venerdì 4 ottobre 2013

Messa sulla piazza antistante la Basilica Superiore di San Francesco. Omelia di Papa Francesco

<br>


Messa sulla piazza antistante la Basilica Superiore di San Francesco. Omelia di Papa Francesco: "Da questa Città della Pace, ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, nel mondo"

[Text: Italiano, Français, English, Español, Português] 
Il segno (...) indica frasi aggiunte dal Santo Padre e pronunciate a braccio.
Le tre Preghiere del Papa a san Francesco
La Preghiera del Santo Padre per l'Italia 
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25).
Pace e bene a tutti! Con questo saluto francescano vi ringrazio per essere venuti qui, in questa Piazza, carica di storia e di fede, a pregare insieme.
Oggi anch’io, come tanti pellegrini, sono venuto per rendere lode al Padre di tutto ciò che ha voluto rivelare a uno di questi “piccoli” di cui ci parla il Vangelo: Francesco, figlio di un ricco commerciante di Assisi. L’incontro con Gesù lo portò a spogliarsi di una vita agiata e spensierata, per sposare “Madonna Povertà” e vivere da vero figlio del Padre che è nei cieli. Questa scelta, da parte di san Francesco, rappresentava un modo radicale di imitare Cristo, di rivestirsi di Colui che, da ricco che era, si è fatto povero per arricchire noi per mezzo della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9).
In tutta la vita di Francesco l’amore per i poveri e l’imitazione di Cristo povero sono due elementi uniti in modo inscindibile, le due facce della stessa medaglia. Che cosa testimonia san Francesco a noi, oggi? Che cosa ci dice, non con le parole – questo è facile – ma con la vita?
1. La prima cosa, la realtà fondamentale che ci testimonia è questa: essere cristiani è un rapporto vitale con la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui.Da dove parte il cammino di Francesco verso Cristo? Parte dallo sguardo di Gesù sulla croce. Lasciarsi guardare da Lui nel momento in cui dona la vita per noi e ci attira a Lui. Francesco ha fatto questa esperienza in modo particolare nella chiesetta di san Damiano, pregando davanti al crocifisso, che anch’io oggi potrò venerare. In quel crocifisso Gesù non appare morto, ma vivo! Il sangue scende dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato, ma quel sangue esprime vita. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati: uno sguardo che parla al cuore. E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento; paradossalmente ci parla di una morte che è vita, che genera vita, perché ci parla di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ri-creato, diventa una «nuova creatura». Da qui parte tutto: è l’esperienza della Grazia che trasforma, l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori. Per questo Francesco può dire, come san Paolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6,14).
Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da Lui, a lasciarci perdonare, ricreare dal suo amore.
2. Nel Vangelo abbiamo ascoltato queste parole: «Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,28-29). Questa è la seconda cosa che Francesco ci testimonia: chi segue Cristo, riceve la vera pace, quella che solo Lui, e non il mondo, ci può dare. San Francesco viene associato da molti alla pace, ed è giusto, ma pochi vanno in profondità. Qual è la pace che Francesco ha accolto e vissuto e che ci trasmette? Quella di Cristo, passata attraverso l’amore più grande, quello della Croce. E’ la pace che Gesù Risorto donò ai discepoli quando apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!», e lo disse mostrando le mani piagate e il costato trafitto (cfr Gv 20,19.20). La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano, (...) ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”, cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato (cfr Gv 13,34; 15,12). E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo con mitezza e umiltà di cuore.
Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci ad essere “strumenti della pace”, della pace che ha la sua sorgente in Dio, la pace che ci ha portato il Signore Gesù.
3. “Altissimo, onnipotente, bon Signore… Laudato sie… cun tutte le tue creature” (FF, 1820). Così inizia il Cantico di san Francesco. L’amore per tutta la creazione, per la sua armonia. Il Santo d’Assisi testimonia il rispetto per tutto ciò che Dio ha creato e che l’uomo è chiamato a custodire e proteggere,(...) ma soprattutto testimonia il rispetto e l’amore per ogni essere umano. (...) Dio ha creato il mondo perché sia luogo di crescita nell’armonia e nella pace. L’armonia e la pace! Francesco è stato uomo di armonia e di pace. Da questa Città della Pace, ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, in tutto il mondo.
Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: ottienici da Dio il dono che in questo nostro mondo ci sia armonia e pace e rispetto per il Creato.
Non posso dimenticare, infine, che oggi l’Italia celebra san Francesco quale suo Patrono. (...) Lo esprime anche il tradizionale gesto dell’offerta dell’olio per la lampada votiva, che quest’anno spetta proprio alla Regione Umbria.
