domenica 23 ottobre 2011

Gli starcy di Optina


sopra: F. M. Dostoevskij

Oggi 23 ottobre i nostri fratelli ortodossi ricordano:

AMBROGIO (1812-1891)
E GLI STARCY DI OPTINA, monaci

Le chiese ortodosse ricordano oggi Ambrogio, forse il più grande degli starcy di Optina.
Uomo di vivo ingegno, Aleksandr Michajlovic Grenkov (nome di battesimo del futuro starec) era stato costretto fin dalla giovinezza a ridurre notevolmente le attività a cui pure si sentiva portato, a causa dell'estrema instabilità della sua salute. Indirizzato dal proprio padre spirituale alla vita monastica nell'eremo di Optina, Ambrogio fece conoscenza degli altri due grandi starcy di quel monastero: Leonida (1763-1841) e Macario (1788-1860), dei quali divenne discepolo. Attraverso la sofferenza assunta nella preghiera, Ambrogio imparò a conoscere se stesso e a scoprire nel profondo del suo cuore i segreti della natura umana e il cammino verso la riconciliazione con Dio. Convinto che la potenza di Dio si rivela soprattutto nella debolezza, egli divenne un padre spirituale di grande dolcezza, e impiegò il proprio discernimento non per giudicare gli altri, ma per con-soffrire con loro. Amava ripetere, parafrasando l'apostolo Paolo: « E la bontà di Dio che ci spinge alla conversione».
Divenuto padre spirituale del monastero alla morte di Macario, Ambrogio si adoperò per promuovere l'impegno di tutti i cristiani a sostegno degli ultimi e degli emarginati del suo tempo. La sua figura ispirò ampiamente la letteratura russa, da Dostoevskij (sopra) a Tolstoj, e di lui fu detto: «Da Ambrogio un insondabile abisso di carità si effonde su ogni uomo». Morì la sera del 10 ottobre 1891, e sulla sua lapide i discepoli posero a suggello della sua vita: «Mi sono fatto debole con i deboli per guadagnare i deboli. Mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ogni uomo».

TRACCE DI LETTURA

Tu preghi sempre il Signore perché ti dia l'umiltà. Ma come si può ottenere l'umiltà conducendo una vita così comoda? Se nessuno ti toccasse e tu restassi tranquilla, come potresti riconoscere la tua cattiveria? Come potresti vedere i tuoi vizi? Ti affliggi perché, secondo te, tutti cercano di umiliarti. Se cercano di abbassarti, significa che vogliono renderti umile: e sei tu stessa che chiedi a Dio l'umiltà. Perché allora affliggerti per le persone? Ti lamenti per l'ingiustizia della gente che ti circonda, per il loro atteggiamento verso di te. Ma se aspiri a regnare con Gesù Cristo, allora guarda a lui, come si è comportato con i nemici che lo circondavano: Giuda, Anna, Caifa, gli scribi e i farisei che volevano la sua morte. Egli non si lamentò dei nemici che agivano ingiustamente verso di lui, ma in tutte le terribili sofferenze inflittegli vedeva solamente la volontà del Padre, che aveva deciso di seguire e che seguì fino all'ultimo respiro. Egli vedeva che questi agivano ciecamente, per ignoranza, e perciò non li odiava ma pregava: «Signore, perdonali perché non sanno quello che fanno».

(Ambrogio di Optina, dalle Lettere)

PREGHIERA

Adempiendo il comandamento
del Pastore dei pastori,
hai ereditato
la grazia dello starcestvo,
immedesimandoti con il cuore
in tutti quelli che con fede
accorrevano a te;
e anche noi tuoi figli
con amore ti acclamiamo:
santo padre Ambrogio,
prega Cristo Dio
di salvare le nostre anime.


* * *


Per approfondire:



LO STARETS AMVROSIJ DI OPTINA



Vita straordinaria dell'ultimo grande starets della Santa Russia



Tutti i visitatori dell'eremo di Optina che ebbero il favore di vedere lo starets Amvrosij o di parlargli - ho sentito personalmente il racconto di alcuni testimoni della sua vita - restavano meravigliati dalla sua cordialità e semplicità. Il suo volto e tutta la sua persona emanavano un profondo fascino e una straordinaria serenità. I suoi tratti erano quelli di un contadino della Russia del nord: zigomi sporgenti, barba bianca, sguardo perspicace che sembrava scrutare il fondo dell'anima. I suoi discorsi rivelavano un'esperienza straordinariamente ricca degli uomini e della vita. Accoglieva ogni problema che gli era posto e ogni domanda che gli era fatta con la stessa serietà e la stessa attenzione.

Alcuni s'indignavano per il fatto che certi visitatori, in particolare vecchi contadini, importunavano lo starets con le loro preoccupazioni domestiche o familiari e abusavano del suo tempo.

« Caro amico, disse un giorno Amvrosij a chi se ne lamentava, non capisci che queste piccole cose fanno la trama della loro esistenza e che la pace della loro anima è importante quanto quella di tanti altri che ti coprono con le loro vane pretese? »

Lo starets, infatti, trovava sempre tempo per istruire la gente semplice e il racconto dei suoi colloqui veniva riportato nei più lontani villaggi dell'immensa Russia.

Oltre a questi umili contadini, ospiti della cella di Amvrosij furono gli intellettuali. Forse venivano a scoprirvi che non si può vivere da veri cristiani senza la semplicità della gente della terra.

Amvrosij era stato formato alla scuola spirituale di Optina dove era stato al servizio dello starets Leonid. Ma questa vicinanza chiarifica solo certi aspetti della sua ricca personalità; il suo destino doveva essere diverso da quello della sua guida spirituale.

Nato nel 1812, Alexandr Grenkov era figlio di un cantore di una chiesa di campagna. A differenza degli startsi Leonid e Macarij, aveva salito i gradini tradizionali dell'insegnamento religioso. Dapprima, sotto la direzione di suo padre, era stato iniziato allo studio del Libro delle Ore e del Salterio, poi aveva frequentato il seminario della città di Tambov. Si era rivelato uno scolaro studioso e molto dotato. Finiti i suoi studi, per qualche anno insegnò al seminario di Lipeck.

Col passare del tempo questo compito prese a pesargli, mentre provava un gusto crescente per la solitudine e la meditazione. Il silenzio del monastero lo attirava tanto che, ammalatosi, promise che se fosse guarito si sarebbe fatto monaco. Uno starets recluso, di nome Ilarion, parente di Grenkov, ricevette un giorno la visita del giovane istitutore. Benedisse la sua vocazione: « Va' a Optina, gli disse, vi imparerai tutto quello che devi sapere ».

Nell'autunno 1839 si stabili a Optina nello skit dello starets Leonid. Poco prima di morire, Leonid doveva dire a Macarij:

«Te lo affido. Le mie mani lo cedono alle tue, perché è molto vicino a tutti a due ». Amvrosij ebbe così come nuova guida lo starets Macarij. Questi, apprezzata la sua competenza, lo associò alla sua opera di scrittore, in particolare alla traduzione dei libri patristici da lui intrapresa, e anche alla messa a punto della biografia e degli scritti Paisij Velickovskij.

Di costituzione fragile, era spesso malato. La sua cattiva salute segnò profondamente il suo carattere e le sue idee; fece così molte scoperte salutari e aveva l'abitudine di dire: « E' cosa buona che un monaco sia malato, che non conosca la totale guarigione ma solo dei miglioramenti ».

La sua debolezza non gli permetteva né di celebrare la liturgia, né di assistere ai lunghi uffici monastici. Passava gran parte del suo tempo mezzo disteso nella sua cella; in questa posizione pregava, poiché la posizione eretta o in ginocchio avrebbe imposto al suo corpo delle fatiche eccessive.

Alla morte di Macarij, Amvrosij dovette proseguire le traduzioni di opere patristiche intraprese dallo starets. Ma questo compito intellettuale gli dava meno gioia che il servizio delle anime. Il ricordo della personalità dello starets Leonid, la sua prima guida, fu in lui sempre tanto viva da influenzare fortemente lo stile e i metodi del suo starcvestvo. L'unica differenza è che ricevette nella sua cella visitatori più numerosi e ancor più diversi.

Se l'eremo di Optina poté costituire un centro di attrazione per gli intellettuali russi, lo deve innanzitutto allo starets Macarij. Gli anni dal 1860 al 1870 sono infatti la testimonianza di un vacillare di valori. In quell'epoca si fa strada un'ideologia materialistica che tende progressivamente ad allontanare le classi colte dall'ortodossia e dall'influenza della Chiesa. Lo starcestvo rinascente costituì una forte linea di difesa contro queste tendenze e formò una controcorrente la cui importanza non è stata, fino ad oggi, né abbastanza riconosciuta, né abbastanza stimata.

Lo starets Amvrosij continuò gli sforzi di Macarij. Rinsaldò il credito della dottrina della Chiesa e gettò le basi di una nuova spiritualità. Un filosofo russo contemporaneo ha potuto scrivere: « Il primo compito della letteratura filosofica e religiosa russa è quello di presentare una sintesi dei valori cristiani ortodossi, come si rivelano nel dogma e si esprimono nella vera direzione spirituale ».

Questa costatazione - vale la pena sottolinearlo - ci riporta all'epoca degli Slavofili russi e del loro portavoce, il filosofo Ivan Kireevskij. Si delinea così tutta una corrente di pensiero che da Vladimir Soloviev, a cui si deve la formulazione delle tesi slavofile, passa attraverso Dostoievskij e molti altri per restare ancor oggi - a distanza di un secolo - sempre viva, come testimoniano un Siniavskij o altri scrittori « dissidenti ».

Gli ambienti colti hanno trovato nello starcestvo non soltanto una serie di testimonianze veramente notevoli e vive della fede cristiana, ma, molto di più, il vero sapere cristiano che è uno stile di vita di fede, l'unità vissuta tra sapere e fede e insieme il mezzo per pervenire a tale unità.

Perché allora essere sorpresi della visita che Dostoievskij, accompagnato da Vladimir Soloviev, rese allo starets Amvrosij nel 1878? Ricevette una risposta ai suoi problemi personali e sentì parlare della missione del cristiano nel mondo. Il colloquio ha trovato posto ne I fratelli Karamazov con l'indimenticabile figura dello starets Zosima.

« Sarete sorpresi, dice Dostoievskij ai suoi lettori, se vi assicuro che proprio dalle preghiere di questi umili cercatori di solitudine e di silenzio verrà la salvezza della Russia ».

Anche un'altra grande figura della letteratura russa ha reso visita a Optina: Lev Tolstoj. Il suo atteggiamento antireligioso fu scosso ed egli lo riconobbe volentieri: « Padre Amvrosij è veramente un uomo molto santo. Mi sono intrattenuto con lui e la mia anima ha provato sollievo e gioia. A conversare con lui ho sentito Dio vicinissimo ». Per tre volte Tolstoj fu ricevuto nella cella di Amvrosij. L'ultima volta, fu accompagnato dalla famiglia. Nel 1910 volle recarsi a Optina una quarta volta per incontrare lo starets Iosif, discepolo di Amvrosij; avrebbe desiderato ricevere l'abito e riportare la pace nella sua anima orgogliosa. Mori per strada, non lontano dal celebre eremo.

Ma è difficile calcolare quanti intellettuali russi hanno voluto consigliarsi con Amvrosij e ricevere la benedizione del pio starets.

Tutta la vita dello starets fu una catena di gesti di carità e di bontà. Dava prova di una straordinaria conoscenza delle anime e gli capitava anche di prevedere e di predire l'avvenire. Fin dai primi istanti del colloquio leggeva nell'anima del visitatore come in un libro.

Un giorno venne da lui un giovane prete scoraggiato che aveva la cura di un villaggio povero e isolato. Non appena lo starets l'ebbe visto varcare la soglia gli gridò: « Torna a casa tua, padre! Lui è solo e tu sei due ». Sconcertato, il prete interrogò lo starets. Amvrosij gli rispose: « Il demonio che ti tenta è solo. Quanto a te invece, qualcuno ti assiste: Dio. Ritorna a casa tua e vivi senza timore; non aver più dubbi e sappi che sarebbe un grande sbaglio abbandonare la tua parrocchia. Celebra tutti i giorni la Santa Liturgia e tutto andrà bene ».

