Il viaggio di Francesco in Terra Santa.
(Sante Cavalleri) Bergoglio si fermerà solo tre giorni in Terra Santa, esattamente come fece Paolo VI nel 1964, mentre i viaggi di Giovanni Paolo II, nel 2000, e di Benedetto XVI, nel 2009, durarono entrambi una settimana, ed ebbero anche un carattere piu' “politico”
“Nel clima di gioia, tipico di questo tempo natalizio, desidero annunciare che dal 24 al 26 maggio prossimo, a Dio piacendo, compirò un pellegrinaggio in Terra Santa”, ha ufficializzato Francesco domenica 5 gennaio, a 50 anni esatti dall’abbraccio tra Montini e Atenagora, precisando che “lo scopo principale sarà commemorare quello storico incontro”. “Presso il Santo Sepolcro - ha anticipato - celebreremo un Incontro Ecumenico con tutti i rappresentanti delle Chiese cristiane di Gerusalemme, insieme al Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli”.
Tre sole tappe: Amman, Betlemme e Gerusalemme
Questa volta, ha aggiunto Bergoglio, “le tappe saranno tre: Amman, Betlemme e Gerusalemme”, e rispetto agli itinerari dei predecessori manca la sosta di Nazareth.
E il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, non si è nascosto che la decisione di limitare il viaggio a una cinquantina di ore e a tre sole tappe porterà inevitabili polemiche. Del resto, con Israele ci sono in corso negoziati da oltre 20 anni. La Santa Sede infatti non ha mai riconosciuto Gerusalemme come capitale israeliana e probabilmente è per questo che si trascinano il contenzioso in tema di disciplina fiscale per gli enti ecclesiastici e la richiesta ancora inevasa di restituzione del Cenacolo dove Gesu' celebrò l'Ultima Cena.
Sia in occasione del viaggio di Wojtyla che di quello di Ratzinger queste trattative parvero sbloccarsi, ma subito dopo si sono poi puntualmente fermate. E padre Pizzaballa realisticamente nota: “immagino i preparativi della visita con tante discussioni sul protocollo, ma credo che la cosa importante sia che la gente, soprattutto la gente che il papa ama tanto, è piena di gioia”.
La speranza dei cristiani del Medio Oriente
“La speranza - spiega il custode di Terra Santa - è che la comunità cristiana, che è molto piccola e fragile, qui in tutta la Terra Santa, composta anche da tante Chiese diverse, si possa ritrovare unita nel cuore ed anche nell'azione, in occasione della visita del papa”. A nome del Patriarcato Latino di Gerusalemme, che è la massima autorità cattolica in Israele, Palestina e Giordania, è stato monsignor William Shomali, vescovo ausiliare e portavoce, a chiarire che il “focus” stavolta sarà sul dialogo con gli ortodossi e non tanto sullo Stato Ebraico, i suoi valori e le sue difficoltà. “Aspettiamo - ha spiegato - un nuovo spiraglio da questa visita, nelle relazioni con gli ortodossi, con i musulmani e con gli ebrei”. “La personalità particolare di papa Francesco ci fa sperare nella realizzazione di queste aspettative”, ha poi aggiunto l’ausiliare del patriarca Twal, confidando di ritenere che “l'abbraccio tra Francesco e Bartolomeo sarà un altro abbraccio storico.
Dopo incontrerà i capi religiosi ebrei. Dunque - ha suggerito - pensiamo ad intensificare queste relazioni ecumeniche ed interreligiose”. “Questo papa - ha concluso il presule - ci sorprenderà! Finora, durante i primi mesi del suo Pontificato, ci ha sempre sorpreso. Noi contiamo sullo Spirito Santo e sulla collaborazione di papa Francesco con tutte le ispirazioni dello Spirito Santo per aprire veramente strade nuove nelle relazioni”.
L’attesa dell’incontro con Bartolomeo I
Riprende insomma un cammino. Il viaggio del gennaio 1964 in Terra Santa, il primo compiuto da un papa dell'epoca moderna fuori d'Italia, e l'incontro a Gerusalemme con Atenagora, cui seguì l'abolizione reciproca delle scomuniche tra cattolici e ortodossi, rappresentarono per Paolo VI , che utilizzò personalmente questa espressione, “come un colpo d'aratro, che ha smosso un terreno ormai indurito ed inerte”. La svolta successiva a quell'abbraccio fu la rimozione delle scomuniche reciproche, il 7 dicembre 1965, simultaneamente a Roma e al Fanar. Si poneva fine a dieci secoli di separazione e di penosi dissapori tra cristiani. In seguito molti gesti nella stessa direzione sono stati compiuti dai successori dei protagonisti di allora ma, lamenta Papa Francesco, non si sono trasformati in ulteriori reali passi avanti verso l'unità dei cristiani: le differenze teologiche emerse all'inizio del secondo millennio restano, in particolare sul ruolo del successore di Pietro, e ciò nonostante la dichiarazione di intenti contenuta nell’enciclica wojtyliana “Ut unum sint”. “A me spetta, come Vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell'evangelizzazione”, ha scritto Francesco nell'Esortazione Apostolica “Evangelii gaudium”, ricordando che “anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l'appello ad una conversione pastorale”.
