sabato 5 ottobre 2013

Il tema della laicità. Convivenza è mutuo rispetto




Al centro dell’assemblea dei presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa il tema della laicità. 
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Alla base della laicità di uno Stato e della convivenza con le comunità religiose vi deve essere «un mutuo rispetto»: è il concetto ribadito dai rappresentanti degli episcopati cattolici europei che dal 3 al 6 ottobre sono riuniti a Bratislava, in Slovacchia, per discutere sul tema «Dio e lo Stato. L’Europa tra laicità e laicismo».
L’assemblea plenaria dei presidenti delle Conferenze episcopali d’Europa si svolge quest’anno in coincidenza con il millecentocinquantesimo anniversario dell’arrivo dei santi Cirillo e Metodio in terra slovacca.
Ai presuli è giunto per l’occasione un messaggio di Papa Francesco — a firma del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, e indirizzato all’arcivescovo di Esztergom-Budapest, cardinale Péter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccce) — nel quale esprime il suo «grato apprezzamento per il contributo di riflessione che le Conferenze episcopali d’Europa offrono al tema della laicità e soprattutto per il servizio che le Chiese rendono alle popolazioni del continente promuovendo una cultura che coniughi in costante armonia fede e ragione, verità e libertà».
La messa di apertura dell’assemblea ha avuto luogo ieri sera nella cattedrale di San Martino ed è stata presieduta dal cardinale prefetto della Congregazione per i Vescovi, Marc Ouellet. Nell’omelia il porporato ha sottolineato che la missione del cristiano trae esempio dall’opera dei santi Cirillo e Metodio, che «hanno portato in Europa la saggezza e la libertà della fede, la stessa fede che professiamo oggi». Introducendo il tema dei lavori, il cardinale Erdő ha osservato che in una società caratterizzata da «un forte pluralismo con tante opinioni e religioni» occorre «imparare a vivere insieme» e avere «allo stesso tempo la possibilità di esprimersi liberamente e con chiarezza». Per approfondire la questione il Ccee ha promosso un’indagine presso i vari episcopati per verificare l’applicazione del principio di laicità in vari ambiti delle società europee, tra cui l’insegnamento, la politica e le direttive sanitarie. La libertà religiosa, ha spiegato il presidente Erdő, «è un diritto riconosciuto generalmente dagli Stati e dalla Carta dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa»; tuttavia, ha aggiunto, «si nota una tendenza a ripensare questo diritto restringendone l’applicazione».
Altro filo conduttore che unisce i vescovi è quello della solidarietà: «La nostra missione — ha affermato il cardinale Erdő — è di essere vicini agli ultimi e lo siamo attraverso le nostre opere di Chiesa, dove tanti volontari e tante famiglie si mettono al servizio dei più bisognosi». Il porporato ha anche fatto riferimento alla tragedia degli immigrati morti a Lampedusa, osservando che «col crescere dell’unità dell’Europa deve crescere parallelamente anche la comunione circa la responsabilità davanti ai doveri che ci aspettano».
All’assemblea è stato inoltre affrontato il tema della pace. I presidenti degli episcopati hanno partecipato ieri sera a una veglia di preghiera nella chiesa di San Giovanni de Matha per «tutte le vittime dell’ingiustizia e della violenza in Terra Santa» e per i politici «affinché possano comprendere che non è la strada della violenza e delle armi che porta alla pace ma solo quella del perdono e della collaborazione».
L'Osservatore Romano

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Toglie il Crocifisso dall’aula: “Non me ne faccio nulla”

di L. Bertocchi
Ci risiamo. Evidentemente non è bastata la sentenza della Corte europea di Strasburgo del 2011, infatti, una maestra della 1°B delle scuole elementari Bombicci di Bologna ha pensato bene di togliere il Crocifisso dall’aula.
La vicaria delle scuole Bombicci, Raffaella Conti, minimizza: “Non alimentiamo le polemiche, siamo un istituto che ospita 1.300 alunni, abbiamo problemi di sovraffollamento e la questione del crocefisso è molto semplice da spiegare. La prima elementare in oggetto è una classe composta da bambini di confessioni religiose diverse e l’insegnante  ha ritenuto opportuno per rispetto della multiculturalità togliere il simbolo cristiano almeno a inizio anno scolastico, quando alcuni argomenti non sono ancora stati trattati insieme agli alunni”.
La sentenza di Strasburgo, giusto per rinfrescare la memoria, ricordava, tra l’altro, che “un crocifisso apposto su un muro è un simbolo essenzialmente passivo, la cui influenza sugli alunni non può essere paragonata a un discorso didattico o alla partecipazione ad attività religiose”. Alla luce di queste parole non si capisce per quale motivo la dirigente scolastica Conti sostiene che è meglio togliere il crocifisso prima di aver trattato “alcuni argomenti” in una classe multiculturale.
La Corte constatava inoltre “che nel rendere obbligatoria la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche, la normativa italiana attribuisce alla religione maggioritaria del paese una visibilità preponderante nell’ambiente scolastico.” La conclusione della Corte fu perentoria: “nell’esposizione del simbolo religioso non c’è violazione dei diritti dell’uomo”. Della religione maggioritaria del paese la maestra evidentemente non sa che farsene visto che ha rimosso il crocifisso dichiarando: “Non me ne faccio nulla”.
Di fronte a queste situazioni non c’è da rimanere troppo meravigliati, si tratta di una realtà più dilagante di quanto si voglia far credere, semmai ci sarebbe da chiedersi cosa rimane della “religione maggioritaria del paese”.
Ringraziamo questa insegnante “multiculturale”, perchè permette di farci una domanda: cosa ce ne facciamo del crocifisso? Siamo ancora in grado di riconoscerlo come simbolo del cattolicesimo? Francamente non so se la bilancia propenda più per una risposta positiva o una negativa.
Il diffuso indifferentismo religioso, accompagnato spesso da un facile sincretismo, è un segno inequivocabile di una grande confusione in materia. Diversi studi sociologici confermano che prevale il supermarket religioso, sullo sfondo di un aperto agnosticismo.
Se di fronte al Crocifisso diciamo “non me ne faccio nulla”, in realtà stiamo cedendo all’idolo del multiculturalismo che vorrebbe tutto uguale, talmente uguale che ogni risposta di senso è indifferentemente valida. Ma, più in superficie, stiamo rinnegando la nostra storia, i nostri nonni, i nonni dei nostri nonni, generazioni di uomini e donne che per quel crocifisso e per la nostra cultura, hanno dato perfino la vita.
E’ veramente possibile liquidare il crocifisso con un semplice “non me ne faccio nulla”, oppure stiamo liquidando noi stessi? (La Voce di Romagna, 04/10/2013)