lunedì 8 settembre 2014

La modalità ospiti

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di Costanza Miriano
Io ho due modi di cucinare. Il primo è la modalità base. Alle otto di sera apro il frigo e quello che cade dallo sportello, o che straborda, o che sta per scadere, vedo di renderlo in qualche modo consumabile. Si capisce subito quando sono in modalità base, perché automaticamente, senza alcuna esitazione, nell’istante in cui accendo forno o fornelli agguanto un cordless – che solitamente si trova nascosto da un cuscino o sotto una pila di giornali – e chiamo un’amica, o mia mamma, o mia sorella per chiacchierare un po’. Quando cucino così distrattamente (soprattutto quando mio marito è fuori per lavoro) non è che mi vengano dei capolavori, e i miei figli purtroppo lo sanno bene.
Il mio secondo modo di cucinare è la modalità ospiti. Penso il menù almeno il giorno prima; scelgo con cura i posti dove procurarmi gli ingredienti, mando mio marito, mi accorgo che ha dimenticato i chiodi di garofano o le bacche di ginepro, lo mando di nuovo; preparo le carni dalla sera prima, salo, marino, immergo, insaporisco; cucino con attenzione, senza telefonare, salvo quelle sedici-diciotto volte alla mamma per chiedere cosa voglia dire caramellare. E poi mi godo i complimenti e la mia fama di ottima cuoca.
Ecco, sarebbe bello, mi sono detta, se imparassi a fare tutto quello che faccio in modalità ospiti. Sapendo che sto aspettando qualcuno nel mio cuore. Sapendo che è Gesù che viene ad abitarci e che è a lui che possiamo offrire ogni azione fatta con cura, perché come diceva santa Teresina anche uno spillo raccolto per amore può salvare un’anima.
Sarebbe bello se tutti noi si lavorasse, anche, così. Non per tirare a casa lo stipendio, ma con la cura di un miniatore, che ama fare bene il suo lavoro, anche quando è così piccolo che non lo vede nessuno, anche quando non aspetta nessun complimento. Il mondo del lavoro diventerebbe un piccolo paradiso, e sicuramente una via per arrivarci. Dopo anni di surgelati, i miei figli ne sarebbero contentissimi.
fonte:Credere