domenica 3 luglio 2016

Gioiello nascosto



Una teodicea esistenziale.Pubblichiamo stralci dal piccolo libro Due discorsi edificanti 1843. II. Ogni dono buono e perfetto viene dall’alto (Brescia, Morcelliana, 2016, pagine 75, euro 10). L’edizione italiana a cura di Umberto Regina è condotta sull’edizione critica danese. Il primo dei due discorsi «edificanti» del 1843, La prospettiva della fede, è già apparso nella stessa collana «Il pellicano rosso» (2013).
(Soren Kierkegaard) «Ogni dono buono e ogni dono perfetto è dall’alto, e discende dal Padre delle luci, nel quale non c’è alterazione o ombra di cambiamento» (Giacomo 1, 17). Egli, di sua volontà, ci ha generati tramite parola di verità affinché noi potessimo essere una primizia delle sue creature. Per questo, miei cari fratelli, ogni uomo sia svelto a udire, lento a parlare, lento all’ira; dato che l’ira di un uomo non ha niente a che fare con ciò che è giusto davanti a Dio. Perciò deponete ogni lordura e ogni rimasuglio di cattiveria, ed accogliete con docilità la parola che è stata impiantata in voi e che ha la potenza di rendere beate le vostre anime. 
«Ogni dono buono e ogni dono perfetto è dall’alto, e discende dal Padre delle luci, nel quale non c’è alterazione o ombra di cambiamento». Queste parole sono così belle, così invitanti, così coinvolgenti da ritenere che, se non trovarono accoglienza alcuna nelle orecchie dell’ascoltatore, eco alcuna nel suo cuore, ciò non fu certamente colpa loro. Sono parole di un apostolo del Signore, e se noi stessi non abbiamo colto il loro significato con maggior profondità, tuttavia possiamo confidare nel fatto che non sono un discorso futile e ozioso, un’espressione gradevole per un pensiero vago, ma parole fidate e veritiere, provate e riprovate come fu la vita dell’apostolo che le scrisse. Non sono dette incidentalmente ma per suscitare una precisa impressione, non di passaggio ma accompagnate da un incisivo ammonimento: «Non cadete in errore, fratelli miei carissimi» (v. 16); dunque osiamo confidare che esse abbiano non solo la forza di sollevare l’anima ma anche il vigore per sorreggerla in quanto parole che sorressero un apostolo attraverso una vita di tempeste. Non vengono dette senza rapporto con altre parole; se l’apostolo dice: «Non cadete in errore, fratelli miei carissimi», è per porre in guardia dal tremendo errore che Dio voglia tentare un uomo; se l’apostolo dice: «Non cadete in errore, fratelli miei carissimi» è per porre in guardia da quella seduzione del cuore che vuol tentare Dio; dobbiamo dunque essere certi che questa parola ha anche il potere di dissolvere la seduzione e di reggere di fronte a quell’erroneo pensiero.
«Ogni dono buono e perfetto è dall’alto, e discende dal Padre delle luci, nel quale non c’è alterazione o ombra di cambiamento». Nel mondo queste parole non si è cessato di ripeterle, ma tanti vivono come se non le avessero mai udite e, nel caso che avessero forse avuto effetto, sarebbe stato di disturbarli. Percorrono spensierati la loro vita; un destino amico rende loro tutto così facile, ogni desiderio viene esaudito, ogni loro iniziativa ha successo. Si trovano inseriti nel divenire della vita senza sapere il perché, come un anello nella catena che congiunge un passato a un futuro. Senza prendersi cura del come ciò avvenga, sono portati dall’onda della loro epoca. 
«Ogni dono buono e perfetto è dall’alto, e discende dal Padre delle luci, nel quale non c’è alterazione o ombra di cambiamento». Queste parole sono di così rasserenante conforto, e chissà quanti sono stati quelli che le capirono nel modo giusto per assorbirne il ricco nutrimento di consolazione, che le capirono in modo giusto per farle proprie.
Quanto più riuscirono ad immergere in esse la loro anima, a scordarsi di tutto per esse, tanto più si sentirono irrobustiti e fiduciosi. Ma presto questa loro forza si rivelò illusoria: per quanto grande risultasse la loro conquista di fiducia, essi non conquistarono la forza per passare attraverso la vita.
