giovedì 7 luglio 2016

Imparare a pregare 6



Capitolo 2: Le condizioni di una preghiera che porta frutto

"Per giungere a ciò che non sai, devi passare per dove non sai". 
GIOVANNI DELLA CROCE

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1. Le disposizioni che rendono feconda la vita di preghiera (continua)

a)  La preghiera è essenzialmente un atto di fede (continua)

Come è ovvio, la fede non può fare a meno della ragione: per quanto è possibile dobbiamo capire con l'intelligenza ciò a cui crediamo. Questo è il ruolo della teologia: più capiamo ciò a cui crediamo più la fede sarà per noi una luce e una forza. Ciò vale anche per la vita di preghiera, in molti sensi: la comprensione di certi aspetti del mistero di Dio, la percezione più viva della persona di Cristo, del senso del destino umano... Talvolta avremo lumi molto preziosi su un certo testo della Scrittura o sulla nostra esistenza concreta: quale scelta fare, come comportarci in una data circostanza, quale consiglio dare a quella persona che ci sollecita...
Detto ciò, bisogna però riconoscere che anche l'intelligenza ha i suoi limiti. E' bene capire delle verità su Dio, ma ricordandosi che tutto ciò che capiamo di Dio non è ancora Dio. L'intelligenza può avvicinarci a Dio ma non ci fa accedere a ciò che Dio è in se stesso. Questo lo può fare solo la fede. Il più grande teologo mai esistito, san Tommaso d'Aquino, ha riconosciuto alla fine della sua vita che tutto ciò che aveva scritto era solo paglia.
Dunque è normale e perfino necessario che nel nostro cammino cristiano, e nella vita di preghiera in particolare, l'intelligenza si trovi in una certa oscurità o addirittura completamente smarrita. Sono momenti difficili, perchè il fatto di non capire genera sempre una frustrazione dolorosa, ma è inevitabile. Queste fasi di tenebra per l'intelligenza sono necessarie per purificare e affinare quest'ultima. Infatti nell'esercizio dell'intelligenza, nel desiderio di capire si mescolano spesso molte cose da cui dobbiamo essere liberati: curiosità, orgoglio, volontà di potenza, una ricerca umana di sicurezza...
Per sapere tutto dobbiamo passare attraverso un non sapere: non c'è crescita umana e spirituale vera senza il passaggio di momenti in cui l'intelligenza è dolorosamente umiliata. Non si può "pensare" Dio, farne un oggetto: solo la fede, l'amore e l'adorazione possono metterci in contatto con Dio.

La sensibilità e l'intelligenza sono facoltà preziose e utili, ma non possono essere il fondamento del nostro rapporto con Dio e della nostra vita di preghiera. Il solo fondamento deve essere la fede. Quando la sensibilità è arida o l'intelligenza è cieca, la fede deve bastarci per andare avanti. La fede è libera: sa nutrirsi di ciò che tocca la sensibilità e illumina l'intelligenza, ma sa anche farne a meno.


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Da ciò che ho detto fin qui si deduce una conseguenza pratica estremamente consolante: ci sono momenti nella nostra vita di preghiera in cui siamo molto poveri. Malgrado la nostra buona volontà e i nostri sforzi, restiamo aridi e freddi, non sentiamo niente e non capiamo niente. Allora tendiamo a scoraggiarci, pensiamo di essere molto lontani da Dio, ci sentiamo delle nullità paragonandoci a ciò che le vite dei santi ci raccontano del loro fervore e delle loro grazie mistiche.

Se ti accade questo, caro lettore di questo blog, allora ricorda quello che ho detto: poco importa ciò che senti o non senti, ciò che capisci o non capisci. Se la sensibilità o l'intelligenza non ti danno Dio, la fede te lo darà. Basta che tu faccia un atto di fede umile e sincero per essere subito in contatto con Dio in maniera assolutamente certa. Quando manca tutto il resto, la fede basta. Se andremo coraggiosamente in questa direzione, sperimenteremo quanto sia vero e quanto ciò che afferriamo mediante l'atto di fede ci sia davvero donato. "Avvenga per te come hai creduto", non cessa di dire Gesù nel Vangelo.