giovedì 16 ottobre 2014

Al termine del giorno.....

Sinodo

La Relatio presentata lunedì viene sepolta sotto decine di pagine di emendamenti presentati dai dieci circoli minori. Nel mirino le aperture in tema di divorziati risposati, convivenze e unioni omosessuali. I padri chiedono di presentare modelli virtuosi di famiglia piuttosto che concentrarsi esclusivamente sulle situazioni difficili. Quella che emerge è una divisione netta fra i vescovi, che è figlia delle diverse filosofie cui si fa riferimento. È la grande influenza di Karl Rahner che riduce il senso del matrimonio e di tutti i sacramenti. E intanto il cardinale Kasper vive la sua giornata nera: non solo il colpo ricevuto dai circoli minori alla sua impostazione, ma ieri è scoppiato anche il caso dell'intervista "fantasma" dagli accenti razzisti, che ha fatto infuriare i vescovi africani.

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Vescovi divisi? Colpa della (cattiva) filosofia
di Stefano Fontana
Molti si saranno chiesti come sia possibile che su questioni di tanta importanza per la dottrina e la fede cattolica i vescovi e i cardinali la pensino in modo tanto diverso. Questi giorni di Sinodo, infatti, lo hanno messo in evidenza in modo perfino fin troppo plateale. I sacramenti, il peccato, la grazia, il matrimonio… i fedeli rimangono colpiti nel constatare nei maestri e nelle guide opinioni tanto diverse su queste cose di non marginale importanza.
Vorrei qui cercare una spiegazione in un elemento che non è finora emerso granché nel dibattito attorno al Sinodo. Mi riferisco alle filosofie di riferimento, che cardinali e vescovi adoperano per affrontare le questioni teologiche. La Fides et ratio di San Giovanni Paolo II dice che non si fa teologia senza una filosofia e che se non si assume una filosofia vera e conforme alla fede si finisce per assumerne un’altra non vera e difforme dalla fede. In ogni caso una filosofia la si assume.

