lunedì 17 febbraio 2014

Francesco, batti il cinque!




(Nicola Gori) Papa Francesco che «batte il cinque» con Andrea, il giovanissimo ospite che gli ha dato il benvenuto alla parrocchia romana San Tommaso apostolo, è forse l’immagine più reale di un pomeriggio fuori dagli schemi vissuto dalla gente di un quartiere, l’Infernetto, ancora alle prese con le conseguenze della pesante alluvione dei giorni scorsi. Almeno in diecimila hanno fatto festa attorno al Papa, giunto in auto poco prima delle 16. Subito circondato dai più giovani il Papa ha iniziato a dialogare e si è reso conto di quanto da queste parti sia conosciuto e amato. Andrea infatti nel suo saluto “protocollare” gli ha subito rivelato la data del suo battesimo: «Tu ce l’hai chiesto e io mi sono informato». Poi però gli ha domandato: «Come si fa a mantenere l’amicizia con Gesù anche quando il catechismo è finito... ora sembra più facile, ma sappiamo che dopo... quando si è più grandi è difficile... tu come hai fatto?». Se tu ci dai una mano a capirlo, ha proseguito Andrea, noi «ti daremo una mano!». E a confermare le sue parole è spuntato tra i bambini un cartellone con l’impronta della mano con su scritto il proposito di portare in casa, agli amici, a scuola, anche ai lontani, il messaggio di Gesù. Anche Giulia ha raccontato felice di essersi informata e di sapere la data del suo battesimo. E di averlo fatto in preparazione ai sacramenti della confessione. Anche Sophie, una ragazza che si sta preparando a ricevere la cresima, ha voluto far sapere al Papa che lo ascoltano e che sono pronti a interpretare il cammino della loro vita secondo le indicazioni che aveva dato ai loro coetanei della parrocchia di San Cirillo Alessandrino, durante la visita del 1° dicembre scorso: «Camminare per incontrare Gesù». Anche in questo caso l’adesione degli altri giovani è stata affidata all’immagine: hanno realizzato delle sagome di orme dei piedi e vi hanno scritto alcuni pensieri, perché «tu sappia quanto sei importante per noi!».

