lunedì 26 agosto 2013

Testimone dei testimoni di Cristo



Daniel_Ange

Conobbi Padre Daniel Ange quand’ero adolescente. Veniva ogni tanto a Torino, dove sono nato, invitato dalle comunità ecclesiastiche locali, per portare l’annuncio. Non succedeva spesso, ma ogni volta che c’era l’occasione di sentirlo non si poteva mancare. Non si voleva mancare. A volte capitava di incontrarlo a qualche raduno in giro per l’Europa, quando era la comunità a spostarsi.
E dopo averlo sentito parlare non si riusciva a dimenticare. Non si dimenticava il messaggio nelle sue parole e non si dimenticava lui. Era difficile dire che età potesse avere, con quel volto da eterno ragazzo e il sorriso sereno della saggezza matura. L’ho sempre sentito parlare ai giovani e ha sempre parlato di giovani. Un prete innamorato dei giovani. Alternava periodi di vita eremitica a periodi di missione in giro per il mondo, dove aveva modo di conoscere tante vicende della Chiesa perseguitata, tante storie di giovani innamorati come lui di Gesù, disposti a seguirlo sulla croce, martiri per la fede.
Diceva di sé stesso che lui era soltanto un testimone dei testimoni di Cristo. Quando raccontava le storie dei giovani che aveva conosciuto, che lo avevano edificato nella fede, si sentiva nella sua voce l’emozione di chi è testimone dei santi, e lo zelo di chi arde d’amore e vorrebbe che l’Amore potesse ardere in tutti.
Un mistico. Non ne ho conosciuti molti. Durante una Santa Messa nella cappella della Sindone al Duomo di Torino, terminata la preghiera che precede la comunione, tenendo la particola sollevata e concedendosi un momento di adorazione ci disse: “E’ un’impossibilità fisica e biologica che il mio corpo possa decomporsi, dopo essersi nutrito per tanti anni del corpo di Dio”.
Terminata la funzione, quando era il momento di partire, rimaneva sempre a disposizione di chi desiderava salutarlo, condividere una sofferenza o magari confidare una pena per affidare un’intenzione di preghiera. Regolarmente gli organizzatori dell’incontro dovevano portarlo via quasi strappandolo ai fedeli, perché lui non si sottraeva a nessuno. Diceva che tornava al suo eremo, ritirato dal mondo, per gridare a Dio quello che gli uomini avevano sussurrato al suo orecchio.
E’ passato da Milano alla fine del 2012. L’ho saputo per caso e all’ultimo momento, ma non ho potuto mancare. Un prete innamorato dei giovani ancora oggi, a ottant’anni compiuti. Con internet è stato facile scoprire la sua vera età!
Ci ha raccontato dei giovani vittime degli attacchi sferrati alla famiglia, del veleno inoculato nella società dalle pratiche di chirurgia sessuale su bambini a partire dai sette anni, e non parlava dell’infibulazione in Africa, ma del cambio del sesso in nord Europa e Canada. Ci ha raccontato anche della legge sui matrimoni omosessuali in Francia, che stava per essere varata, facendo notare che più del matrimonio omosessuale in sé, è un dramma la teoria di “genere” che l’accompagna e che stravolge la verità, che vuole insinuare che sia normale che un uomo sia femmina e una donna maschio.
