostrar loro il suo volto e infondere la sua grazia in essi. Li esamina poi quanto all’intenzione. Quelli che seguono Cristo non hanno tutti la stessa intenzione: alcuni lo seguono con la prospettiva di beni temporali, altri con la prospettiva di beni spirituali, perciò il Signore gli chiede: "Che cosa cercate?", non certo per venire a sapere, ma perché, dando loro occasione di manifestare la loro intenzione, li vuole stringere più vicino a sé, giudicandoli degni del suo interessamento.
*
NOTE
1. Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, Parte III, Art. 2.
2. Papa Francesco, Le vocazioni come testimonianza alla Verità, 14 maggio 2014.