La preghiera: « non la mia, ma la tua volontà »
è veramente una preghiera del Figlio al Padre,
nella quale l'umana volontà naturale
è stata tratta totalmente dentro l'Io del Figlio,
la cui essenza si esprime appunto nel "non io, ma tu"
nell'abbandono totale dell'Io al Tu di Dio Padre.
Questo "Io", però, ha accolto in sé l'opposizione dell'umanità e l'ha trasformata,
così che ora nell'obbedienza del Figlio siamo presenti tutti noi,
veniamo tutti tirati dentro la condizione di figli.
Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, II Volume
Riporto i testi della Liturgia di oggi 9 aprile,
Sabato della IV settimana di Quaresima
Antifona d'ingresso
Flutti di morte mi hanno circondato,
mi hanno stretto dolori d’inferno;
nella mia angoscia ho invocato il Signore,
dal suo tempio ha ascoltato la mia voce. (Sal 18,5-7)
Flutti di morte mi hanno circondato,
mi hanno stretto dolori d’inferno;
nella mia angoscia ho invocato il Signore,
dal suo tempio ha ascoltato la mia voce. (Sal 18,5-7)
Colletta
Signore onnipotente e misericordioso,
attira verso di te i nostri cuori,
poiché senza di te
non possiamo piacere a te, sommo bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
Signore onnipotente e misericordioso,
attira verso di te i nostri cuori,
poiché senza di te
non possiamo piacere a te, sommo bene.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
PRIMA LETTURA (Ger 11,18-20)
Come agnello mansueto che viene portato al macello.
Dal libro del profeta GeremìaCome agnello mansueto che viene portato al macello.
Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome».
Signore degli eserciti, giusto giudice,
che provi il cuore e la mente,
possa io vedere la tua vendetta su di loro,
poiché a te ho affidato la mia causa.
Parola di Dio
SALMO RESPONSORIALE (Sal 7)
Rit: Signore, mio Dio, in te ho trovato rifugio.
Signore, mio Dio, in te ho trovato rifugio:
salvami da chi mi perseguita e liberami,
perché non mi sbrani come un leone,
dilaniandomi senza che alcuno mi liberi.
Giudicami, Signore, secondo la mia giustizia,
secondo l’innocenza che è in me.
Cessi la cattiveria dei malvagi.
Rendi saldo il giusto,
tu che scruti mente e cuore, o Dio giusto.
Il mio scudo è in Dio:
egli salva i retti di cuore.
Dio è giudice giusto,
Dio si sdegna ogni giorno.
Canto al Vangelo (Lc 8,15)
Gloria e lode a te, o Cristo, Verbo di Dio!
Beati coloro che custodiscono la parola di Dio
con cuore integro e buono
e producono frutto con perseveranza.
Gloria e lode a te, o Cristo, Verbo di Dio!
VANGELO (Gv 7,40-53)
Il Cristo viene forse dalla Galilea?
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: “Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo”?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui.
Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».
Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.
Parola del Signore.
IL COMMENTO
Nessuno ci ha parlato come Lui. Nessuno è giunto così, sino al più profondo del nostro cuore, sfiorando con dolcezza le nostre più aspre sofferenze. L'autorità dell'amore. Incondizionato e gratuito. Infinito. Proprio quello che aspettavamo, esattamente le parole che, da sempre, abbiamo desiderato ascoltare. E la Pace che ne scaturisce, la veridicità e la credibilità che risuonano da quanto Egli dice. Ed un Amen che sorge naturale: Si, è la Verità, non può che essere così. Il Creatore e la creatura, Lui e noi, oggi, nella Sua Parola, siamo fatti l'uno per l'altro.