Preghiamo per la Nazione italiana, perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando a ciò che unisce più che a ciò che divide. Faccio mia la preghiera di san Francesco per Assisi, per l’Italia, per il mondo: «Ti prego dunque, o Signore Gesù Cristo, padre delle misericordie, di non voler guardare alla nostra ingratitudine, ma di ricordarti sempre della sovrabbondante pietà che in [questa città] hai mostrato, affinché sia sempre il luogo e la dimora di quelli che veramente ti conoscono e glorificano il tuo nome benedetto e gloriosissimo nei secoli dei secoli. Amen» (Specchio di perfezione, 124: FF, 1824).

Saluto a Papa Francesco di monsignor Gualtiero Bassetti prima della Messa

Padre Santo, Lei sta vedendo con quanta gioia e commozione l’abbiamo accolto nella città di san Francesco d’Assisi, umile e povero seguace di Gesù. Noi, Pastori delle Chiese umbre, La ringraziamo per aver accettato il nostro invito, e con i sacerdoti, i consacrati e i laici convenuti da tutta la regione ci stringiamo attorno a Lei per manifestarLe affetto e gratitudine. 
Lei, Padre Santo, è salito pellegrino in Assisi, come i suoi venerati predecessori: Giovanni XXIII, che venne ad implorare la protezione del Poverello sul Concilio Ecumenico Vaticano II; Giovanni Paolo II, che per ben sei volte ascese questo sacro colle per gridare al mondo l’urgenza della pace e della fraterna collaborazione tra i popoli e le religioni; Benedetto XVI, che, allargando lo sguardo agli uomini di buona volontà, chiamò anche i non credenti a convenire insieme nella città serafica per riflettere sulla verità dell’uomo e del mondo. Sulla scia dei gesti e delle parole di questi santi pastori, Lei invita la Chiesa ad adoperarsi con rinnovato impegno per una profonda conversione pastorale, ad imitazione di Francesco che si spogliò di tutto, abbracciò il lebbroso e conformò se stesso a Cristo crocifisso. 
Questa terra benedetta da Dio porta in sé i segni profondi e vitali della presenza cristiana e della testimonianza di tanti santi; primo tra tutti il Poverello di Assisi, che con il suo esempio di amore e semplicità e il suo canto di innamorato di Cristo, ancor oggi raggiunge il cuore di milioni di persone. Tutto nella nostra terra parla di Francesco: non v’è città o borgo in cui la figura e l’opera del Santo non siano arrivate, portando pace e riconciliazione. Come non v’è luogo ove i suoi figli non abbiano annunciato la buona novella e le sue figlie testimoniato una vita povera e tutta dedicata alla lode di Dio. 
Purtroppo anche in questa regione i problemi non mancano: mi riferisco alla precarietà di vita di tante famiglie, che abbiamo cercato di alleviare con un fondo di solidarietà promosso da tutte le Diocesi umbre; penso al malessere che serpeggia nel mondo giovanile e tra i molti immigrati: un giovane senza lavoro è una persona senza prospettive, senza speranza e “senza dignità”! Penso infine all’invecchiamento progressivo della nostra popolazione. Non è mai mancata, però, e non manca la fiducia in Dio, Padre provvido e misericordioso, che ci avvolge della sua tenerezza. (Parole a braccio sulla tragedia di Lampedusa
Grazie, Padre Santo, per la Sua venuta ad Assisi. Da questa piazza benedica tutte le comunità dell’Umbria, le nostre famiglie, i giovani, i lavoratori, i malati, i poveri e i piccoli della nostra terra. Grazie Santità! 

Saluto a Papa Francesco del Presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini

Santità,
è con grande gioia che la accogliamo nella nostra terra, l’Umbria, e so di interpretare i sentimenti di tutti gli umbri nel rivolgerLe un affettuoso saluto di benvenuto in questa giornata particolare che rappresenta un appuntamento storico per la regione in cui FRANCESCO è nato e dove si è svolta tanta parte della sua straordinaria avventura umana. 
(Parole a braccio sulla tragedia di Lampedusa e sulla solidarietà della popolazione in diverse luoghi dell'Italia
San Francesco e la famiglia francescana che da lui ebbe origine hanno avuto in Umbria un territorio di elezione tanto da rendere quasi inscindibile Umbria e Francescanesimo. 
Basta osservare le valli umbre, i monti e le colline le città, i borghi, i castelli, i romitori, i monasteri, i conventi, le pievi per respirare appieno questo spirito, fatto di quel giusto equilibrio tra dolcezza e serenità e determinazione e asprezza che caratterizza il messaggio francescano e che ritroviamo nella natura e tra i tratti fondamentali della nostra gente.
