lunedì 28 settembre 2015
Papa Francesco: "Il mio incontro con il cardinale Martini e Paolo VI davanti alla verità"
Il ricordo del Papa è tratto dalla nuova edizione di "Martini e noi" (Piemme), in cui Marco Vergottini ha raccolto una serie di testi in memoria dello storico arcivescovo di Milano, a opera tra gli altri dei cardinali Ravasi, Kasper, Tettamanzi, e poi di Giovanni Bazoli, Enzo Bianchi, Bruno Forte, Vito Mancuso, Massimo Cacciari, Ferruccio de Bortoli, Aldo Cazzullo, Gad Lerner, Mario Monti, Romano Prodi, Valerio Onida, Gustavo Zagrebelsky.
(Francesco) Non ho avuto molte occasioni di incontrare il Cardinale Martini. Era una persona sempre amabile, molto gentile. Quando ero Provinciale e lui Rettore dell’Istituto Biblico a Roma, venni a parlare con lui di alcuni studenti... Ma il mio ricordo più importante del Padre Martini risale al 1974, alla Congregazione Generale della Compagnia di Gesù. Ricordo sempre il suo intervento. Era quello un tempo difficile per certe dispute interne alla Compagnia riguardo al «quarto voto». C’era il rischio di una certa involuzione, e si era creata una tensione tra la Compagnia e la Santa Sede. Una tensione sana tra Paolo VI e il padre Arrupe, che erano due santi; ma che invece a livello di curie rischiava di diventare negativa. In quella situazione il padre Martini fu uomo di dialogo, di mediazione, e fece da ponte tra la Compagnia e il Papa. Paolo VI, quando ci ricevette in udienza, fece un discorso memorabile, un capolavoro, tutto scritto di suo pugno. Mentre noi eravamo preoccupati delle dispute interne, lui ci spalancò gli orizzonti della nostra missione, ricordandoci chi siamo e ciò che dobbiamo essere. Potremmo dire: ci mise davanti la verità. E il cardinale Martini, per quella verità, seppe affrontare con amore anche le avversità, le contrarietà, le incomprensioni. Per il bene della Compagnia e della Chiesa. Per questo lo ricordo sempre con tanta ammirazione e riconoscenza.
La forza del cardinal Martini nel messaggio di Francesco
(Colloquio con Marco Vergottini a cura di Aldo Cazzullo) Marco Vergottini, docente di teologia pastorale a Padova alla facoltà teologica del Triveneto, è il curatore del libro «Martini e noi», di cui Piemme manda domani in libreria la seconda edizione, arricchita dall’intervento di Papa Francesco.
«Il mio rapporto con l’arcivescovo Martini risale all’inizio del suo episcopato, nel 1980: ero uno dei 150 membri del consiglio pastorale diocesano — racconta Vergottini —. Nel 1983 venne in visita a pastorale a Gavirate e prese alloggio in un appartamento della parrocchia. Il parroco, preoccupato che l’arcivescovo potesse avere bisogno di qualcosa durante il riposo notturno oppure che morisse il Papa o quant’altro, mi chiese di svolgere la funzione di “maggiordomo di anticamera” per tre giornate. Fu così che potemmo conoscerci meglio; io ero molto lusingato dal poter discorrere con lui, che a sua volta era sorpreso di sapere che, pur essendo laico, avevo compiuto studi di teologia e insegnavo religione nelle scuole pubbliche. Mi chiese perché non mi dedicassi totalmente alla ricerca teologica, al che gli risposi che tenevo famiglia e dovevo provvedere ad essa.
Qualche mese dopo mi nominò segretario del Consiglio pastorale diocesano, con la conseguenza che per 5 intere giornate all’anno ci vedevamo a cena e a pranzo, poiché le sessioni del Cpd si svolgevano in forma residenziale a Gazzada o a Triuggio. In queste occasioni voleva che sedessi sempre al suo fianco, forse anche per non avere troppe richieste dai possibili convitati. Intuii che durante quei pranzi avrei dovuto distrarlo, metterlo a suo agio, così lo interrogavo sulle ultime novità nel campo gli ultimi studi esegetici, sui suoi trascorsi all’Istituto Biblico e all’Università Gregoriana. Mi raccontava dei suoi maestri biblisti (i padri Lyonnet, Zerwick e MacKenzie) e dei teologi che aveva letto con passione: Romano Guardini, Karl Rahner, Bernard Lonergan. Uno scrittore che amava e lo faceva riflettere era Morris West, autore de L’avvocato del diavolo (1959). Mi suggerì di leggere uno dei suoi ultimi libri, Eminenza (1998), che tra l’altro metteva in scena l’arcivescovo di Milano, fine biblista, cardinale progressista e di grande zelo pastorale, a fronte delle lotte di potere che si svolgevano nelle stanze vaticane. Lui sorrideva, con distacco, ma forse anche un po’ compiaciuto di questo particolare».
E il testo del Papa su Martini, com’è nato? «Ho utilizzato diversi canali diplomatici per far pervenire a Papa Francesco la richiesta di scrivere un pezzo per “Martini e noi”. Per sei mesi non ho ottenuto risposta. Poi ho scritto al segretario di Stato Parolin, inserendo nella missiva una lettera da consegnare al Papa direttamente. A luglio il Sostituto alla Segreteria mi rispose per iscritto che il Papa ringraziava, chiedeva di pregare per lui, ma si vedeva costretto per ragioni di ministero apostolico a declinare l’invito. Riscrissi, supplicando ancora. Il 19 di agosto a Camaldoli fui raggiunto al telefono da un ufficio della Segreteria di Stato, che mi anticipava che il Papa aveva approntato il suo ricordo di Martini. Il volume però era già stampato in 5 mila copie. Pregai che andasse subito esaurito per poter stampare una seconda edizione. Per fortuna è andata così».
Corriere della Sera