martedì 1 settembre 2015

Donne e sacerdoti



(Giulia Galeotti) Ne siamo assolutamente convinte: è un punto nodale per la vita futura della Chiesa. Troppo a lungo trascurata per misoginia, paura, diffidenza, comodità e ignoranza, la questione del rapporto tra i sacerdoti e le donne è fondamentale perché la vita all’interno della comunità cristiana sia davvero un fecondo incontro di crescita e maturazione per tutti. Perché — sulla scia di una lunghissima e distorta tradizione — le donne sono ancora sentite dal clero come un problema? Come presenze pericolose per l’integrità di una vocazione, e non invece come fonte di ricchezza? Perché le donne sono di fatto assenti nel percorso formativo dei seminaristi? Come ricorda Caterina Ciriello, nella Pastores dabo vobis, l’esortazione apostolica di Giovanni Paolo II risalente all’ormai lontano 1992, si sottolinea «la connotazione essenzialmente “relazionale” dell’identità del presbitero»: ma che relazione si può mai costruire se non si incontra mai, da pari da pari, l’altro da sé? Anche perché, ormai divenuti pastori, gli ex seminaristi — siano essi parroci, missionari, professori... — si trovano a vivere in un mondo popolato da maschi e da femmine. E con questa realtà, senza pregiudizi od ossessioni, senza morbosità o supponenza, si troveranno a dover esercitare il loro ministero. È un’immagine di grande dolore, la memorabile scena di Roma città aperta, il capolavoro firmato da Roberto Rossellini all’indomani della fine della seconda guerra mondiale. Nel bianco e nero poetico e terribilmente reale di don Pietro (Aldo Fabrizi) che tiene tra le braccia il corpo senza vita di Pina (Anna Magnani), troviamo ogni volta la potenza di una pietà rovesciata. Dove non è lei che piange lui, ma lui che culla e abbraccia lei. Lui, il sacerdote, la guarda negli occhi. Un sacerdote che guarda negli occhi — da pari a pari — una donna con cui ha pianto e riso, sperato e pregato. Con cui ha fatto, nella maturazione reciproca, un tratto di strada. 

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Teilhard de Chardin e le donne. Guidato dal suo entourage femminile

La conferenza. Pubblichiamo stralci della conferenza pronunciata da padre Bosco Lu, gesuita cinese, durante un convegno su Teilhard de Chardin, svoltosi a Pechino nell’ottobre 2003. Il testo è stato pubblicato nella «Nouvelle Revue Théologique» (126, 2004, pp. 177-203).
(Bosco Lu) La maggior parte della gente conosce il Teilhard de Chardin scienziato e sacerdote, ma pochi sanno che fu anche un grande amante. Come scienziato, divenne celebre per la sua teoria dell’evoluzione. Come sacerdote e gesuita, si offrì completamente a Dio. Entrò nella Compagnia di Gesù nel 1899, fu ordinato sacerdote nel 1911 ed emise i voti solenni nel 1918. 
Nonostante le prove che dovette affrontare durante la sua vita tumultuosa, non mise mai in discussione la sua vocazione originale. Restò per tutta la vita un sacerdote e uno scienziato. L’universo si presentava a Teilhard come una realtà vivente, dinamica e personale. Egli ripeteva spesso che l’universo possiede uno spirito, un cuore e un volto. Tale volto alla fine diventerà per lui quello di Cristo. Ispirato dall’Eterno femminino rappresentato dalla Beatrice di Dante, Teilhard ha sviluppato la sua teologia di un principio unitivo. Beatrice viene da lui interpretata come Maria. In seguito, questa bellezza si concretizzerà in diverse donne. 
Gesuita, sacerdote e scienziato, come ha unito Teilhard de Chardin l’amore verso Dio e l’amore per una donna? Come ha tratto profitto da questa esperienza amorosa? 