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BOX
Quello storico abbraccio
“Ci siamo abbracciati una prima volta, poi una seconda e di nuovo e di nuovo. Come due fratelli che si ritrovano dopo una lunga separazione”, Atenagora descrisse così i gesti compiuti insieme a Giovanni Battista Montini in Terra Santa. E grazie ad un errore tecnico degli operatori televisivi che lasciarono aperti i microfoni d’ambiente, l’Osservatore Romano ha ricostruito l’intero dialogo tra il papa e il patriarca. “Le esprimo tutta la mia gioia, tutta la mia emozione. Veramente penso che questo è un momento che viviamo in presenza di Dio. Ed io non ho altro pensiero, mentre parlo con Lei, che quello di parlare con Dio”, esordì Paolo VI. E Atenagora confermò: “In presenza di Dio. Lo ripeto in presenza di Dio. Sono profondamente commosso, Santità. Mi vengono le lacrime agli occhi. Penso che la Provvidenza ha scelto Vostra Santità per aprire il cammino. La vedo, senza adularLa, negli Atti degli Apostoli. La vedo nelle lettere di san Paolo di cui porta il nome”. “La Provvidenza ci ha scelto per intenderci. Le parlo da fratello: sappia ch'io ho la stessa fiducia in Le.”, gli confidò il pontefice bresciano che : “Sono così ricolmo di impressioni che avrò bisogno di molto tempo per far emergere ed interpretare tutta la ricchezza di emozioni che ho nell'animo. Voglio, tuttavia, approfittare di questo momento per assicurarla dell'assoluta lealtà con la quale tratterò sempre con Lei.
Non le nasconderò mai la verità Non ho alcuna intenzione di deluderla, di approfittare della sua buona volontà. Altro non desidero che percorrere il cammino di Dio”. “Io avrò sempre fiducia. Ho in vostra Santità una fiducia assoluta”, concluse Atenagora.
A Sua Immagine
“Nel clima di gioia, tipico di questo tempo natalizio, desidero annunciare che dal 24 al 26 maggio prossimo, a Dio piacendo, compirò un pellegrinaggio in Terra Santa”, ha ufficializzato Francesco domenica 5 gennaio, a 50 anni esatti dall’abbraccio tra Montini e Atenagora, precisando che “lo scopo principale sarà commemorare quello storico incontro”. “Presso il Santo Sepolcro - ha anticipato - celebreremo un Incontro Ecumenico con tutti i rappresentanti delle Chiese cristiane di Gerusalemme, insieme al Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli”.
Tre sole tappe: Amman, Betlemme e Gerusalemme
Questa volta, ha aggiunto Bergoglio, “le tappe saranno tre: Amman, Betlemme e Gerusalemme”, e rispetto agli itinerari dei predecessori manca la sosta di Nazareth.
E il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, non si è nascosto che la decisione di limitare il viaggio a una cinquantina di ore e a tre sole tappe porterà inevitabili polemiche. Del resto, con Israele ci sono in corso negoziati da oltre 20 anni. La Santa Sede infatti non ha mai riconosciuto Gerusalemme come capitale israeliana e probabilmente è per questo che si trascinano il contenzioso in tema di disciplina fiscale per gli enti ecclesiastici e la richiesta ancora inevasa di restituzione del Cenacolo dove Gesu' celebrò l'Ultima Cena.
Sia in occasione del viaggio di Wojtyla che di quello di Ratzinger queste trattative parvero sbloccarsi, ma subito dopo si sono poi puntualmente fermate. E padre Pizzaballa realisticamente nota: “immagino i preparativi della visita con tante discussioni sul protocollo, ma credo che la cosa importante sia che la gente, soprattutto la gente che il papa ama tanto, è piena di gioia”.