Questa spiritualità non ha toccato solo i credenti, anche il pensiero laico in Umbria ne ha attinto profondamente e si è confrontato ininterrottamente con Francesco e il messaggio francescano. Penso, in particolare, ad Aldo Capitini, laico, pacifista e nonviolento che 50 anni fa volle la Marcia per la pace Perugia-Assisi, anche per la straordinaria forza del messaggio di pace del “Poverello di Assisi”. Assisi è nel tempo assurta a città simbolo del dialogo, tra religioni e popoli.
Francesco appare oggi come ai suoi tempi “uomo del futuro”: dall’idea profondamente innovativa della natura al riconoscimento del valore di ogni essere vivente, e quindi l’idea di disponibilità e apertura a tutto ciò che ci circonda, con il conseguente rifiuto del ricorso all’uso della forza, della violenza.
Viviamo un tempo difficile, nella crisi più acuta per noi dal secondo dopoguerra, cogliamo i segni profondi di disgregazione e declino che colpiscono le persone ed il Paese. L’angoscia, anche nella nostra Umbria, di migliaia di lavoratori e delle loro famiglie di un lavoro perso e che non c’è più (qui oggi ci sono tantissimi lavoratori di queste aziende in difficoltà), di imprenditori, piccoli artigiani, commercianti, professionisti in difficoltà che fanno fatica a trovare una nuova ripartenza, di giovani scoraggiati nel trovare prospettive di lavoro e di autonomia. Sappiamo bene di non avere a disposizione soluzioni facili ma non abbiamo altra possibilità che percorrere una strada del cambiamento. E allora dobbiamo sapere che la crisi non ha prodotto solo perdite di tipo materiale, nella ricchezza dei Paesi o nel reddito di famiglie e persone; la crisi prolungata negli anni sta producendo perdita di senso, appannamento di valori, smarrimento. Per questo abbiamo bisogno non solo di nuove ricette di politica economica ma anche di nuova tensione morale e di un grande sforzo collettivo, a cominciare da chi è impegnato nella politica e nelle istituzioni.
Santità, 
accanto a Francesco si staglia anche la figura di Chiara che interpretò con straordinaria originalità il messaggio francescano in ambito femminile, divenendo la fondatrice ed il riferimento di nuove forme di vita religiose.
In questi anni difficilissimi le donne non solo stanno subendo i colpi dell’impoverimento economico, occupazionale e di opportunità ma sono vittime di una barbara violenza maschile: madri, figli e sorelle uccise da una violenza cieca e distruttiva solo per il fatto di essere donne. 
Santità ci aiuti a ricostruire, nella società contemporanea, anche il senso morale del rispetto e della difesa di ogni essere umano e delle donne.
Benvenuto in Umbria, la Terra di Francesco. 


*

FRANCESE
« Père, Seigneur du ciel et de la terre, je proclame ta louange : ce que tu as caché aux sages et aux savants, tu l’as révélé aux tout-petits » (Mt 11, 25).
Paix et bien à tous ! Par cette salutation franciscaine je vous remercie d’être venus ici, sur cette place chargée d’histoire et de foi, pour prier ensemble.
Aujourd’hui, moi aussi, comme beaucoup de pèlerins, je suis venu proclamer la louange du Père pour tout ce qu’il a voulu révéler à l’un de ces « tout-petits » dont nous parle l’Évangile : François, fils d’un riche commerçant d’Assise. La rencontre avec Jésus le conduisit à se dépouiller d’une vie aisée et insouciante, pour épouser « Dame Pauvreté » et vivre en vrai fils du Père qui est aux cieux. Pour saint François, ce choix indiquait une manière radicale d’imiter le Christ, de se revêtir de Celui qui, de riche qu’il était, s’est fait pauvre afin de nous enrichir par sa pauvreté (cf. 2 Co 8, 9). Dans toute la vie de François l’amour pour les pauvres et l’imitation du Christ pauvre sont deux éléments inséparablement unis, les deux faces d’une même médaille. Quel témoignage François nous donne-t-il aujourd’hui ? Que nous dit-il, non par ses paroles – cela est facile – mais par sa vie ?
1. La première chose, la réalité fondamentale qu’il nous donne en témoignage est ceci : être chrétien c’est une relation vitale avec la Personne de Jésus, c’est se revêtir de Lui, c’est s’assimiler à Lui. D’où part le chemin de François vers le Christ ? Il part du regard de Jésus sur la croix. Se laisser regarder par Lui au moment où il donne sa vie pour nous et nous attire à Lui. François a fait cette expérience particulièrement dans la petite église de saint Damien, durant sa prière devant le crucifix, que moi aussi je pourrai vénérer aujourd’hui. Sur ce crucifix Jésus n’apparaît pas mort, mais vivant ! Le sang coule des blessures de ses mains, de ses pieds et de son côté, mais ce sang exprime la vie. Jésus n’a pas les yeux fermés, mais ouverts, grand ouverts : un regard qui parle au coeur. Et le Crucifié ne nous parle ni de défaite, ni d’échec ; paradoxalement, il nous parle d’une mort qui est vie, qui enfante la vie, parce qu’elle nous parle d’amour, parce que c’est l’Amour de Dieu incarné, et l’Amour ne meurt pas, au contraire, il triomphe du mal et de la mort. Celui qui se laisse regarder par Jésus crucifié est re-créé, il devient une « nouvelle créature ». Tout part de là : c’est l’expérience de la Grâce qui transforme, le fait d’être aimés sans mérite, tout en étant pécheurs. C’est pourquoi François peut dire, comme saint Paul : « Pour moi, que jamais je ne me glorifie sinon dans la croix de notre Seigneur Jésus Christ » (Ga 6, 14). Nous nous adressons à toi, François, et nous te demandons : apprends-nous à rester devant le Crucifié, à nous laisser regarder par Lui, à nous laisser pardonner et recréer par son amour.
