di Costanza Miriano
Sabato scorso sono stata invitata a parlare a San Damiano, alla festa del Cantico, e a commentare la Laudato si’, l’enciclica del Papa sulla cura dell’ambiente. Sono temi che non frequento spesso, e non è che me ne vanti, ma preferisco ammetterlo. L’avevo letta, ovviamente, mi ero preparata, ma comunque alla fine dell’incontro, che mi aveva costretta a richiamare urgentemente tutti i neuroni a testuggine, ero un po’ stanca. Così quando padre Giulio mi ha chiesto se poteva farmi l’ultima domanda ho temuto il peggio. Se mi interroga sul riscaldamento globale (anche perché ho qualche idea non proprio in linea, temo) faccio la famosa inversione a U detta la manovra del terzo liceo, quella che ti consente di dire “ma mi permetta di fare un passo indietro tornando sulla figura del Leopardi” qualunque sia il tema dell’interrogazione.
San Francesco, ha ricordato padre Giulio incaricato di interrog… ehm di intervistarmi, ha aggiunto l’ultima strofa del Cantico quando stava ormai molto male: “Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male”. E tu, cosa aggiungeresti? Per cosa loderesti ancora il Signore?
Lodo il Signore, ho risposto, e anche ora a neuroni più o meno riposati confermo, per la mia fragilità, per la mia pochezza, per la mia inconsistenza. Lo lodo perché senza di lui sono una canna piegata dal vento, seguo le mie emozioni, i pensieri e le mie idee che vanno da tutte le parti, e non so neppure cosa pensare, se non è lui a riempire il mio niente. Lo lodo per la mia piccola infedeltà quotidiana, perché mi dimostra che solo lui è capace di un amore saldo e fedele. Lo lodo per la mia cattiveria, perché se riuscissi da sola ad essere buona potrei credere di essere capace di qualcosa. Lodo le mie ferite e i miei bisogni, perché mi obbligano ad alzare lo sguardo verso di lui, quando niente altro li colma. Perché purtroppo funzioniamo così, solo quando c’è una mancanza, un bisogno, una paura siamo veramente unitari (che poi è il motivo per cui non c’è nessun ateo in un aereo che precipita), sennò quando la vita ci si aggiusta siamo doppi, tripli, quintupli. Il monaco infatti deve il suo nome non al fatto che è solo, monos, ma che è un uomo, una donna la cui unità è ricostituita. Lo ringrazio, infine, perché mi costringe ad alzare lo sguardo a lui non come alla ciliegina che può guarnire la mia torta, ma alla torta stessa. Che lui ci sia davvero o no è questione di vita o di morte.
Il cristianesimo è la religione dei falliti diceva padre Emidio una volta, e da grande ho capito perché: finché non incontriamo il fallimento, la croce cerchiano di evitarla: in sintesi proviamo a non morire. E così non capiamo cosa si nasconde dietro la morte: una nuova vita completamente diversa da quella di prima. Perché il Signore ci vuole sposare, ed è un Dio geloso, vuole che il nostro cuore sia solo per lui, come ogni innamorato desidera. Ho capito anche che arriva il momento in cui il Signore ci chiede come alla vedova di mettere nelle offerte del tempio gli spicci che ci servono per vivere. O meglio, più che chiedercelo ce lo propone: più ci servivano per vivere, quegli spicci, più ci svuotiamo, più facciamo spazio per lui. Lui si dà tutto a tutti, ma alcuni hanno una capienza maggiore (penso ai grandi santi): dipende da quanto hanno scommesso su di lui, svuotandosi. Tutto quello spazio lui lo ricolma.
Il momento degli spicci lasciati al tempio è il momento in cui scommettiamo tutto sul Signore. Di solito ci viene chiesta una scelta seria, una grossa rinuncia, o ci viene proposta una grossa croce (non possiamo sempre scegliere se accettarla o no, ma possiamo benedirla o maledirla). È il momento in cui l’entusiasmo e lo slancio iniziale con cui abbiamo seguito il Signore forse sembrano un po’ scemare. Poco gusto nella sequela, poche emozioni: allora anche la lussuria spirituale viene piuttosto mortificata. E spesso anche quelli che ci hanno attratti al Signore ci deludono nella loro umanità. È il momento di scegliere lui definitivamente. Solo lui.