Ancora questa sera continuo con la presentazione della dottrina cattolica della Grazia. A commento del canone 6 del Concilio di Orange, riporto due brani di don Giussani da In cammino, una conversazione con alcuni studenti universitari dell’agosto 1992.
«“Il vero dramma della Chiesa che ama definirsi moderna [il vero dramma dei cristiani che vogliono essere moderni] è il tentativo di correggere lo stupore dell’evento di Cristo con delle regole”. È una mirabile frase di Giovanni Paolo I (sarebbe stato provvidenziale quel suo mese di pontificato, anche solo per questa osservazione, di cui non si trova altrove l’equivalente). Cristo è un evento, un avvenimento, un fatto, che innanzitutto riempie di stupore. L’irruzione di qualcosa di imprevedibile e di imprevisto – un avvenimento, un “evento” – desta innanzitutto stupore. E lo stupore è l’inizio di una reverentia, di un rispetto, di un’attenzione umile. Come in un bambino…».
«La moralità suprema – vale a dire un modo di vivere adeguato all’io, alla dignità di quell’essere creato che viene indicato con la parola “io” – è la fedeltà all’atteggiamento con cui il Creatore ci fa. Come il Creatore ci fa? Come bambini. Il bambino si presenta con la faccia spalancata, aperta positivamente alla realtà (la curiosità è il fenomeno in cui innanzitutto, pur in modo arido, si documenta questa positività originale dello sguardo). L’uomo creato sta di fronte al mondo non solo aperto positivamente, ma attendendo il compimento. Il bambino, infatti, stupito di fronte alla realtà, è pieno di desiderio, attende il compimento, con letizia, “come preparandosi ad una festa”».
Cfr. L. Giussani, In cammino (agosto 1992), in Un avvenimento di vita, cioè una storia (introduzione del cardinale Joseph Ratzinger), Edit-Il Sabato, Roma 1993, pp. 481. 488.
Concilio di Orange del 529.
«Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia» (orazione, XXVIII domenica del tempo ordinario)
Canone 6. Se qualcuno dice che a noi quando, senza la grazia di Dio, crediamo, vogliamo, desideriamo, ci sforziamo, lavoriamo, preghiamo, vegliamo, ci applichiamo, chiediamo, cerchiamo, bussiamo, viene concessa la misericordia di Dio, e non riconosce invece che per l’infusione e l’ispirazione dello Spirito Santo accade che noi crediamo, che noi vogliamo oppure che noi siamo capaci di fare tutte queste cose come si conviene, e condiziona l’aiuto della grazia all’umiltà o all’umana obbedienza, e non ammette che è un dono della grazia stessa il nostro essere obbedienti e umili, si oppone all’Apostolo che dice: «Che cosa hai tu, che non l’abbia ricevuto?» [1Cor 4, 7]; e: «Per grazia di Dio sono quello che sono» [1Cor 15, 10].