sabato 20 ottobre 2012

La pellerossa di Dio



(Paolo Molinari, già postulatore generale della Compagnia di Gesù)Il 13 marzo 1885 il capo di una tribù di indiani del Nord America, di nome Meshkiassang, scriveva al Sommo Pontefice da Fort William, Lake Superior, Ontario: «Nostro Padre, nostro Papa, anche se noi indiani siamo molto poveri e miserevoli, tuttavia il nostro Creatore ha avuto grande compassione di noi e ci ha dato la religione cattolica. 
Oltre a ciò Egli ha avuto pietà di noi e ci ha dato Caterina Tekakwitha. (*) Questa santa vergine, una indiana come noi, essendo stata favorita da Gesù Cristo con molta grazia, crebbe molto buona e santa, e ora — come noi ne siamo persuasi — è gloriosa nel cielo e prega per noi tutti. Questa vergine, noi crediamo, ci è stata data da Dio come un gran favore, perché è la nostra piccola sorella. Ma adesso speriamo che anche Tu, nostro Padre, che sei il Vicario di Gesù Cristo, vorrai pure concederci un favore; ti supplichiamo con tutto il nostro cuore di parlare e di dire: "Voi indiani, miei figli, prendete Caterina come oggetto della vostra venerazione nelle chiese, perché lei è santa ed è in cielo"».
Kateri Tekakwitha, della tribù degli Agniers o Mohawks degli indiani irochesi ha trascorso la prima parte della sua esistenza nel territorio che attualmente si trova nello Stato di New York negli Stati Uniti d’America, e il resto della sua vita in quello che fa parte del Canada, di fronte alla città di Montréal. 
Caterina è nata nel 1656 a Ossernenon da un indiano irochese pagano e da una algonchina, piissima cristiana, di nome Kahontake, che era stata fatta prigioniera dagli irochesi. Il nome indiano che le era stato dato alla nascita, era Ioragode (Splendore del sole). La madre era stata educata da buona cristiana dai coloni francesi di «Trois Rivières» nel Canada. Nonostante le difficoltà di vivere fra pagani, la donna riuscì a preservare la sua fede fino alla morte, e desiderò che i suoi figli potessero ricevere il battesimo. Morì per un’epidemia di vaiolo, lasciando orfana Ioragode, che aveva soltanto quattro anni.
Anche lei era stata affetta dal medesimo morbo, ma era riuscita a guarire, anche se ne portò in seguito gravi conseguenze. Fin da piccola Kateri era dotata di un carattere dolce. Nei primi anni della sua gioventù, a causa del suo viso sfigurato e della sofferenza agli occhi causata dal vaiolo, Kateri cercò di rimanere piuttosto isolata nella propria capanna, che a poco a poco imparò ad amare. Quando ne usciva era costretta a camminare tenendo le mani protese in avanti per rendersi conto se c’era dinanzi a lei qualche ostacolo: da ciò il soprannome di «Tekakwi¬tha», che nel linguaggio indiano Mohawk significa appunto «una persona che procede con le mani in avanti» per allontanare gli ostacoli, ovvero, analogamente, «una persona che con le sue mani mette tutte le cose in ordine». 
Nonostante questi suoi limiti era sempre gioiosa, dolce, gentile e docile, industriosa e incline alla virtù. Aveva ricevuto segretamente dalla madre i rudimenti della vita cristiana che, con l’andare del tempo e grazie all’azione di Dio in lei, maturarono facendone una ragazza singolare per la sua grande bontà nei confronti di tutti. 
Nel giorno di Pasqua 1676 venne battezzata e ricevette il nome di Kateri (Caterina). Una volta ricevuto il sacramento dell’iniziazione cristiana, la giovane pellerossa divenne in modo sempre crescente una fervente «figlia di Dio»: la sua sollecitudine per i malati, i sofferenti, i più poveri; la sua umile dolcezza e la carità verso tutti, resa ancor più trasparente dalla sua purezza, non poterono rimanere nascoste. Non pochi, non potendo accettare la sfida che loro veniva dalla virtù e dalla bontà di una giovane della loro tribù, la schernivano, la maltrattavano e la minacciavano in molti modi. Kateri riuscì a sopportare tutto con ammirevole serenità, perdonando chi le faceva del male.
La situazione in cui si trovava era dunque tutt’altro che favorevole. Ed era resa ancora più dura dal fatto che, non esistendo nei dintorni una comunità cristiana, Kateri non aveva la possibilità di accostarsi ai sacramenti e di ricevere l’assistenza spirituale dei missionari. Per togliere la giovane neofita da quell’ambiente a lei ostile e facilitarle così il progresso nella virtù, venne trasferita nella colonia di indiani cristiani, conosciuta come missione di San Francesco Saverio, alla prairie de la Madeleine, nel Canada, di fronte alla città di Montréal, al di là del grande fiume Saint Laurence. 
I gesuiti della missione considerarono l’arrivo della Tekakwitha come quello di un’inviata da Dio per edificare tutti con la sua vita esemplare. Alla nuova Missione, Kateri ebbe la fortuna di vivere sotto la protezione di una pia donna, la quale l’aiutò a coltivare la sua predisposizione alla virtù. Dal suo arrivo alla missione fino alla sua morte, ella cercò sempre ciò che è più perfetto e più gradito a Dio e si sforzò di fare tutto per Lui, senza egoismo e con la massima riconoscenza. È di questo periodo l’intensificarsi della penitenza da parte della giovane, al punto che il suo padre spirituale, Pierre Cholenec, si vide costretto a cercare di limitarla perché la sua salute, già piuttosto debole e precaria, non subisse ulteriori deleterie conseguenze.
Padre Cholenec, conoscendo a fondo l’animo di Kateri, era così convinto della sua purezza, del suo amore per la verginità e della sua costanza, che il 25 marzo 1679 le permise, dopo averle dato la comunione, di fare voto di verginità perpetua. Fu questo il primo atto del genere conosciuto fra gli indiani del Nord America. Nel prendere questa decisione, Kateri sapeva di correre il rischio di vivere nella miseria, poiché una ragazza indiana dipendeva dal marito per la casa e per il sostentamento; ma lei era contenta di vivere povera e misera per amore della verginità e di Nostro Signore. Nella sua ultima e dolorosissima malattia, Kateri diede una prova sublime della eroicità delle sue virtù, e in specie della sua fede, speranza, carità, pazienza, rassegnazione e gioia nelle sofferenze. Morì nel Signore il mercoledì della Settimana Santa alle tre pomeridiane: era il 17 aprile 1680, e Kateri aveva 24 anni.
L'Osservatore Romano, 20 ottobre 2012.

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(*): Vedi anche in questo blog:

20 Dic 2011
Nata ad Osserneon, nei pressi dell'attuale New York, nel 1656, Caterina era figlia di un irochese pagano e di una algonchina cristiana. All'età di quattro anni il suo volto rimase sfigurato dal vaiolo che le procurò anche un ...