Quale filosofia hanno assunto cardinali e vescovi che ora intervengono su questi problemi nell’aula del Sinodo ed anche fuori? Quale filosofia hanno studiato e fatta propria lungo i loro studi e nelle loro letture? La filosofia è lo strumento di cui si avvale la teologia. Uno strumento però non neutro, dato che condiziona la stessa teologia, perché ne determina oggetto, metodo e linguaggio.
Non è lo stesso se Dio viene inteso come l’ “Esse Ipsum” di San Tommaso d’Aquino o un “Trascendentale esistenziale” come fa Karl Rahner. Non è lo stesso ammettere la dimensione ontologica della fede (la dimensione che fa della fede una questione relativa all’essere) oppure riconoscere in essa solo una dimensione fenomenologica od esistenziale. Avendo alle spalle schemi filosofici diversi, i vescovi e i cardinali affronteranno i problemi teologici, compresi quelli del Sinodo, in modo diverso. Karl Rahner diceva che il pluralismo filosofico e teologico, oltre ad essere irreversibile era anche corretto e auspicabile. La Fides et ratiodiceva invece di no. Sono convinto che la maggior parte dei teologi ha preferito Rahner alla Fides et ratio. La confusione delle lingue in questi giorni del Sinodo sembra però dare ragione a quest’ultima.
La dimensione cattolica della fede richiede, a mio avviso, ma mi sembra anche ad avviso della Fides et Ratio, la dimensione ontologica. Se la “nuova creatura” che nasce dal Battesimo non appartiene ad un nuovo piano dell’essere, allora è una verniciatura esistenziale o sentimentale. Se, sposandosi, i due coniugi non danno vita ad una nuova realtà, sul piano dell’essere, realtà che non è la somma di 1 + 1 (ed infatti “saranno due in una carne sola”), allora il matrimonio potrà essere esistenzialmente rivisto, rifatto, ricelebrato, ricontrattato. Se c’è una realtà nuova – ripeto: sul piano dell’essere – non si potrà più sciogliere. L’unica cosa che si potrà fare sarà accertare se esiste o no, ma se esiste nessuno ci può più fare nulla. Per accertare se esiste si dovrà fare una indagine veritativa e non semplicemente pastorale o amministrativa. Se invece il matrimonio ha solo carattere fenomenologico o esistenziale, allora non c’è nessuna realtà da appurare e tutto può essere rivisto e rimanipolato. 
A ben vedere, tutta la vita di fede, e non solo il sacramento del matrimonio, ha un aspetto ontologico. La situazione di peccato non è solo una questione esistenziale, ma è la morte spirituale dell’essere della nostra anima. Chi vive volutamente in peccato mortale è spiritualmente – ossia ontologicamente – morto. Se vediamo le cose in questo modo come si potrà, in questo stato, accedere alla comunione? Il sacramento della comunione ci immette realmente, ontologicamente, nella vita divina. Esso non è una cerimonia di socializzazione, un rito sentimental-esistenziale. 
Il sacramento della confessione ha pure natura ontologica, perché risana l’anima gravata dal peccato, la fa rivivere. Non è una seduta psicoterapeutica. Le grazie che riceviamo nei sacramenti sono vita reale, vita divina.
L’ingresso nella Chiesa, col Battesimo, non è la partecipazione ad una associazione, ma l’accesso ad una nuova dimensione dell’essere, in cui superiamo noi stessi e partecipiamo della vita della Trinità. Quando San Paolo dice “non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me” esprime questa novità ontologica della “nuova creatura”.
Quello che alcuni vescovi hanno detto dentro l’aula sinodale e ai microfoni dei giornalisti fuori dell’aula è conseguenza di quello che viene insegnato da molto tempo in molti seminari e studi teologici. Del resto, anche i vescovi non cadono dal cielo, ma hanno avuto dei maestri e sono stati educati in un certo contesto di cultura filosofica. Ora, se queste filosofie che si insegnano non sono conformi a quanto indica la Fides et ratio, è logico e conseguente che anche l’esame dei temi del matrimonio, del divorzio e della comunione venga deviato dalle attese della Fides et ratio.  
Per esempio: se Dio è un “trascendentale esistenziale”, come afferma Karl Rahner, tutti ci siamo dentro, la coppia sposata, quella di fatto ed anche quella omosessuale. Non esistono gli atei, come non esistono i peccatori. Ci sarà solo un cammino per passare dall’essere cristiani anonimi all’essere cristiani nonimi; un cammino da fare insieme, senza escludere o condannare nessuna situazione particolare di vita, perché tutte possono essere un buon punto di partenza. Molti vescovi esprimono questa visione teologica che però riflette una particolare filosofia di tipo esistenzialista. Karl Rahner era allievo di Heidegger, non di San Tommaso. Quanti vescovi sanno di Rahner e non di San Tommaso?
Il grande filosofo Cornelio Fabro poneva la questione in termini di rapporto tra essenza ed esistenza. Sartre diceva che l’esistenza precede l’essenza, Fabro diceva che l’essenza precede l’esistenza. Anche in questo Sinodo il problema filosofico  - e quindi poi anche teologico - è questo. Se il matrimonio come sacramento sia un dato ontologico che riguarda l’essenza o se sia solo un dato esistenziale, reversibile a piacere.

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Sinodo, un diluvio di emendamenti per la Relatio
di Matteo Matzuzzi
Decine di pagine di emendamenti alla Relatio post disceptationem letta lunedì mattina dal cardinale Péter Erdö, relatore generale del Sinodo. I dieci circoli minori hanno presentato le relazioni nonostante la Segreteria generale, in apertura di congregazione, ieri mattina, avesse proposto di non divulgare al pubblico le sintesi. Molti padri sinodali hanno protestato, chiedendo che si tenesse almeno una votazione. Proposta accolta e approvata dalla grande maggioranza dell'assemblea. 
Quanto ai contenuti delle relazioni, la metà dei gruppi di lavoro chiude ogni porta al riaccostamento dei divorziati risposati alla comunione, e chi invece apre alla possibilità lo fa ponendo diversi paletti o chiedendo approfondimenti teologici e giuridici. Il primo circolo in lingua italiana, moderato dal cardinale curiale Fernando Filoni, prefetto diPropaganda Fide, si mostra possibilista, ma solo studiando "l'argomento alla luce del n.84 della Familiaris Consortio al fine di precisare eventuali condizioni diverse dalla disciplina attuale".