Gesù di Nazareth, un interrogativo che scuote e divide. Chi è costui? I libri di Benedetto XVI su Gesù di Nazaret sono basati su un'intuizione fondamentale, desunta dall'esegeta R. Schnackenburg: "Senza il radicamento in Dio la persona di Gesù rimane fuggevole, irreale ed inspiegabile". Per il Papa, senza la comunione con il Padre non si può comprendere nulla della figura di Gesù, ed Egli non può giungere alla nostra vita di oggi. La disputa sulla figura di Gesù che appare nel capitolo 7 del Vangelo di Giovanni si svolge infatti a partire dalla sua origine, contrapponendo il padre terreno ed il Padre celeste. Se Gesù è figlio di Giuseppe, non può essere Figlio di Dio. Se Gesù viene da Nazaret non può essere il Messia. L'interrogativo su Gesù è così l'interrogativo su suo Padre. Chi non conosce il Padre non può riconoscere Gesù come il Figlio da Lui inviato, il Messia atteso. La testimonianza della Scrittura non è sufficiente, è necessaria la Grazia di un'intimità, la conoscenza di Dio. Solo a partire da questa si può accogliere Gesù, sperimentarne la misericordia ed il potere del suo amore. Gesù è il volto umano di Dio, assomiglia come una goccia d'acqua a suo Padre. Tutte le cose del Padre sono sue, la voce, la parola, le sembianze, i moti del cuore, la compassione, lo zelo e la gelosia. Dio si è fatto carne in Gesù, ed è l'evento che scardina le certezze dei giudei. Chi ha una carne di uomo non può essere Dio. E' la bestemmia più grande, deve essere punita con la morte. E scardina anche le nostre certezze. In questa mia umanità così fragile, in me figlio di Paolo, di Vincenzo, di Giuseppe, non può apparire la vita divina, la santità e l'amore.
Da qui deriva il rifiuto delle "menti" del popolo, sempre d'una spanna più in alto, sapienti secondo la carne e incapaci d'essere semplici. Anche in noi si annidano gli inganni carnali del demonio, il freno tirato sulle apparenze, un povero figlio di falegname, in bottega sino ad ieri e oggi ad insegnare. Troppo semplice per chi ha ormai il cuore diviso. Lo scisma, la divisione di cui parla il Vangelo di oggi (scisma: divisione tra la folla...), i contrasti e la separazione a causa di Lui. In noi, come nel popolo. La divisione, opera del diavolo che significa appunto il divisore, sorge dall'incapacità di penetrare il mistero di Gesù, la stessa incapacità di stupore di chi non ha mai sperimentato un amore che sorprende nella sua gratuità. Il mistero di Gesù è la sua intimità con il Padre, un amore abbandonato alla sua volontà al punto che ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo non è altro che l'incarnazione visibile, percepibile e sperimentabile di quel Dio che nessuno ha mai visto. Solo chi ha dimestichezza con lo stringente bisogno di amore, può cogliere questo mistero. Solo la semplicità, la povertà di spirito, l'umiliazione dei giorni, la nudità e l'indigenza dell'anima possono intuire, e desiderare, l'amore capace di rispondere, curare, consolare, perdonare, saziare.
Il paradosso del rifiuto dei giudei si riassume nella maledizione che, per loro, pesa sul popolo che non conosce la Legge. Il Popolo che non sa leggere, che soffre, piange, pecca. La maledizione degli impuri, dei pubblicani, delle prostitute, del ladri, dei pastori, di quanti vivono nell'ombra di morte. Tutti questi non conoscono la Legge, non hanno la forza per osservare i precetti della tradizione, per loro è già troppo il peso di ogni giorno. La storia li ha umiliati, e questo, agli occhi dei capi e degli intelligenti, dei religiosi e dei moralisti, è il segno inequivocabile della maledizione divina. Ma proprio per loro Dio si è fatto maledizione. Per loro Dio ha preso una carne perchè fosse appesa ad un legno, la croce da cui ciascuno di loro, disprezzato e rifiutato, potesse ricevere gratuitamente la benedizione.
Per questo è solo la semplicità del bisogno che può accogliere la luce dell'amore che illumina la Verità e fa semplici le cose. Pane al pane e vino al vino. Amore al peccatore e vita ad un morto. Libertà ad uno schiavo, felicità ad un infelice. La Buona Notizia predicata ai poveri. Il figlio di Giuseppe, il falegname venuto da Nazaret ha carne e sangue, occhi, orecchie e bocca, mani e piedi; attraverso di essi ha ascoltato, guardato, parlato, camminato e toccato e guarito. In Lui Dio ha amato di un amore concreto, quell'amore di Padre visibile nel Figlio è giunto ai poveri, ai maledetti. Sino all'estremo, al dono di quella carne e di quel sangue perchè ogni carne ed ogni sangue fossero attirati nello stesso amore che vince la morte. Gli orfani hanno incontrato il Padre, quel Figlio così umano, così prossimo e buono, misericordioso e compassionevole, ha aperto loro le porte della sua intimità.
