sabato 27 ottobre 2012

Il respiro della fiducia


"Il punto non è venirne a capo, ma tenere desto il fuoco. Ascoltando quest’agorà delle genti mi sono accorto che passione per il Vangelo fino alla morte ce n’è molta". Lo ha detto il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ieri sera, su Tv2000, intervistato  sul significato del Sinodo dei vescovi appena concluso.

Il tesoro tra le mani. "Gli eventi della Chiesa non vogliono ripetere un ritornello ma ridestare questa fiamma", ha risposto spiegando la funzione del Sinodo, "perché l’amore bisogna rimotivarlo e accorgersi del tesoro che si ha in mano. Il dramma più grave, quando l’uomo vive una difficoltà, è sentirsi solo. Allora tutto pare insormontabile, si arrende e diventa passivo. È invece giusto sapere che, in qualunque momento, l’uomo incontra Cristo che lo precede". 

Incontrarsi di persona. "Conoscenza e ragionevolezza della propria fede, alimentata nella cura amorevole di Gesù Cristo, in un contesto che non è favorevole": questa è la sfida a cui siamo chiamati. "L’incontro personale con Gesù", senza il quale "anche il pensiero di Cristo sarà difficile da interiorizzare e tradurre in termini vivi", va inserito, ha spiegato il porporato, "nell’aria che respiriamo tutti", perché "i cattolici non vivono sotto una campana". C’è, però, "una strana separatezza tra la fede proclamata e i criteri desunti, aspirati in modo acritico dall’aria del secolarismo", che non è diffuso "solo nel mondo occidentale, ma anche in quei territori di recente tradizione cattolica". 

Una voce forte e costante. A proposito dei diritti dei cristiani in Medio Oriente e Nord Africa, la Chiesa, ha sottolineato il card. Bagnasco, "dev’essere coscienza critica. Non maestra che bacchetta ma profezia. Profezia vuol dire incarnarsi nella storia, nel mondo, come ci ha insegnato il Maestro. La Chiesa – ha proseguito - dev’essere sempre presente ovunque, seguendo, col discernimento che lo spirito le dona, quei semi buoni da valorizzare, in ordine alla dignità della persona umana". In merito al fondamentalismo, "da qualunque parte venga", la Chiesa "deve elevare ed eleva la sua voce, forte e costante, insieme alla sua preghiera", che vuol dire "denunciare violazioni diritti fondamentali e invocarne in tutte le sedi il rispetto". È doveroso però, ha aggiunto, che "anche la comunità internazionale parli forte e costante". 

Farsi profezia. Sul valore della "Chiesa profetica" il presidente Cei si è soffermato spiegando come "nell’Antico Testamento ‘profetico’ è chi guarda le cose con gli occhi di Dio, cogliendone così la verità e l’esito. Ma lo è anche colui che anticipa un mondo nuovo, secondo Dio. È la comunione il miracolo che autentica l’annuncio, e si fa profezia del mondo nuovo. Ma c’è la profezia – ha aggiunto - anche nel momento in cui la Chiesa parla e annuncia il Vangelo, quando la Chiesa richiama l’errore di certi stili, e dice ‘no’. A volte questo non è capito, ma il ‘no’ è solo l’altra faccia del ‘sì’. Dire che un comportamento porta alla rovina è profezia". 

Cuore materno e pulsante. Sul tema della famiglia, "la Chiesa si deve porre facendo pulsare il suo cuore materno. Ma, in quanto madre delle genti, dev’essere anche maestra" e dunque "accompagnare, sostenere, incoraggiare, dare fiducia, dire una parola di verità". Per rispondere alle esigenze delle famiglie contemporanee, "nel documento ‘Sacramentum caritatis’ – ha segnalato il porporato - vengono indicati nove modi per partecipare alla vita della Chiesa, pur nell’impossibilità di accostarsi alla comunione". In questo contesto, una "grande solitudine abbraccia i nostri ragazzi", che "vogliono essere amati, tutto il resto è relativo. Se sentono che le figure educative vogliono loro bene e sono là per loro, tutto il resto si dipana. Il linguaggio, seppur con la sua importanza, non è prioritario ma secondario rispetto al cuore che essi cercano". 