Durissimi i gruppi Gallicus A (moderatore il cardinale guineano Robert Sarah, presidente del Pontificio consiglio Cor Unum) e Anglicus A (moderato dal cardinale Raymond Leo Burke), che fanno a pezzi la Relatioin più parti. Il testo del primo circolo francofono chiarisce che è stato necessario "riscrivere la seconda parte" e che sui divorziati risposati "non si può cambiare la dottrina della Chiesa" e quindi non è possibile "ammetterli ai sacramenti della riconciliazione e dell'eucaristia". 
Circa gli omosessuali, "accompagnare pastoralmente una persona non significa convalidare una forma di sessualità né di vita". Riscrittura completa da parte del circolo guidato da Burke. Il gruppo che aveva come moderatore il riformista cardinale Christoph Schonborn, chiede di approfondire il rapporto tra comunione spirituale e sacramentale. Più di un padre si è chiesto come sia stato possibile che nella Relatio fosse dedicato al tema così tanto spazio quando invece in assemblea se n'era discusso assai poco. 
Tutti concordano sulla necessità, più che alle situazioni pastoralmente difficili, di volgere lo sguardo ai modelli positivi di famiglia cristiana, raccontandoli in modo più efficace. Il dibattito è stato serrato e a tratti acceso, lo ha confermato anche il cardinale Schonborn nel briefing quotidiano in sala stampa. Monsignor Vincenzo Paglia, a Radio Vaticana, ha osservato che in questo Sinodo "si nota quello che il Papa aveva voluto, una grande vivacità nel dibattito".
Il cardinale George Pell, tra i più fermi nel difendere la disciplina corrente, ha definito le relazioni dei circoli minori "documenti veramente cattolici, nel senso migliore della parola.  C’è qualche differenza tra una relazione e l’altra ovviamente, ma c’è questa fedeltà radicale al Vangelo e a Gesù Cristo. Secondo me  – ha aggiunto il prefetto della Segreteria per l'Economia – è stata molto, molto incoraggiante questa atmosfera di franchezza, verità, di pluralità e diversità nell’unità: la dottrina della Chiesa di Gesù, il Vangelo sono assolutamente essenziali e centrali. Ovviamente questo significa misericordia, ma misericordia nella verità".
Ora si lavora alla stesura della Relatio Synodi, che sarà votata sabato pomeriggio ma – verosimilmente – non sarà diffusa già nella stessa serata. Ci vuole tempo per preparare un testo pubblicabile, ha chiarito padre Federico Lombardi, confermando invece che già nella mattinata sarà reso noto il Messaggio finale.


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La lobby gay alla Chiesa non fa bene
di Riccardo Cascioli
«Più di un padre si è chiesto come sia stato possibile che nella Relatio fosse dedicato al tema (dell’omosessualità, ndr) così tanto spazio quando invece in assemblea se n'era discusso assai poco». Così viene riportato da uno dei circoli minori. In realtà è una domanda che si sono fatti in molti, anche perché i tre paragrafi dellaRelatio (dal 52 al 54) dedicati alle persone con tendenze omosessuali sono molto distanti dall’insegnamento tradizionale della Chiesa in materia (vedi articolo di Roberto Marchesini pubblicato il 16 ottobre). Non solo, in conferenza stampa monsignor Bruno Forte, indicato dal cardinale Erdö come il vero responsabile della stesura di quegli articoli, si è spinto anche più in là arrivando a “benedire” le unioni civili tra persone dello stesso sesso.
Ebbene, probabilmente sono diversi i fattori che hanno contribuito a questo risultato, ma non si può evitare di ricordare il lungo lavoro di una lobby gay all’interno della Chiesa, che questo giornale ha più volte denunciato e della cui esistenza ha parlato anche papa Francesco.

Lobby gay vuol certo dire la presenza di persone con tendenza omosessuale fra il clero, che si aiutano anche nel fare carriera ecclesiastica: questa realtà è peraltro emersa più volte anche attraverso inchieste giornalistiche e casi di cronaca, ma è tanto reale da aver indotto nel 2005 la Santa Sede a emanare una specifica Istruzione (clicca qui) per evitare l’accesso di persone con tale tendenza nei seminari e agli ordini sacri.

Ma lobby gay significa soprattutto il tentativo di influenzare l’insegnamento della Chiesa in materia di omosessualità, come purtroppo la Relazione di lunedì al Sinodo dimostra, tentativo che coinvolge anche ecclesiastici che omosessuali non sono. Non ci si può nascondere che negli ultimi anni si sono moltiplicati i teologi che nei seminari e nelle università pontificie hanno insegnato una morale ben lontana dalla legge naturale, un vero e proprio magistero parallelo che oggi dà i suoi frutti avvelenati.
L’ideologia del gender non è soltanto qualcosa che è presente nel “mondo”, ma si è ben posizionata anche all’interno della Chiesa. Lo aveva avvertito molto chiaramente anche papa Benedetto XVI quando il 21 dicembre 2012 parlando alla Curia romana aveva affermato che tale ideologia è una delle sfide più grandi che la Chiesa si trova oggi ad affrontare.
Per questo ciò che è accaduto al Sinodo con la Relatio non può essere confinato al semplice scontro tra “progressisti” e “conservatori”: è qualcosa di più profondo che merita un’attenzione particolare, anche nelle nomine episcopali e negli incarichi di responsabilità che vengono affidati.