E Papa Francesco proprio da queste singolari forme che i giovani hanno voluto dare alle loro promesse, ha tratto lo spunto per le riflessioni da proporre loro. «Si deve camminare con i piedi — ha detto — e applaudire con le mani»; eppure c’è chi «vuole camminare con le mani e applaudire con i piedi: no, la cosa non va!». Il Pontefice ha poi invitato i ragazzi a riflettere sul modo in cui si vuole bene a Gesù, perché a volte non riusciamo ad amarlo o a sentirlo. Poi ha rivelato «un segreto», ha detto, per poter amare Gesù: «Sentite bene: per amare Gesù bisogna lasciarsi amare da Lui. Avete capito? È Lui che fa il lavoro, non noi!». Infine l’ultimo gesto di familiarità: ha scambiato con un bambino lo zucchetto.
Poi — accompagnato dal cardinale vicario Agostino Vallini, dal vescovo ausiliare Paolino Schiavon, da monsignor Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia, dal parroco don Antonio d’Errico e dal viceparroco don Pierangelo Margiotta — rasentando le transenne e scambiando saluti e battute con la gente che era nei pressi, è giunto sul piazzale antistante la parrocchia e ha rivolto un breve saluto alla gente che non ha trovato posto in chiesa. «Prima di continuare a salutare tutti voi — ha detto — vi saluto tutti, e grazie per l’accoglienza tanto calorosa, tanto buona. E per favore, vi chiedo di pregare per me, eh? Non dimenticatelo, per favore! E grazie per l’accoglienza». All’interno della parrocchia, il Papa ha poi incontrato le varie realtà della comunità. I primi sono stati gli ultimi arrivati in parrocchia, una cinquantina di bambini battezzati nel 2013 e nelle prime settimane del 2014. Li ha benedetti uno ad uno e poi ha ringraziato i genitori per l’omaggio resogli. Li ha poi salutati senza mancare di raccomandare loro «l’educazione di questi figli; e poi di pregare sempre per i figli». Ciò è tanto importante, «pregare, perché il Signore sia vicino a loro: il Signore li benedica e la Madonna li custodisca». 
Toccante è stato l’incontro successivo, quello con i familiari di Gianni Danieli, il quarantunenne motociclista ucciso, il 1° dicembre scorso, da un albero cadutogli addosso, mentre percorreva la via Cristoforo Colombo. Il Papa ha espresso il suo dolore al fratello della vittima, alla moglie e al figlio Matteo, e si è detto convinto che «Gianni è nella luce del Signore».
Tono diverso per l’incontro con gli anziani della parrocchia. Papa Francesco si è visto applaudire con un incredibile entusiasmo da tre fan ultracentenarie: 106 anni la più scalmanata (gli ha gridato la sua età almeno quattro volte...) e altre due più tranquille di 102 anni e altri cinque ultranovantenni. «Tanta gioventù accumulata!» ha commentato simpaticamente il Papa abbracciandole. È stato poi il turno di diciotto malati e disabili accompagnati dai parenti e dalle volontarie dell’Unitalsi. Anche a loro il vescovo di Roma ha chiesto di pregare per lui. Poi l’abbraccio con dieci assistiti e dieci accompagnatori dell’Associazione Happy time Infernetto onlus, un’associazione che promuove la cultura dell’integrazione e della solidarietà nella condivisione, nella reciprocità, e nell’accoglienza. 
Prima di celebrare la messa il Pontefice ha come di consueto confessato alcuni parrocchiani: Benedetta, Grazia, Debora, Enrica e Mario i cinque fortunati. 
Quindi la messa. Hanno concelebrato il cardinale Vallini, il vescovo Schiavon, don d’Errico, don Margiotta, don Insero, don Pinto, don Cigozie Onya, don Larrey, don Caveada. Ha animato la liturgia il coro, diretto dal maestro Mauro, composto dagli adulti, dai bambini, dai giovani e da alcuni neocatecumenali. All’offertorio sono stati portati all’altare dalle famiglie Baldi e Balbo di Vinadio, oltre ai consueti doni, anche la somma raccolta dai parrocchiani per la carità del Papa. 
Al termine della messa, il parroco ha rivolto un breve saluto, nel quale a nome di tutti ha espresso il «più vivo e filiale ringraziamento per il dono grande e immeritato della sua presenza in mezzo a noi». Don d’Errico ha poi sottolineato come la comunità proprio in questo giorno, alla presenza del Vescovo di Roma, abbia inaugurato il proprio anno giubilare, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua erezione. «Noi siamo il suo popolo — ha detto il parroco — quello al quale lei ha guardato da quella loggia della basilica di San Pietro il giorno della sua elezione a Vescovo di Roma e al quale ha chiesto un cammino di fratellanza, di amore e di fiducia». E questo, ha sottolineato don d’Errico, «pur con i nostri limiti, abbiamo cercato di fare fino a oggi e continueremo a farlo». 
Terminata la celebrazione, il Papa ha salutato i familiari del parroco, che gli hanno regalato la serie dei film di Peppone e don Camillo, e del vice parroco. Ha salutato anche le suore che prestano servizio nella sagrestia della parrocchia e nel catechismo, Daria, Susanna, Anna e Leontina delle missionarie della Sacra Famiglia e Gerarda, Liji, Bindu e Jyosna della congregazione di Santa Maria Maddalena Postel, che gestiscono la scuola cattolica Istituto Bambin Gesù. 
Un incontro significativo è stato quello con il consiglio pastorale parrocchiale, nel quale il Papa ha ringraziato per il lavoro svolto e ha parlato dell’importanza della collaborazione con il parroco. Il consiglio pastorale è fondamentale, perché aiuta il parroco a portare avanti la parrocchia. Può farlo perché «la gente della parrocchia conosce tante cose che il parroco non conosce, e ha tante idee per portare avanti l’apostolato, che il parroco non ha». Il Papa ha poi fatto notare come un parroco senza consiglio pastorale «corre, ma corre il rischio di portare la parrocchia avanti con uno stile clericale, e dobbiamo togliere il clericalismo dalla Chiesa». Infatti, è il pensiero del Papa, il clericalismo «fa male, non lascia crescere la parrocchia, non lascia crescere i laici». Il clericalismo «confonde la figura del parroco, perché non si sa se è un prete, un sacerdote o un padrone di ditta, no?». Invece, ha sottolineato il Pontefice, quando il parroco «ha l’aiuto dei consigli, lui è il prete. Decide, certamente, perché lui ha il potere di decidere; ma decide sentendo, si fa consigliare, sente, dialoga». Questo è il compito dei membri del consiglio, ma ha avvertito, «questa non è democrazia! È chiaro: perché noi finiremmo al contrario, no?, è un po’ l’anarchia, no? No, no, non è democrazia, il consiglio pastorale». Nelle parrocchie dove manca il consiglio pastorale «vanno fino a qui, e poi si fermano lì e finiscono in questo atteggiamento clericale che non aiuta nessuno». 
Il Papa ha poi ripreso il discorso sulle chiacchiere di cui aveva parlato nell’omelia alla messa e ha invitato a riflettere sui rapporti tra i membri del consiglio pastorale. «Sempre — ha detto — sempre il diavolo ci mette la coda: il diavolo non vuole l’unità della parrocchia». Il pericolo delle chiacchiere è sempre dietro l’angolo. Infatti, ha avvertito il Papa, «per me, le chiacchiere sono il pericolo numero uno delle istituzioni ecclesiali: della parrocchia, dei collegi, di ogni istituzione: anche dei vescovadi, anche della Curia del Papa». Questo perché «il diavolo va e rompe l’unione, distrugge l’unione, con la lingua, le gelosie, le cattiverie che noi tutti abbiamo dentro». Da qui la richiesta: «Per favore, niente chiacchiere! È l’unica maniera per difendere la parrocchia, difendere l’unità della parrocchia». E quando vi sono opinioni differenti all’interno del consiglio, è bene che le obiezioni diverse o i disaccordi siano verbalizzati di persona ai diretti interessati, senza parlare alle spalle. Dire tutto in faccia! «Non da dietro — ha concluso — perché le chiacchiere distruggono l’unità della Chiesa e dobbiamo difenderci da questo». 
L'Osservatore Romano