mercoledì 16 settembre 2015

Humanae Vitae e i metodi naturali

Coniugi-Billings

La Chiesa non rinneghi la lezione di Paolo VI sulla vita

di Marco Respinti (La Nuova BQ)
«Come non ringraziare Paolo VI per il suo coraggio nell’enciclica Humanae Vitae? Questo testo è stato profetico sviluppando una morale che possa difendere la vita». Basterebbero queste poche e stringenti parole del cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, per rimandare al mittente i tentativi oggi in atto, purtroppo dentro la stessa Chiesa Cattolica, di sobillare (clicca qui) il significato di quell’“enciclica-spartiacque” che il beato Paolo VI (1897-1978) pubblicò nel 1968.
Nel libro-intervista, Dio o niente. Conversazione sulla fede, appena pubblicato dall’editore senese Cantagalli, rispondendo a una domanda di Nicolas Dat sull’opposizione tra la morale cristiana e i valori attualmente dominanti delle società occidentale, il porporato africano affronta infatti di petto la questione, sottolineando quanto sia «importante situare questo antagonismo nel contesto della secolarizzazione e della scristianizzazione» dal momento che «l’allontanamento d’intere nazioni della società moderna dall’insegnamento morale della Chiesa è andato di pari passo con l’ignoranza e il rifiuto della sua dottrina o della sua eredità culturale». Invece, «malgrado le molte pressioni all’interno stesso della Chiesa» e «le violente critiche di cui fu oggetto per aver rifiutato di abdicare ai principi elementari della vita», Paolo VI vide lucidamente «già stagliarsi l’orizzonte funesto che poi Giovanni Paolo II ha chiamato “la cultura di morte”». Tant’è che san Giovanni Paolo II (1920-2005), «facendo seguito all’enciclica di Paolo VI, […] ha diffuso un insegnamento molto ricco sul corpo e sulla sessualità. Malgrado il rispetto di cui era oggetto soprattutto dopo i suoi interventi decisivi per liberare i popoli dell’Europa dell’Est dal giogo della dittatura comunista, quante critiche acerbe non si sono levate contro la sua visione della morale?».
Adesso quello scontro dentro la stessa Chiesa, che ha messo un pontefice beato e uno santo contro una mentalità diffusissima anche tra quelle che dovrebbero essere le guide della cattolicità, divampa con rinnovato vigore. «Per questo», dice il cardinale Sarah, «la Chiesa deve restare vigilante davanti alla sregolatezza dei valori. Nelle nostre società relativiste, il bene diventa ciò che piace e che conviene all’individuo. Allora, compreso o frainteso, l’insegnamento morale della Chiesa è rifiutato come la manifestazione di un falso bene. I media contribuiscono spesso a screditare volontariamente la posizione della Chiesa, a travestirla o a restare silenziosi. Il discorso dominante cerca senza posa di presentare l’idea di una Chiesa arretrata e medievale – che ignoranza del Medioevo! – che rifiuta di adattarsi all’evoluzione del mondo, ostile alle scoperte scientifiche e arroccata su vecchi ideali. Di fronte a questo fiume di fango, bisogna essere fermi e lucidi, non dare prova di ingenuità, essere irreprensibili, pregare e restare uniti a Dio».
E quando il porporato aggiunge «credo che la storia darà ragione alla Chiesa, poiché la difesa dellavita è la difesa dell’umanità» dice davvero bene, visto che già da tempo persino la “scienza arida”, vale a dire l’economia, di per sé interessata solo ai profitti e ai dividendi, e magari poco incline a indugiare in questioni etiche, nota che, a partire da Paolo VI, l’insegnamento della Chiesa cattolica su demografia, natalità e finanche sessualità, è saggio, avveduto e persino utile agl’investimenti (clicca qui). Il cardinale Sarah non ha del resto dubbi: «Oggi, la Chiesa deve combattere controcorrente, con coraggio e speranza, senza temere di alzare la voce per denunciare gli ipocriti, i manipolatori e i falsi profeti. In duemila anni la Chiesa ha affrontato molti venti contrari, ma alla fine delle strade più aride, ha comunque riportato la vittoria.