Per Teilhard l’universo non è un Egli ma un Tu che si preoccupa di me e s’impegna con me in un dialogo. Nel suo Inno alla materia leggiamo: «Ti saluto, Ambiente divino, carico di potenza Creatrice, Oceano mosso dallo Spirito, Argilla impastata ed animata dal Verbo incarnato (…). Se vogliamo possederti, bisogna che ti sublimiamo nel dolore dopo averti voluttuosamente stretta fra le nostre braccia». Per Teilhard la salita spirituale era una comunione con Dio attraverso la Madre Terra. La fede nel Signore risorto l’ha portato alla nozione di Cristo cosmico, colmo di amore-energia per rinnovare il cosmo. In questa ricerca mistica, Teilhard de Chardin fu accompagnato, stimolato e, anzi, persino guidato dal suo entourage femminile. 
La Divina Commedia di Dante e l’Eterno femminino di Goethe nella seconda parte del Faust hanno ispirato Teilhard a scoprire l’Eterno femminino. Thomas King scrive nella prefazione delle Letters: «Nel marzo 1918 Teilhard scrisse un saggio, L’Eterno femminino. In esso, spiega che “quando l’uomo ama una donna, s’immagina anzitutto che il suo amore vada solo a qualcuno come lei, che l’avvolga con il suo potere e che si unisca a lei liberamente”. Ma è presto sorpreso dalla violenza delle forze dispiegatesi in lui e “trema al comprendere” che non può essere unito con il femminino senza “divenire schiavo di un lavoro di creazione universale”. Così il Femminino è percepito come una forza che invita l’uomo a uscire da se stesso per entrare nella Vita. Il Vangelo ha raccomandato la verginità, ma ciò non significava affatto che il Femminino doveva perdere il suo potere. La Verginità non doveva esiliare l’amore dal cuore dell’uomo: “Al contrario, il suo dovere è di restare fondamentalmente un uomo”». 
Secondo Henri de Lubac, il motivo per cui Teilhard cambiò Beatrice in Beatrix è che voleva trasformare l’ideale verginale presente in Dante in una Vergine cristiana ben precisa, Maria. La prima, vagamente identificata, avvolta da un velo come un simbolo, non può rivelare il mistero del Femminino nella sua essenza più pura. Nostra Signora, al contrario, come madre del Verbo Incarnato, è una persona reale. Attraverso Maria, Teilhard ha rispecchiato la sua vocazione e il modo in cui doveva vivere la sua vita nel celibato consacrato.
Fu solo dopo la lunga formazione che si concluse nel 1911 con la sua ordinazione, quando aveva già trent’anni e si stava specializzando in paleontologia a Parigi — che visse la sua prima esperienza amorosa. Questo episodio avrebbe influenzato la sua visione del Femminino. Marguerite Teilhard-Chambon, lontana cugina di Pierre, sei mesi più grande di lui, era cresciuta anche lei a Clermont-Ferrand. Da bambini condivisero molte esperienze. Marguerite poi si trasferì a Parigi, dove ottenne l’abilitazione in filosofia e insegnò in una scuola rinomata. Il loro incontro dopo una lunga separazione divenne una tappa importante nell’educazione sentimentale di Teilhard . Quello tra il giovane sacerdote e la cugina fu, in tutti i sensi, un vero incontro d’amore. Ursula King descrive così la storia: «Teilhard scoprì il pieno potere dell’“ideale femminino” e della “sua bellezza inalterabile” solo quando ritrovò sua cugina Marguerite come donna adulta, colta, dallo spirito sottile, piena di fascino e molto gentile, dotata di una fede e di una devozione profonde. S’incontrarono alla vigilia della guerra e s’innamorarono. Fu lei la prima a udirlo sviluppare le sue idee, fu anche la sua prima lettrice, come pure il suo primo critico. C’era tra loro una collaborazione spirituale e intellettuale, ma Marguerite fu anche la prima donna ad amarlo come uomo e fu grazie a lei che Teilhard trovò pienamente se stesso. La scoperta del suo amore per Marguerite e la risposta amorosa di quest’ultima avrebbero cambiato ogni cosa. Era proprio l’energia di cui aveva bisogno perché le sue idee fermentassero e si organizzassero pienamente» (Spirit of Fire). 
