mercoledì 9 luglio 2014

Ramadan, come cambia il mondo Islamico nel mese sacro

Ramadan, come cambia il mondo Islamico nel mese sacro

Ramadan deriva da "ramada", radice araba che significa più o meno grande caldo, arsura per intenderci, ed è il nome che il calendario islamico dà al periodo di digiuno e preghiera. Concide con il nono mese ma la data varia ogni anno, col cambiare della luna; quest'anno, per dire, inizia il 29 giugno, dunque siamo già in pieno Ramadan.
Contrasti - Ma come cala la luna, sorgono però quasi per contrappasso dibattiti e contraddizioni. C'è chi ha provato ad abolirlo, il ramadan, come ricorda Cecilia Zecchinelli sul Corriere della Sera ricordando la vicenda di Habib Bourguiba, che voleva cancellarlo in nome della guerra al sottosviluppo del suo paese, la Tunisia. Infatti durante il ramadan, complici le chiusure anticipate e il digiuno dei lavoratori, nei Paesi dove è praticato crolla la produttività, in calo del 45 per cento.
Aspetti sociologici, dunque, ma anche pratici, che si intrecciano in questi (quasi) trenta giorni. E' vero, non si mangia e non si beve, ma è un fatto che i consumi alimentari durante il nono mese del calendario islamico aumentano a dismisura. In cifre, del 30%, a causa dei banchetti notturni e della beneficenza dei più ricchi. Ma in parallelo aumentano pure gli sprechi. Un esempio: in Algeria 20 milioni di baguette finiscono nella spazzatura. Poi i problemi di salute: i medici tendono a sottolineare quanto sia pericoloso abbufarsi di harira, la minestra speziata del Nord Africa, di Kunafa, il tipico dolcetto egiziano o di fesenjan, il pollo iraniano nelle ore post privazione. Non esattamente i tre datteri e il sorso d'acqua predicati daMaometto.
Showtime - Il rituale religioso più sentito è la preghiera dopo cena, latarawih, ma anche qua, la notte con sé porta non solo raccolta e devozione ma pure divertimento. Il palinsesto serale si stravolge durante il ramadan: telenovele, quiz, serie tv più o meno serie e sketch comici si moltiplicano, tanto che le entrate delle pubblicità in questo periodo triplicano. Come per il cibo, c'è grossaprogrammazione alle spalle, per mesi e mesi si prepara con grande attenzione un palinsesto che possa soddisfare i gusti più frivoli di un popolo islamico che nel periodo di massimo rigore spirituale, per la verità, osa di più che nel resto dell'anno. Basti pensare che durante il mese del digiuno, le ore passate in media davanti alla tv salgono del 100 per cento.
Libero

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Ramadan. Cene, regali, soap opera e inflazione. Perché il mese del digiuno musulmano scatena i consumi (e tutti gli eccessi)
Nel 1960 Habib Bourguiba tentò invano di abolirlo: il Ramadan è sì il mese sacro dell’Islam, sosteneva il primo presidente della Tunisia, ma il Corano prevede che non lo si rispetti in tempi eccezionali, durante la jihad ad esempio. E la Tunisia, aggiungeva, era in guerra contro il sottosviluppo. Bourguiba non convinse l’establishment religioso e nessuno ha poi riproposto il suo tentativo. Ma ogni anno, con l’avvistamento della luna nuova che dà inizio al periodo di preghiera e digiuno, riesplode il dibattito sugli aspetti meno spirituali di questo lungo Natale.
Uno tsunami che sconvolge i comportamenti sociali di 1,4 miliardi di persone e mette a dura prova le economie dei Paesi dove i musulmani sono maggioranza, dal Senegal all’Indonesia.
Perché in questi 29 o 30 giorni (dipende dalla luna), tutto cambia. Dall’alba al tramonto c’è il divieto di mangiare, bere e fumare. Gli uffici e le fabbriche non chiudono ma i ritmi sono lenti e i tempi ridotti, specie se come quest’anno, 1435esimo Ramadan, il periodo cade in estate. La produttività, sostiene l’economista giordano Samir Sunnuqrot, cala in media del 35-50%. Nel tempo libero gli uomini vanno in moschea, leggono il Corano, si riposano. Le donne pregano a casa e preparano l’iftar , il pasto che alla sera riunisce l’intera famiglia, con parenti arrivati da lontano e pure con chi durante l’anno non è osservante, perché il Ramadan lo rispettano quasi tutti.
«Tre datteri e un sorso di acqua» è il rituale che risale a Maometto per rompere il digiuno. E in milioni lo ripetono oggi. Ma poi l’iftar è il pasto della festa. Con cibi speciali che variano da Paese a Paese — la harira o minestra speziata del Nord Africa, la kunafa e i dolci dell’Egitto, il pollo fesenjan dell’Iran: i piatti e le bevande sono migliaia —, con un’abbondanza che appunto ricorda il nostro Natale. Per i poveri i governi e le associazioni benefiche imbandiscono tavolate in piazza e per strada. Le famiglie ricche portano con i loro Suv decine di pasti, un gesto di carità diffuso in questo mese in cui la comunità dei credenti, la Umma , è più unita.
Il risultato è che i consumi alimentari aumentano almeno del 30%, dicono le statistiche. Gli sprechi anche: in Algeria, ad esempio, 20 milioni di baguette finiscono nella spazzatura. E i medici lanciano l’allarme sull’eccesso di cibo seguito alle ore di privazione, il numero di ricoveri aumenta vertiginosamente. Il boom dei consumi è poi una sfida per i governi. Che devono garantire scorte alimentari sufficienti (in Nord Africa raddoppia la richiesta di uova, ad esempio), reprimere la speculazione, contenere l’inflazione che inevitabilmente ogni anno si impenna. Un compito titanico, soprattutto in periodi di crisi economiche e di forti cambiamenti politici come quello attuale. «Il Ramadan va preparato con sei mesi di anticipo e di concerto con l’industria agroalimentare —, ha spiegato a Jeune Afrique l’ex ministro tunisino Mehdi Houas —. È complicato ma si può fare: nel 2011 siamo riusciti ad approvvigionare pure la Tripolitania, che durante la guerra in Libia dipendeva totalmente da noi».
Periodo speciale, dove in parte la notte si sostituisce al giorno. Il rituale religioso più sentito è la preghiera collettiva del tarawih , dopo cena. Ma il buio porta pure il divertimento delle famiglie, che passano il doppio del tempo abituale davanti alla tv. E il business dei programmi per il Ramadan è infatti stellare: musalsalat o telenovela storiche e romantiche (30 puntate da mezz’ora), serie comiche, giochi più o meno seri (ci sono gare di recitazione coranica) esplodono. Le entrate pubblicitarie delle reti sono un quarto di quelle dell’intero anno. Come i governi per il boom alimentare, anche loro preparano per mesi le produzioni, che sono centinaia e sempre più locali rispetto ai tempi quando era l’Egitto e poi la Siria ad esportarle ovunque. Talk-show e politica, preponderanti negli altri mesi, passano così in secondo piano. E anche se in Egitto è stata appena vietata una musalsala che screditava la polizia, in Arabia Saudita è nel Ramadan che gli autori osano di più, con blande critiche al sistema all’interno di sketch comici. Ma in questo mese di preghiera e digiuno, di eccessi di tanti tipi, le regole valide normalmente non sono più così rigide.
Cecilia Zecchinelli – Corriere della Sera – 9 luglio 2014