Tranquillizzato e confortato, il prete tornò al suo villaggio e fece ciò che lo starets gli aveva raccomandato. Passarono molti anni e la parrocchia si rinnovò e riprese vita sotto la direzione del prete fedele ai consigli dello starets. Più tardi, dopo che Amvrosij ebbe lasciato questo mondo, quel prete divenne egli stesso starets e tutto il paese lo riconobbe e lo venerò come tale.

Quando era ancora semplice prete, il vescovo Macarij di Kaluga venne un giorno a far visita allo starets Amvrosij. Ebbero un lungo colloquio, alla fine del quale lo starets lo benedisse e gli fece dono di un libro sulla vita monastica. « Mi chiesi allora, racconta Macarij, perché mai mi regalasse quell'opera. Mi guardò e mi disse: Ah, si! E' un altro libro quello che dovrei darti, non questo". Poi mi fissò bene in viso e aggiunse: E tuttavia è proprio il libro che fa per te!..." Qualche anno più tardi ho perduto mia moglie e sono entrato in monastero. Oggi sono vescovo e conservo quell'opera come una benedizione dello starets e un pegno del futuro da lui predettomi ».

All'eremo c'era un giovane monaco di nome Palladio; una domenica in cui aveva celebrato la liturgia, ritornava alla sua cella allegro e in ottima salute quando un fratello addetto al servizio della cella dello starets venne a riferirgli un messaggio di Padre Amvrosij.

Questi gli raccomandava di rivestire lo skima e di cantare « il canone per la separazione dell'anima dal corpo ». Stupito, il monaco rispose che stava benissimo. Qualche giorno più tardi lo starets gli trasmise la stessa ingiunzione e così per tre volte. La quarta volta ciò che lo starets aveva presentito si realizzò: il monaco ebbe un attacco di paralisi e rese l'anima a Dio, dopo aver recitato la preghiera prescritta.

Lasciata la carica diplomatica che occupava, lo scrittore e filosofo russo Leontiev si ritirò a Optina. Vi abitò per quindici armi e per tutto questo tempo restò in stretto contatto con lo starets Amvrosij. Nell'autunno 1891, prima di raggiungere la lavra Trinità-san-Sergio dove avrebbe ricevuto l'abito, disse addio ad Amvrosij e gli chiese di benedire la vita che stava per abbracciare. Allora lo starets gli disse improvvisamente: « Tra poco ci rivedremo ». Leontiev non diede importanza a queste parole, ma quando tre mesi più tardi ricevette la notizia della morte di Amvrosij, senti tutt'a un tratto che la sua fine era vicina e rivelò quello che gli aveva detto lo starets. Dopo breve tempo, Leontiev fu colto da una polmonite e morì nel giro di qualche giorno.

Una religiosa soffriva di un crudele male alla gola; il medico diagnosticò una tubercolosi acuta della laringe e dichiarò di non vedere speranza di guarigione. Nel più grande abbattimento, la religiosa si recò dallo starets e gli espose la sua prova. Egli la mandò a una sorgente che si trovava nelle vicinanze dell'eremo dandole il compito di portargli un po' di quell'acqua. Così fece. Lo starets prese le tre uova che gli restavano in dispensa e ne mescolò il bianco con l'acqua. Dopo aver sorbito questa bevanda la malata doveva ritornare al suo monastero e servirsi dell'acqua della fonte per lavarsi. Essa osservò scrupolosamente queste prescrizioni. Dopo essersi lavata, cadde in un sonno profondo che durò un giorno e una notte. L'indomani mattina si sentiva meglio e poco tempo dopo era completamente ristabilita. Il medicò non poté mai spiegare la guarigione.

I contemporanei e i vicini dello starets Amvrosij gli attribuiscono così numerosi casi di guarigioni e di predizioni.

Sull'esempio di san Serafim di Sarov, Amvrosij condivideva senza misura con i suoi simili i doni e le grazie con cui Dio lo favoriva e non deluse mai la fede e la fiducia di quanti chiedevano la sua intercessione.

Salvò così molte anime in pericolo, riconducendole sul cammino della speranza. Insegnava agli uomini a distinguere il vero dal falso, a discernere la mancanza di sincerità e la relatività dei legami umani, e nello stesso tempo insegnava loro con l'esempio i veri valori. Ogni giorno folle numerose percorrevano la strada di Optina e questi pellegrini avidi di consolazione stavano, a volte per ore, davanti alla capanna cercando di vedere l'alta figura del vecchio starets.

Per certi tratti, lo starets Amvrosij si avvicinava a san Serafim di Sarov. Tutti e due si sono particolarmente presi cura del problema delle religiose. Entrambi hanno fondato, poco lontano dalla loro residenza, un monastero dove le monache vivevano sotto la loro guida spirituale. E' questo un capitolo speciale della storia dello starcestvo russo ed è bene ricordarlo qui.

Con l'aiuto di generosi visitatori, Amvrosij poté creare nél 1870, nel villaggio di Samordino, a 15 chilometri da Optina, un monastero di religiose posto sotto la protezione dell'icona della vergine di Kazan. Lo starets stesso diresse la costruzione della chiesa del monastero e si occupò della sistemazione delle costruzioni per i bisogni di una comunità monastica.

Infaticabile, passava ogni giorno molte ore in cantiere e s'incaricava delle procedure necessarie. Si sarebbe detto che tutte le debolezze causate dall'età, tutte le infermità del suo corpo provato, gli lasciavano ora una inaspettata tregua.

Il primo ottobre 1881 venne consacrata la chiesa. Lo starets stesso scelse con grandissima cura le prime monache e dedicò ogni sua sollecitudine all'estensione della sua fondazione. Ogni estate andava a Samordino per farsi carico, durante molte settimane, dell'istruzione e della guida delle sue figlie spirituali.

I monaci di Optina e i visitatori dello starets si adombrarono nel vedersi così trascurati. Il vescovo diocesano stesso credette suo dovere intervenire. Chiese ad Amvrosij di ritornare a Optina; lo starets obbedì, ma ogni estate si riproponevano gli stessi problemi.

Nel corso dell'estate 1891 Amvrosij si recò di nuovo a Samordino. Durante tutto l'inverno si era sentito molto debole; dopo qualche tempo di tregua il suo stato di salute fu motivo di vive inquietudini per la badessa e le monache di Samordino. Il vescovo lo richiamò ad Optina e gli mandò un messaggio che gli annunciava la sua prossima visita.

All'inizio dell'autunno Amvrosij ebbe un colpo di freddo e fu costretto a letto. Quando le monache gli comunicarono il prossimo arrivo del vescovo e gli chiesero come avrebbero dovuto riceverlo, rispose: « Noi canteremo: O Cristo, fa riposare con i Santi l'anima del tuo servo ».

Spirò il 10 ottobre 1891, circondato dalle sue figlie spirituali. Mentre era già in viaggio, il vescovo ricevette la notizia della morte dello starets e decise di celebrare personalmente l'ufficio dei funerali.

Era sera; la salma era stata deposta nella chiesa che Amvrosij aveva costruito qualche anno prima. Le monache cantavano la Panykide e il vescovo entrò in chiesa nel momento in cui intonavano: « O Cristo, fa riposare con i Santi l'anima del tuo servo ». Così l'ultima predizione dello starets si era realizzata.

Spettacolo commovente: l'umile bara, accompagnata da migliaia di persone che portavano ceri, fu condotta attraverso prati e boschi al canto dei monaci e delle monache. Solo a notte inoltrata ritornò all'eremo per l'ultimo riposo.

Ebbero così termine trentun anni di starcestvo; ma i discepoli di Amvrosij proseguirono la sua opera ancora per trent'anni, fino al giorno in cui le porte dell'eremo furono chiuse alla vita ascetica e tacquero le campane su quella terra che aveva alimentato lo starcestvo russo, l'ultima e la più feconda.

La morte dello starets Amvrosij segnò la fine dell'epoca gloriosa dello starcvestvo russo. Altri startsi, contemporanei di Amvrosij, ebbero un profondo irradiamento spirituale, in diversi eremi, ma a lui spetta il primo posto.

Fra questi discepoli citiamo lo starets Iosif, che assunse la guida dei figli e delle figlie spirituali di Amvrosij. Nei vent'anni che rimase a Optina, si attirò la stima e l'affetto di tutti i visitatori e morì nel 1911. Fu sepolto accanto alla tomba del suo maestro.

Ricordiamo anche il monaco Nettario. Venuto giovanissimo a Optina, beneficiò per decine d'anni della guida spirituale dello starets Amvrosij. Profondamente attratto dalla solitudine e dal silenzio, dedicava quasi tutto il suo tempo alla preghiera spirituale. Solo dopo la morte dello starets Iosif si dedicò alle funzioni di fraternità spirituale con uno spirito e uno stile simili a quelli dello starets Leonid.

Ricordiamo infine il monaco Anatolij. Dopo lunghi anni trascorsi accanto ad Amvrosij nel servizio della cella, egli stesso divenne starets e uno dei poli della vita spirituale di Optina. Universalmente apprezzato e venerato, occupò la cella del suo maestro, tranne che negli ultimi anni, che trascorse nello skit come eremita. Il suo contegno, il suo stile di vita, la sua cordialità, la sua affabilità lo fecero straordinariamente simile al santo starets Serafim. Per trent'anni si dedicò alla paternità spirituale, compreso il periodo della prima guerra mondiale e della Rivoluzione. Dopo aver illuminato e confortato fino alla fine coloro che cercavano Dio o che erano scoraggiati, mori nel 1921 (o nel 1922) quando la follia che scosse il mondo arrivò a distruggere il silenzio e la solitudine degli skitij del grande eremo di Optina.

I discepoli degli startsi furono dispersi lontano dalle mura della loro patria spirituale; si disseminarono nelle foreste nordiche o fino in Siberia per proseguirvi - nel silenzio, nel segreto, ma fino a quando? - la tradizione ascetica dei loro predecessori.

(Tratto da: IGOR SMOLITSCH, Leben und Lehre der Starzen - Jacob Hegner Verlag, Koln und Olten 1952)


* * *

LA PREGHIERA DI GESU’ NELLA CORRISPONDENZA DELLO
STAREC AMVROSIJ DI OPTINA


Consigli sulla pratica


Dalla lettera del 10 settembre 1883

Siete turbata per la fatica che vi costa la preghiera; rimproverate altri per non avervi insegnato come pregare correttamente! Come altri vi abbiano istruito non lo so, ma a me voi spiegate che vi piace essere libera di dire le preghiere che volete. A questo ho risposto: quando a un monaco viene consegnato il rosario, alla cerimonia della tonsura, ecco che cosa gli viene detto:

"Prendi, fratello, la spada spirituale che è la parola di Dio, la preghiera continua di Gesù. Abbi sempre il nome del Signore nella tua mente, nel tuo cuore, nei tuoi pensieri e sulle tue labbra, dì costantemente:

"Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore"

Queste parole mostrano come un monaco dovrebbe praticare la preghiera che è in grado di fare.
Ovviamente, sarebbe scomodo e pericoloso, per uno che non ha conseguito l'abitudine alla preghiera orale, imparare la preghiera mentale e, ancor più, la preghiera del cuore. Tale persona cadrebbe nella tentazione del nemico
.
Peraltro, che un pensiero sia venuto a voi e vi abbia impedito, spaventandovi, di eseguire la preghiera orale, suggerendovi che in tal modo ostentereste troppa stima per voi stessa, è ovviamente una tentazione del nemico. In genere tutti i cristiani hanno in comune il comandamento apostolico riguardante la preghiera orale: esprimere costantemente la lode a Dio; è questo il frutto delle labbra di coloro che confessano il Signore. Voi perciò potete senz'altro recitare la preghiera di Gesù senza indebolirvi nei vostri sforzi, non temendo alcun danno e senza preoccuparvi della stima di voi stessa. E quando vi è scomodo recitarla a voce, potete recitarla a mente e nei vostri pensieri.
Quanto alla preghiera della mente, per ora lasciatela perdere, giacché richiede l'osservanza e l'adempimento di molte condizioni. Inoltre, ogni preghiera esige tre condizioni: l'umiltà, la carità e l'amore; se non le avete, dovreste provare rimorso nella coscienza e umiliarvi maggiormente.

