giovedì 28 aprile 2011

Meditatio mortis: gli apoftegmi dei Padri - 4

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C'è una serie di detti in cui i padri invitano i loro discepoli a morire al prossimo per potere imparare ad amare gli altri. Ci troviamo qui di fronte ad un’ulteriore prospettiva con cui i padri considerano il pensiero della morte.
‘Divenire morti’ è uno dei temi dominanti per esempio nella dottrina di Mosè l’etiope:

“Il padre Poemen raccontò di un fratello che chiese al padre Mosè in che modo si diviene morti al prossimo. L’anziano gli disse: ‘Se l’uomo non si pone nel cuore di essere già da tre giorni nella tomba, non giunge a questo stato’”.

Lo stesso Mosè ci spiega il senso di questa espressione in altri due detti: morire al prossimo significa sospendere ogni giudizio sul fratello, evitare ogni azione malvagia e, infine, portare i propri peccati, senza giudicare gli altri.

“Bisogna che l’uomo sia morto al suo prossimo, per non giudicarlo in nulla”.
“(…) Morire al prossimo significa che tu porti i tuoi peccati e non ti preoccupi di nessuno, se questo è buono, o quest’altro cattivo (...)”.

Troviamo ancora altri tre detti che esprimono lo stesso insegnamento in forma narrativa, utilizzata nei due detti di Mosè. In questi due racconti la morte al prossimo è la condizione indispensabile per poter vivere insieme ad altri fratelli.
Il primo detto di Anub ci informa innanzitutto sul fatto che Anub era il maggiore di sette fratelli e che uno di questi era il famoso Poemen. I sette fratelli, dopo aver abbandonato il deserto di Scete “in seguito a un’invasione dei Mazici”, una volta giunti nella località di Terenuti, prendono dimora nell’antico tempio. Anub compie davanti a loro un gesto simbolico: al mattino si mette a gettare sassi contro una statua di pietra e alla sera le chiede perdono. Davanti alla domanda di Poemen che gli chiede spiegazioni, Anub risponde:

“‘(…) Se volete che viviamo insieme, dobbiamo diventare come questa statua che non si turba né quando è offesa né quando è lodata. Se non siete disposti a diventare così, ecco, nel tempio ci sono quattro porte, ognuno se ne vada dove vuole’. Essi si gettarono a terra dicendo al padre Anub: ‘Faremo ciò che tu vuoi, padre, e ascolteremo quello che ci dici’”.

Il secondo detto che consideriamo è attribuito ad Ammone: presenta una forte somiglianza con la storia di Anub, con alcune piccole variazioni.

“A questo padre Ammone, il padre Antonio profetizzò che doveva fare progressi nel timore di Dio; lo condusse fuori dalla cella e gli mostrò una pietra dicendogli: ‘Insultala e colpiscila!’. Dopo che ebbe fatto così, il padre Antonio gli chiese: ‘Forse che la pietra ha detto qualcosa?’ L’altro disse: ‘No’. E il padre Antonio a lui: ‘Ecco, anche tu devi arrivare a questo punto’. E così avvenne: il padre Ammone fece tali progressi che per la sua grande bontà ignorava completamente il male (…)”.

Il terzo detto si trova in Macario l’Egiziano e ci offre un’ulteriore ed interessante variazione del tema presente nei detti di Anub e di Ammone. In questa terza tipologia, l’anziano invita il suo discepolo a compiere la stessa duplice azione simbolica compiuta da Anub davanti a Poemen e agli altri suoi fratelli. Questa volta però l’insulto e la lode vengono rivolti non ad una statua di pietra, ma ai morti sepolti in un cimitero:

“Un fratello si recò dal padre Macario l’Egiziano e gli disse: ‘Padre, dimmi una parola: come posso salvarmi?’. Gli disse l’anziano: ‘Va’ al cimitero e insulta i morti’. Il fratello vi andò, li insultò e li prese a sassate. Quindi ritornò a dirlo all’anziano e questi gli disse: ‘Non ti hanno detto nulla?’ Ed egli: ‘No’. Gli dice l’anziano: ‘Ritorna domani e lodali’. Il fratello vi andò e li lodò chiamandoli apostoli santi e giusti. Quindi ritornò dall’anziano e gli disse: ‘Li ho lodati’. Ed egli: ‘Non ti hanno risposto nulla?’. ‘No’. ‘Tu sai quanto li hai insultati - dice l’anziano - e non hanno risposto nulla, e quanto li hai lodati e non ti hanno detto nulla; diventa anche tu morto in questo modo, se vuoi salvarti. Non far conto né dell’ingiuria né della lode degli uomini, come i morti; e potrai salvarti’”.

In uno degli ultimi detti di Poemen troviamo una breve sintesi di ciò che i tre detti precedenti hanno espresso in forma narrativa. Non è un caso che questo sintetico commento si trovi proprio fra i detti di Poemen, visto il suo legame con Anub e con Ammone.

“Disse anche: Un uomo che vive assieme ad altri, deve essere come una colonna di pietra: insultato, non si adira; glorificato, non si innalza”.