e annuncia il trasferimento di competenze tra alcuni dicasteri della Curia romana
Per una Chiesa di tutti i popoli
I seminari passano alla Congregazione per il Clero, la catechesi al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzione Trasferimento di competenze tra alcuni dicasteri della Curia romana. Lo ha annunciato il Papa nel corso della ventiduesima e ultima congregazione generale del Sinodo dei vescovi - svoltasi questa mattina sabato 27 ottobre - comunicando che la competenza sui seminari passerà dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica alla Congregazione per il Clero, e quella sulla catechesi dalla Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Il Pontefice ha anche rivolto ai padri sinodali parole di saluto e di ringraziamento per il lavoro svolto in queste settimane.
Seguiranno i documenti relativi in forma di Lettera Apostolica Motu Proprio per definire gli ambiti e le rispettive facoltà. Preghiamo il Signore perché accompagni i tre Dicasteri della Curia Romana nella loro importante missione, con la collaborazione di tutta la Chiesa.Cari Fratelli e sorelle,
prima di ringraziare da parte mia, vorrei ancora fare una comunicazione.
Nel contesto delle riflessioni del Sinodo dei Vescovi, "La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della Fede Cristiana", ed a conclusione di un cammino di riflessione sulle tematiche dei Seminari e della Catechesi, mi è gradito annunciare che ho deciso, dopo preghiera e ulteriore riflessione, di trasferire la competenza sui Seminari dalla Congregazione per l'Educazione Cattolica alla Congregazione per il Clero e la competenza sulla Catechesi dalla Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
Avendo già la parola, vorrei anche esprimere i miei cordialissimi auguri ai nuovi Cardinali. Io ho voluto, con questo piccolo Concistoro, completare il Concistoro di febbraio, proprio nel contesto della Nuova Evangelizzazione, con un gesto dell'universalità della Chiesa, mostrando che la Chiesa è Chiesa di tutti i popoli, parla in tutte le lingue, è sempre Chiesa di Pentecoste; non Chiesa di un Continente, ma Chiesa universale. Proprio questa era la mia intenzione, di esprimere questo contesto, questa universalità della Chiesa; è anche la bella espressione di questo Sinodo. Per me è stato veramente edificante, consolante ed incoraggiante vedere qui lo specchio della Chiesa universale con le sue sofferenze, minacce, pericoli e gioie, esperienze della presenza del Signore, anche in situazioni difficili.
Abbiamo sentito come la Chiesa anche oggi cresce, vive. Penso, per esempio, a quanto ci è stato detto sulla Cambogia, dove di nuovo nasce la Chiesa, la fede; o anche sulla Norvegia, e tanti altri. Vediamo come anche oggi dove non si aspettava, il Signore è presente e potente e il Signore è operante anche tramite il nostro lavoro e le nostre riflessioni.
Anche se la Chiesa sente venti contrari, tuttavia sente soprattutto il vento dello Spirito Santo che ci aiuta, ci mostra la strada giusta; e così, con nuovo entusiasmo, mi sembra, siamo in cammino e ringraziamo il Signore perché ci ha dato questo incontro veramente cattolico.
Ringrazio tutti: i Padri del Sinodo, gli Uditori, con le testimonianze veramente spesso molto commoventi, gli Esperti, i Delegati fraterni che ci hanno aiutato; e sappiamo che tutti vogliamo annunciare Cristo ed il suo Vangelo e combattere, in questo tempo difficile, per la presenza della verità di Cristo e per il suo annuncio. Soprattutto vorrei ringraziare i nostri Presidenti che ci hanno guidato dolcemente e decisamente, i Relatori che hanno lavorato giorno e notte. Io penso sempre che sia un po' contro il diritto naturale lavorare anche di notte, ma se lo fanno volontariamente si possono ringraziare e dobbiamo sentirci grati; e, naturalmente, il nostro Segretario Generale, indefesso e ricco di idee.