Creature di confine. Quanto all’evangelizzazione, "dobbiamo far emergere la dimensione costitutiva della persona", che è fatta di fiducia. L’uomo "non può vivere senza fiducia. Il questo senso il limite, che è parte costitutiva della persona, è un grandissimo alleato del Vangelo", perché "l’esperienza che facciamo del limite ci dice che abbiamo bisogno degli altri, che non possiamo vivere chiusi in noi stessi, ma solo andando incontro con fiducia al dono fatto di noi stessi agli altri. Io – ha detto il card. Bagnasco - ho molta fiducia nel bisogno di fiducia. Chi ha paura di perdere la vita e la trattiene, la perderà davvero. Chi la dona, invece, la troverà". Di qui "il passaggio dagli altri all’Altro, l’unico che può riempire il cuore umano, piccolo ma creato per l’infinto. L’uomo, d’altra parte, è una creatura di confine, tra terra e cielo, tempo ed eterno". 

Un’antropologia integrale. Il card. Bagnasco ha riservato una riflessione anche all’impegno dei cattolici: "Quanto più politica, economia e finanza segnano difficoltà e scandali, tanto più il cattolico non si può ritirare, anzi è chiamato in causa. Il suo è un dovere: ciascuno, secondo la propria vocazione e capacità, deve partecipare al bene pubblico. Non certo per voglia di potere, ma per servire al bene comune, non per imporre legislazione di fede ma in nome di un’antropologia integrale, che scopriamo alla luce del Vangelo ma non prescinde dall’uso della ragione". 

Come la luna. "Trasparenza" e "credibilità" sono state, infine, le parole che il card. Bagnasco ha indicato in risposta agli scandali che possono coinvolgere la Chiesa: "Il Santo Padre ci indica continuamente la via della trasparenza", e "la credibilità è un desiderio che dobbiamo avere per Lui, il Signore. ‘La Chiesa è come la luna, che riflette la luce del sole’, diceva Sant’Ambrogio. Dobbiamo pensare ad essere credibili e fedeli".

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In un mondo amato da Dio
di p. Federico Lombardi.
“Vincere la paura con la fede e guardare al mondo con sereno coraggio, perché – sebbene pieno di contraddizioni e di sfide – esso resta pur sempre il mondo che Dio ama”. 
La riflessione della Chiesa sulla necessità di una nuova evangelizzazione è nata certamente da un allontanamento dalla fede e dalle difficoltà dell’annuncio in varie parti del mondo di oggi, ma il Messaggio con cui l’Assemblea sinodale, prima di sciogliersi, si rivolge alla Chiesa non è affatto una parola sfiduciata; è piuttosto una parola d’impegno e di speranza fondata sulla fede in Dio, sulla presenza di Cristo risorto e sulla potenza del suo Spirito. Niente pessimismo: globalizzazione, secolarizzazione e nuovi scenari della società, migrazioni, devono essere opportunità di evangelizzazione
La molteplicità vastissima degli argomenti toccati dai membri del Sinodo viene riportata a un’unità interiore coerente, che delinea una Chiesa rinnovata, in tutte le regioni del mondo, in tutte le sue parti e componenti – famiglie, parrocchie, clero e laicato…-, nella consapevolezza della sua missione. Una Chiesa sempre in dialogo con il mondo e i suoi problemi, nella cultura, scienza, educazione, arte; nella carità attiva; ma anche nei campi dell’economia, del lavoro e della politica per il servizio del bene comune. In particolare, una Chiesa in dialogo costruttivo con i credenti delle altre religioni, e una Chiesa che non sarebbe se stessa se non continuasse fedelmente a cercare nella contemplazione e nella preghiera il volto di Dio, e non sapesse riconoscere questo volto nei poveri che sono sempre con noi.
I Vescovi e gli altri membri del Sinodo tornano ora ai luoghi abituali del loro servizio. Lasciano al Papa - che ha fedelmente accompagnato tutti i loro lavori - un ricco contributo da approfondire. Ma lo lasciano anche a tutta la Chiesa, che in quest’Anno della fede si sente ora più animata a trovare le vie, i luoghi, i modi di condividere con tutti il dono della fede: il più bello e il più prezioso che esista. (Octava Dies)