Ascoltarlo in quella fine del 2012 era strano, e nonostante abbia parlato quasi esclusivamente della Francia e dell’Europa, sembrava stesse citando fatti e cose lontanissime. Adesso sembrano meno remoti quei fatti, e meno estranee quelle teorie.
Adesso in Francia stanno dando la patente di scienza alla teoria del genere (gender theory) per giustificare la decostruzione obbligatoria a scuola già dai primi anni delle elementari. Decostruzione degli archetipi di sesso, famiglia e società. Il Ministro francese della Education nationale, analogo della Pubblica Istruzione, Vincent Peillon, ha detto che “scopo della morale laica è quello di strappare l’allievo a tutti i determinismi, familiare, etnico, sociale, intellettuale” per “permettere a ogni allievo di emanciparsi”, perché “lo scopo della scuola repubblicana è sempre stato quello di produrre un individuo libero”. Strappare non è un errore di traduzione, il termine francese è proprio arracher, che significa strappare di mano, togliere con forza, di prepotenza, ed è lo stesso temine usato dal Ministro della Giustizia Christiane Taubira quando dice che “nei nostri valori, l’Istruzione mira a strappare i bambini ai determinismi sociali e religiosi per farne cittadini liberi” (http://lavoixducitoyen.overblog.com/le-genre-c-est-vraiment-maintenant).
In pratica, dai sei ai diciotto anni ti confondo su quella che è la tua sessualità, le tue relazioni, il modo in cui ti rapporti alla famiglia e alla società, senza dimenticare la religione, così poi puoi decidere in modo veramente libero ed esente da condizionamenti. Ci vuole un genio per capire che un uomo arrivato alla maturità seguendo questo percorso è in grado di avere la stessa responsabilità personale che si ha scegliendo col lancio di una moneta?
In Italia, ci raccontano, non è di questo che si tratta: vogliono solo introdurre una legge contro la discriminazione. E perché mai, se quello è davvero lo scopo, una siffatta legge dovrebbe ridefinire il concetto di identità sessuale? E perché su Facebook cominciano a circolare pagine che fanno riferimento a psicologi, i quali consigliano di non temere se i maschietti giocano con le bambole perché “non è la scelta di un giocattolo che influenza lo sviluppo dell’identità di genere”?. Chi ha figli sa benissimo che i bambini trovano modo di giocare con tutto ciò che è disponibile e si presta alla loro immaginazione (anche se spesso le Barbie in mano ai maschietti finiscono arruolate in qualche fantasioso corpo di fanteria spaziale), ma da quando devono sviluppare una identità di genere, come se facesse parte della normale età evolutiva? In che modo creare confusione sulla sessualità servirebbe a combattere la discriminazione?
Il profeta Daniel Ange, a Milano, sul finire dell’anno 2012, dopo averci descritto quello che stava avvenendo ha concluso la serata con una stupenda preghiera:
Noi cristiani non abbiamo paura degli attacchi alla famiglia e alle basi stesse della società. Non ne abbiamo timore perché è tutto una ideologia.
E le ideologie, tutte, hanno finito per crollare una dopo l’altra, per quanto fossero potenti, perché non si può costruire una società basandola su menzogne.
Viene il momento in cui la verità rende liberi.
Viene il momento in cui la verità vince sulla menzogna.
A. Piccolo