Infine accadde loro che queste parole costituissero quasi un pericolo per la loro pace: esse in loro suscitavano una fiducia che veniva sempre delusa; certo davano loro ali in grado di innalzarli fino a Dio, ma non li aiutavano nel loro cammino attraverso la vita: non negavano che le parole erano un conforto inesauribile, ma del quale essi avevano quasi paura, anche se lo gradivano. Se un uomo avesse uno splendido gioiello, e in nessun momento fosse disposto a negarne lo splendore, ecco che di tanto in tanto lo tirerebbe fuori per compiacersene, ma subito direbbe: non posso proprio portarlo come ornamento nella vita quotidiana, e invano aspetto l’occasione solenne nella quale esso potrebbe ricevere la sua importanza. Ecco che allora porrebbe da parte un tale gioiello e malinconico penserebbe che la vita non gli ha concesso l’occasione per esibirlo giustamente con gioia. Solo il cielo e lo spirito che vola via dalla terra sanno che Dio è buono; la vita sulla terra non ne sa nulla! Non c’è armonia alcuna fra ciò che accade nei cieli e ciò che accade sulla terra! C’è gioia nei cieli, sulla terra solo pena, o qui solo la notizia che in cielo c’è gioia! Dio tira fuori i doni buoni nei cieli e nei cieli li mette da parte per noi in modo che possiamo un giorno riceverli lì! Forse parleresti così nello smarrimento del tuo cuore. Tu non pretenderesti che per riguardo a te accadessero segni di atti miracolosi, non esigeresti come un bambino che ogni tuo desiderio venisse soddisfatto; pregheresti mattina e sera solo per una testimonianza; la tua anima sgomenta nasconde infatti un desiderio. Ma quel desiderio non fu esaudito. Invano cercasti quiete; nella tua infruttuosa attività febbrile non lasciasti nulla di intentato: hai scalato la vetta vertiginosa del presentimento per scrutare se non potesse presentarsi una possibilità. Quando credesti di scorgerne una siffatta, tu subito fosti pronto con preghiere mediante le quali creare il reale dall’apparente. Ma si trattò di un miraggio. Allora riconosceresti con umile gioia che Dio è ancora l’onnipotente creatore dei cieli e della terra, che egli non solo ha creato il mondo dal nulla, ma ha fatto qualcosa di ancor più prodigioso creando dal tuo impaziente ed incostante cuore l’essere incorruttibile di un tacito spirito. Allora vergognoso ammetteresti che era cosa buona, anzi molto buona per te che Dio non si lasciasse tentare, allora capiresti il monito dell’apostolo e perché esso si collegasse con l’errore di voler tentare Dio. Allora comprenderesti quanto folle fosse la tua condotta. Avresti voluto che la concezione che ha Dio circa ciò che ti giova dovesse essere la tua, ma al tempo stesso avresti voluto che lui dovesse essere l’onnipotente creatore del cielo e della terra, e che dovesse dare un seguito conforme al tuo desiderio. 
«Ogni dono buono e perfetto è dall’alto, e discende dal Padre delle luci, nel quale non c’è alterazione o ombra di cambiamento». Queste parole sono così comprensibili, così innocenti; ed allora bisogna chiedersi quanti furono quelli che le hanno veramente comprese, che compresero che esse erano monete da esposizione, da ammirare più di tutti i tesori del mondo, ma anche il contante da usare nei rapporti quotidiani della vita.
Queste parole sono così belle, così colloquiali, così commoventi, così confortanti e consolanti, così candide e comprensibili, così curative e risananti; per cui ti preghiamo — o Dio! — di creare a coloro che finora non hanno prestato attenzione ad esse orecchi propensi ad accoglierle; di guarire con la comprensione della parola i cuori inclini al fraintendimento quando si tratta di comprendere la parola; di piegare sotto l’obbedienza alla parola di salvezza il pensiero che si sta smarrendo; di dare all’anima angosciata la franchezza per osare di comprendere la parola; di far sì che coloro che l’hanno compresa siano beati e sempre più beati con il comprenderla sempre di nuovo. Amen.
L'Osservatore Romano