giovedì 17 settembre 2015

Il dono dell'Esodo



Il  tweet di Papa Francesco: "Nonostante le ingiustizie e le sofferenze, la vittoria del Signore è sicura." (17 settembre 2015)

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In una Chiesa missionaria. L’esodo è un dono
L'Osservatore Romano
Pubblichiamo stralci di un articolo tratto dall’ultimo numero del quadrimestrale «Urbaniana University Journal».
(Maurizio Gronchi) Risalta con indubbia evidenza la scelta di definire la Chiesa in modo estroverso — «una Chiesa in uscita» — da parte di papa Francesco nella sua prima esortazione apostolica. Quella che potrebbe sembrare soltanto una coerente risonanza conciliare — «la Chiesa è missionaria per sua natura» (Ad gentes, 2) — oppure una indicazione pastorale rivolta al rinnovamento della evangelizzazione nel mondo odierno, in realtà, rappresenta una prospettiva ecclesiologica fondamentale, in cui si configura un effettivo modello di Chiesa. Si tratta dell’identità del soggetto storico del Popolo di Dio che ha radice biblica. Non si procede dal mistero trinitario, ma dalla costitutiva dimensione esodale che segna le origini d’Israele e l’evento di Cristo, dall’incarnazione alla pasqua. Il dinamismo di uscita, infatti, percorre tutta la sacra Scrittura: Abramo, Mosè, Geremia, nell’Antico testamento; i settantadue discepoli, gli apostoli, la prima comunità, nel Nuovo testamento. Da questo movimento costante, verso cui il Dio di Gesù sospinge, nasce la gioia dei credenti, che «ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre» (Evangelii gaudium, 21).
Non si tratta di un semplice movimento fisico, ma della partecipazione all’esistenza stessa di Gesù, uscito da Padre per abitare in mezzo a noi, senza una pietra ove posare il capo, nato nella periferia di Betlemme e morto fuori della porta di Gerusalemme. «L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante» — afferma l’esortazione — che domanda di rimanere con Lui, mentre ci si rivolge ai fratelli, «in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura» (Evangelii gaudium, 23). Dietro a un stile formalmente esortativo è custodita teologicamente la figura originaria della Chiesa, la sua costitutiva identità pasquale, che corrisponde al non esistere per sé, al morire per dare vita, grazie a Colui che la genera dal suo costato trafitto, dall’uscita di acqua e sangue dal Crocifisso, che insieme al Padre dona lo Spirito. In tal modo, l’esortazione apostolica collega l’elemento misterico della Chiesa, ovvero l’esodo di Dio nell’incarnazione e nella pasqua di Gesù, con l’elemento storico della risposta mediante la quale il Popolo di Dio è convocato, per divenire mediazione salvifica in mezzo ai popoli. «Si tratta certamente di un mistero che affonda le sue radici nella Trinità, ma che ha la sua concretezza storica in un popolo pellegrino ed evangelizzatore, che trascende sempre ogni pur necessaria espressione istituzionale» (Evangelii gaudium, 111). 
In verità, la dinamica dell’esodo rivela qualcosa di più della originaria e costante ekstasis di Dio verso il mondo: l’avvento di Dio si compie nell’esodo di Gesù. Non si tratta di due movimenti successivi, poiché nello stesso evento storico di Gesù, nel «suo esodo che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme» (Luca, 9, 31) si realizza l’avvento di Dio, mediante lo Spirito. La Chiesa nasce grazie a quest’unico movimento di reciprocità trinitaria che ha luogo nell’evento pasquale, che la conforma nella sua esodalità: nella Chiesa in uscita, Dio si dona al mondo, in Cristo, per lo Spirito. 
La Chiesa in uscita, estroflessa, missionaria, che si riconosce in continuità con la missio Dei, non si pensa davanti al mondo, ma al suo interno, in forza della rivelazione che ha il suo centro nel dono del Figlio che il Padre ha fatto al mondo. Pertanto, la Chiesa è quel Popolo che Dio si è formato tra coloro che, in mezzo ad Israele e nel mondo, hanno accolto il Figlio, i quali sono generati da Dio e non da carne e sangue (cfr. Giovanni, 1, 13). Ciò vale a stemperare una visione missionaria minacciata da resistenza e ostilità, muovendo il credente “pellegrino” a camminare accanto, ad accompagnare — come Gesù con i discepoli di Emmaus — le tristezze e le speranze di coloro che ancora non riconoscono la presenza del Signore nella loro vita.
L'Osservatore Romano

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I rifugiati e la Chiesa post-ideologica di Francesco 
 il Mulino 
(Massimo Faggioli) Uno dei paradossi del pontificato di Francesco è che il papa succeduto a Benedetto XVI ha invertito l’orientamento vaticano (ben visibile almeno fin dalla “Nota Dottrinale” della Congregazione per la Dottrina della Fede Circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, del 2002) (...)