mercoledì 15 gennaio 2014

Sulle orme di Paolo VI e Atenagora



Il viaggio di Francesco in Terra Santa. 

(Sante Cavalleri) Bergoglio si fermerà solo tre giorni in Terra Santa, esattamente come  fece Paolo VI nel 1964, mentre  i viaggi di Giovanni Paolo II, nel 2000,  e di Benedetto XVI, nel 2009, durarono entrambi una settimana, ed ebbero  anche un carattere piu' “politico”
“Nel clima di gioia, tipico di questo tempo natalizio, desidero  annunciare che dal 24 al 26 maggio prossimo, a Dio piacendo, compirò un  pellegrinaggio in Terra Santa”, ha ufficializzato Francesco domenica 5  gennaio, a 50 anni esatti dall’abbraccio tra Montini e Atenagora,  precisando che “lo scopo principale sarà commemorare quello storico  incontro”. “Presso il Santo Sepolcro - ha anticipato - celebreremo un  Incontro Ecumenico con tutti i rappresentanti delle Chiese cristiane di  Gerusalemme, insieme al Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli”.
Tre sole tappe: Amman, Betlemme e Gerusalemme
Questa volta, ha aggiunto Bergoglio, “le tappe saranno tre: Amman,  Betlemme  e Gerusalemme”, e rispetto agli itinerari dei predecessori  manca la sosta di Nazareth.
E il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, non si è  nascosto che la decisione di limitare il viaggio a una cinquantina di  ore e a tre sole tappe porterà inevitabili polemiche. Del resto, con  Israele ci sono in corso negoziati da oltre 20 anni. La Santa Sede  infatti non ha mai riconosciuto Gerusalemme come capitale israeliana e  probabilmente è per questo che si trascinano il contenzioso in tema di  disciplina fiscale per gli enti ecclesiastici e la richiesta ancora  inevasa di restituzione del Cenacolo dove Gesu' celebrò l'Ultima Cena.
 Sia in occasione del viaggio di Wojtyla che di quello di Ratzinger  queste trattative parvero sbloccarsi, ma subito dopo si sono poi  puntualmente fermate. E padre Pizzaballa realisticamente nota: “immagino  i preparativi della visita con tante discussioni sul protocollo, ma  credo che la cosa importante sia che la gente, soprattutto la gente che  il papa ama tanto, è piena di gioia”.
La speranza dei cristiani del Medio Oriente
“La speranza - spiega il custode di Terra Santa - è che la comunità  cristiana, che è molto piccola e fragile, qui in tutta la Terra Santa,  composta anche da tante Chiese diverse, si possa ritrovare unita nel  cuore ed anche nell'azione, in occasione della visita del papa”. A nome  del Patriarcato Latino di Gerusalemme, che è la massima autorità  cattolica in Israele, Palestina e Giordania, è stato monsignor William  Shomali, vescovo ausiliare e portavoce, a chiarire che il “focus” stavolta sarà sul dialogo con gli ortodossi e non tanto sullo Stato  Ebraico, i suoi valori e le sue difficoltà. “Aspettiamo - ha spiegato -  un nuovo spiraglio da questa visita, nelle relazioni con gli ortodossi,  con i musulmani e con gli ebrei”. “La personalità particolare di papa  Francesco ci fa sperare nella realizzazione di queste aspettative”, ha  poi aggiunto l’ausiliare del patriarca Twal, confidando di ritenere che  “l'abbraccio tra Francesco e Bartolomeo sarà un altro abbraccio storico.
Dopo incontrerà i capi religiosi ebrei. Dunque - ha suggerito - pensiamo  ad intensificare queste relazioni ecumeniche ed interreligiose”. “Questo  papa - ha concluso il presule - ci sorprenderà! Finora, durante i primi  mesi del suo Pontificato, ci ha sempre sorpreso. Noi contiamo sullo  Spirito Santo e sulla collaborazione di papa Francesco con tutte le  ispirazioni dello Spirito Santo per aprire veramente strade nuove nelle  relazioni”.
L’attesa dell’incontro con  Bartolomeo I
Riprende insomma un cammino. Il viaggio del gennaio 1964 in Terra  Santa, il primo compiuto da un papa dell'epoca  moderna fuori d'Italia,  e l'incontro a Gerusalemme con Atenagora, cui  seguì l'abolizione  reciproca delle scomuniche tra cattolici e ortodossi,  rappresentarono  per Paolo VI , che utilizzò personalmente questa  espressione, “come un  colpo d'aratro, che ha smosso un terreno ormai  indurito ed inerte”. La  svolta successiva a quell'abbraccio fu la rimozione delle scomuniche  reciproche, il 7 dicembre 1965, simultaneamente a Roma  e al Fanar. Si  poneva fine a dieci secoli di separazione e di penosi dissapori tra  cristiani. In seguito molti gesti nella stessa direzione sono stati  compiuti dai successori dei protagonisti di allora ma, lamenta Papa  Francesco, non si sono trasformati in  ulteriori reali passi avanti  verso l'unità dei cristiani: le differenze teologiche emerse all'inizio  del secondo millennio restano, in  particolare sul ruolo del successore  di Pietro, e ciò nonostante la dichiarazione di intenti contenuta  nell’enciclica wojtyliana “Ut unum sint”. “A me spetta, come  Vescovo di  Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un  esercizio del mio  ministero che lo renda più fedele al significato che  Gesù Cristo intese  dargli e alle necessità attuali  dell'evangelizzazione”, ha scritto  Francesco nell'Esortazione  Apostolica “Evangelii gaudium”, ricordando  che “anche il papato e le  strutture centrali della Chiesa universale  hanno bisogno di ascoltare  l'appello ad una conversione pastorale”.

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BOX
Quello storico abbraccio
“Ci siamo abbracciati una prima volta, poi una seconda e di nuovo e di  nuovo. Come due fratelli che si ritrovano dopo una lunga separazione”,  Atenagora descrisse così i gesti compiuti insieme a Giovanni Battista  Montini in Terra Santa. E grazie ad un errore tecnico degli operatori  televisivi che lasciarono aperti i microfoni d’ambiente, l’Osservatore  Romano ha ricostruito l’intero dialogo tra il papa e il patriarca. “Le  esprimo tutta la mia gioia, tutta la mia emozione. Veramente penso che  questo è un momento che viviamo in presenza di Dio. Ed io non ho altro  pensiero, mentre parlo con Lei, che quello di parlare con Dio”, esordì  Paolo VI. E Atenagora confermò: “In presenza di Dio. Lo ripeto in  presenza di Dio. Sono profondamente commosso, Santità. Mi vengono le  lacrime agli occhi. Penso che la Provvidenza ha scelto Vostra Santità  per aprire il cammino. La vedo, senza adularLa, negli Atti degli  Apostoli. La vedo nelle lettere di san Paolo di cui porta il nome”. “La  Provvidenza ci ha scelto per intenderci. Le parlo da fratello: sappia  ch'io ho la stessa fiducia in Le.”, gli confidò il pontefice bresciano  che : “Sono così ricolmo di impressioni che avrò bisogno di molto tempo  per far emergere ed interpretare tutta la ricchezza di emozioni che ho  nell'animo. Voglio, tuttavia, approfittare di questo momento per  assicurarla dell'assoluta lealtà con la quale tratterò sempre con Lei.
Non le nasconderò mai la verità Non ho alcuna intenzione di deluderla,  di approfittare della sua buona volontà. Altro non desidero che  percorrere il cammino di Dio”. “Io avrò sempre fiducia. Ho in vostra  Santità una fiducia assoluta”, concluse Atenagora.


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