mercoledì 30 luglio 2014

Il cattolicesimo del risentimento




di C. Albini

Dopo che papa Francesco ha nominato Enzo Bianchi, fondatore e priore del monastero di Bose, consultore al Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani, in rete piccole cerchie di tradizionalisti hanno cominciato a far circolare con insistenza una serie di accuse false e senza bussola.
E' un esempio di quello che definisco cattolicesimo del risentimento, che individua un nemico e comincia ad attaccarlo con dicerie e denigrazioni, come è avvenuto in passato verso credenti come Giuseppe Dossetti e Carlo Maria Martini. Sono ambienti in cui hanno poco spazio il Vangelo e la prossimità, rispetto a una dottrina rigidamente immobilizzata in formule proprie di una certa epoca.
Diceva un padre del deserto: Non disprezzare chi ti sta accanto, perché non sai se lo Spirito santo è in te o in lui. Negli atteggiamenti e nei discorsi del cattolicesimo del risentimento, invece, il disprezzo è evidente e privo di dubbi, perché ci si sente possessori della verità.
Scrive papa Francesco in Evangelii gaudium 40:
La Chiesa, che è discepola missionaria, ha bisogno di crescere nella sua interpretazione della Parola rivelata e nella sua comprensione della verità. Il compito degli esegeti e dei teologi aiuta a maturare «il giudizio della Chiesa». [...] Inoltre, in seno alla Chiesa vi sono innumerevoli questioni intorno alle quali si ricerca e si riflette con grande libertà. Le diverse linee di pensiero filosofico, teologico e pastorale, se si lasciano armonizzare dallo Spirito nel rispetto e nell’amore, possono far crescere la Chiesa, in quanto aiutano ad esplicitare meglio il ricchissimo tesoro della Parola. A quanti sognano una dottrina monolitica difesa da tutti senza sfumature, ciò può sembrare un’imperfetta dispersione. Ma la realtà è che tale varietà aiuta a manifestare e a sviluppare meglio i diversi aspetti dell’inesauribile ricchezza del Vangelo.
Queste parole sono la migliore smentita di chi si pone a tribunale e giudice della fede altrui, nel momento in cui incontra posizioni diverse dalle proprie, e quel che è peggio lo fa senza rispetto per la verità dei fatti. E infatti papa Francesco mette in guardia dalle guerre intestine alla chiesa, in cui gruppi autoreferenziali, in nome di presunte certezze dottrinali e disciplinari ricavate da uno stile cattolico proprio del passato, analizzano, classificano, diffamano (cfr. Evangelii gaudium 93-101). E' una delle manifestazioni della mondanità spirituale.
Il caso di Enzo Bianchi è emblematico. La nomina di papa Francesco, al di là della sua persona, è un riconoscimento dell'esperienza ecumenica di Bose che si fonda sull'incontro con l'altro, in nome della comune fede nel Signore Gesù, che diviene amicizia e riconoscimento dei doni che lo Spirito gli ha affidato. E' la medesima prospettiva in cui si muove Bergoglio, come si può riscontrare nell'incontro di lunedì scorso con i pentecostali di Caserta (v. il discorso di papa Francesco e il commento di Massimo Faggioli):
Sono tante e tanto preziose le cose che ci uniscono! E se realmente crediamo nella libera e generosa azione dello Spirito, quante cose possiamo imparare gli uni dagli altri! Non si tratta solamente di ricevere informazioni sugli altri per conoscerli meglio, ma di raccogliere quello che lo Spirito ha seminato in loro come un dono anche per noi. Solo per fare un esempio, nel dialogo con i fratelli ortodossi, noi cattolici abbiamo la possibilità di imparare qualcosa di più sul significato della collegialità episcopale e sulla loro esperienza della sinodalità. Attraverso uno scambio di doni, lo Spirito può condurci sempre di più alla verità e al bene (Evangelii gaudium 246).
Concludo, poiché quel che si afferma va sempre argomentato, facendo alcuni esempi delle falsità fatte circolare a proposito di Enzo Bianchi.
Si dice che, nell'intervista concessa a Iacopo Scaramuzzi dopo la notizia della nomina, abbia attribuito a papa Francesco posizioni non sue affermando la sua intenzione di riformare il papato per favorire l'ecumenismo, guardando alla sinodalità ortodossa. In realtà, papa Francesco ha scritto nero su bianco che intende muoversi nel senso di una riforma della chiesa e del papato stesso, un aspetto della quale è il decentramento, richiamando anche l'appello di Giovanni Paolo II nell'enciclica Ut unum sint del 1995 (cfr. Evangelii gaudium 16, 26, 27, 32) e nel brano sopra riportato fa esplicito riferimento alla sinodalità praticata dal cristianesimo ortodosso.
