martedì 11 ottobre 2011

Fisionomia del santo




La sola cosa di cui abbiamo bisogno, oggi come sempre, è di convertirci, cioè di diventare santi. Di seguito un testo di un grande teologo del secolo scorso sulla santità cristiana.

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La fisionomia essenziale del santo, pur nelle differenze, conserverà alcuni tratti che sono i soli che noi possiamo ritenere come scontati in precedenza, con sicurezza.
Sarà povero, umile, senza ricchezze. Possederà lo spirito delle beatitudini. Non maledirà e non adulerà. Amerà, invece. Prenderà il Vangelo rigorosamente alla lettera. Una dura ascesi l'avrà liberato da se stesso. Sarà l'erede di tutta la fede di Israele, ricordandosi però che tale fede è passata attraverso Gesù. Prenderà su di sè la croce del suo Salvatore e si sforzerà di seguirlo. A modo suo, e in un modo certo imprevedibile, ci ridirà quello che Clemente di Alessandria diceva agli uomini del suo tempo: "Una luce è brillata nel nostro cielo, più pura della luce del sole e più dolce della vita di quaggiù", e farà penetrare nella nostra notte un raggio di questa luce.
Certamente intelligente, umano quanto nessun altro, potrà essere di cultura semplice o un raffinato. Pur essendo un essere di eccezione, la sua esistenza sarà però di esempio e di stimolo per la nostra umanità media. Fallibile come tutti gli uomini, ma docile allo Spirito, parteciperà del discernimento promesso alla sposa e non si lascerà spaventare dai più radicali rinnovamenti ma neppure sedurre da quelle novità che possono falsificare tutto. Con gesti sempre nuovi, corrispondenti a nuove situazioni, sarà il difensore e il sostenitore degli oppressi. Forse sarà anche una guida di uomini. Sarà forse spinto a fondare, senza averlo voluto deliberatamente, qualche nuovo Ordine il cui stile ci potrebbe, di primo acchito, stupire. Potrà, nell'ambiente cittadino, avere una certa funzione, e l'opinione pubblica si occuperà forse di lui. Forse invece sarà un isolato: forse passerà inosservato nella massa, anche in quella, meno numerosa ma sovente più spessa e pesante, delle "elitès". Penseranno forse di lui che è fuori del suo tempo, anacronistico. Forse sarà misconosciuto, tradito, abbandonato dai suoi; la semplice verità umana del Vangelo è sempre attuale... In modi e in occasioni a noi imprevedibili, si affonderà nel mistero della sofferenza, nell'abbandono, nell'intima solitudine, nella nausea del peccato. A sua volta sarà un altro Cristo: non un uomo che vuol sorpassare Cristo, ma tutto l'ideale e tutta la concreta vita reale di quest'uomo saranno rassomiglianti a quella del Cristo.
Allora, attraverso quest'uomo, come attraverso il suo maestro, ed in completa dipendenza da Lui, il Volto di Dio trasparirà.
Henri De Lubac, Paradosso e mistero della Chiesa, Brescia 1968, pp. 152-153