2. Dans l’Évangile nous avons écouté ces paroles : « Venez à moi, vous tous qui peinez sous le poids du fardeau, et moi, je vous procurerai le repos. Prenez sur vous mon joug, devenez mes disciples, car je suis doux et humble de coeur, et vous trouverez le repos » (Mt 11, 28-29). C’est la deuxième chose que François nous donne en témoignage : celui qui suit le Christ reçoit la véritable paix, celle que Lui seul, et non pas le monde, peut nous donner. Beaucoup associent saint François à la paix, et c’est juste, mais peu vont en profondeur. Quelle est la paix que François a accueillie et vécue et qu’il nous transmet ? Celle du Christ, passée par le plus grand amour, celui de la Croix. C’est la paix que Jésus Ressuscité donna aux disciples quand il apparut au milieu d’eux et dit : « La Paix soit avec vous ! », et il le dit en montrant les blessures de ses mains et son côté transpercé (cf. Jn 20, 19.20). La paix franciscaine n’est pas un sentiment doucereux. S’il vous plaît : ce saint François n’existe pas ! Elle n’est pas non plus une espèce d’harmonie panthéiste avec les énergies du cosmos… cela aussi n’est pas franciscain, mais c’est une idée que certains ont construite ! La paix de saint François est celle du Christ, et la trouve celui qui « prend sur soi » son « joug », c’est-à-dire son commandement : Aimez-vous les uns les autres comme je vous ai aimés (cf. Jn 13, 34 ; 15, 12). Et on ne peut pas porter ce joug avec arrogance, avec présomption, avec orgueil, mais seulement avec douceur et humilité du coeur. Nous nous adressons à toi, François, et nous te demandons : apprends-nous à être des « instruments de paix », de la paix qui a sa source en Dieu, la paix que le Seigneur Jésus nous a apportée.
3. « Très haut, tout-puissant, bon Seigneur… Loué sois-tu… avec toutes tes créatures » (FF, 1820). C’est ainsi que commence le Cantique de saint François. L’amour pour toute la création, pour son harmonie. Le Saint d’Assise témoigne du respect pour tout ce que Dieu a créé et que l’homme est appelé à garder et à protéger, mais il témoigne surtout du respect et de l’amour pour tout être humain. Dieu a créé le monde pour qu’il soit lieu de croissance dans l’harmonie et dans la paix. L’harmonie et la paix ! François a été un homme d’harmonie et de paix. De cette Cité de la Paix, je répète avec la force et la douceur de l’amour : respectons la création, ne soyons pas des instruments de destruction ! Respectons tout être humain : que cessent les conflits armés qui ensanglantent la terre, que se taisent les armes et que partout la haine cède la place à l’amour, l’offense au pardon et la discorde à l’union. Écoutons le cri de ceux qui pleurent, souffrent et meurent à cause de la violence, du terrorisme ou de la guerre, en Terre Sainte, si aimée de saint François, en Syrie, au Moyen-Orient, dans le monde.
Nous nous adressons à toi, François, et nous te demandons : obtiens-nous de Dieu le don de l’harmonie et de la paix dans notre monde !
Nous ne pouvons pas oublier, enfin, qu’aujourd’hui l’Italie célèbre saint François comme son Patron. Cela est aussi exprimé par le traditionnel geste d’offrande de l’huile pour la lampe votive, qui revient cette année à la Région de l’Ombrie. Prions pour la Nation italienne, pour que chacun travaille toujours pour le bien commun, en regardant ce qui unit plus que ce qui divise. Je fais mienne la prière de saint François pour Assise, pour l’Italie, pour le monde : « Je te prie donc, o Seigneur Jésus Christ, père des miséricordes, de ne pas daigner regarder notre ingratitude, mais de te souvenir toujours de la pitié surabondante que tu as manifestée [dans cette ville], afin qu’elle soit toujours le lieu et la demeure de ceux qui vraiment te connaissent et glorifient ton nom béni et très glorieux dans les siècles des siècles. Amen » (Miroir de perfection, 124, FF, 1824). 