Dalla lettera del 26 novembre 1868

Scrivere di aver avvertito in qualche modo una luce risplendere in alto, una luce che irradia dalle parole della preghiera di Gesù, e via dicendo. Non credete ad alcuna di queste cose; sono tutte fantasticherie che devono essere respinte. Durante tutte le vostre tentazioni, cercare di salvaguardare la preghiera. Se non potete pronunciare la preghiera per intero, vale a dire tutte le parole della preghiera di Gesù, allora ripetete semplicemente "Gesù, Gesù". Ciò non è vietato o rifiutato dai santi padri. "Sconfiggete i vostri nemici con il nome di Gesù", dice Climaco. Grande è il potere di questo nome. Non scriverò altro, perché non è appropriato scrivere in una lettera sulla preghiera di Gesù e in particolare sulla preghiera del cuore. Sarebbe più conveniente se potessi parlarvene personalmente.

Dalla lettera del 28 dicembre 1868

Scrivete che, avendo perso la preghiera del cuore, siete rimasta senza armi. Vi ho già scritto che in tutte le vostre tentazioni e in tutti i casi insoliti che vi capitano,non dovete abbandonare la preghiera. Se non potete pregare con il cuore, pregate con la mente e con le labbra. Non importa come pregate, purché non abbandoniate la preghiera.
Durante il rito della tonsura si dice che chi riceve la tonsura deve avere sempre il nome del Signore Gesù nella mente e nel cuore, nei pensieri e sulle labbra. Occorre stare attenti non soltanto nel cuore, ma anche nella mente, nei pensieri e sulle labbra. Ma in voi si nota un'insistenza inopportuna nel sistemare le cose alla vostra maniera. Insistete nell'avere la preghiera del cuore e, quando non l'avete, restate completamente senza preghiera. Scrivete che, quando con difficoltà siete riuscita a trovare il luogo del cuore, una maledizione dei vostri vicini ha incominciato a combattere contro di voi. Questo mostra come la vostra preghiera sia ancora scorretta, visto che il frutto della vera preghiera è l'umiltà e l'amore verso il prossimo. Scrivere che il nemico vi sussurra che siete migliore di tutti gli altri. Rimandate al mittente tentazioni del genere. Sono le vostre opere a dimostrare quanto siete buona.

Dalla lettera del 1’ marzo 1869

Nella vostra ultima lettera descrivete come un pensiero vi abbia costretta a pregare che il Signore vi faccia discendere la mente nel cuore. Ma in nessuno dei santi padri si trova una simile preghiera. E' meglio pregare umilmente in questo modo: "Signore, abbi misericordia di me nel modo che tu sai essere il migliore".
Il Signore ci ha comandato di pregare: "Padre nostro! Sia fatta la tua volontà!". Ma nel vostro caso, in ogni circostanza, persino nella preghiera, emerge che volete assolutamente che ogni cosa sia secondo la vostra volontà o il suggerimento del nemico. Il Signore ci protegga da ogni male e in particolare dall'inganno del nemico, segno chiaro del quale è la confusione disordinata e la tentazione della presunzione e, di conseguenza, pensieri freddi o desideri mondani, oppure sentimenti di ira e irritabilità.

Dalla lettera del 19 ottobre del 1870

Scrivete che i vostri nemici spirituali hanno scatenato una tale guerra contro di voi, che vi impediscono di compiere la preghiera mentale facendo rumore e baccano attorno a voi quasi stessero danzando in cerchio. Per questo motivo chiedete a me, uomo tardo di mente, che cosa fare e come comportarvi in tali casi. Dovreste imitare coloro che sono piaciuti a Dio per il modo in cui hanno agito in simili circostanze. Nella Vita di Arsenio il Grande si legge che il santo, alcune volte, alzandosi dalla preghiera mentale, pregava ad alta voce con le mani sollevate: "Signore Dio"! Non abbandonarmi, perché non ho mai fatto nulla di buono ai tuoi occhi, ma aiutami e concedimi di poter cominciare".
In questa breve preghiera di uno che piaceva al Signore è espressa anzitutto grande umiltà, senso di autocritica e umiliazione di sé e, in secondo luogo, si mostra che questo santo non pregava in tal modo senza una ragione, ma evidentemente perché, a motivo della sua vita rigorosa, era stato assalito da pensieri di grandezza da parte dei nemici della mente, che non lasciano in pace nessuno, ma attaccano chiunque, con ogni mezzo possibile.
E' necessario, in particolare per noi che siamo deboli, stare attenti ai pensieri di grandezza, che sono più nocivi di qualsiasi altra cosa nella lotta spirituale, come spiega san Marco l'Asceta.

Dalla lettera del 10 novembre 1864

Voi mi chiedete molte cose e dimenticate quello che vi ho detto di persona. Ricordo che non vi ho consigliato di impegnarvi nella preghiera mentale, ma vi ho consigliato di fare questa preghiera oralmente, nella misura in cui potete ... Dovreste invocare l'aiuto di Dio nella vostra mente soltanto quando vi vengono pensieri di avidità.
Fare la preghiera oralmente è sconveniente quando siete alla presenza di altri che vi stanno vicino, o quando è in corso una liturgia della chiesa.
Vi siete lasciata talmente prendere dal vostro modo di ragionare e dalla vostra presunzione che, disdegnando il consiglio altrui e agendo secondo la vostra volontà, siete arrivata, si direbbe, a una preghiera quasi automatica del cuore durante il vostro sonno. Ciò accade a pochi rari uomini santi, che hanno raggiunto un'estrema purificazione dalle passioni. Ma persone che sono tuttora soggette alle passioni dovrebbero ascoltare attentamente ciò su cui un uomo ci ha informato. Ascoltando in condizione di dormiveglia un movimento analogo a quello che voi avete descritto, egli prestò grande attenzione e cosa udì? Il miagolio di un gatto, che suonava in modo assai preciso e singolare in maniera simile alle parole della preghiera. Sorella! Dobbiamo umiliare noi stessi. La nostra statura è tuttora molto piccola...

Dalla lettera del 9 ottobre 1863

Cercate di far ricorso più di frequente alla preghiera di Gesù: in ogni tempo, anche in chiesa, in particolare se la lettura non può essere udita a causa del baccano intorno a voi o del rumore dei turiboli.

Dalla lettera all’Archimandrita Agapit

Potete sempre sussurrare la preghiera di Gesù, mentre molti si sono procurati del danno con la preghiera mentale.

Dusepoleznoe Ctenie II (1892)

È bene pregare dinanzi al crocifisso, ricordando le sofferenze del Salvatore: gli sputi, gli schiaffi, le maledizioni, le battiture. Facendo questo lo spirito diventa umile.

Dalla lettera del 6 aprile 1879

Prima della preghiera del cuore cercate di avere la preghiera mentale, mantenendo la vostra attenzione concentrata nel vostro petto e coinvolgendo la mente nelle parole stesse della preghiera. Tale preghiera è più semplice e più conveniente. E se avete qualche successo in questa preghiera, allora, secondo la testimonianza di alcuni, essa si trasformerà in preghiera del cuore ...

Scrivete che avete consultato i vostri padri spirituali riguardo alla vostra mancanza di successo, ed essi vi hanno risposto che stavate puntando troppo in alto. Questo in parte è vero, poiché il vostro tentativo era accompagnato da una certa confusione. Dinanzi ai vostri padri spirituali tuttavia voi dovreste pentirvi soltanto con espressioni che essi possono capire. Chiedere il consiglio di chicchessia non è conveniente, in particolare riguardo a questioni come quella sulla quale scrivete.

I brani che abbiamo riportato mostrano in quale notevole misura Amvrosij fosse in grado di variare i propri consigli sulla questione della preghiera. La citazione conclusiva, ad esempio, riguarda qualcuno che ha ormai una considerevole esperienza nella preghiera. Amvrosij sapeva sempre adattare i suoi consigli alle persone che aveva dinanzi.

Il XIX secolo è stato, in generale, meravigliosamente ricco di padri spirituali russi. Oltre ai due predecessori di Amvrosij, Leonid e Makarij, esso ha conosciuto personaggi come san Serafim di Sarov,Ignatij Brjancaninov, Teofane il Recluso, Ioann di Kronstadt e l'anonimo "pellegrino" il cui trattato sulla preghiera è famoso in tutto il mondo. Questi uomini erano fondamentalmente d'accordo fra di loro, anche se a volte differivano leggermente nei loro consigli e nelle loro accentuazioni, il che talvolta potrebbe indurre i loro seguaci a una certa confusione.

Concludiamo questa presentazione di estratti dalla corrispondenza di Amvrosij con alcuni brani che dimostrano in quale modo Amvrosij rispondeva agli interrogativi riguardanti i suoi colleghi maestri nella direzione spirituale.

A un suo corrispondente egli scrive:

Dalla lettera del 18 aprile 1879

Scrivete chiedendo perché il vescovo Teofane non approvava le opere del vescovo Ignatij Brjancaninov. Non ho letto tutte le opere di quest'ultimo, ma ricordo alcune sue traduzioni inaccurate di passi dei santi padri. Ad esempio, nella Filocalia Simeone il Nuovo Teologo, trattando della terza via per conseguire l'attenzione nella preghiera, parla dell'obbedienza a uno starec e padre spirituale, senza la quale è difficile salvarsi con la preghiera di Gesù. Ma il vescovo Ignatij riferiva ciò a una semplice obbedienza monastica, e voi stesso sapete quale differenza vi sia fra queste due forme di obbedienza.
Può darsi che il vescovo Teofane abbia trovato molti altri passi trasmessi in modo poco accurato dal vescovo Ignatij. Tuttavia, il suo saggio sulla morte è ben scritto; e anche l'inganno della mente e del cuore non sono spiegati male da lui.

Amvrosij conosceva anche il “manoscritto del pellegrino”, come si vede dalla seguente lettera:

Dalla lettera del 7 novembre 1879

Incomincerò con la vostra ultima lettera, nella quale scrivete che siete riuscito ad avere tra le mani un manoscritto nel quale è dimostrato in maniera semplice come un certo contadino della provincia di Orel, che era stato istruito da un signore sconosciuto, raggiunse la preghiera di Gesù orale, mentale e del cuore. Voi scrivete che il manoscritto o memoria di questo contadino venne terminato nel 1859. Poco prima di quel tempo udimmo dal nostro compianto starec padre Makarij, che era andato da lui un laico, il quale aveva raggiunto un tale livello di preghiera spirituale che padre Makarij non seppe come reagire quando questi gli espose le varie condizioni della preghiera del cuore. Makarij poté dirgli soltanto: "Conserva la tua umiltà, mantieni la tua umiltà". E da quel momento parlò con stupore di quell'uomo. A quel tempo io collegai la cosa al mercante di Orel, Nemytov, che era un grande uomo di preghiera; ma ora penso che forse era costui quel laico del quale mi scrivete.

Poco dopo Amvrosij ebbe anche l'opportunità di leggere direttamente il manoscritto. Pur approvando l'opera, egli si disse convinto che il "pellegrino" fosse possessore di un "talento" assai particolare, concesso solamente a pochi:

Dalla lettera dell’8 febbraio 1880

Dirò poche parole sul manoscritto del pellegrino. In esso non vi è nulla di sbagliato. Il pellegrino visse come un pellegrino e condusse la vita di un itinerante, non condizionato da preoccupazioni o doveri, esercitandosi liberamente nella preghiera, come desiderava. Ma voi dovreste condurre la vostra vita come tesoriera del vostro monastero e come una donna malata che è sotto l'obbligo dell'obbedienza monastica.