Dicembre 1914: Teilhard viene arruolato. Dal fronte scrive a Marguerite molte lettere e capisce che il celibato non esclude una certa intimità con l’altro sesso. Nel suo elogio dell’Eterno femminino, fa dire alla donna: «Chi ascolta la chiamata di Gesù non deve scacciare l’amore dal proprio cuore. Deve, al contrario, restare essenzialmente umano. Ha dunque ancora bisogno di me per sensibilizzare le sue forze e risvegliare la sua anima alla passione del divino». In uno dei suoi ultimi libri, Il cuore della materia, Teilhard dice che nessuno, anche se dedito alla causa di Dio, può trovare un cammino verso «la maturità e la pienezza spirituali al di fuori di qualche influenza sentimentale che in lui possa sensibilizzare l’intelligenza e stimolare, almeno inizialmente, le forze di amare. Non più di quanto possa fare a meno della luce, dell’ossigeno o delle vitamine, nessun uomo può fare a meno del Femminino».
Dopo Marguerite, Teilhard stabilì una relazione profonda con Léontine Zanta, Ida Treat, Lucille Swan, Rhoda de Terra, Claude Rivière, Jeanne Mortier e altre, ma non deviò mai dal suo fine: ogni amore verso una donna è verso Dio e con Dio e in ultimo dovrà convergere in Dio. Il suo amore per ogni donna fu una relazione «a tre termini: l’uomo, la donna e Dio». Questa forma triangolare dell’amore o amore-a-tre fu in Teilhard il principio dell’amore non solo per lui e per i religiosi, ma per tutta l’umanità. «Presto non resterà che Dio per voi in un Universo interamente verginizzato. In me è Dio che vi aspetta!». 
Vediamo ora quale meravigliosa amicizia ha unito Teilhard e Lucille Swan, e il prezzo che lui ha pagato per mantenere quella relazione. S’incontrarono per la prima volta a Pechino nel 1929. La loro luna di miele nella città proibita durerà dodici anni. Teilhard dispiegò in gran parte la sua potenza creatrice grazie alle conversazioni con Lucille. Il loro scambio epistolare, iniziato nel 1932, prosegue per ventitré anni. La comparsa di questa americana sconvolse i suoi principi dell’amore-a-tre. 
Lucille era scultrice, divorziata, appena arrivata a Pechino dall’Iowa. Conobbe Teilhard dal dottor Grabau, un geologo americano, nell’autunno 1929. Teilhard aveva quarantotto anni, Lucille nove di meno. I due divennero buoni amici. Nel 1932 Lucille realizzò il primo busto di Teilhard. Nel suo studio, quando lui posava come modello, continuavano le loro lunghe conversazioni. Nell’autunno di quell’anno, Teilhard partì per la Francia e si assentò per sei mesi. Dalla nave scrisse la sua prima lettera a Lucille (30 agosto 1932). L’anno seguente si recò negli Stati Uniti e le lettere divennero più frequenti, a intervalli di sei o tredici giorni. Lucille accese in lui un fuoco molto intenso che arse per tutti gli anni della sua maturità. La sua famiglia, i suoi amici e i suoi futuri ammiratori conobbero la potenza del loro amore reciproco, la loro intimità e il loro impegno, la loro separazione, la loro delusione e la loro sofferenza solo molti anni dopo la morte di entrambi. Di fatto la loro fu molto di più di una semplice amicizia. Non condivisero solo le stesse idee, ma anche la vita, fin nei minimi dettagli. 