INGLESE
“I give you thanks, Father, Lord of heaven and earth, for you have hidden these things from the wise and understanding, and revealed them to babes” (Mt 11:25).
Peace and all good to each and every one of you! With this Franciscan greeting I thank you for being here, in this Square so full of history and faith, to pray together. Today, I too have come, like countless other pilgrims, to give thanks to the Father for all that he wished to reveal to one of the “little ones” mentioned in today’s Gospel: Francis, the son of a wealthy merchant of Assisi. His encounter with Jesus led him to strip himself of an easy and carefree life in order to espouse “Lady Poverty” and to live as a true son of our heavenly Father. This decision of Saint Francis was a radical way of imitating Christ: he clothed himself anew, putting on Christ, who, though he was rich, became poor in order to make us rich by his poverty (cf. 2 Cor 8:9). In all of Francis’ life, love for the poor and the imitation of Christ in his poverty were inseparably united, like the two sides of a coin. What does Saint Francis’s witness tell us today? What does he have to say to us, not merely with words – that is easy enough – but by his life?
1. His first and most essential witness is this: that being a Christian means having a living relationship with the person of Jesus; it means putting on Christ, being conformed to him. Where did Francis’s journey to Christ begin? It began with the gaze of the crucified Jesus. With letting Jesus look at us at the very moment that he gives his life for us and draws us to himself. Francis experienced this in a special way in the Church of San Damiano, as he prayed before the cross which I too will have an opportunity to venerate. On that cross, Jesus is depicted not as dead, but alive! Blood is flowing from his wounded hands, feet and side, but that blood speaks of life. Jesus’ eyes are not closed but open, wide open: he looks at us in a way that touches our hearts. The cross does not speak to us about defeat and failure; paradoxically, it speaks to us about a death which is life, a death which gives life, for it speaks to us of love, the love of God incarnate, a love which does not die, but triumphs over evil and death. When we let the crucified Jesus gaze upon us, we are re-created, we become “a new creation”. Everything else starts with this: the experience of transforming grace, the experience of being loved for no merits of our own, in spite of our being sinners. That is why Saint Francis could say with Saint Paul: “Far be it for me to glory except in the cross of our Lord Jesus Christ” (Gal 6:14). We turn to you, Francis, and we ask you: Teach us to remain before the cross, to let the crucified Christ gaze upon us, to let ourselves be forgiven, and recreated by his love.
2. In today’s Gospel we heard these words: “Come to me, all who labour and are heavy laden, and I will give you rest. Take my yoke upon you and learn from me, for I am gentle and lowly in heart” (Mt 11:28-29). This is the second witness that Francis gives us: that everyone who follows Christ receives true peace, the peace that Christ alone can give, a peace which the world cannot give. Many people, when they think of Saint Francis, think of peace; very few people however go deeper. What is the peace which Francis received, experienced and lived, and which he passes on to us? It is the peace of Christ, which is born of the greatest love of all, the love of the cross. It is the peace which the Risen Jesus gave to his disciples when he stood in their midst and said: “Peace be with you!”, and in saying this, he showed them his wounded hands and his pierced side (cf. Jn 20:19-20). Franciscan peace is not something saccharine. Hardly! That is not the real Saint Francis! Nor is it a kind of pantheistic harmony with forces of the cosmos… That is not Franciscan either; it is a notion some people have invented! The peace of Saint Francis is the peace of Christ, and it is found by those who “take up” their “yoke”, namely, Christ’s commandment: Love one another as I have loved you (cf. Jn 13:34; 15:12). This yoke cannot be borne with arrogance, presumption or pride, but only with meekness and humbleness of heart. We turn to you, Francis, and we ask you: Teach us to be “instruments of peace”, of that peace which has its source in God, the peace which Jesus has brought us.
3. “Praised may you be, Most High, All-powerful God, good Lord… by all your creatures (FF, 1820). This is the beginning of Saint Francis’s Canticle. Love for all creation, for its harmony. Saint Francis of Assisi bears witness to the need to respect all that God has created, and that men and women are called to safeguard and protect, but above all he bears witness to respect and love for every human being. God created the world to be a place where harmony and peace can flourish. Harmony and peace! Francis was a man of harmony and peace. From this City of Peace, I repeat with all the strength and the meekness of love: Let us respect creation, let us not be instruments of destruction! Let us respect each human being. May there be an end to armed conflicts which cover the earth with blood; may the clash of arms be silenced; and everywhere may hatred yield to love, injury to pardon, and discord to unity. Let us listen to the cry of all those who are weeping, who are suffering and who are dying because of violence, terrorism or war, in the Holy Land, so dear to Saint Francis, in Syria, throughout the Middle East and everywhere in the world. We turn to you, Francis, and we ask you: Obtain for us God’s gift of harmony and peace in this our world!