* * *


VITA DEL SANTO MONACO DI GRANDE ABITO
AMBROGIO DEL MONASTERO DI OPTINA PUSTIN


Fonte: La paternità spirituale in Russia dal XVIII al XIX secolo " di W. Lossky e N. Arsenieff - Ed. Spiritualité orientale. Abbazia di Bellefontaine Francia. Trad. lgùmeno Dimitri (Fantini)

Dopo la morte dello Starez Macario, due persone gli succedettero nella funzione dello "starcestvo" nel Monastero di Optina: il Padre Ilario, rettore dello Skit e il Padre Ambrogio che assistette Macario nel lavoro dell'edizione dei testi patristici. Ilario morì nel 1873 ed Ambrogio, discepolo degli starez Leonida e Macario, restò il solo continuatore della loro tradizione. Natura estremamente ricca lo starez Ambrogio riuniva nella sua persona le qualità dei suoi predecessori. Possiamo dire che in lui lo "starcestvo " di Optina trovò il suo apogeo. Alexander Grenkoff nacque il 21 novembre 1812 in una famiglia appartenente al clero minore: il padre era Lettore in una parrocchia del villaggio nel governatorato di Tambov. La nascita del futuro starez avvenne nel giorno della festa parrocchiale. Una moltitudine di contadini venuti dalle località vicine gremiva il villaggio. " Io sono nato nella folla, e vivrò sempre in mezzo alla folla ", diceva lo starez. Il giovane Alessandro, molto dotato negli studi, era di una vivacità esuberante. Lo si vedeva correre continuamente nelle vie con i suoi compagni, e tuttavia, benché trascurasse di studiare le lezioni, fu sempre il primo nella scuola parrocchiale. Dopo la scuola entrò nel seminario di Tambov, ma, terminato il curriculum scolastico, non volle proseguire nella carriera ecclesiastica. Il futuro starez fece per qualche tempo il precettore in una famiglia di possidenti e occupò in seguito il modesto posto di maestro di scuola nel suo villaggio natale. Allegro e spirituale, Grertkoff era amato da tutti. Tuttavia a partire da un certo momento ci si cominciò ad accorgere che egli cercava spesso la solitudine, allontanandosi nel giardino o salendo nel granaio per pregare. Quando era in Seminario, ammalatosi gravemente, Alessandro aveva fatto voto di prendere l'Abito. Guarito egli rimandava sempre l'adempimento della sua promessa a restava nel secolo. Un giorno, passeggiando nella foresta, egli udì chiaramente nel mormorio di un ruscello le parole: " Lodate Dio, amate Dio". Il giovane istitutore si recò a trovare uno starez, il recluso Ilario conosciuto in tutta la regione di Tambov per la saggezza dei suoi consigli ispirati. Lo starez gli disse: " Va' ad Optina, tu vi troverai l'esperienza ". Nel 1839, durante le vacanze estive, Grenkoff visitò il monastero di Optina, ma non vi si fermò. Egli esitava ancora. Nell'autunno dello stesso anno, dopo una serata passata con particolare allegria, Grenkoff disse bruscamente ad uno dei suoi amici: " Non posso più restare qui. Parto per Optina ". Qualche giorno dopo, lasciò il suo villaggio, a fu ricevuto ad Optina dallo starez Leonida. Il novizio, dopo aver passato qualche tempo per l'obbedienza nel servizio della cucina, fu designato dallo starez Leonida al suo servizio come Lettore. Egli doveva dire ogni giorno, nella cella dello starez, le preghiere prescritte dalle regole monastiche. Non si sa perché‚ lo starez Leonida , scherzando, chiamava il suo nuovo discepolo " chimera ". Morendo egli lo affidò allo starez Macario. Alessandro Grenkoff ricevette il nome di Ambrogio nel momento della vestizione monastica. Presto egli fu ordinato Diacono. Una volta, durante il servizio, lo starez Antonio, priore dello Skit, domandò al giovane Diacono: " Ebbene, vi siete abituato..?". Ambrogio rispose con disinvoltura : " Grazie alle vostre preghiere, Padre mio ". Ma il padre Antonio completò la frase: " .. al timore di Dio ". Confuso il monaco comprese la lezione. Ordinato Prete, il padre Ambrogio non restò a lungo al servizio dell'Altare. Egli prese freddo, e, gravemente malato, dovette rimanere a letto per parecchi mesi. La sua salute fu rovinata per sempre: egli restò infermo fino alla fine della sua vita. Come il padre Macario egli dovette rinunciare a celebrare la Divina Liturgia a causa della sua estrema debolezza. La malattia temperò la natura troppo esuberante del padre Ambrogio; essa lo obbligò a rientrare in se stesso, a consacrarsi al lavoro incessante della preghiera interiore. Egli dirà più tardi: " La malattia è molto utile per un monaco. Se è malato, bisognerà che si curi un pò di tanto in tanto, giusto quel tanto che è necessario per sussistere.". Conoscendo il greco e il latino, il padre Ambrogio assisteva lo starez Macario nei suoi lavori di edizione dei testi patristici. Continuò questa occupazione anche dopo la morte del suo maestro e pubblicò molte opere di spiritualità, tra cui " La scala del Paradiso " di S. Giovanni Climaco. Ma i lavori di erudizione non erano sufficienti per il temperamento troppo attivo del padre Ambrogio. Egli cercava una comunione diretta con gli esseri umani. il suo spirito vivo e penetrante, arricchito dalla conoscenza della letteratura ascetica, s'interessava a tutto ciò che riguardava gli uomini: alla vita segreta dell'anima , ed anche alle attività e preoccupazioni esteriori.

Sotto l'azione della preghiera costante, la perspicacia naturale del padre Ambrogio si trasformava in chiaroveggenza, dono ammirabile della grazia che doveva fare di lui una delle figure più stupefacenti dello " starcestvo " russo. Ben presto non ci furono più segreti per lo starez Ambrogio: " Egli leggeva nell'anima come in un libro ". Un visitatore poteva restare in silenzio, mettersi in disparte, dietro le spalle degli altri, e pur tuttavia lo starez conosceva la sua vita, lo stato della sua anima, il motivo che l'aveva condotto ad Optina. Non volendo manifestare il dono della chiaroveggenza, lo starez poneva delle domande alle persone che volevano vederlo, ma fin dalla maniera d'interrogare egli dimostrava di essere già al corrente di tutto. Talvolta la vivacità dello starez Ambrogio lo spingeva a rivelare senza precauzioni ciò che sapeva. Così un giorno, egli rispose vivacemente a un giovane artigiano che si lamentava d'aver male ad un braccio: " Sì, tu hai male al braccio...ma perché hai picchiato tua madre? " Poi si riprese, confuso, e si mise a porre delle domande: " La tua condotta è sempre buona? Sei un buon figlio? Non hai mai offeso i tuoi genitori? " . Spesso lo starez usava delle allusioni discrete, quasi sempre sotto una forma umoristica, per lasciare capire alla gente che i loro difetti nascosti gli erano conosciuti; la persona che interpellava così era la sola a comprendere il sottinteso. Una dama che nascondeva accuratamente la sua passione per il gioco, gli domandò un giorno la sua " carta " ( fotografica ). Lo starez sorrise con rimprovero: " Cosa mi chiedete? Forse che giochiamo a carte nel monastero? " Avendo compreso l'allusione, la dama confessò la sua debolezza. Una giovane studentessa di Mosca, che non aveva mai visto lo starez, manifestava una grande animosità nei suoi riguardi, considerandolo un "vecchio ipocrita". Spinta dalla curiosità, ella venne un giorno ad. Optina, e si accostò alla porta dietro altri visitatori che attendevano. Lo starez entrò nel parlatorio, fece una corta preghiera, guardò un momento gli astanti ed avvicinandosi alla giovane donna " Ah! ma è Vera, ella è venuta a vedere il vecchio ipocrita! ". Dopo una lunga conversazione con Ambrogio, la ragazza cambiò opinione. Ella divenne più tardi una religiosa del Convento di Sciamordino fondato dallo Starez. Con gli indifferenti il padre Ambrogio non perdeva il suo tempo:li congedava dopo una breve conversazione, sempre in termini molto cortesi. Lasciandolo, questi visitatori, venuti solo per curiosità, dicevano abitualmente: " E' un monaco molto intelligente ". Intelligente lo starez Ambrogio lo era davvero. Questa facoltà naturale in lui, non aveva ormai più limiti nel suo esercizio grazie al dono del ragionamento che aveva acquisito. Egli sapeva apprezzare ogni fenomeno secondo il suo giusto valore. " Uomo spirituale ", egli poteva " giudicare di tutto ", secondo la parola di S.Paolo ( I^ Cor. 2,15 ). Questa qualità consentiva ad Ambrogio una larghezza di vedute illimitata. Non esisteva nessun campo chiuso alla sua comprensione, dove avrebbe dovuto recedere perché privo di conoscenze speciali. Così un possidente i. cui campi non rendevano niente, ricevette delle indicazioni dettagliate da parte dello starez, per creare un sistema d'irrigazione perfezionato. Attivo ed ingegnoso egli stesso, Ambrogio amava le persone decise e coraggiose, egli benediva sempre le imprese difficili e rischiose a condizione che esse fossero oneste. Negli affari finanziari, nelle questioni giudiziarie le più complesse, egli dava sempre un consiglio preciso. Non c'erano per lui delle piccole cose senza interesse: tutto ciò che preoccupava il suo interlocutore diventava l'oggetto principale della sua attenzione. Una contadina gli venne a raccontare la sua disgrazia: le oche della sua padrona morivano una dopo l'altra e la sua padrona la voleva licenziare. Lo starez ragionò con pazienza con la povera donna sul modo con cui nutriva le oche, poi le diede alcuni consigli pratici. I testimoni di questa scena ridevano o s'indignavano contro la vecchia che aveva osato disturbare lo starez per le sue oche. Dopo aver congedato la contadina, Ambrogio si rivolse ai presenti: " Cosa volete, tutta la sua vita è in quelle povere bestiole ". Mai, davanti alle difficoltà materiali della gente semplice che veniva a visitarlo, lo starez Ambrogio ha detto: " Questo non mi riguarda; io non mi occupo che delle anime ". Egli sapeva molto bene che bisogna prima nutrire quelli che hanno fame e poi parlar loro delle opere della giustizia. Egli aveva il cuore attento, aveva la capacità d'amare senza limiti ogni persona che si trovava alla sua presenza, dimenticando se stesso, e questo oblio incessante di se stesso davanti al prossimo costituiva la vita scelta dalla starez Ambrogio. Egli diceva: " Tutta la mia vita l'ho passata a coprire il tetto degli altri, così il mio tetto è rimasto scoperto ". Ma la persona umana non può raggiungere la perfezione suprema se non cessando d'esistere per se stessa, per donarsi a tutti. E' il fondamento della parola evangelica che, quando è vissuta fino in fondo, rende i veri cristiani simili a Dio, perché Dio è il centro vivente e personale di tutto l'amore. Nessun difetto umano, nessun peccato costituiva un ostacolo all'amore dello starez Ambrogio: prima di giudicare, egli compativa ed amava. E' per questo che i peccatori andavano da lui senza timore con confidenza e speranza. Una ragazza divenuta incinta, fu maledetta e cacciata dalla sua famiglia da suo padre, un ricco mercante. Ella venne a cercare rifugio e consolazione presso lo starez Ambrogio. Egli l'accolse con dolcezza e l'affidò a degli amici in una città vicina, dove poté mettere al mondo il suo bimbo. Lo starez, inviava regolarmente del denaro alla giovane madre, che veniva di tempo in tempo a trovarlo insieme al suo figlio. Su consiglio dello starez , la giovane donna, che sapeva dipingere, si mise a guadagnare qualcosa dipingendo delle Icone. Qualche anno più tardi il mercante si riconciliò con sua figlia e si affezionò al suo nipotino. Ambrogio cercava sempre in primo luogo di consolare gli esseri umani delle loro pene e poi di guidarli. sulla via della giustizia. Verso la fine della sua vita lo si intese spesso dire a bassa voce scuotendo la testa: " Ero severo all'inizio del mio "starcestvo" ma al presente sono diventato debole: la gente ha tanto dolore, tanto dolore! ". Quando accoglieva dei nuovi visitatori, lo starez andava sempre dai più oppressi, sceglieva coloro che avevano più bisogno di consolazione e trovava le parole necessarie per rendere loro il coraggio, la speranza, la gioia di vivere. Sempre buono verso tutti, manifestando ii preferenza il suo amore alle persone più sgradevoli, difficili da sopportare, ai peccatori incalliti, disprezzati dalla società, giammai egli ha disperato davanti all'abisso dei. peccati umani, giammai egli ha detto : " Non posso nulla! ".