Nel 1950 Teilhard, sessantanovenne, scrisse Il cuore della materia, la sua autobiografia, che si conclude con «niente si è sviluppato in me se non sotto uno sguardo e sotto un’influenza di donna». Inviò una copia del libro a Lucille dicendo: «Da circa vent’anni voi mi aiutate sempre a salire verso Dio, sempre più luminoso e più caldo». Lucille non era però soltanto la compagna di lavoro di Teilhard, ma divenne una parte della sua personalità. «Siete diventata una parte della mia vita più profonda» (17 luglio 1936). L’itinerario mistico di Teilhard è stato agevolato dall’aiuto di una donna che l’ha accompagnato: Lucille. Era una donna che aveva bisogno di amore e osava amare. La sua agonia iniziò quando svilupparono una relazione d’amore più profonda. Mentre Teilhard sognava un cammino di verginità o di amore-a-tre che portasse a una convergenza, Lucille cercava qualcosa di più. «L’amicizia è indubbiamente la forma più alta dell’amore, e anche la più difficile. I miei istinti di donna sono così forti. Imparare a controllare questo amore è così difficile». 
Un anno dopo la fine della seconda guerra mondiale Teilhard ritornò in Europa. Da Parigi fece diversi viaggi a New York e in Sud Africa. Nel dicembre 1951 emigrò negli Stati Uniti, e vi si stabilì definitivamente. In quel decennio fu Rhoda de Terra a restare costantemente accanto a Teilhard, sia a Parigi sia a New York, e anche durante i due viaggi in Sud Africa. La sua costante presenza accanto a lui suscitò una crisi spaventosa in Lucille. Dopo la crisi cardiaca di Teilhard nel 1947, pian piano Rhoda divenne la sua infermiera-segretaria. Quando, nel dicembre 1951, Teilhard si trasferì negli Stati Uniti, era molto debole ma sempre oltremodo impegnato nella ricerca accademica. Lucille si recava di tanto in tanto a New York per vederlo. Teilhard le chiese di ridurre le sue visite, di scrivergli e di telefonargli meno spesso, perché si sentiva troppo debole. Allo stesso tempo, Rhoda stava costantemente accanto a lui, soppiantando completamente Lucille, a quanto pare. Teilhard era pienamente consapevole della sofferenza che causava nelle persone che aveva amato. Thomas King scrive: «A Parigi, nel luglio 1954, Teilhard rilesse la fine de Il cuore della materia. Iniziò a piangere “nel ricordare tutte le Beatrici piene di rimproveri che aveva involontariamente ferito”. Una di queste era Lucille». 
Qualche giorno dopo, Teilhard cadde per strada a New York durante una passeggiata. All’ospedale chiese di Lucille. Lei giunse immediatamente e lo rassicurò del suo amore. In seguito Teilhard ritornò nella residenza gesuita da dove scrisse una lettera per ringraziarla: «Convergiamo, voi e io, coraggiosamente e gioiosamente, verso il nuovo volto di Dio che ci attira l’un l’altro». Nella sua ultima lettera a Lucille (30 marzo 1955), dice: «Ho veramente bisogno della vostra presenza, della vostra influenza nella mia vita (…). Noi siamo sempre qui l’uno per l’altro». La sera della domenica di Pasqua del 1955, il 10 aprile, Teilhard morì mentre parlava con alcuni ospiti nella casa di Rhoda de Terra a New York.
La creatività intellettuale di Teilhard de Chardin aveva bisogno di affetto per poter maturare. La sua esperienza d’amore con Marguerite fu fonte di nuove idee che sfociarono in alcuni articoli importanti durante la guerra, tra i quali l’intramontabile Eterno femminino. Secondo tale teoria, le persone caste hanno, anch’esse, la possibilità di vivere un’esperienza amorosa con Dio e con l’altro sesso. L’amore-a-tre, profondo e casto, s’inscrive qui. Per Teilhard un amore casto o verginale libererà dalla Materia un Fuoco nuovo. È una nuova sorta di energia. L’amore verginale è uno stadio superiore dell’amore umano. Dopo Marguerite, Teilhard incontrerà altre donne. Il loro calore e il loro fascino sono passati, goccia a goccia, nel sangue delle sue idee più care.
L'Osservatore Romano,