Finally, I cannot forget the fact that today Italy celebrates Saint Francis as her patron saint. The traditional offering of oil for the votive lamp, which this year is given by the Region of Umbria, is an expression of this. Let us pray for Italy, that everyone will always work for the common good, and look more to what unites us, rather than what divides us. I make my own the prayer of Saint Francis for Assisi, for Italy and for the world: “I pray to you, Lord Jesus Christ, Father of mercies: Do not look upon our ingratitude, but always keep in mind the surpassing goodness which you have shown to this City. Grant that it may always be the home of men and women who know you in truth and who glorify your most holy and glorious name, now and for all ages. Amen.” (The Mirror of Perfection, 124: FF, 1824).
SPAGNOLO
«Te doy gracias, Padre, Señor del cielo y de la tierra, porque has escondido estas cosas a los sabios y entendidos, y se las has revelado a los pequeños» (Mt 11,25).
Paz y bien a todos. Con este saludo franciscano os agradezco el haber venido aquí, a esta plaza llena de historia y de fe, para rezar juntos. Como tantos peregrinos, también yo he venido para dar gracias al Padre por todo lo que ha querido revelar a uno de estos «pequeños» de los que habla el evangelio: Francisco, hijo de un rico comerciante de Asís. El encuentro con Jesús lo llevó a despojarse de una vida cómoda y superficial, para abrazar «la señora pobreza» y vivir como verdadero hijo del Padre que está en los cielos. Esta elección de san Francisco representaba un modo radical de imitar a Cristo, de revestirse de Aquel que siendo rico se hizo pobre para enriquecernos con su pobreza (cf. 2Co 8,9). El amor a los pobres y la imitación de Cristo pobre son dos elementos unidos de modo inseparable en la vida de Francisco, las dos caras de la misma moneda. ¿Cuál es el testimonio que nos da hoy Francisco? ¿Qué nos dice, no con las palabras –esto es fácil- sino con la vida?
1. La primera cosa, la realidad fundamental que nos atestigua es ésta: ser cristianos es una relación viva con la Persona de Jesús, es revestirse de él, es asimilarse a él. ¿Dónde inicia el camino de Francisco hacia Cristo? Comienza con la mirada de Jesús en la cruz. Dejarse mirar por él en el momento en el que da la vida por nosotros y nos atrae a sí. Francisco lo experimentó de modo particular en la iglesita de San Damián, rezando delante del crucifijo, que hoy también yo veneraré. En aquel crucifijo Jesús no aparece muerto, sino vivo. La sangre desciende de las heridas de las manos, los pies y el costado, pero esa sangre expresa vida. Jesús no tiene los ojos cerrados, sino abiertos, de par en par: una mirada que habla al corazón. Y el Crucifijo no nos habla de derrota, de fracaso; paradójicamente nos habla de una muerte que es vida, que genera vida, porque nos habla de amor, porque él es el Amor de Dios encarnado, y el Amor no muere, más aún, vence el mal y la muerte. El que se deja mirar por Jesús crucificado es re-creado, llega a ser una «nueva criatura». De aquí comienza todo: es la experiencia de la Gracia que transforma, el ser amados sin méritos, aun siendo pecadores. Por eso Francisco puede decir, como san Pablo: «En cuanto a mí, Dios me libre de gloriarme si no es en la cruz de nuestro Señor Jesucristo» (Ga 6,14). Nos dirigimos a ti, Francisco, y te pedimos: enséñanos a permanecer ante el Crucificado, a dejarnos mirar por él, a dejarnos perdonar, recrear por su amor.
2. En el evangelio hemos escuchado estas palabras: «Venid a mí todos los que estáis cansados y agobiados, y yo os aliviaré. Tomad mi yugo sobre vosotros y aprended de mí, que soy manso y humilde de corazón» (Mt 11,28-29). Ésta es la segunda cosa que Francisco nos atestigua: quien sigue a Cristo, recibe la verdadera paz, aquella que sólo él, y no el mundo, nos puede dar. Muchos asocian a san Francisco con la paz, pero pocos profundizan. ¿Cuál es la paz que Francisco acogió y vivió y que nos transmite? La de Cristo, que pasa a través del amor más grande, el de la Cruz. Es la paz que Jesús resucitado dio a los discípulos cuando se apareció en medio de ellos y dijo: «Paz a vosotros», y lo dijo mostrando las manos llagadas y el costado traspasado (cf. Jn 20,19.20). La paz franciscana no es un sentimiento almibarado. Por favor: ¡ese san Francisco no existe! Y ni siquiera es una especie de armonía panteísta con las energías del cosmos… Tampoco esto es franciscano, sino una idea que algunos han construido. La paz de san Francisco es la de Cristo, y la encuentra el que «carga» con su «yugo», es decir su mandamiento: Amaos los unos a los otros como yo os he amado (cf. Jn 13,34; 15,12). Y este yugo no se puede llevar con arrogancia, con presunción, con soberbia, sino sólo con mansedumbre y humildad de corazón. Nos dirigimos a ti, Francisco, y te pedimos: enséñanos a ser «instrumentos de la paz», de la paz que tiene su fuente en Dios, la paz que nos ha traído el Señor Jesús.