Così anche il Vangelo di oggi è per noi la Buona Notizia di cui abbiamo bisogno. Se sperimentiamo oggi la stessa maledizione del Popolo, la stessa fatica di vivere che si fa ignoranza della Legge, se i comandamenti sono divenuti per noi un abito che non possiamo indossare, se siamo precipitati a terra e non riusciamo a risolvere nulla, il Figlio di Giuseppe, Gesù che viene da Nazaret è vicino, ci guarda, ci ama. In Lui possiamo oggi ritrovare ogni centimetro della nostra vita, ogni fallimento della nostra storia; in Lui è aperta per noi, gratuitamente, la porta alla sua intimità con il Padre; in Lui oggi possiamo trovare pace, nella misericordia e nell'amore.
E' quanto si è compiuto nella notte del Gestemani. L'Abbà pronunciato da Gesù è oggi il nostro Abbà. L'impossibile si è fatto possibile grazie al suo cuore di uomo, alla sua volontà di uomo, alle sue labbra di uomo, alle sue parole di uomo. Il figlio di Giuseppe si compie nel Figlio di Dio, la volontà di Gesù si realizza nella volontà del Messia. In Lui la nostra volontà può convertirsi, tornare ad obbedire alla volontà divina perchè trova cuore, mente, bocca capaci di questo. "Nell'aderire alla volontà divina la volontà umana trova il suo compimento e non la sua distruzione. San Massimo il Confessore dice al proposito che la volontà umana, secondo la creazione, tende alla sinergia (alla cooperazione) con la volontà di Dio, ma a causa del peccato la sinergia si è trasformata in opposizione. L'uomo, la cui volontà si compie nell'aderire alla volontà di Dio, ora sente compromessa la sua libertà dalla volontà di Dio. Vede nel «sì» alla volontà di Dio non la possibilità di essere pienamente se stesso, ma la minaccia per la sua libertà, contro cui egli oppone resistenza. Il dramma del Monte degli ulivi consiste nel fatto che Gesù riporta la volontà naturale dell'uomo dall'opposizione alla sinergia e ristabilisce così l'uomo nella sua grandezza. Nell'umana volontà naturale di Gesù è, per così dire, presente in Gesù stesso tutta la resistenza della natura umana contro Dio. L'ostinazione di tutti noi, l'intera opposizione contro Dio è presente e Gesù, lottando, trascina la natura ricalcitrante in alto verso la sua vera essenza. Christoph Schönborn dice al proposito «che il passaggio dal contrasto tra le due volontà alla loro comunione avviene attraverso la croce dell'obbedienza. Nell'agonia del Getsemani si compie questo passaggio» (J. Ratzinger-Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Volume II). Nella croce lo scisma è ricomposto, la divisione del cuore che dilania la nostra vita è ricomposta nell'unità che è obbedienza alla volontà di Dio. Il contrasto tra le due volontà è risolto nell'Abbà di Gesù, nell'intimità che solcando la notte della morte giunge alla luce della risurrezione. E' questo l'amore nel quale siamo attirati, che "trascina la natura recalcitrante" verso il Cielo dove, già oggi, come Gesù e con Gesù, tra le lacrime e l'angoscia del Gestemani, nella carne ferita e maledetta, sperimentare l'intima comunione con il Padre. Nella storia che ci è data oggi, nel Getsemani che oggi ci attende, proprio nell'agonia della nostra carne - la malattia, i tradimenti, la precarietà economica, la difficoltà ad accettare il nostro carattere o il nostro aspetto fisico, anche i nostri peccati - possiamo oggi ascoltare la sua Parola, quella che nessun uomo è capace di pronunciare, quell'Abbà che ci libera e ci fa Figli nel Figlio. Nulla di noi, nulla della nostra carne, fosse anche il peccato più grande e radicato, può fare qualcosa contro questa parola di Gesù. Accogliendola e facendola nostra, lasciandoci accogliere nella sua intimità, essa ha il potere di distruggere ogni impedimento e ricondurci nel posto che Lui ha preparato per noi: Oggi sarai con me nel Paradiso!
E' Lui la nostra Legge fatta carne, la possiamo studiare nella nostra stessa carne, la possiamo conoscere nell'esperienza del perdono. E scoprire che proprio dalla Galilea, la nostra terra pagana, è sorto il Messia che ha posto la sua tenda in mezzo a noi. Incarnato per noi e per la nostra salvezza. E' la gioia del Suo amore capace di trasformare la maledizione degli uomini in benedizione divina, la divisione in comunione di intimità con il Padre.