Il segreto della chiaroveggenza del Padre Ambrogio, risiedeva nella sua carità. Non solamente egli amava tutti coloro che venivano da lui, ma egli aveva la facoltà d'identificarsi con loro, così che egli amava ugualmente i loro vicini, gli oggetti a cui erano affezionati, tutto ciò che costituiva la loro vita. Lo spirito di padre Ambrogio abbracciava tutta la vita interiore ed esteriore della persona con la quale egli aveva a che fare: è perciò che egli poteva guidare con sicurezza la volontà dell'uomo accordandola a quella di Dio. I destini umani gli erano aperti; si può dire che partecipava al consiglio divino riguardo ad ogni persona. Gli esempi di questa conoscenza dei destini provvidenziali sono molto numerosi nella pratica dello starez Ambrogio. Eccone qualcuno dei più tipici. Una ragazza povera fu richiesta in matrimonio da un ricco mercante attirato dalla sua bellezza. Lo starez consigliò a sua madre di rifiutare il mercante, dicendo che egli aveva in vista per la ragazza un partito infinitamente migliore. La madre replicò : " Non c'è un partito migliore per noi; mia figlia non può certo sposare un principe! ". Il fidanzato che io ho per tua figlia è così grande che non puoi immaginare - insistette lo starez - rifiuta il mercante. La madre obbedì allo starez; ella dissuase il fidanzato di sua figlia. Qualche giorno dopo la giovane cadde improvvisamente malata e morì. Due sorelle vennero una volta ad Optina. La maggiore di natura chiusa, pensosa, molto pia; l'altra, esuberante di gioia, non pensante che al fidanzato. L'una cerca di entrare in un monastero, l'altra voleva che lo starez benedicesse la sua felicità coniugale. Ricevute le due ragazze, il padre Ambrogio, senza dire nulla, diede alla fidanzata un rosario. Poi si rivolse a sua sorella: " Perchè parli di monastero? Presto ti sposerai! ". Ed egli nominò una regione lontana dove essa avrebbe dovuto incontrare il suo futuro marito. Rientrata a S. Pietroburgo, la fidanzata apprese che colui che ella amava l'aveva ingannata. Nel suo dolore ella si rivolse completamente a Dio; la sua natura subì un cambiamento profondo; ella rinunciò al secolo ed entrò in un convento. Nello stesso tempo la sua sorella maggiore fu invitata da una zia di provincia la cui proprietà si trovava in prossimità di un monastero femminile. Ella vi andò pensando di trovare l'occasione di prendere una conoscenza più completa della vita monastica. Ma un incontro che ella fece nella casa di sua zia, cambiò tutto: la giovane postulante divenne presto una sposa felice. Quelli che conoscevano bene lo starez Ambrogio sapevano per esperienza personale che bisognava obbedire a tutto quello che diceva, senza mai contraddirlo. Egli stesso aveva l'abitudine di dire: " Non discutete mai. con me. Io sono debole, potrei cedervi e questo sarebbe sempre nocivo voi ". Si racconta la storia di un artigiano che, dopo aver fabbricato una nuova Iconostasi per la chiesa di Optina venne dallo starez Ambrogio per ricevere la sua benedizione prima di rientrare a casa a Kaluga, a 60 Km. dal monastero. I cavalli erano già attaccati, l'artigiano era ansioso di ritornare alla sua bottega, sapendo che una commessa vantaggiosa lo attendeva. Ma lo starez, dopo averlo trattenuto a lungo, lo invitò a ritornare l'indomani, dopo la Liturgia, a prendere il tè nella sua cella. L'artigiano lusingato da questa attenzione del sant'uomo non osò rifiutare. Egli sperava di trovare ancora il suo cliente a Kaluga, arrivandovi verso la fine del pomeriggio. Ma lo starez non volle lasciarlo partire; volle che l'artigiano ritornasse ancora a prendere il tè nella sua cella prima dei Vespri. La sera Padre Ambrogio rinnovò il suo invito per l'indomani. L'artigiano, molto deluso, ma non osando protestare, obbedì di nuovo. E così fu per ben tre giorni. Lo starez congedò finalmente l'artigiano:" Grazie, amico mio, per avermi obbedito, Dio ti conserverà, và in pace! ". Qualche tempo dopo, l'artigiano venne a sapere che due dei suoi lavoranti più vecchi, sapendo che doveva rientrare da Optina con una somma di danaro considerevole, gli avevano teso un agguato per tre giorni e tre notti nella foresta, vicino alla carrozzabile di Kaluga, con l'intenzione di ammazzarlo. I consigli dello starez Ambrogio, quando erano seguiti dai suoi figli spirituali, dirigevano le persone ad illuminarsi pienamente, a portare i frutti della grazia. Un giovane prete fu designato, secondo il suo desiderio, nella parrocchia più povera della diocesi d'Orel, ma dopo un anno d'esistenza difficile, egli perse il coraggio e volle essere inviato altrove. Prima di fare la sua domanda, il giovane prete andò a consultare lo starez Ambrogio. Avendolo scorto di lontano, lo starez gli gridò: " Vattene, rientra a casa tua, padre! Lui è solo e voi, voi siete in due." Poi spiegando il senso delle sue parole, aggiunse: " Il demonio è solo a tentarti, ma tu hai Dio per aiutarti. Rientra a casa tua. E' un peccato lasciare la propria parrocchia. Celebra la Liturgia ogni giorno e non aver nessun timore: andrà tutto bene! " Il prete , incoraggiato riprese il suo lavoro pastorale con pazienza. Dopo lunghi anni dei doni meravigliosi si rivelarono in lui: il padre Giorgio Kossoff divenne uno starez rinomato. La conoscenza dei disegni provvidenziali , il potere sui destini umani si manifestarono in modo sconvolgente nello starez Ambrogio nel momento in cui intraprese la fondazione di un Convento femminile a Sciamordino. Su consiglio dello starez una sua figlia spirituale, la ricca proprietaria Kluciareff, acquistò la tenuta di Sciamordino, a 12 Km. da Optina. Nel pensiero della pia dama che voleva prendere il velo, questa proprietà doveva assicurare l'avvenire alle sue nipotine, due gemelle orfane. Lo starez Ambrogio si recava sovente a Sciamordino, a vedere la costruzione della nuova casa delle signorine Kluciareff. Costruita con i consigli dello starez, questa nuova casa signorile aveva piuttosto le caratteristiche di un monastero. Le due fanciulle vi si istallarono con alcune donne, fedeli ancelle dei Kluciareff. La loro nonna che abitava a Optina in una casa vicina al monastero si occupava dell'istruzione delle due fanciulle. Per donar loro una buona educazione mondana volle far venire a Sciarnordino una governante francese. Ma lo starez si oppose. Non volendo rattristare la nonna non volle rivelarle la vera causa del suo rifiuto; ma parlò apertamente ad un'amica della famiglia Kluciareff: " Le piccole non vivranno a lungo - disse - non è alla vita di questo mondo che bisogna prepararle, ma alla vita eterna. Le monache subentreranno loro a Sciamordino e pregheranno per il riposo delle loro anime ". La nonna morì nel 1881 e, due anni dopo, le sue nipoti, figliole e discepole dello starez Ambrogio, morirono insieme di difterite, all'età di dodici anni. Un anno più tardi, nel 1884 una comunità di religiose s'istallava a Sciamordino.

Attirate dalla rinomanza dello starez Ambrogio, direttore spirituale delle monache di Sciamordino, donne di tutte le classi sociali domandarono di entrare nel nuovo Convento. Ben presto il numero delle religiose si elevò a cinquecento. Si dovettero costruire in fretta dei nuovi edifici per alloggiare le suore che affluivano sempre più, per accogliere un ospizio per le donne anziane, un orfanotrofio, una scuola. Lo starez creò a Sciamordino una grande famiglia unita dalla preghiera e dal lavoro. Vi veniva spesso a passare qualche giorno in mezzo alle sue figlie spirituali. I soggiorni prolungati dello starez Ambrogio a Sciamordino, provocarono il malcontento delle autorità religiose. Si fece rilevare allo starez che non doveva privare del suo aiuto i visitatori che venivano sempre più numerosi a Optina. E' un fatto assai eloquente che dimostra a qual punto l'atteggiamento dell'episcopato nei confronti dello " starcestvo " era cambiato dal tempo dello starez Lev. La corrispondenza dello starez Ambrogio fu immensa. Ogni giorno egli riceveva trenta o quaranta lettere. Le disponevano davanti a lui sul pavimento, ed egli col suo bastone, indicava quelle che richiedevano una risposta urgente. Spesso egli conosceva il contenuto di una lettera prima ancora di aprirla. Le persone più disparate richiedevano consigli allo starez. Una giovane artista francese, cattolica romana, gli scrisse da S. Pietroburgo, cercando una consolazione spirituale nel suo dolore: aveva appena perso l'uomo che amava. Per ciascuno, Padre Ambrogio trovava le parole necessarie, quelle che vanno dritte al cuore, che risvegliano la persona umana alla vita spirituale. Se si considera il lavoro quotidiano reso da questo vecchio monaco infermo, il numero delle lettere alle quali egli rispondeva, la quantità dei visitatori che riceveva, trovando ogni volta la risposta giusta, una risoluzione semplice per le situazioni più complicate, ci si rende conto che uno sforzo puramente umano non poteva sopportare questo compito. L'opera dello starez è inconcepibile senza il concorso della grazia divina. Gli increduli, i " cercatori di Dio " così numerosi nell'intellighenzia russa verso la fine del secolo scorso, andavano dallo starez Ambrogio la cui sola presenza riaccendeva la loro fede spenta. Un uomo che aveva passato anni a cercare la " vera religione " e non l'aveva trovata da Tolstoi, giunse infine ad Optina, " se non per vedere " "Ebbene guardate!" gli disse lo starez alzandosi davanti a lui e fissandolo con i suoi occhi pieni di luce. L'uomo si sentì come riscaldato da quello sguardo. E restò molto tempo ad Optina. Un giorno disse allo starez: " Ho ritrovato la fede! " Tutte le vie spirituali della Russia al declinare del sec. XIX passano da Optina. Vladimir Solovieff e Dostoievsky vi sono venuti. L'incontro con lo starez non ha lasciato nessuna traccia nell'opera di Solovieff. Questo metafisico il cui pensiero cercava una sintesi cristiana, nel contesto dell'idealismo neopiatonico e tedesco, questo visionario che viveva in una tradizione mistica estranea a quella del cristianesimo, questo utopista preso dall'idea teocratica, era insensibile alla tradizione vivente dell'Ortodossia, alle realtà,storiche della Chiesa russa del suo ternpo. Egli è passato accanto allo "starcestvo" senza dargli importanza. Nel suo "Racconto sull'Anticristo", preso da questa angoscia apocalittica, che caratterizzò la fine della sua vita, Solovieff rappresenterà l'Apostolo S. Giovanni, " testimone " della Chiesa d'Oriente, che ritorna verso la fine del tempo sotto le sembianze di uno starez russo. La stessa immagine del " monaco russo " si presentò allo spirito di Dostojevsky quando volle incarnare nella sua opera l'ideale della santità. Non poteva non pensare al suo incontro con lo starez Ambrogio nel creare il personaggio dello starez Zosima ne " I fratelli Karamazov". Tutto l'ambiente esteriore, la descrizione del monastero fino ai minimi dettagli, l'attesa dei visitatori, la scena dell'udienza dallo starez fanno pensare ad Optina. Ma lo starez Zosima non ha quasi niente in comune col padre Ambrogio. E' una figura assai sbiadita, troppo idealizzata per essere un ritratto dipinto dal vivo. Zosima riproduce piuttosto qualche tratto del carattere di S. Tikon; di fatto Dostoievsky si è servito dagli scritti del Vescovo di Voronez nel redigere " gli insegnamenti " dello starez Zosima. Costantin Leontieff, questo grande antagonista di Dostoievsky, affermava che " I fratelli Karamazov " non avevano trovato credito a Optina. Questo " cristianesimo di color rosa " avrebbe, secondo Leontieff un'impronta di sensibilità malata estranea allo spirito del monachesimo russo. Questa annotazione è giusta in un certo verso: il genio torbido " dionisiaco " di Dostoievsky non era fatto per apprezzare la sobrietà spirituale così caratteristica per lo " starcestvo " in generale e soprattutto per Optina all'epoca dello starez Ambrogio. Ma d'altra parte, ci si può domandare se lo stesso Leontieff ha mai compreso la tradizione giovannea della spiritualità russa incarnata da S. Serafino di Sarov e dallo starez Ambrogio. In effetti Leontieff cercava altre cose nell'Ortodossia: preso dalla bellezza pagana dell'essere creato, esteta timoroso che il progresso del cristianesimo non portasse all'impoverimento delle forme naturali di vita, Leontieff non poteva desiderare la trasfigurazione della creatura. Nella Chiesa egli cercava unicamente la sua salvezza individuale, un ideale ascetico, delle parole austere sulla morte, sulla vanità di tutte le cose, il timore di Dio che egli potrebbe opporre al suo attaccamento appassionato al cosmo non purificato, alla sua ammirazione davanti alla " bellezza ingannevole ed accattivante del male ". Nulla di più estraneo allo spirito di. Optina del cristianesimo di Leontieff. Tuttavia, avendo incontrato lo starez Ambrogio, quest'uomo fantasioso e appassionato non volle più lasciarlo: egli passò 15 anni in una piccola casa che si fece costruire nel recinto del monastero. Su consiglio di padre Ambrogio, Constantin Leontieff si fece monaco nel monastero della Trinità e di S. Sergio nel 1890. Altri maestri del pensiero russo hanno sentito l'attrattiva irresistibile di 0ptina. Lev Tolstoj ebbe qualche colloquio con lo starez Ambrogio. Scomunicato, solitario, malato, è ancora ad Optina che egli verrà, in uno slancio d'angoscia, qualche giorno prima di morire, per vagabondare attorno allo " skit " senza osare entrarvi... Strakoff, Rozanoff, quanti altri ancora, in un certo momento della loro vita si sentirono attratti da Optina, portato all'apogeo della fama dallo starez Ambrogio. Il padre Ambrogio era di taglia media ma molto curvo e camminava faticosamente appoggiato ad una canna. Infermo, la maggior parte del tempo restava coricato e riceveva i visitatori semiseduto nel letto.