3. «Altísimo, omnipotente y buen Señor… Alabado seas… con todas las criaturas» (FF, 1820). Así comienza el Cántico de san Francisco. El amor por toda la creación, por su armonía. El Santo de Asís da testimonio del respeto hacia todo lo que Dios ha creado y que el hombre está llamado a custodiar y proteger, pero sobre todo da testimonio del respeto y el amor hacia todo ser humano. Dios creó el mundo para que fuera lugar de crecimiento en la armonía y en la paz. ¡La armonía y la paz! Francisco fue hombre de armonía y de paz. Desde esta Ciudad de la paz, repito con la fuerza y mansedumbre del amor: respetemos la creación, no seamos instrumentos de destrucción. Respetemos todo ser humano: que cesen los conflictos armados que ensangrientan la tierra, que callen las armas y en todas partes el odio ceda el puesto al amor, la ofensa al perdón y la discordia a la unión. Escuchemos el grito de los que lloran, sufren y mueren por la violencia, el terrorismo o la guerra, en Tierra Santa, tan amada por san Francisco, en Siria, en todo el Oriente Medio, en el mundo.
Nos dirigimos a ti, Francisco, y te pedimos: Alcánzanos de Dios el don de la armonía y la paz para nuestro mundo.
No puedo olvidar, en fin, que Italia celebra hoy a san Francisco como su Patrón. Lo expresa también el tradicional gesto de la ofrenda del aceite para la lámpara votiva, que este año corresponde precisamente a la Región de Umbría. Recemos por la Nación italiana, para que cada uno trabaje siempre para el bien común, mirando más lo que une que lo que divide. Hago mía la oración de san Francisco por Asís, por Italia, por el mundo: «Te ruego, pues, Señor mío Jesucristo, Padre de toda misericordia, que no te acuerdes de nuestras ingratitudes, sino ten presente la inagotable clemencia que has manifestado en [esta ciudad], para que sea siempre lugar y morada de los que de veras te conocen y glorifican tu nombre, bendito y gloriosísimo, por los siglos de los siglos. Amén» (Espejo de perfección, 124: FF, 1824). 
PORTOGHESE 
«Bendigo-Te, ó Pai, Senhor do Céu e da Terra, porque escondeste estas coisas aos sábios e aos entendidos e as revelaste aos pequeninos» (Mt 11, 25).
A todos, paz e bem! Com esta saudação franciscana, agradeço-vos por terdes vindo a esta Praça, cheia de história e fé. Para rezarmos juntos. Como tantos outros peregrinos, também eu vim hoje, para bendizer o Pai por tudo o que quis revelar a um destes «pequeninos» de que nos fala o Evangelho: Francisco, filho de um comerciante rico de Assis. O encontro com Jesus levou-o a despojar-se de uma vida cómoda e despreocupada, para desposar a «Senhora Pobreza» e viver como verdadeiro filho do Pai que está nos céus. Esta escolha, feita por São Francisco, constituía uma maneira radical de imitar a Cristo, de se revestir d’Aquele que, sendo rico, Se fez pobre para nos enriquecer por meio da sua pobreza (cf. 2 Cor 8, 9). Em toda a vida de Francisco, o amor pelos pobres e a imitação de Cristo pobre são dois elementos indivisivelmente unidos, as duas faces da mesma medalha. De que nos dá hoje testemunho São Francisco? Que nos diz ele, não com as palavras – isso é fácil –, mas com a vida?
