Non abbiate paura, sono proprio io. Vi ho chiamati per mezzo della grazia, vi ho scelti nel mio perdono, vi ho sostenuti con la mia compassione, vi ho portati nel mio amore, e vi accolgo oggi, a motivo della mia sola bontà.
San Pietro Crisologo Discorsi, 81
San Pietro Crisologo Discorsi, 81
Il Vangelo di oggi Giovedi "in Albis" è per tutti quelli che cercano la pace del cuore...
Dal Vangelo secondo Luca 24,35-48.
Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Parola del Signore.
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IL COMMENTO
La Pasqua è l'accadere dell'impossibile nelle nostre giornate. E l'impossibile è la pace. Ciò che il cuore nostro anela e desidera più d'ogni altra cosa, la pace che sorpassa ogni intelligenza, come qualcosa che non scivoli via, più forte di gioia e dolore. "Pace a voi!", oggi. Shalom, il modo attraverso il quale la risurrezione di Gesù giunge a ciascuno di noi. Shalom, le prime parole di Gesù risuscitato, l'incipit della nuova creazione. Non siamo nel regno dell'utopia, popolato e agitato da sogni e chimere, ideali e fantasmi. Il combattimento scatenatosi nei discepoli all'apparire di Gesù è quello che sconvolge i nostri cuori ogni giorno. La stessa parola "dubbi" traduce in italiano l'originale greco che è letteralmente "pensieri", quelli che ci circondano e ci assalgono di continuo. La pace come una diga a proteggerci dai pensieri, la pace del Signore, non quella del mondo, a frantumare la ragnatela di pensieri che ci ingabbia la vita, e ce la rende triste, grigia, con quel solito retrogusto di insoddisfazione e di effimero che smorza anche gli eventi più gioiosi. I pensieri sono i veri dominatori di questo mondo, le traspirazioni della carne, vestigia di tutto quello che è destinato a corrompersi. Diceva un Padre del deserto:"“Un fratello interrogò un anziano: ‘Che devo fare poiché molti pensieri mi combattono e io non so come combatterli?’. Gli disse l’anziano: ‘Non combattere contro tutti, ma contro uno solo, perché tutti i pensieri del monaco hanno un capo. ‘E necessario osservare chi sia questo capo e di che genere, combatterlo e così si umiliano anche gli altri pensieri’” (Nau 219)". Ogni pensiero che combatte e toglie la pace nasconde il volto del nemico più pericoloso: la philautia, l’amore di sé che ci trasforma in ‘amici di sé contro sé stessi’ (Massimo il Confessore). E' o'orgoglio che imprigiona la carne e la rende impotente, ne umilia la capacità di aprirsi e accogliere lo Spirito di Vita che la può condurre a compiere l'impossibile. Per questo i Padri dicevano anche: "“Sii il portinaio del tuo cuore, affinché lo straniero non entri, chiedendo ad ogni pensiero che ti assale “Sei dei nostri o vieni dall’Avversario?”. Te lo dirà certamente! ‘Poni alla porta del tuo cuore un cherubino con la spada infuocata” (Nau 99). Antonio il Grande raccomandava ai suoi monaci di fronte ai pensieri e alle immagini che si avvicinano al cuore: “Qualunque immagine appaia, colui che la vede non cada in trepidazione, ma piuttosto interroghi con sicurezza dicendo dapprima: “Chi sei tu e da dove vieni?…Se si tratta di una potenza diabolica, subito si indebolirà vedendo un animo sicuro e vigoroso. La domanda “chi sei tu e da dove vieni?” è infatti segno di un animo non turbato. Così Giosuè di Nun imparò interrogando; e il nemico non rimase nascosto a Daniele che interrogava” (Vita Antonii, 43, 1-3).Nel Vangelo di oggi è adombrato questo combattimento decisivo; nella vita appaiono sempre le due vie sulle quali ci si può incamminare: il bene ed il male, la verità o la menzogna. I dubbi sono i pensieri che attaccano al cuore la purezza capace di discernere per scegliere, liberamente, la via buona, quella della volontà di Dio. I dubbi-pensieri che si ergono come nemici della croce di Cristo, del suo amore che vince la morte, della sua risurrezione. Appare Cristo risorto e sorgono i dubbi-pensieri, e non può essere diversamente. Cristo risorto è la via della vita che non muore, accanto vi è sempre la via della morte, quella sulla quale i dubbi cercano di indirizzarci. E la via della morte è quella che non crede alla risurrezione del Signore, quella che lo identifica con un fantasma. Se Cristo non è risorto è vana la nostra fede e rimaniamo nei nostri peccati, nella morte! L'amore di sé, l'orgoglio è il pensiero che insinua l'incredulità.
