giovedì 24 settembre 2015

Bianchi di rabbia.



di marco luscia
Bianchi è venuto, Bianchi ha parlato, ma io non trovo nulla nelle sue parole che possa anche solo in minima parte alimentare un frammento di fede. Troppa critica, troppa convinzione di sapere come il Cattolicesimo dovrebbe essere. Allora…meglio la tradizione di sempre, mille volte meglio. Se frequenti per motivi famigliari il girone dantesco di un qualsiasi blog “ abitato da malati di cancro”, uomini e donne che non di rado vogliono credere nei miracoli e nei Santi, quale ultima spiaggia concessa dalla vita. Se leggi le storie di creature fragili che hanno provato ogni risorsa messa a disposizione dalla medicina, senza riuscire a vincere la battaglia. Se ascolti il mesto e quotidiano elenco di quelli che non c’è l’hanno fatta.
Allora, con occhio inebetito e spirito lacerato ti chiedi? Perché così tanti uomini di “ Chiesa odiano la Chiesa istituzione”, la Chiesa delle cerimonie sacrali, delle litanie, dell’incenso, la Chiesa di sempre, fatta di santi e peccatori, miracoli e superstizioni? La Chiesa che crede nel potere sanante della preghiera, che accorre nei luoghi Mariani implorante, con i passi di un popolo semplice, come i pescatori di Cristo. Perché la ridicolizzano, questa Chiesa, riducendo tutto il mistero ad un problema di equilibri interni, di commissioni paritetiche, di propositi buonisti. Anziché consolare instillando speranza, troppi uomini di chiesa auspicano una palingenesi politica, da realizzare con il supporto di disincantati e presuntuosi teologi, ben supportati da compiacenti amici giornalisti. Quale rinascita della fede credono di promuovere quei preti così preoccupati di denunciare le rughe di madre Chiesa, con l’intento di trasformare il cristianesimo in una forma di umanesimo impegnato a modellare il mondo? Non si rendono conto che in tal modo finiscono con il caricare la nostra povera vita di pesi insostenibili. Perché vivere nel mondo e viverci da svegli è possibile solo fidando in un Oltre. L’uomo di oggi è solo, perché fissa quasi esclusivamente i propri piedi; nella mente dei giovani corre il veleno di troppe ideologie relativistiche, tutto è sottoposto a polemica, scherno; troppi si ergono a paladini di una purezza,pretesa però, soltanto dagli altri.
Cari preti, cari teologi aggiornati; ai malati, nella carne e nello spirito, non importa nulla delle vostre commissioni, della vostra idea di “ partecipazione allargata e democratica” alla vita della Chiesa. Il disperato chiede una dottrina che non muti continuamente, ma che riaffermi la forza secolare della verità Cristiana. Si tratta di una verità esistenziale, non di una verità scientifica; ma pur sempre fonte di orientamento e speranza. Troppi teologi e troppi pavidi emuli di Don Abbondio hanno ridotto l’esigenza cristiana ad una dimensione giustificatoria, convinti che la forza dei grandi ideali non possa accompagnarsi alla Misericordia. Ma un amore che sia soltanto tenerezza, tradisce se stesso, come ben sanno i genitori. Tutta la tradizione cattolica e cristiana queste cose le sa da sempre; il grande Benedetto XVI, il Papa conservatore, il Papa odiato, dai catto progressisti ebbe modo di dire: “ la storia è in genere la lotta tra l’amore e l’incapacità di amare, tra l’amore e la risposta negativa all’amore…; alla fine riconducibile alla formula: sì o no all’amore”. Sono convinto tutto questo vi stupisca, ma troppi sono i presuntuosi interpreti della “ vera dottrina cristiana”. Molti di loro, per ragioni di potere, di prestigio, o per il banalissimo piacere di fare i dissidenti appestano l’aria di banalità e di vere e proprie eresie. Ma ormai ogni autorità è svilita, nessuno osa contraddire il libero pensiero per il timore di risultare intollerante.
In tal modo la forza sanante del Cattolicesimo- termine, si noti, oramai soppiantato dal più ecumenico cristianesimo- è sopita. La natura del dolore innocente che rifulge nella Croce è sostituita dall’idea del Cristo risorto e tutte le grandi domande, come il perché del peccato o il mistero della salvezza o della dannazione, rimosse. Ma quando il Crocifisso sia rimosso, con tutta la potenza di condivisione del dolore che esso è e rappresenta, ogni parola risulterà inutile per i malati che attendono grazia. Oggi si corre un ultimo rischio gravissimo che La Chiesa della Misericordia diventi la Chiesa della giustificazione del mondo, un mondo nel quale, una fitta rete di saggi e pamphlets, afferma tutto e il contrario di tutto in un gioco nel quale ciascuno anziché cercare la verità, cerca una conferma alle proprie inclinazioni. E attenzione alle continue strumentalizzazioni di cui sono oggetto le parole e le azioni di Papa Francesco. Così, si ripetono sui giornali, nelle conferenze, nelle televisioni, ardite analisi di epoche passate, scellerati accostamenti fra Islam radicale e un Cattolicesimo che in passato mostrò atteggiamenti non dissimili. Si relativizza il valore dell’indissolubilità matrimoniale, si minimizza sulle problematiche aperte dalla Gender Teoria. In una parola si vuol compiacere il potere.

Sappiate, che di queste cose, ai più, ma soprattutto ai dolenti, non importa nulla. E non importa nulla ai giovani i quali sono pieni di curiosità teologiche e si stupiscono affascinati e provocati dal “ Catechismo della Chiesa Cattolica”. Quel Catechismo che voi, pseudo intellettuali pensosamente tristi, snobbate, tanto siete inebriati dall’aggiornamento e da ogni vento mondano. Ricordo un vecchio prete il cui volto era una maschera come rinsecchita, i capelli cadevano sulla sua fronte come filacciose stoppie, gli occhi non erano che due fessure rossicce dalle quali traluceva una nera e minuta pupilla. Aveva un filo di voce e a fatica sollevava il calice con esili braccia avvolte da lisi paramenti liturgici. Eppure, quell’uomo così lontano dalle dispute quotidiane era segno di una fede senza tempo; convinta immagine di una speranza che fioriva dalla sua sagoma vinta dagli anni, ma non dal mondo. Egli, per le corsie d’ospedale portava Cristo, portava la vita che non muore. Firmato: un liberissimo pensatore lontano da ogni odor di potere,clericale o non.