1. A primeira coisa, a realidade fundamental de que nos dá testemunho é esta: ser cristão é uma relação vital com a Pessoa de Jesus, é revestir-se d’Ele, é assimilação a Ele. De onde começa o caminho de Francisco para Cristo? Começa do olhar de Jesus na cruz. Deixar-se olhar por Ele no momento em que dá a vida por nós e nos atrai para Ele. Francisco fez esta experiência, de um modo particular, na pequena igreja de São Damião, rezando diante do crucifixo, que poderei também eu venerar hoje. Naquele crucifixo, Jesus não se apresenta morto, mas vivo! O sangue escorre das feridas das mãos, dos pés e do peito, mas aquele sangue exprime vida. Jesus não tem os olhos fechados, mas abertos, bem abertos: um olhar que fala ao coração. E o Crucifixo não nos fala de derrota, de fracasso; paradoxalmente fala-nos de uma morte que é vida, que gera vida, porque nos fala de amor, porque é o Amor de Deus encarnado, e o Amor não morre, antes derrota o mal e a morte. Quem se deixa olhar por Jesus crucificado fica recriado, torna-se uma «nova criatura». E daqui tudo começa: é a experiência da Graça que transforma, de sermos amados sem mérito algum, até sendo pecadores. Por isso, Francisco pode dizer como São Paulo: «Quanto a mim, de nada me quero gloriar, a não ser na cruz de Nosso Senhor Jesus Cristo» (Gal 6, 14). Voltamo-nos para ti, Francisco, e te pedimos: ensina-nos a permanecer diante do Crucifixo, a deixar-nos olhar por Ele, a deixar-nos perdoar, recriar pelo seu amor.
2. No Evangelho, ouvimos estas palavras: «Vinde a Mim, todos os que estais cansados e oprimidos, e Eu hei-de aliviar-vos. Tomai sobre vós o meu jugo e aprendei de Mim, porque sou manso e humilde de coração» (Mt 11, 28-29). Esta é a segunda coisa de que Francisco nos dá testemunho: quem segue a Cristo, recebe a verdadeira paz, a paz que só Ele, e não o mundo, nos pode dar. Na ideia de muitos, São Francisco aparece associado com a paz; e está certo, mas poucos vão em profundidade. Qual é a paz que Francisco acolheu e viveu, e que nos transmite? A paz de Cristo, que passou através do maior amor, o da Cruz. É a paz que Jesus Ressuscitado deu aos discípulos, quando apareceu no meio deles e disse: «A paz esteja convosco!»; e disse-o, mostrando as mãos chagadas e o peito trespassado (cf. Jo 20, 19.20). A paz franciscana não é um sentimento piegas. Por favor, este São Francisco não existe! E também não é uma espécie de harmonia panteísta com as energias do cosmos... Também isto não é franciscano, mas uma ideia que alguns se formaram. A paz de São Francisco é a de Cristo, e encontra-a quem «toma sobre si» o seu «jugo», isto é, o seu mandamento: Amai-vos uns aos outros, como Eu vos amei (cf. Jo 13, 34; 15, 12). E este jugo não se pode levar com arrogância, presunção, orgulho, mas apenas com mansidão e humildade de coração. Voltamo-nos para ti, Francisco, e te pedimos: ensina-nos a ser «instrumentos da paz», da paz que tem a sua fonte em Deus, a paz que nos trouxe o Senhor Jesus.
3. «Altíssimo, omnipotente, bom Senhor, (...) louvado sejas (...) com todas as tuas criaturas» (FF, 1820). Assim começa o Cântico de São Francisco. O amor por toda a criação, pela sua harmonia. O Santo de Assis dá testemunho do respeito por tudo o que Deus criou e que o homem é chamado a guardar e proteger, mas sobretudo dá testemunho de respeito e amor por todo o ser humano. Deus criou o mundo, para que seja lugar de crescimento na harmonia e na paz. A harmonia e a paz! Francisco foi homem de harmonia e de paz. Daqui, desta Cidade da Paz, repito com a força e a mansidão do amor: respeitemos a criação, não sejamos instrumentos de destruição! Respeitemos todo o ser humano: cessem os conflitos armados que ensanguentam a terra, calem-se as armas e que, por toda a parte, o ódio dê lugar ao amor, a ofensa ao perdão e a discórdia à união. Ouçamos o grito dos que choram, sofrem e morrem por causa da violência, do terrorismo ou da guerra na Terra Santa, tão amada por São Francisco, na Síria, em todo o Médio Oriente, no mundo.
Voltamo-nos para ti, Francisco, e te pedimos: alcançai-nos de Deus o dom de haver, neste nosso mundo, harmonia e paz!
Não posso, enfim, esquecer que hoje a Itália celebra São Francisco como seu Padroeiro. Disso mesmo é expressão também o gesto tradicional da oferta do azeite para a lâmpada votiva, que este ano compete precisamente à Região da Úmbria. Rezemos pela Nação Italiana, para que cada um trabalhe sempre pelo bem comum, olhando mais para o que une do que para o que divide.

Faço minha a oração de São Francisco por Assis, pela Itália, pelo mundo: «Peço-Vos, pois, ó Senhor Jesus Cristo, pai das misericórdias, que Vos digneis não olhar à nossa ingratidão, mas recordai-Vos da superabundante compaixão que sempre mostrastes [por esta cidade], para que seja sempre o lugar e a morada de quantos verdadeiramente Vos conhecem e glorificam o vosso bendito e gloriosíssimo nome pelos séculos dos séculos. Amen» (Espelho de perfeição, 124: FF, 1824).