L'apparizione del Signore nel Cenacolo inaugura un tempo decisivo per "con-siderare" quell'evento sconvolgente. La parola considerare significa letteralmene stare-con-le stelle (siderare, da sidus, siderare = costellazione di stelle). Alle origini significava "osservare gli astri alla ricerca di segni del destino. Per gli apostoli, come per ciascuno di noi
si tratta di fissare la Luce della Pasqua, la Luce di Cristo risorto come una stella che indichi il cammino da seguire, la via della vita. Fissando questa Luce, si comincia a de-siderare, smettere (de)-di-considerare. Dopo aver fissato la stella e la via che Dio ha preparato in Cristo, si può cominciare a desiderarla. Come portinai del proprio cuore fissare gli occhi della mente e del cuore su quella Luce, lasciare che ci attragga nel suo mistero, che i pensieri, i dubbi siano purificati e nel crogiulo incandescente del suo amore. E' il momento nel quale attaccare l'orizzonte che si apre davanti. E' il momento decisivo nel quale discernere se i pensieri che ci assalgono sono dei nostri o del nemico.
Discernere, infatti, deriva dal latino cernere, da cui la parola cernita o scelta tra diversi elementi. Senza discernimento non si può attuare. Si è agitati da pulsioni contrastanti, si cercano vie e possibilità, come soddisfare i propri progetti, il proprio piacere, spesso verniciato con idee che appaiono buonissime e santissime. Invece discernere è distinguere, scoprire, tra molti, il pensiero di Dio. Per poterlo scegliere e obbedire. Il fine del discernimento è acconsentire, sentire-con, a quello che viene da Dio, e dissentire, respingere quello che non viene da Lui.
Incastonata nelle sue ferite, sigillata dalla sua carne che ha oltrepassato le barriere della morte, giunge agli apostoli la pace; shalom, secondo la Scrittura, è il dono del Messia, di Gesù, ed è la primizia del Regno eterno, il respiro della vita immortale; la pace dolce e succosa come il grappolo d'uva che Cristo ci porta quale segno della Terra promessa, la vera, l'eterna, che ha esplorato per noi entrandovi con la nostra stessa carne, dove ci ha preparato un posto; la pace di Gesù è tutt'altro che un pensiero. "Penso dunque sono" è l'approdo moderno del cammino all'emancipazione inauguratosi nel giardino dell'Eden davanti all'albero del bene e del male. Pensare non significa essere, ma, semplicemente, scivolare sull'essere, illudendosi di afferrare tutto attraverso il ragionamento, la libertà incatenata, con l'effetto certo d'una sofferenza senza limite, recata dai pensieri raggomitolati sull'io, per quanto intelligente e capace esso sia.