La speranza dei cristiani del Medio Oriente
“La speranza - spiega il custode di Terra Santa - è che la comunità cristiana, che è molto piccola e fragile, qui in tutta la Terra Santa, composta anche da tante Chiese diverse, si possa ritrovare unita nel cuore ed anche nell'azione, in occasione della visita del papa”. A nome del Patriarcato Latino di Gerusalemme, che è la massima autorità cattolica in Israele, Palestina e Giordania, è stato monsignor William Shomali, vescovo ausiliare e portavoce, a chiarire che il “focus” stavolta sarà sul dialogo con gli ortodossi e non tanto sullo Stato Ebraico, i suoi valori e le sue difficoltà. “Aspettiamo - ha spiegato - un nuovo spiraglio da questa visita, nelle relazioni con gli ortodossi, con i musulmani e con gli ebrei”. “La personalità particolare di papa Francesco ci fa sperare nella realizzazione di queste aspettative”, ha poi aggiunto l’ausiliare del patriarca Twal, confidando di ritenere che “l'abbraccio tra Francesco e Bartolomeo sarà un altro abbraccio storico.
Dopo incontrerà i capi religiosi ebrei. Dunque - ha suggerito - pensiamo ad intensificare queste relazioni ecumeniche ed interreligiose”. “Questo papa - ha concluso il presule - ci sorprenderà! Finora, durante i primi mesi del suo Pontificato, ci ha sempre sorpreso. Noi contiamo sullo Spirito Santo e sulla collaborazione di papa Francesco con tutte le ispirazioni dello Spirito Santo per aprire veramente strade nuove nelle relazioni”.
L’attesa dell’incontro con Bartolomeo I
Riprende insomma un cammino. Il viaggio del gennaio 1964 in Terra Santa, il primo compiuto da un papa dell'epoca moderna fuori d'Italia, e l'incontro a Gerusalemme con Atenagora, cui seguì l'abolizione reciproca delle scomuniche tra cattolici e ortodossi, rappresentarono per Paolo VI , che utilizzò personalmente questa espressione, “come un colpo d'aratro, che ha smosso un terreno ormai indurito ed inerte”. La svolta successiva a quell'abbraccio fu la rimozione delle scomuniche reciproche, il 7 dicembre 1965, simultaneamente a Roma e al Fanar. Si poneva fine a dieci secoli di separazione e di penosi dissapori tra cristiani. In seguito molti gesti nella stessa direzione sono stati compiuti dai successori dei protagonisti di allora ma, lamenta Papa Francesco, non si sono trasformati in ulteriori reali passi avanti verso l'unità dei cristiani: le differenze teologiche emerse all'inizio del secondo millennio restano, in particolare sul ruolo del successore di Pietro, e ciò nonostante la dichiarazione di intenti contenuta nell’enciclica wojtyliana “Ut unum sint”. “A me spetta, come Vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell'evangelizzazione”, ha scritto Francesco nell'Esortazione Apostolica “Evangelii gaudium”, ricordando che “anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l'appello ad una conversione pastorale”.
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Quello storico abbraccio
“Ci siamo abbracciati una prima volta, poi una seconda e di nuovo e di nuovo. Come due fratelli che si ritrovano dopo una lunga separazione”, Atenagora descrisse così i gesti compiuti insieme a Giovanni Battista Montini in Terra Santa. E grazie ad un errore tecnico degli operatori televisivi che lasciarono aperti i microfoni d’ambiente, l’Osservatore Romano ha ricostruito l’intero dialogo tra il papa e il patriarca. “Le esprimo tutta la mia gioia, tutta la mia emozione. Veramente penso che questo è un momento che viviamo in presenza di Dio. Ed io non ho altro pensiero, mentre parlo con Lei, che quello di parlare con Dio”, esordì Paolo VI. E Atenagora confermò: “In presenza di Dio. Lo ripeto in presenza di Dio. Sono profondamente commosso, Santità. Mi vengono le lacrime agli occhi. Penso che la Provvidenza ha scelto Vostra Santità per aprire il cammino. La vedo, senza adularLa, negli Atti degli Apostoli. La vedo nelle lettere di san Paolo di cui porta il nome”. “La Provvidenza ci ha scelto per intenderci. Le parlo da fratello: sappia ch'io ho la stessa fiducia in Le.”, gli confidò il pontefice bresciano che : “Sono così ricolmo di impressioni che avrò bisogno di molto tempo per far emergere ed interpretare tutta la ricchezza di emozioni che ho nell'animo. Voglio, tuttavia, approfittare di questo momento per assicurarla dell'assoluta lealtà con la quale tratterò sempre con Lei.
Non le nasconderò mai la verità Non ho alcuna intenzione di deluderla, di approfittare della sua buona volontà. Altro non desidero che percorrere il cammino di Dio”. “Io avrò sempre fiducia. Ho in vostra Santità una fiducia assoluta”, concluse Atenagora.
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