Di bell'aspetto da giovane, lo starez aveva un viso pensieroso quando restava da solo, ma allegro e animato in presenza d'altri. Questo viso cambiava frequentemente d'espressione: talvolta guardava il suo interlocutore con tenerezza, talvolta iniziava con un riso giovane e comunicativo, oppure chinava la testa ed ascoltava in silenzio ciò che gli veniva detto e restava poi alcuni minuti in meditazione profonda prima di prendere la parola. Gli occhi neri dello starez fissavano colui che ascoltava e sembrava che questo sguardo penetrasse fin nel profondo dell'essere umano cosicché nulla gli potesse rimanere nascosto; da ciò derivava un sentimento di benessere, di calma interiore, di gioia. Sempre affabile e allegro, pieno di buonumore, lo starez Ambrogio aveva la battuta adatta sulle labbra anche nei momenti di strema fatica, verso la fine della sua vita, dopo aver parlato per dodici ore di seguito ai visitatori che venivano nella sua cella. Ogni mattino si preparava al suo compito quotidiano pregando in solitudine: erano i soli momenti nei quali il padre Ambrogio non lasciava entrare nessuno, non volendo che lo si vedesse durante la sua preghiera. Le persone che hanno tentato di rompere questo divieto hanno visto lo starez seduto sul suo letto immerso nell'orazione: il suo viso esprimeva la gioia indicibile, la presenza di Dio era talmente manifesta che i visitatori non osavano restare un minuto di più nella sua cella. Un giorno uno ieromonaco dello skit entrando da padre Ambrogio nell'ora della preghiera vide risplendere il volto dello starez di una luce insopportabile allo sguardo umano. Per evitare ogni manifestazione troppo evidente di santità, lo starez Ambrogio non operava mai guarigioni: egli inviava i malati a un pozzo benedetto dove essi recuperavano la salute dopo un'immersione. Ma i segni miracolosi si moltiplicavano. Un giorno quando la folla si assiepava nel cortile del monastero per ricevere la benedizione dello starez, si udì un tale levare un grido di sorpresa: E' lui, è lui! " Avendo scorto l'uomo che gridava, lo starez divenne tanto confuso, ma era troppo tardi per dissimulare il fatto: l'uomo riconobbe nel padre Ambrogio il vecchio che gli era apparso in sogno qualche giorno prima invitandolo a venire ad Optina per ricevere un aiuto efficace nella sua situazione disperata. Un altro caso di apparizione dello starez Ambrogio a una persona che aveva bisogno di lui è ancora più stupefacente. Bisogna dire che lo starez, infermo, non lasciava mai Optina, salvo quando andava a Sciamordino. E' in questo convento, in mezzo alle sue figlie spirituali che egli passò l'ultimo anno della sua vita.
A quest'epoca un povero gentiluomo di provincia, oppresso da una famiglia numerosa, avendo perso il suo posto d'intendente presso un ricco possidente, ebbe l'idea di andare ad Optina. Egli sperava che lo starez Ambrogio, di cui aveva molto sentito parlare, potesse aiutarlo. Un giorno egli scorse dalla finestra un vecchio monaco pellegrino che passava davanti alla sua casa appoggiato ad un bastone. Secondo la pia usanza dei contadini russi egli fece entrare in casa il vecchio monaco e gli offrì da mangiare; gli raccontò le sue pene e gli espresse il desiderio di recarsi ad Optina. Il vecchio pellegrino disse al suo ospite che il padre Ambrogio si trovava a Sciamordino e gli consigliò di recarsi colà al più presto se voleva trovare lo starez ancora in vita. Il pellegrino stava per uscire, ma la padrona di casa volle si trattenesse fino all'indomani; lo si cercò ma il vecchio era scomparso. Quale fu la sorpresa del povero gentiluomo, a Sciamordino, quando riconobbe nello starez Ambrogio il vecchio pellegrino che aveva accolto in casa sua qualche giorno prima! Si prosternò davanti allo starez, volendo rivelare l'accaduto, lo starez però gli intimò: " Taci, taci! ", ed aggiunse indicando una dama che si trovava nella folla dei visitatori :" Tu sarai l'intendente delle sue proprietà ".
Venuto a Sciamordino nell'estate del 1890, lo starez Ambrogio cadde malato e dovette restarvi tutto l'inverno. Nella primavera del 1891 egli si sentì un po' meglio ma una debolezza estrema gli impediva di rientrare a Optina. Continuava a ricevere i visitatori da mattina a sera, benchè la sua voce fosse diventata così debole che a malapena si capiva quello che diceva. I monaci di Optina reclamavano il ritorno dello starez nel suo monastero, si parlava anche di ricondurlo a forza, ma il padre Ambrogio rispondeva che restava a Sciamordino per una volontà espressa di Dio, e che sarebbe morto per strada se lo si riportava ad Optina. Il Vescovo di Kaluga ordinò il ritorno dello starez allo skit. Verso la fine di settembre, il Vescovo manifestò il proposito di andare personalmente a Sciamordino per ridurre all'obbedienza il padre Ambrogio Le suore, preparandosi a ricevere il Vescovo, domandarono allo starez che cosa bisognava cantare durante l'entrata solenne. Lo starez rispose Noi gli canteremo : Alliluia! ' ; aggiunse inoltre che aveva l'intenzione d'incontrare il Vescovo in mezzo alla navata - cosa contraria all'usanza-. Lo stato del malato si aggravò. Egli perse totalmente l'udito, di modo che i visitatori che non cessavano di sedersi persino sul suo letto di morte, dovettero scrivere i loro problemi su un grande foglio di carta. A partire dal 6 Ottobre, si attese la fine da un momento all'altro. Lo starez ricevette l'unzione degli infermi e la comunione, assistito dal suo discepolo e successore, il padre Josef di Optina. Era il 9 Ottobre. L'Archimandrita Isacco, abate di Optina, che venne per l'ultima volta a rendere visita al grande starez, pianse a dirotto nel vederlo. All'indomani, il moribondo restò senza muoversi. Il I0 Ottobre alle ore 11,30 dopo la lettura delle preghiere del trapasso, lo starez Ambrogio levò il braccio, fece il segno dalla croce e cessò di respirare. Il suo viso era luminoso, le sue labbra erano atteggiate in un sorriso di gioia profonda. In quel momento il Vescovo di Kaluga lasciava la sua città per recarsi a Sciarnordino. Durante il viaggio, ricevette il telegramma che gli annunciava la morte dello starez. Quando, tre giorni dopo, il prelato fece il suo ingresso nella chiesa di Sciamordino, il coro stava cantando l'Alliluia dell'Ufficio funebre. La bara aperta del padre Ambrogio si trovava nella navata della chiesa. Molto tempo prima della sua malattia lo starez aveva avvertito il padre Josef che la sua spoglia, contrariamente a quelle dei suoi pr"Questo mi capiterà - diceva - perché ho avuto troppa g1oria immeritata nella mia vita"'. In effetti, all'inizio, un cattivo odore si fece sentire, ma esso disparve progressivamente. Nel giorno del funerale il corpo dello starez emanava un profumo sconvolgente. Più di ottomila persone vennero a rendere omaggio alla salma che restò esposta per quattro giorni. Ciascuno cercava di mettere 'per un istante sul corpo dello starez un fazzoletto o un panno al fine di conservarlo in seguito come un oggetto sacro. I monasteri di Optina e di Sciamordino si disputavano la sepoltura di padre Ambrogio. Il Santo Sinodo, messo al corrente di questa contesa si pronunciò in favore di Optina. Il 14 Ottobre, sotto una pioggia d'autunno, il corpo dello starez Ambrogio fu trasportato ad Optina. La bara, portata alta sulle spalle, dominava una folla immensa. In tutti i villaggi, il clero e il popolo, venivano ad aggiungersi alla processione con le Icone e gli stendardi. Ci si fermava di tempo in tempo per recitare le Ectenie. Questo corteo funebre rassomigliava sempre più a una traslazione delle Reliquie. Si notò che i grandi ceri che circondavano il feretro non si spensero durante il viaggio nonostante le intemperie. Qualche anno prima della sua morte lo starez Ambrogio aveva fatto dipingere un'Icona della S. Vergine benedicente il grano mietuto. Egli la chiamò "Nostra Signora la Mietitrice" e istituì la sua festa al 15 Ottobre. Questo fu proprio il giorno in cui il suo corpo doveva essere consegnato alla terra. Lo starez Ambrogio fu inumato presso la chiesa del monastero di Optina, vicino al suo Maestro, lo starez Macario. Più tardi una cappella fu costruita sulla sua tomba, dove delle lampade bruciavano perpetuamente davanti alle Icone della Vergine e di S. Ambrogio di Milano, patrono dello Starez. Sulla pietra tombale vennero incise le parole di S.Paolo: " Io sono stato debole con i deboli, al fine di guadagnare i deboli. Io mi sono fatto tutto a tutti per salvarne in ogni modo qualcuno ".

* * *

Michail V. Skarovskij

GLI ULTIMI GRANDI "STARCY" DI OPTINA:

ANATOLIJ POTAPOV E NEKTARIJ TICHONOV

La rivoluzione d'ottobre' e l'inizio della politica antireligiosa del potere sovietico segnarono un confine tragico nella storia di Optina Pustyn'. Anche qui ebbe inizio un periodo di dure per­secuzioni nei confronti dei monaci, di graduale chiusura delle chiese del monastero, fino alla sua completa soppressione. Negli ultimi anni di esistenza di Optina ebbero la ventura di vivere due grandi starcy: gli ieroschimonaci Anatolij e Nektarij. Furono proprio loro a guidare il gregge durante le persecuzioni e a la­sciare parole profetiche sul destino della Russia e la futura rina­scita di Optina stessa.

Lo starec Anatolij il Giovane (Aleksandr Alekseevic Potapov) nacque il 15 febbraio 1855 a Mosca, in una famiglia di mercan­ti; dopo aver ricevuto l'istruzione scolastica fece il commercian­te e lavorò come commesso a Kaluga. Sua madre non voleva che il figlio entrasse in monastero e soltanto dopo la sua morte Alek­sandr poté entrare a Optina, il 15 febbraio 1885. Egli fu de­stinato allo skit di San Giovanni il Precursore come discepolo e assistente di cella dello starec Amvrosij. Il 23 aprile 1888 Pota­pov ricevette la prima tonsura e vestì l'abito, mentre il 3 giugno 1895, dopo dieci anni di obbedienza, il futuro starec ricevette la tonsura e il mantello monastico con il nome di Anatolij, in onore di sant'Anatolio, patriarca di Costantinopoli. Il 5 luglio 1899 il vescovo di Kaluga Makarij Troickij lo ordinò ierodiacono, il 26 marzo 1906 padre Anatolij fu ordinato ieromonaco e con dispo­sizione del concistoro di Kaluga del 6 marzo 1906 fu nominato confessore del monastero femminile di Samordino dell'Icona della Madre di Dio di Kazan'.