Per san Tommaso non è il pensare a decidere dell'esistenza, ma è l'esistenza, l'"esse", a decidere del pensare. L'esistenza nuova inaugurata da Cristo risorto diviene il criterio decisivo di ogni pensiero. Così il pensiero, da veicolo razionale del dubbio, diviene frutto libero della fede. Pensare lo stesso pensiero di Cristo, dimorare nella sua risurrezione che dà consistenza e autenticità ad ogni pensiero. Pensare pensieri di pace, perchè Lui è risorto! La pace messianica è, al contrario, semplicità, ordine e sobrietà, pienezza di vita, salute integrale dell'uomo, realizzazione completa d'ogni aspirazione più profonda. La pace è la stessa vita di Dio tradotta nel concreto dipanarsi del tempo. La pace di Gesù è un frammento di Cielo, il lievito eterno che informa di sé ogni grumo di vita. La pace è il gusto dell'eternità in ogni nostro istante. La pace sbriciola le costruzioni del pensiero umano, le torri di Babele dell'arroganza, i monumenti all'orgoglio nei quali ci cimentiamo ogni giorno. La pace è la pietra scartata da noi costruttori di effimere cattedrali al nostro ego. Dostoevskij affermava: "Tutta la legge dell'esistenza umana consiste in questo: che l'uomo possa inchinarsi sempre dinanzi all'infinitamente grande. Se gli uomini venissero privati dell'infinitamente grande, essi non potrebbero più vivere e morrebbero in preda alla disperazione".
La pace dunque è un miracolo perchè consiste, per grazia, nel lasciare ogni pensiero nella mente di Dio, arrendersi e pensare solo con il pensiero di Cristo. Ed esso ha il sapore della Croce. Non v'è altro pensiero in Gesù, ogni istante, ogni situazione, ogni relazione, ogni persona, tutto è visto, letto, tradotto con la grammatica della Croce. Le mani e i piedi crocifissi, le membra del Signore passate nel crogiuolo della morte e trasfigurate nella luce della risurrezione. La Croce è la porta della pace. Gesù giunge a porte chiuse proprio perchè la Croce ha scardinato la porta della morte, e nessun altro impedimento ormai lo può distogliere dai suoi fratelli. La pace oltrepassa i muri, ed è vera, reale, concreta, come mangiare un po' di pesce arrostito. "La vera novità del Nuovo Testamento non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti - un realismo inaudito (Benedetto XVI). La pace che cerchiamo in tutto ci è donata oggi. L'impossibile avviene, e ci apre la mente alle Scritture, al disegno di Dio su ciascuno di noi e su ogni uomo, la salvezza impressa nelle stigmate di Gesù.
Il Signore risorto appare allora come il compimento di ogni profezia, di ogni Parola pronunciata da Dio. Gesù è oggi dinanzi a noi come la via della vita, l'unica verità cui consegnarsi, il fondamento autentico dell'esistenza. La pace che ci annuncia è il frutto di una vita santa; il Signore risorto è la fonte della gioia, l'infinitamente grande cui inchinarsi perchè prenda possesso di noi. E' immagine e compimento della Legge che governa nelle vie del bene autentico la vita dell'uomo. Essa è unica, oggettiva, al di fuori dei pensieri, de dubbi, delle alchimie razionali dell'orgoglio dell'uomo. Essa non muta, perchè è al di là della morte, e infonde a ciò che è mortale il seme dell'eternità. Cristo risorto è l'antidoto ad ogni relativismo che avvelena la società; la luce della sua Pasqua illumina il cammino quotidiano di ogni uomo perchè possa considerare e discernere il bene racchiuso nella volontà di Dio. "All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" (Benedetto XVI, Deus caritas est). L'avvenimento dell'incontro con il Signore risorto svela l'orizzonte nuovo e la direzione decisiva che conduce al compimento della volontà di Dio, alla gioia e alla pace. E la pace è il nome che si legge in filigrana nella morale. Essa non è mai moralismo, segue sempre l'essere di una persona, è il dono stesso di Cristo risorto; scriveva S. Agostino agli eretici pelagiani: "Questo è l'orrendo e occulto veleno del vostro errore: che pretendiate di far consistere la grazia di Cristo nel Suo esempio e non nel dono della Sua Persona" (sant’Agostino, Contra Iulianum. Opus imperfectum).