Un altro esempio è quando si afferma che Enzo Bianchi non crede nell'Eucaristia come sacramento e come sacrificio. Gli scritti e gli interventi che dimostrano come questa sia una sciocchezza sono numerosi. Mi limito a citarneuno pronunciato a Milano nel 2005, dal momento che è facilmente reperibile, in cui afferma che per lui l'Eucaristia è il sacramento dei sacramenti, la cosa più straordinaria lasciata da Gesù:
Io credo che nella nostra vita di cristiani l'Eucaristia è davvero tutto, è davvero tutto. E' come dicevano i Padri, la sintesi di tutta la fede, di tutta la nostra speranza e di tutta la nostra capacità di amore. La sintesi che è stata vissuta fino all'estremo da Gesù, l'Eucaristia è questo.
E più oltre aggiunge:
Pane e vino eucaristici seguono il cammino di ogni cibo e, nel digerire, il pane e il vino sono trasformati e nella Eucaristia, vedete, contemporaneamente a questo movimento in cui pane e vino sono trasformati perché sono digeriti, avviene il processo inverso, noi siamo trasformati in Corpo di Cristo. I Padri della Chiesa, Giovanni Crisostomo per esempio, parlano di metabolismo eucaristico. Il metabolismo eucaristico consiste in questo: una volta che io ho mangiato il pane, corpo di Cristo e ho bevuto il vino, sangue di Cristo, io sono trasformato nel Corpo e nel Sangue di Cristo a tal punto che "non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me". Sant'Agostino dice: "Cristiani, se volete vedere l'Eucaristia e capirla, guardate quel che c'è sull'altare, sull'altare ci siete voi; sull'altare c'è il Corpo di Cristo, voi diventate Corpo e Sangue di Cristo nell'Eucaristia".
Che ci sia l'aspetto del sacrificio lo dice apertamente, ma il punto è considerare questo aspetto insieme a tutta l'ampiezza di significati e dimensioni del sacramento:
Concludo. Io sono di quelli che l'Eucaristia non si sente di viverla tutti i giorni, è una cosa che mi dà le vertigini. Ve lo confesso. Perché quando si celebra l'Eucaristia, io penso che nell'Eucaristia c'è tutta la vita del Figlio, la vita del Figlio presso il Padre, la vita del Figlio che viene in questo mondo, la sua nascita, la sua vita umana, la sua morte, la sua resurrezione, la sua ascensione al cielo, la sua intercessione presso il Padre, la sua venuta gloriosa, tutto è nell'Eucaristia... E poi penso che nell'Eucaristia devo fare entrare la mia vita, ciò che amo, i miei amori così maldestri e a volte così sbagliati, devo fare entrare quello che faccio tutti i giorni con fatica, devo fare entrare anche quello che mi dà gioia e che è ebbrezza, devo fare entrare l'amicizia, e devo fare entrare la solidarietà con gli uomini, e devo fare entrare il mio spezzare il pane coi poveri, perché l'Eucaristia mi ricorda che i beni della terra sono per tutti, non solo per alcuni privilegiati, e che l'Eucaristia, sacramento di Cristo, mi chiama al sacramento del povero... C'è da tremare, ma c'è anche da adorare e da stupire per un dono così grande. In quel pane e in quel vino, trasfigurati in Corpo e Sangue di Cristo, in una sintesi di tutta la vita del Figlio, io devo mettere la mia povera vita e la vita dei miei fratelli e delle mie sorelle. Questa è l'Eucaristia. E voi capite perché, dicevo all'inizio, che è davvero la sintesi di tutta la nostra fede, di tutta la nostra speranza, di tutta la nostra carità. Ma per dire questo, ci sono volute realtà umane: il pane, il vino, una tavola, il mangiare insieme, qualcuno che narra e ricorda, il canto, la festa... L'Eucaristia è festa.
Essendomi dilungato, dedico solo una battuta veloce al sacramento della riconciliazione, che a Bose è celebrato regolarmente e di cui il priore ha scritto: 
Attraverso la remissione dei peccati facciamo già qui e ora un’esperienza di salvezza. La Confessione preannuncia il Regno, è memoria della morte e della resurrezione di Cristo, e ha un valore ecclesiale perché riconduce alla comunione con la chiesa.
Essere chiesa non significa uniformità e accordo su tutto, ma le critiche vanno fatte nella fraternità e nella verità. Ecco perché è importante dire quando ciò non avviene, un costume purtroppo diffuso.