Nel 1908, dopo la morte del confessore di Optina, lo iero­schimonaco Savva, padre Anatolij fu trasferito dallo skit di San Giovanni Precursore nel monastero e si installò in una cella presso la chiesa dell'Icona della Madre di Dio di Vladimir. Da allora egli iniziò a ricevere nel monastero innumerevoli pellegri­ni, tutti bisognosi di una parola di conforto. Ben presto lo starec Anatolij divenne noto in tutta la Russia, in particolare tra i sem­plici fedeli di estrazione popolare. Benché il Signore gli avesse concesso straordinari doni spirituali, egli non solo non faceva nulla per esser considerato uno starec, una guida spirituale, ma faceva il possibile per evitarlo. Tuttavia per obbedienza egli do­vette assumersi il compito di starec, in quanto scelto dalla comu­nità. Ricevendo soprattutto i laici, padre Anatolij trattava la gente con grande amore: era sempre gentile, benevolo, cordiale. Egli aveva acquisito i doni spirituali della chiaroveggenza, dell’amore, della consolazione e della capacità di guarire le perso­ne; lo starec soccorreva i sofferenti, dissimulando il proprio in­tervento inviandoli alla sorgente di san Pafnutij Borovskij o sulla tomba dello starec Amvrosij.

A poco a poco, attraverso i pellegrini, la notorietà di padre Anatolij raggiunse la capitale. Dal 1910 in poi lo starec andò più volte a San Pietroburgo ed ebbe là molti figli spirituali, apparte­nenti a vari strati sociali. Di uno dei suoi primi viaggi nella capi­tale negli anni 1911-12 scrisse più tardi nel suo libro di ricordi la monaca Veronika (V. S. Vraskaja-Kotljarevskaja), che in quel pe­riodo era attrice del teatro Aleksandrinskij con lo pseudonimo di Stachova:

In quel tempo arrivò a Pietroburgo padre Anatolij, forse l'u­nico starec "di una volta" ancora esistente. Lo avevano chia­mato a Pietroburgo alcune persone vicine al sovrano. Esse ve­devano l'influsso distruttivo di Rasputin sulla famiglia impe­riale e fecero il tentativo di sostituirlo con un "vero starec". Ma padre Anatolij era in età già molto avanzata, la vita di cor­te non era fatta per lui, evidentemente la volontà di Dio non era questa. Egli ben presto se ne tornò a Optina.

La Vraskaja-Kotljarevskaja fece visita allo starec, mentre era ospite di un suo figlio spirituale, il noto mercante Savva Ma­montov, e da qual momento l'attrice, che non era credente, ini­ziò un graduale avvicinamento alla fede.

Molti esponenti del clero, noti nella storia della Chiesa or­todossa russa del XX secolo, furono figli spirituali di padre Ana­tolij, tra i quali ricordiamo l'arcivescovo Serafim Sobolev, il ve­scovo Trifon Turkestanov, lo scrittore spirituale e presbitero Va­lentin Svencickij, l'arciprete Nikolaj Zagorovskij (che ricevette prima di morire la tonsura monastica con il nome di Serafim), canonizzato nel 2000. Pavel Florenskij si rivolse a lui per avere consigli. Nel 1914 la granduchessa Elizaveta Fedorovna si con­fessò dallo starec ed ebbe con lui una lunga conversazione.

Nell'autunno del 1916 padre Anatolij giunse a Pietrogrado per la benedizione del luogo e la posa della prima pietra del podvor'e del monastero di Samordino nella capitale. Egli si fermò nella casa di un figlio spirituale, il noto mercante e benefattore Usov (morto negli anni venti nel lager delle Solovki). Subito eb­be inizio un vero e proprio pellegrinaggio per vedere lo starec; durante il suo soggiorno a Pietrogrado alla porta della casa c'era una fila di persone che desideravano parlare con padre Anatolij. Lo starec presentiva l'avvicinarsi degli sconvolgimenti della rivo­luzione. Al tempo del suo ultimo viaggio nella capitale appartie­ne la sua terribile profezia sulle imminenti vicende della Russia, nel caso di un rovesciamento dell'imperatore Nicola II, di cui padre Anatolij era un grande estimatore:

"Non c'è peccato più grande dell'opposizione alla volontà dell'unto da Dio... La sor­te dello zar è la sorte della Russia. Se lo zar gioisce, anche la Russia gioisce. Se lo zar piange, anche la Russia piange ... Come un uomo con la testa tagliata non è più un uomo, ma un cadave­re maleodorante, così la Russia senza zar sarà un cadavere ma­leodorante".

Pochi mesi dopo, la rivoluzione di febbraio portò alla fine della monarchia. Nel febbraio 1917 lo starec si stava dirigendo di nuovo a Pietrogrado, ma a Mosca fu sorpreso dagli eventi. In quei giorni tempestosi padre Anatolij pronunciò la sua più famo­sa profezia sul futuro della Russia: la distruzione dello stato, del paese e la successiva rinascita:

Ci sarà una tempesta e la nave russa sarà distrutta. Ma la gen­te si salva anche sulle schegge e sui rottami. E non tutti soc­comberanno. Che cosa avviene dopo la tempesta? Dopo la tempesta viene la calma. Ma la nave non esiste più, è distrut­ta, perita, tutto è andato perduto... Non così si manifesterà il grande prodigio di Dio, ma... tutte le schegge e i rottami per volere di Dio si raccoglieranno e si riuniranno e rinascerà la nave nella sua bellezza e si avvierà per la sua strada, prescritta da Dio. Questo sarà il prodigio manifesto a tutti.

Poco dopo lo ieromonaco Anatolij tornò nell'eremo. La sua autorevolezza e la sua fama, come quelle dell'altro starec di Opti­na, padre Nektarij, erano tanto grandi che alla fine del 1917-ini­zio del 1918, già dopo la rivoluzione d'ottobre, molti pietrogra­desi chiedevano alle autorità ecclesiastiche di invitare gli starcy di Optina nella capitale, perché insegnassero come vivere e che cosa fare nei tempi torbidi che erano sopravvenuti. Mai in pre­cedenza il fenomeno dello starcestvo ortodosso in Russia aveva avuto una simile portata sociale.

All'inizio del 1918 il nuovo potere sovietico dichiarò il mona­stero ufficialmente chiuso, ma nelle mura del convento fu crea­ta la cooperativa agricola "Optina", composta sostanzialmente dai monaci del monastero. Ed effettivamente la vita dell'eremo continuò ancora per circa cinque anni: come prima si svolgeva­no le funzioni nelle chiese, come prima molte persone andavano dagli starcy. Ma gradualmente le persecuzioni si intensificavano. All'autunno del 1919 risalgono i primi arresti di monaci. Padre Anatolij, anche nei duri anni della guerra civile, continuò a gui­dare spiritualmente il suo numeroso gregge, nonostante il grave peggioramento delle sue condizioni di salute.

Le persecuzioni si intensificarono particolarmente prima e durante la campagna di confisca dei beni della chiesa, nel 1921-1922. Agenti degli organi di sicurezza perquisirono persi­no la cella di padre Anatolij, confiscarono quel poco che lo ieromonaco non era riuscito a distribuire ai suoi figli spirituali e lo arrestarono. Lo starec,malato, fu portato in prigione a Kaluga, ma durante il viaggio le sue condizioni peggiorarono ed egli fu ricoverato all'ospedale. Là, preso erroneamente per un ammala­to di tifo, gli furono rasati i capelli e la barba. Dimesso final­mente dal medico, lo ieromonaco allo stremo delle forze ritornò al convento e poco dopo, nell'estate del 1921, ricevette il grande abito monastico (lo schema).

Nonostante la grave malattia e le sofferenze, lo starec, appena gliene era concessa la possibilità, continuava il suo ministero di guida spirituale. L'11 agosto 1922, nel monastero fece di nuovo irruzione la commissione della GPU (Direzione politica statale) e cominciarono gli arresti e gli interrogatori dei monaci. Dovevano arrestare anche padre Anatolij. Quando entrarono da lui, lo starec li pregò di aspettare fino al mattino, perché voleva prepararsi al "viaggio". Tutta la notte pregò e al mattino, in ginocchio e in preghiera, fece ritor­no al Signore (30 luglio/12 agosto 1922). Gli agenti della GPU al loro arrivo trovarono lo starec già nella bara. I funerali si svolse­ro nella chiesa dell'Icona della Madre di Dio di Kazan'. Padre Anatolij fu sepolto dietro la chiesa principale, della Presentazio­ne della Madre di Dio, accanto allo starecAmvrosij.


Padre Nektarij, forse il più noto degli starcy di Optina del XX secolo, sopravvisse sei anni allo starec Anatolij. A lui sono legati molti racconti della tradizione orale, riguardanti la sua assisten­za spirituale per tutta una serie di importanti personalità, conti­nuata dopo la chiusura di Optina, e le sue profezie e i miracoli compiuti dopo la morte.

Nikolaj (nome di battesimo di Nektarij) Vasil'evic Tichonov nacque nel 1853 nella città di Elec, nel governatorato di Voronez. Da giovane lavorò nella bottega di un mercante. All'età di venti anni, nel 1873, entrò a Optina Pustyn' e dal 1876, per quarantasette anni, visse allo skit. Nel 1885, dopo aver ri­cevuto l'abito, il monaco Nikolaj fu destinato come inserviente nella cella di Amvrosij insieme con il futuro ieroschimonaco Anatolij.

Nikolaj fu l'ultimo amato discepolo del santo starec Amvrosij. Il 14 marzo 1887 ricevette la tonsura monastica con il nome di Nektarij. Dopo la morte di Amvrosij (10 ottobre 1891) la sua "capanna" nello skit fu occupata da padre Nektarij, che nel 1912 fu eletto starec dai confratelli. Ora tutti coloro che atten­devano una parola di conforto venivano ricevuti nel monastero da padre Anatolij, e nello skit dallo ieromonaco Nektarij. Quest’ultimo per venticinque anni aveva praticato l'ascesi del silen­zio quasi assoluto, e ora per obbedienza gli era chiesto di intra­prendere il ministero dello starcestvo".

L'anno 1917, contrassegnato da due rivoluzioni e da un radi­cale mutamento di tutto il sistema di vita del paese, non giunse inaspettato per lo starec. Ancora alla fine del 1916, come invasa­to, padre Nektarij prese ad andare in giro con un nastro rosso sul petto, predicendo in tal modo i futuri eventi della rivoluzione. Dopo la rivoluzione di febbraio, lo starec disse:

Ora comincia un periodo difficile. Nel mondo è passato il nu­mero sei e comincia il numero sette. Comincia l'era del silen­zio... Il 1918 sarà ancora più difficile... L'imperatore e la sua famiglia saranno uccisi, torturati ... Negli ultimi tempi il mondo sarà circondato di ferro e di carta. I giorni di Noè so­no una prefigurazione dei nostri giorni. L'arca è la chiesa, so­lo quelli che saranno in essa si salveranno. Bisogna pregare. Con la preghiera, con la parola di Dio, tutto ciò che è immon­do si purifica.

Dopo la fucilazione della famiglia imperiale nel luglio 1918, i monaci di Optina non fecero più menzione di queste parole dello starec. Nel 1917 padre Nektarij predisse anche la futura rinascita del paese e del monastero, dopo durissime prove: "La Russia esulterà e sarà non ricca materialmente, ma sarà ricca nello spirito e a Optina ci saranno ancora sette luci, sette co­lonne".