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Psicologi costretti al silenzio

Ordine nazionale degli psicologi

In seguito all'intervento dell'avvocato Giancarlo Cerrelli, vice-presidente dell'Unione Giuristi Cattolici, alla trasmissione Unomattina dello scorso 20 agosto dedicata al tema dell'omofobia, si è avuta una violenta reazione da parte di chi sostiene l'ideologia omosessualista, cosa di cui abbiamo dato conto in un articolo. Tra questi spicca la dichiarazione scomposta del presidente dell'Ordine nazionale degli Psicologi, Giuseppe Luigi Palma, a cui risponde - con questa lettera di solidarietà all'avvocato Cerrelli - uno psicologo cattolico costretto all'anonimato per evitare conseguenze gravi. E anche questo la dice lunga sul clima che stiamo vivendo.

Stimato dottor Cerrelli,
sono uno psicologo cattolico e desidero esprimerle tutta la mia solidarietà per gli attacchi ricevuti dal presidente del mio ordine professionale nazionale Giuseppe Luigi Palma (candidato alle elezioni regionali 2010 nella lista di Vendola). Sono costretto a mantenere l'anonimato per non essere espulso dal mio ordine professionale e quindi perdere la possibilità di lavorare e mantenere la mia famiglia. Questo per confermare che, nella nostra società, non sono certo gli attivisti gay, o chi ne condivide le istanze, a subire lo stigma sociale e professionale.
Desidero aggiungere qualche nota professionale alla mia vicinanza personale. So bene che lei non ha affermato (come pare aver capito Palma) che l'omosessualità è una malattia, e probabilmente non lo crede nemmeno. Tuttavia è necessario puntualizzare le affermazioni che Palma ha usato contro di lei.
1) Innanzitutto va chiarito che l'Ordine degli Psicologi non è una associazione scientifica, alla quale si accede volontariamente o per cooptazione, per meriti clinici o scientifici. L'Ordine degli Psicologi è un organismo amministrativo che ha lo scopo di gestire l'albo professionale, al quale è obbligatorio iscriversi per esercitare la professione. Il tono dell'amministratore Palma, che qualcuno definirebbe “da ditino alzato”, è dunque fuori luogo perché non spetta all'ordine pronunciarsi sulla scientificità o meno di certe affermazioni.
2) Secondariamente, che l'omosessualità possa essere modificata lo dimostrano studi scientificicome quello di Spitzer (2001), lo psichiatra che nel 1973 si è assunto la responsabilità di depennare l'omosessualità (egodistonica) dal DSM, il manuale diagnostico dell'American Psychiatic Association; lo conferma l'analisi di Karten (2003); lo certificano, con uno studio che sfiora il gold standard della ricerca psicologica, Jones e Yarhouse (2007); lo dichiarano persino gli italiani Dettore e Lambiase (2011), che non possono certo essere accusati di “omofobia”.
3) Profondamente errato dal punto di vista scientifico è affermare che un atteggiamento negativo nei confronti dell'omosessualità porti alla violenza nei confronti degli omosessuali, come dimostra lo studio di Mak e Sang (2008).
4) Palma fa riferimento al documento dell'Ordine Nazionale degli Psicologi intitolato “Lo psicologo non deroga mai” per affermare che “Gli psicologi, secondo il Codice Deontologico, non possono prestarsi ad alcuna terapia riparativa dell'orientamento sessuale di una persona”.

È bene ricordare due cose. Primo: il citato documento è stato redatto in seguito alle pressioni esercitate dalle associazioni omosessualiste (come lo stesso documento dell'Ordine ricorda). Lascia per lo meno basiti pensare che un ordine professionale agisca a comando di fazioni ideologiche dimenticandosi della propria autonomia.

Secondo: il documento “Lo psicologo non deroga mai” contraddice, in realtà, il Codice Deontologico degli psicologi italiani. L'articolo 4 del Codice Deontologico, infatti, recita: “Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità”.

