domenica 18 agosto 2013

Il difficile futuro dei cristiani d’Oriente.



 Una terza via per evitare l’estinzione
di Andrea Riccardi
in “Corriere della Sera” del 18 agosto 2013
In tre grandi Paesi arabi è in gioco la democrazia: negata violentemente da Assad in Siria, incapace
di gestire la convivenza tra sciiti e sunniti in Iraq, ridiscussa dal colpo di Stato militare in Egitto,
perché i Fratelli musulmani l’avrebbero sequestrata. La democrazia non sembrerebbe in grado di
gestire il pluralismo stratificato delle società arabe, dove ci sono modi diversi di essere musulmani
(sciiti e sunniti, laici, spirituali e fondamentalisti), dove ci sono diversità etniche, come i curdi, e
minoranze cristiane. La vita dei cristiani è infatti una vera cartina di tornasole delle turbinose
società musulmane. Nel 2014 saranno cent’anni dalla prima grande strage del Novecento: quella
degli armeni uccisi con tanti altri cristiani dell’impero ottomano. Lo vollero non tutti i turchi e non
tutti i musulmani, ma i nazionalisti «Giovani turchi», mobilitando odio e fanatismo.
Dopo la Prima guerra mondiale, i maroniti (cattolici) ottennero il Libano, dove i cristiani erano
maggioritari: davano voce alla convinzione cristiana di non essere sicuri sotto la maggioranza
musulmana. Nacque la fragile democrazia libanese, un piccolo mondo originale tra gli arabi,
provato in seguito da tanti dolori. Per altri cristiani ci fu l’illusione della protezione europea. Per i
più sicurezza volle dire credere nel nazionalismo arabo: lo fecero gli ortodossi in Siria (cui
appartiene Paul Yagizi, vescovo di Aleppo rapito da ignoti con il vescovo siriaco Mar Gregorios).
Dal grembo del nazionalismo arabo sono venuti tanti dittatori, a cui i cristiani sono stati per lo più
leali considerandoli una protezione dalla maggioranza islamica. Hanno sperato in una laicizzazione
dell’Islam; ma è venuto il fondamentalismo. Saddam Hussein, in Iraq, rappresentava una sicurezza
per i caldei (cattolici). I cristiani di Siria vedono la fine di Assad come un salto nel buio
(diversamente pensa padre Dall’Oglio — che speriamo presto libero — schierato con l’opposizione
siriana). I dittatori sono stati una sicurezza per i cristiani, che pur ne conoscevano il doppio gioco. Il
potere di Mubarak era dietro al terribile attentato alla chiesa copta d’Alessandria all’inizio del 2011,
alimentando la strategia della tensione. È vero che, durante la «primavera» egiziana, musulmani e
cristiani chiedevano insieme la libertà. Ma i vescovi erano perplessi: la democrazia non avrebbe
portato il dominio della maggioranza (musulmana)? Non è un caso che il patriarca copto Tawadros
abbia palesemente appoggiato il colpo di Stato di Al Sisi. Una posizione rischiosa per una
minoranza, indice del gran timore per il futuro.
In Iraq non si contano gli attentati ai cristiani, facile bersaglio. Non c’è stato un disegno sul loro
futuro: restare a Baghdad tra i musulmani o concentrarsi in una regione più cristiana, come la piana
di Ninive? Tra le incertezze, i cristiani emigrano. In Iraq ne restano molto meno della metà
dell’inizio della guerra a Saddam. All’inizio del Novecento erano il 25% degli iracheni e ora sono
l’1%. In Siria erano nel 1960 il 15% e oggi forse il 6%. In Egitto restano tanti, circa il 10%. Ma
anche qui il futuro è buio. I Paesi occidentali possono poco; anzi, spesso la loro «protezione» ha
creato difficoltà ai cristiani orientali con i governi e l’opinione pubblica. Forse i cristiani del mondo
possono di più dei governi: non solo dare solidarietà (che deve crescere), ma elaborare una visione.
Questa manca in un periodo in cui sono rare quelle della politica, come si vede dall’incertezza
americana sull’Egitto e dall’impotenza europea. Durante la Guerra fredda, di fronte alla grave
situazione dei cattolici dell’Est, la Santa Sede fece prima una strenua opposizione, poi, da Giovanni
XXIII, praticò il dialogo, che prese il nome di Ostpolitik. Scelte frutto di visioni. Nel mondo arabo,
è tutt’altra vicenda, ma ci vuole una concentrazione di idee e di relazioni. Forse bisogna riunire i
grandi leader delle Chiese cristiane. Anche questo è ecumenismo. Le minoranze cristiane vanno
aiutate a non restare ostaggio di situazioni impossibili. L’emigrazione o la ricerca dei dittatoriprotettori non possono essere le uniche scelte per i cristiani. Non hanno futuro. In Egitto, al Tayyib,
gran imam di Al Azhar (purtroppo in cattivi rapporti con il Vaticano), ha lanciato la riconciliazione