martedì 15 luglio 2014

Ma l’obiettivo resta quello dell’unità




I presuli cattolici dopo il voto della Church of England sulle donne vescovo. 

«La Chiesa cattolica rimane pienamente impegnata nel dialogo con la Church of England e la Comunione anglicana. Per la Chiesa cattolica, l'obiettivo del dialogo ecumenico continua a essere quello di una piena e visibile comunione ecclesiale». È questo l’incipit della dichiarazione con cui l’episcopato cattolico di Inghilterra e Galles ha commentato l’apertura della Church of England alle donne vescovo. Una decisione che, innegabilmente — mettono in rilievo ancora i presuli cattolici — rappresenta «un ulteriore ostacolo» sulla strada di questa desiderata unità, per la quale, assicurano, si continuerà comunque a lavorare. Nel pomeriggio di ieri, lunedì 14, il sinodo generale della Church of England riunito a York, con una decisione da molti definita storica, ha votato a favore dell’ordinazione episcopale delle donne. «Comincia una grande avventura fatta di rinascita e, insieme, di disaccordo. La nostra sfida sarà fare i conti con le divisioni e continuare ad amare chi si oppone a questa decisione. Poche istituzioni ci riescono», ha detto, commentando l’esito del voto, l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby. La dichiarazione del primate della Comunione anglicana — uno dei più convinti sostenitori dell’ordinazione episcopale femminile — mette bene in luce quanto travagliato sia stato l’iter che ha condotto alla decisione finale e quanto ancora l’esito del voto debba fare i conti con resistenze interne e con scenari dai contorni ancora indecifrabili. 
Il voto del sinodo di York — con la maggioranza qualificata di almeno due terzi in ciascuna delle tre componenti: vescovi, clero e laici — ha comunque posto, almeno ufficialmente, la parola fine a vent’anni di accesi dibattiti, da quando cioè, nel 1994, vennero ordinate le prime donne pastore. Nel novembre 2012 i vescovi e il clero convalidarono la riforma, che trovò invece resistenze tra i laici, mostrando sull’argomento divisioni profonde in seno alla Church of England rispetto a comunità anglicane ritenute più “progressiste”. Infatti, nella Comunione anglicana, che comprende ottanta milioni di fedeli in tutto il mondo, si calcola siano più di una ventina le donne vescovo già attive nel loro ministero. Nel febbraio scorso, poi, il sinodo ha approvato una procedura rapida per ridurre da sei a tre mesi il periodo delle consultazioni sull’argomento nelle quarantaquattro diocesi inglesi. Si è giunti così al voto di ieri che, secondo alcune previsioni, dovrebbe consentire di arrivare alle prime ordinazioni episcopali femminili tra la fine dell’anno e l’inizio del 2015. 
Le comunità anglicane legate alla tradizione non saranno obbligate però ad avere delle donne vescovo. Potranno chiedere, invece, di essere seguite da un vescovo uomo, anche se questa concessione non sarà contenuta nella legislazione, ma in una dichiarazione della casa dei vescovi. E, in caso di dispute, è anche prevista l’istituzione di un mediatore. Queste ultime disposizioni pastorali, di apertura alla visione teologica tradizionale — condivisa dalla Chiesa cattolica e da quelle ortodosse — sono state comunque apprezzate dall’episcopato cattolico di Inghilterra e Galles. Nel comunicato a firma del presidente del dipartimento per il Dialogo e l’unità, l’arcivescovo di Birmingham Bernard Longley, i presuli evidenziano «i significativi progressi ecumenici, compiuti negli ultimi decenni a partire dal concilio Vaticano II e lo sviluppo di una solida e duratura amicizia tra le nostre comunità». 
La riforma ha di fronte ora alcuni passaggi del suo iter considerati come formali, quale il via libera del Parlamento e il sigillo apposto dalla regina Elisabetta, fino all’entrata in vigore che sarà sancita dal prossimo sinodo in novembre.
L'Osservatore Romano