Il documento dell'Ordine considera le terapie cosiddette “riparative” non rispettose delle opinioni e credenze di pazienti che hanno una omosessualità egosintonica; ma, a quanto pare, non considera meritevoli di rispetto le opinioni e le credenze dei pazienti che hanno una omosessualità egodistonica, che chiedono un cambiamento del loro orientamento sessuale. “Lo psicologo non deroga mai” non solo contraddice l'articolo 4 del Codice Deontologico non rispettando le opinioni e le credenze dei pazienti (spesso credenti) che appartengono a questo secondo gruppo; ma anche operando una distinzione tra pazienti con omosessualità egosintonica e pazienti con omosessualità egodistonica. Lo stesso articolo del Codice Deontologico, infatti, proibisce allo psicologo discriminazioni in base alla religione e all'orientamento sessuale, eppure “Lo psicologo non deroga mai” semplicemente ignora le sofferenze di pazienti credenti che provano pulsioni omosessuali indesiderate.
5) Per concludere, visto che Palma si sente incaricato del ruolo di portavoce della comunità internazionale dei professionisti della salute mentale (a titolo personale, visto che questo ruolo non compete al presidente dell'Ordine Nazionale degli Psicologi), potrebbe anche prendere posizione contro l'uso dilagante del termine “omofobia”. È infatti dimostrato (Olatunji e altri, 2004) che un atteggiamento negativo nei confronti dell'omosessualità non è in alcun modo indice di una fobia (che è una categoria clinica ben definita). Come ha scritto Nicholas Cummings, presidente emerito dell'American Psychiatric Association, “[...] certi valori morali ed estetici, e domande e opinioni politiche non dovrebbero, in una società libera, essere ostacolati e soppressi dai professionisti della salute mentale e dai ricercatori delle scienze del comportamento. […] non è competenza propria dei professionisti della salute mentale e degli scienziati del comportamento giudicare anormale o irrazionale una credenza in Dio e credenze specifiche su ciò che Dio ha rivelato”. Lo stesso Lohr, coautore con Olatunji della citata ricerca sulla connessione tra paura ed atteggiamento omofobico, ha commentato i risultati del suo lavoro con queste parole: “Se il disprezzo e il disgusto guidano l’omofobia, essa sembra più un problema morale o sociale che un problema psicopatologico. Se cominciamo a considerare patologici gli atteggiamenti negativi – con l’implicazione che c’è qualcosa di sbagliato dal punto di vista medico nelle persone con pregiudizi, che essi sono in qualche modo malati nei loro atteggiamenti –, ciò  mi sembra aberrante”.
Questi atteggiamenti da parte dei vertici dell'Ordine Nazionale degli Psicologi non solo confermano che il dibattito sull'omosessualità è di natura ideologica e non scientifica, ma gettano ulteriore discredito su una professione che ancora fatica a conquistare una credibilità pubblica. Vale la pena ricordare, ad esempio, che il National Institute of Menthal Health, ha recentemente dichiarato che non utilizzerà più il DSM come manuale diagnostico. La credibilità del manuale dell'American Psychiatric Association, già pesantemente minata dalle influenze dell'industria farmaceutica sulla stesura del DSM, è infatti precipitata dopo la decisione di derubricare, dopo l'omosessualità, anche la pedofilia dalla lista dei disturbi mentali.
Riferimenti
ROGERS H. WRIGHT, NICHOLAS A. CUMMINGS, Destructive Trends in Mental Health. The well-intentioned path to harm, Routledge, New York (NY) 2005.
DAVIDE DETTORE, EMILIANO LAMBIASE, La fluidità sessuale. La varianza dell'orientamento e del  comportamento sessuale, Alpes, Roma 2011.
ELAN YESHAYAHU KARTEN, JAY C. WADE, Sexual orientation change efforts in men: a client perspective, in “Journal of men's studies”, n. 18, 2010, pp. 84-102.
HEATHER K. MAK, JO-ANN TSANG, Separating the “Sinner” from the “Sin”: Religious Orientation and Prejudiced Behavior Toward Sexual Orientation and Promiscuous Sex, in “Journal for the Scientific Study of Religion”, vol. 47,n. 3, settembre 2008 , pp. 379-392.
BUNMI O. OLATUNJI, CRAIG N.  SAWCHUK, JEFFREY M. LOHR, PETER J. DE JONG, Disgust domains in the prediction of contamination fear, in “Behaviour Research and Therapy”, vol. 42, n. 1, 2004, pp. 93 - 104.
ROBERT L. SPITZER, Can Some Gay Men and Lesbians Change Their Sexual Orientation? 200 Participants Reporting a Change from Homosexual to Heterosexual Orientation, in “Archives of Sexual Behavior”, vol. 32, n. 5, ottobre 2003, pp. 403 – 417.
STANTON L. JONES, MARK A. YARHOUSE, Ex-gays? A longitudinal study of religiuosly mediated change in sexual orientation, Intervarsity Press, Downers Grove (IL) 2007.