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Da Libertà e Persona
Proseguiamo la pubblicazione del dossier sull’enciclica Humanae Vitae del Beato Paolo VI (vedi QUIQUIQUI,QUI e QUI) con un contributo della professoressa Elena Giacchi che risale al 2008. La studiosa è ginecologa del centro studi e ricerche per la regolamentazione naturale della fertilità dell’Università Cattolica. 
di Franceso Lalli (Roma Sette)
A quarant’anni dalla Humanae vitae, qual è l’attualità dell’enciclica di Paolo VI? Ne parliamo con la professoressa Elena Giacchi, coordinatrice del Centro studi e ricerche per la regolazione naturale della fertilità dell’Università Cattolica e presidente della Confederazione italiana centri per la regolazione.
Professoressa, a quarant’anni di distanza come è in grado di dialogare questa enciclica con una società e con una scienza sempre più restie a porre dei confini all’agire umano?
In realtà un vero «dominio della natura» non può prescindere dalla sua reale conoscenza. Nel campo specifico della fertilità e della fecondità umana la conoscenza non si limita all’acquisizione di nozioni di fisiologia della riproduzione, ma implica il diventare consapevoli e il confrontarsi con una dimensione della persona, entrando in sintonia con essa. In quest’ottica la Humanae vitae rivela il suo valore profetico e di grande attualità. La possibilità, offerta dai metodi naturali, di scoprire la precisione e l’armonia dei meccanismi che regolano la fertilità e la trasmissione della vita e di rispondere all’esigenza di una procreazione responsabile, è un modo di porre la scienza realmente a servizio della persona.
Quali sono stati i progressi in un campo poco conosciuto della ricerca come la regolazione naturale della fertilità?
I progressi dagli anni ’60 ad oggi sono molto rilevanti. Si sono sviluppati metodi naturali molto efficaci per la regolazione della fertilità, quali il metodo dell’Ovulazione Billings e i metodi Sintotermici. A differenza del metodo del Ritmo o di Ogino, essi non si affidano a una previsione di fertilità, ma si basano sulla rilevazione di segni e sintomi strettamente dipendenti dall’andamento ormonale proprio di ogni particolare ciclo. Possono essere pertanto utilizzati in tutte le situazioni della vita fertile della donna, anche in cicli irregolari. Numerosi studi nella letteratura scientifica ne confermano l’utilità sia per la ricerca della gravidanza, sia per rinviare/evitare il concepimento, in questo caso con un’efficacia del 98-99%.
Nella Humanae vitae si legge che «l’atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita». Come vivono quest’impegno oggi le coppie cattoliche?
Il contesto culturale odierno purtroppo condiziona anche molte coppie cattoliche: sempre più si attua una frammentazione della persona scindendo l’amore dalla vita, dalla relazione coniugale e dalla famiglia. Ciò evidenzia la necessità di strategie ed interventi educativi che promuovano una dimensione veramente umana della sessualità, dell’amore, della procreazione, a tutti i livelli. Il servizio di insegnamento dei metodi naturali si dimostra significativo per una riflessione sui valori in gioco, accompagnando le coppie nell’acquisizione di uno stile di vita che valorizza l’amore umano e lo apre all’accoglienza della vita.
Tra le gravi conseguenze legate ai metodi di regolazione artificiale della natalità quali la contraccezione, la Humanae vitae paventava che l’uomo «arrivi a considerare la donna come semplice strumento di godimento egoistico». Crede si tratti di una valutazione condivisibile dalla sensibilità femminile di oggi?
Oggi anche l’uomo è esposto in uguale misura al rischio di essere strumentalizzato a fini egoistici. Per questo l’enciclica, nella sua visione dell’amore umano, riconosce e promuove la pari dignità dell’uomo e della donna, valorizzando la naturale differenza sessuale nell’esperienza del dono totale.
fonte: Roma Sette