E' Lui la nostra pace, il perdono di ogni peccato, la fine definitiva d'ogni male, la malizia strappata dai cuori, un nuovo sguardo, puro, sul mondo. Lo sguardo di Gesù dentro i nostri occhi, il più bello, il più autentico annuncio del Vangelo destinato, nel Suo Nome, a tutte le genti. "All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva». I nostri occhi testimoni della pace incarnata nel Signore risorto. La pace in Lui, in noi, per ogni uomo. "Vorrei mettere in chiaro che essere sostenuti da un grande Amore e da una rivelazione non è un fardello, ma sono ali». Vedere e riconoscere Cristo risorto significa volare in ogni luogo ad annunciare la sua Pace, il perdono dei peccati nel suo Nome, testimoniato nelle nostre vite.
Paolo VI, papa dal 1963 al 1978
Allocuzione del 9/4/1975
Fermiamo la nostra attenzione sull'improvviso saluto, tre volte ripetuto nel medesimo contesto evangelico, di Gesù risorto, apparso ai suoi discepoli, raccolti e chiusi nel Cenacolo per paura dei Giudei ; il saluto che doveva essere allora consueto, ma che nelle circostanze in cui è pronunciato acquista una pienezza stupefacente ; lo ricordate, è questo : « Pace a voi ! » Un saluto che era risuonato nel canto angelico del Natale (Lc 2, 14): « Pace in terra » ; un saluto biblico, già preannunciato come promessa effettiva del regno messianico (Gv 14, 27), ma ora comunicato come una realtà che è inaugurata da quel primo nucleo di Chiesa nascente : la pace, la pace di Cristo vittorioso della morte e delle sue cause vicine e lontane, dei suoi effetti tremendi ed ignoti.
Gesù risorto annuncia, anzi infonde la pace agli animi smarriti dei suoi discepoli. È la pace del Signore nel suo primo significato, quello personale, quello interiore, quello che S. Paolo iscrive nella lista dei frutti dello Spirito, dopo la carità e il gaudio, quasi confuso con essi (Ga 5, 22). Che cosa v'è di meglio per un uomo cosciente ed onesto ? La pace della coscienza non è il migliore conforto che noi possiamo trovare in noi stessi ? ...
La pace della coscienza è la prima autentica felicità. Essa aiuta ad essere forti nelle avversità; essa conserva la nobiltà e la libertà della persona umana nelle condizioni peggiori, in cui essa si può trovare; la pace della coscienza per di più rimane la fune di salvataggio, cioè la speranza, ... quando la disperazione dovrebbe avere il sopravvento nel giudizio di sé. ... È il primo dono fatto da Cristo risorto ai suoi, cioè il sacramento del perdono, un perdono che risuscita.
San Pietro Crisologo (circa 406-450), vescovo di Ravenna, dottore della Chiesa
Discorsi, 81 ; PL 52, 427
« Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse : ‘ Pace a voi ’ »La Giudea nella ribellione aveva scacciato la pace via dalla terra... e gettato l’universo nel caos originale... Persino fra i discepoli, la guerra infieriva; la fede e il dubbio si davano assalti furiosi... I loro cuori, nei quali infuriava la tempesta, non potevano trovare nessun rifugio, nessun porto tranquillo.
A questa vista, Cristo che scruta i cuori, che comanda ai venti, che doma le tempeste, e con un solo segno muta il temporale in un cielo sereno, li ha stabiliti della sua pace dicendo: “Pace a voi! Sono io; non temete nulla. Sono io, il crocifisso, colui che era morto, che era sepolto. Sono io, il vostro Dio divenuto uomo per voi. Sono io. Non uno spirito rivestito di un corpo, bensì la verità stessa fatta uomo. Sono io, che la morte ha fuggito, che gli inferi hanno temuto. Nel suo spavento, l’inferno mi ha proclamato Dio. Non avere paura, Pietro, che mi hai rinnegato, né tu, Giovanni, che ti sei dato alla fuga, né voi tutti che mi avete abbandonato, che non avete pensato ad altro che a tradirmi, che non credete ancora in me, neppure ora che mi vedete. Non abbiate paura, sono proprio io. Vi ho chiamati per mezzo della grazia, vi ho scelti nel mio perdono, vi ho sostenuti con la mia compassione, vi ho portati nel mio amore, e vi accolgo oggi, a motivo della mia sola bontà.