Adesso queste Propositiones sono un testamento, un dono, dato a me per noi, per elaborare tutto in un documento che viene dalla vita e dovrebbe generare vita. Su questo speriamo e preghiamo; in ogni caso, andiamo avanti con l'aiuto del Signore. Grazie a voi tutti. Con molti ci vediamo anche in novembre - penso al Concistoro. Grazie.
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Riporto l'articolo seguente da "L'Osservatore Romano".
Era iniziato bene e si è concluso meglio. Il Sinodo apre il tempo della nuova evangelizzazione chiamando tutte le componenti della Chiesa, ecclesiastici e laici, ai blocchi di partenza per la missione, indicata come un compito di tutti i battezzati. Il messaggio al popolo di Dio ribadisce che la Chiesa invita alla missione non perché incalzata dal pessimismo, quanto piuttosto sollecitata dalla speranza, in spirito di vera amicizia con l’umanità attuale. Senza interrompere, anzi consolidando quel filo di novità pastorale ereditata dal Vaticano II.
Iniziato nel segno del concilio, questo Sinodo — momento collegiale per rispondere concretamente alla desertificazione spirituale del nostro tempo — si è richiamato al Vaticano II, ponendo al centro del proprio orizzonte la fede in Gesù nazareno, proponendolo alla Chiesa quale stella polare di tutta la pastorale. Ormai alla conclusione, raccogliendo le iniziali indicazioni di Benedetto XVI, il Sinodo è apparso in forma nitida figlio del concilio. Lo stesso Pontefice aprendo i lavori aveva, infatti, sottolineato la stretta relazione tra l’Anno della fede e l’assemblea sinodale come opportunità per celebrare degnamente i cinquant’anni della più grande assise dell’episcopato cattolico che la storia ricordi. Il magistero del Vaticano II, confluito nel Catechismo, rimane per il nostro tempo un riferimento sicuro della fede. L’assemblea sinodale ha ribadito la ferma adesione all’insegnamento del concilio e il convinto impegno a continuarne la piena attuazione. Assenti e comunque non determinanti nei lavori i «profeti di sventura».
Si è invece creata una simpatia reale con l’uomo stretto dalle molte difficoltà dell’attuale momento storico. Culminata con l’inusuale decisione di inviare una delegazione sinodale nel pieno della bufera siriana, la preoccupazione dei padri sinodali di farsi prossimo è stata quella di ribadire la vicinanza della Chiesa a ogni specie di sofferenza umana. Tante le voci di speciale attenzione al permanere diffuso di restrizioni della libertà non solo religiosa, al persistere della povertà e dell’ingiustizia, della malattia e del lavoro precario, di conflitti, migrazioni, attentati alla dignità e alla vita umana. Nell’aula sinodale è più volte risuonata la volontà dichiarata per una Chiesa che riconosce le debolezze dei fedeli e dei suoi ministri, che intende essere amica dei giovani, della ragione e della scienza, in ascolto dei cercatori di verità anche non credenti, in dialogo con le altre religioni e impegnata a ricucire il tessuto con le altre Chiese e confessioni cristiane come contributo alla pace e al superamento definitivo della violenza.
È apparsa una coscienza più definita nel chiarire la qualità dell’evangelizzazione. Lo ha espresso bene uno dei padri sinodali invitando tutti a chiedersi «se la buona novella che annunciamo sia buona per i poveri e se noi come Chiesa rendiamo credibile questo annuncio».
Tra le carte pubblicate si legge che all’origine di questa scelta c’è il rinnovamento spirituale che la Chiesa è chiamata a proclamare e realizzare come condizione della nuova evangelizzazione. Decisivo è l’incontro personale di ogni cristiano con Cristo. Si può cogliere in questo obiettivo centrale l’eco della prima preoccupazione che caratterizza gli scritti di Papa Ratzinger che, non a caso, ha dedicato parte del suo tempo a scrivere di Gesù di Nazaret. Solo rimettendolo al centro l’opera di aggiornamento da completare avviene senza che la Chiesa smarrisca la ragione del suo essere e del suo operare.