Meditazione del giorno:
Origene (circa 185-253), sacerdote e teologo
Peri Archôn, 2, 6, 2 : PG 11, 210-211
Riscontriamo in Cristo contemporaneamente i lineamenti umani comuni alla nostra debolezza di mortali, e i lineamenti divini propri soltanto di quella natura sovrana e ineffabile. Di fronte a ciò, l'intelligenza umana, troppo piccola, è presa da tale ammirazione da non sapere che dire e come orientarsi. Sa che Cristo è Dio, e tuttavia lo vede morire ; se poi lo considera un uomo, ecco che lo vede risorgere col suo bottino di vittoria dopo aver distrutto il regno della morte. La nostra contemplazione, meditando nello stesso Gesù la verità delle due nature, deve procedere con riverente timore, evitando sia di attribuire cose indegne o sconvenienti all'ineffabile essenza divina, sia di considerare gli avvenimenti storici come apparenze illusorie.
In verità spiegare tali cose a intelligenze umane e cercare di esprimere parole, è impresa superiore alle nostre forze e ai nostri meriti e supera l'intelligenza e la parola. Anzi, penso che superi le capacità degli stessi apostoli. Ancor più : la spiegazione di questo mistero trascende probabilmente tutto l'ordine delle potenze celesti.
Riporto la seconda lettura dell'Ufficio di oggi:
Dalla costituzione pastorale «Gaudium et spes» del Concilio ecumenico Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. (Nn. 37-38)
Purificare le attività umane nel mistero pasquale
La Sacra Scrittura, con cui è d'accordo l'esperienza di secoli, insegna agli uomini che il progresso umano, che pure è un grande bene dell'uomo, porta con sé una grande tentazione: infatti, sconvolto l'ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui e i gruppi guardano solamente alle cose proprie, non a quelle degli altri; e così il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità, mentre invece l'aumento della potenza umana minaccia di distruggere ormai lo stesso genere umano.
Se dunque ci si chiede come può essere vinta tale miserevole situazione, i cristiani per risposta affermano che tutte le attività umane, che son messe in pericolo quotidianamente dalla superbia e dall'amore disordinato di se stessi, devono venir purificate e rese perfette per mezzo della croce e della risurrezione di Cristo. Redento, infatti da Cristo e diventato nuova creatura nello Spirito Santo, l'uomo può e deve amare anche le cose che Dio ha creato. Di esse ringrazia il Benefattore e, usando e godendo delle creature in povertà e libertà di spirito, viene introdotto nel vero possesso del mondo, quasi al tempo stesso niente abbia e tutto possegga: «Tutto», infatti, «è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1 Cor 3, 22-23).
Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, fattosi carne lui stesso, e venuto ad abitare sulla terra degli uomini, entrò nella storia del mondo come l'uomo perfetto, assumendo questa e ricapitolandola in sé. Egli ci rivela che «Dio è amore» (1 Gv 4, 8), e insieme ci insegna che la legge fondamentale della umana perfezione, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento della carità. Coloro, pertanto, che credono alla carità divina, sono da lui resi certi, che è aperta a tutti gli uomini la strada della carità e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani. Così pure egli ammonisce a non camminare sulla strada della carità solamente nelle grandi cose, bensì e soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita. Sopportando la morte per noi tutti peccatori, egli ci insegna col suo esempio che è necessario anche portare la croce; quella che dalla carne e dal mondo viene messa sulle spalle di quanti cercano la pace e la giustizia. Con la sua risurrezione costituito Signore, egli, il Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra, tuttora opera nel cuore degli uomini con la virtù del suo Spirito, non solo suscitando il desiderio del mondo futuro, ma per ciò stesso anche ispirando, purificando e fortificando quei generosi propositi con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra. Ma i doni dello Spirito sono vari: alcuni li chiama a dare testimonianza manifesta della dimora celeste col desiderio di essa, contribuendo così a mantenere vivo nell'umanità; altri li chiama a consacrarci al servizio degli uomini sulla terra, così da preparare attraverso tale loro ministero la materia per il regno dei cieli. In tutti, però, opera una liberazione, affinché, mediante il rinnegamento dell'egoismo e la valorizzazione umana delle forze terrene, si orientino decisamente verso quel futuro, nel quale l'umanità stessa diverrà un'oblazione accetta a Dio.