Il 9/22 marzo 1920 morì il superiore dell'eremo, lo schiigu­meno Feodosij Pomorcev, che aveva subito dolorosamente gli anni crudeli della rivoluzione. Comunicando il 31 marzo questo avvenimento al vescovo di Kaluga Feofan, il superiore di Optina, l'archimandrita Isaakij Bobrikov, chiese a sua eccellenza la be­nedizione per nominare come superiore temporaneo dello skit lo ieromonaco Nektarij "poiché - scriveva - mi sembra inopportu­no fare l'elezione del superiore, date le condizioni in cui si trova il monastero". Nel secondo rapporto della stessa serie l'archi­mandrita Isaakij comunicava: "Lo starec ieromonaco Nektarij, sull'esempio dei suoi predecessori, desidera ricevere la tonsu­ra e l'abito del monachesimo più severo ... Ho l'onore di pre­gare la vostra santità affinché benedica il desiderio dello iero­monaco Nektarij". La risposta di sua eccellenza fu lapidaria: "Sia fatto". Nell'aprile 1920 padre Nektarij fu tonsurato nello schema.

Negli anni del sommovimento rivoluzionario e nell'infuriare della guerra civile, accorrevano allo starec, con le loro sventure e le loro ansie, molti laici e tutti, in un modo o nell'altro, riceve­vano risposte alle domande che li tormentavano. A volte avveni­vano, grazie a padre Nektarij, sorprendenti conversioni di per­sone inviate a Optina dagli organi sovietici in qualità di persecu­tori. Si può citare ad esempio il destino della poetessa Nadezda Aleksandrovna Pavlovic, che aveva lavorato dal 1919 come se­gretaria della sezione extrascolastica del Commissariato del po­polo per l'istruzione. Essa era anche membro del Presidium dell’Unione panrussa dei poeti ed era molto amica del poeta pietro­burghese Aleksandr Blok (morto nell'agosto 1921).

Alla fine del 1921 il Commissariato del popolo per l'istruzio­ne incaricò la Pavlovic di ricevere i dossier relativi alla soppres­sione e altri documenti di Optina Pustyn', che si stava chiuden­do. Essa arrivò a Kozel'sk e cominciò a esaminare i manoscritti dello skit e del monastero e l'inventano delle proprietà. Nel giu­gno 1922 la conoscenza delle usanze e della vita spirituale del monastero provocò in lei un capovolgimento morale. Malgrado tutto, la Pavlovic rimase qui per un lungo periodo, quasi un anno. Dei famosi starcy di Optina essa trovò in vita soltanto padre Nektarij e ben presto divenne una sua devota figlia spirituale. Più tardi nei suoi versi, la Pavlovic ricordò molte volte con calo­re lo ieroschimonaco:

Sulla canizie l'alto copricapo,

Rosario di granati nelle mani

E la tua stola alquanto consumata...

Io ti rivedo dopo tanti anni,

Come di gioventù la luce intatta:

Non fosti tu - ma noi a dimenticarti.

Lo starec Nektarij più di una volta diede insegnamenti alla giovane poetessa: "Prima di cominciare a scrivere, intingete set­te volte la penna nel calamaio". L'ammonì anche che "tutti i versi non valgono una sola riga della sacra Scrittura". Lo starec considerava la cosa più importante mantenere intatto dentro di sé il mondo dell'anima. Nadezda Pavlovic ricordò per tutta la vita le parole del padre Nektarij su Aleksandr Puskin: "Puskin era la persona più intelligente della Russia, ma visse nell'inquie­tudine e nell'ansietà. Capiva tutto, ma si rovinò la vita, c'erano sempre dei gatti che gli laceravano il cuore". Allo starec piaceva la poesia di Blok e in risposta a una domanda della Pavlovic dis­se alla fine del 1922: "Scrivi alla madre di Aleksandr che sia fi­duciosa: Aleksandr è in paradiso".

Un comportamento simile lo sperimentò anche Michail Mi­chajlovic Taube. Benché egli provenisse da una famiglia di baro­ni, era al servizio dei sovietici e nel 1922 cominciò a lavorare nella biblioteca di Optina, che era stata inglobata nel museo "Optina Pustyn"', appena costituito. Dopo le conversazioni con padre Nektarij, Taube passò dal luteranesimo all'ortodossia e ricevette segretamente la tonsura monastica con il nome di Agapit. In seguito lo starec lo affidò alle cure del suo confessore, lo ieromonaco di Optina Dosifej Cucurjukin. Nel 1927 il mona­co Agapit fu arrestato, e, condannato, scontò la pena nei lager della regione di Archangel'sk; morì nel 1935.

Nel marzo 1923, la Domenica delle Palme, il monastero fu chiuso un'altra volta, definitivamente. Poco prima le autorità avevano arrestato un gran numero di monaci, tra cui Nektarij. Lo starec fu accusato di attività controrivoluzionaria. Al primo interrogatorio padre Nektarij tacque e all'osservazione degli in­quisitori: "Con il vostro silenzio voi ci irritate", rispose: "Anche il Signore Gesù Cristo tacque, quando lo interrogarono". In conseguenza della detenzione, la salute dello starec subì un netto peggioramento ed egli fu trasferito all'infermeria del carcere di Kozel'sk. Qui egli ordinò allo ieromonaco Nikon Beljaev, che era venuto a visitarlo, di sostituirlo come confessore dei fratelli di Optina e affidò una parte dei suoi figli spirituali a lui e allo ieromonaco Dosifej. Padre Nektarij voleva rinunciare a ricevere i visitatori, ma la notte di Pasqua gli apparvero tutti gli starcy di Optina defunti e gli dissero: "Se non li riceverai, non sarai con noi".

Dopo una breve indagine lo ieroschimonaco fu condannato alla fucilazione. Lo salvò la figlia spirituale Nadezda Pavlovic. Si rivolse a Mosca alla moglie di Lenin, Nadezda K. Krupskaja, che era a capo del Commissariato del popolo per l'istruzione in cui aveva lavorato prima, e la pregò di salvare il suo "nonnino", un vecchio monaco che doveva essere fucilato. La Krupskaja in­dirizzò Nadezda Aleksandrovna a Beloborodov, il vice di Dzer­zinskij, capo della GPU, che mandò un telegramma a Kozel'sk con l'ordine di liberare lo starec. Padre Nektarij fu liberato dalla prigione, ma dovette lasciare il governatorato di Kaluga. Dap­prima lo starec si stabili nella fattoria del figlio spirituale Va­silij Osokin presso il villaggio di Plochino, vicino a Kozel'sk, ma poi, alla fine del 1923, fu costretto ad allontanarsi di sessanta verste e ad andare nel villaggio di Cholinisci (oggi nella regione di Brjansk), dove visse fino alla morte.

Si noti che Nadezda Pavlovic rimase presso il monastero di Optina anche dopo la sua chiusura, stabilendosi in campagna nelle vicinanze. Grazie soprattutto ai suoi sforzi il museo conti­nuò ad esistere fino al 1928, e dopo la sua chiusura Nadezda Aleksandrovna salvò la biblioteca e l'archivio del monastero. Con la sua collaborazione essi furono inventariati e trasferiti a Mosca nella biblioteca nazionale, dove si conservarono quasi intatti. Grazie ai buoni uffici della Pavlovic il 4 dicembre 1974 gli edifici di Optina Pustyn', già semidistrutti, furono final­mente trasferiti sotto la tutela dello stato e iniziò il loro restau­ro. Nadezda Aleksandrovna morì il 3 marzo 1980; fino all'ulti­mo scrisse articoli e versi sul monastero e sul suo padre spiritua­le, lo starec Nektarij, sulla cui tomba a Cholmisci essa andava sempre:

Là la tomba di mio padre,

Alta, larga e luminosa

È lontana, distaccata,

Fuori dal grande villaggio.

Per strada, improvvisa, la pioggia

Abbatte la polvere estiva,

Io bacio il declivio del colle,

Vi appoggio l'ardente mio viso.

Gli ultimi anni di vita nel villaggio (1923-1928) furono dif­ficili per padre Nektarij. Nonostante la sua grave malattia, egli doveva svolgere un pesante lavoro fisico; le autorità perseguitavano apertamente lo starec, pretendevano il pagamento di gros­se somme di denaro. E’ noto, ad esempio, che nell'autunno del 1927 gli ortodossi di Kiev raccolsero denaro per il pagamento di una tassa del padrone della casa dove viveva padre Nektarij. Ma nello stesso tempo lo starec continuava a ricevere le persone che venivano da lui, teneva un'ampia corrispondenza e aveva un no­tevole influsso sulla vita spirituale del paese. Secondo numerose testimonianze, il patriarca Tichon, tramite persone di sua fidu­cia, si consigliava sovente con lo ieroschimonaco. Lo starec era in corrispondenza anche con personaggi della chiesa nell'emigra­zione. Così nel 1926 ebbe uno scambio di lettere con l'ispettore dell'istituto di teologia di Parigi, il vescovo Veniamin Fedcen­kov, sostenendone l'atteggiamento critico verso alcune posizio­ni di Berdjaev. Lo starec continuò anche le sue profezie. Nel 1923, in particolare, disse che le chiese sarebbero state aperte per un certo tempo, ma dopo cinque anni sarebbero state chiuse tutte quante (e in effetti, dopo un periodo relativamente libe­rale, dal 1928-1929, ebbe inizio una campagna mai vista prima di chiusura in massa delle chiese parrocchiali). Allo ieromona­co Nikon, padre Nektarij predisse che sarebbe stato confinato al nord e là sarebbe morto.

Nel villaggio dello starec vennero fino alla fine della sua vita molti personaggi importanti della cultura e della scienza. Così il famoso attore Michail Cechov (negli anni 1924-1927 direttore artistico del Secondo teatro dell'arte di Mosca) prima di emigra­re nel 1928, si recò alcune volte a Cholmisci, dove ebbe lunghe conversazioni con padre Nektarij. Il noto storico della chiesa ortodossa russa I. M. Andreev-Andrievskij nel 1927 ebbe uno scambio di lettere con lo starec, il quale gli predisse che avrebbe avuto prove difficili e sarebbe stato arrestato, ma che tutto sa­rebbe finito bene: egli sarebbe stato liberato e avrebbe avuto la possibilità di agire a vantaggio della chiesa. Così avvenne in se­guito. Nell'estate del 1927, su richiesta di Andreev-Andrievskij e per loro iniziativa, andarono da padre Nektarij i due professo­ri di Leningrado, Anickov e Komarovic, allo scopo di chiarire i rapporti dello starec con l'attività del sostituto del locum tenens del patriarca, il metropolita Sergij Stragorodskij. Lo ieroschi­monaco in una conversazione aveva definito il metropolita "rin­novatore". All'obiezione del professore, che nel 1923 sua eccel­lenza Sergii si era pentito davanti al patriarca per la sua inclina­zione allo scisma del "Rinnovamento", lo starec rispose: "Sì, si è pentito, ma il veleno è dentro di lui". Nello stesso periodo, do­po l'uscita della "Dichiarazione del 1927" del metropolita Sergij sulla lealtà della chiesa verso il potere sovietico, tutti i fratelli di Optina con il dolore nel cuore si sottomisero al sostituto del locum tenens per santa obbedienza e non si separarono, come invece fecero molti altri monaci. Padre Nektarij commentò:

"Quando gli ebrei erano prigionieri a Babilonia e non pregavano per il re di Babilonia, perché egli era pagano, stavano molto ma­le. Ma quando iniziarono a pregare la loro posizione migliorò notevolmente".

Sono numerose le pubblicazioni dedicate in anni recenti a va­rie personalità di spicco della società sovietica, che negli anni '20 avrebbero incontrato il nostro starec,ricevendone la pre­dizione del futuro della loro vita. Molto probabilmente queste storie sono leggende e testimoniano semplicemente il ruolo im­portante che gli starcy di Optina stanno nuovamente assumendo nella coscienza sociale. A questo riguardo si possono menziona­re le visite che avrebbero effettuato presso padre Nektarij il fu­turo capo dello stato sovietico (a metà degli anni cinquanta) G. Malenkov, e il maresciallo Georgij Zukov, l'eroe della seconda guerra mondiale. Quest'ultimo, quando nel 1925 era in servizio come comandante di battaglione dell'armata sovietica, secondo la testimonianza della figlia del padrone della casa dove viveva lo starec avrebbe visitato più volte padre Nektarij e avrebbe per­sino pernottato da lui. Secondo questa testimonianza, lo starec avrebbe rivelato a Zukov il suo destino, che era di servire Dio, la patria e gli uomini; poi lo benedisse, dicendogli che la vittoria lo avrebbe accompagnato: "Tu sarai un forte condottiero. Studia, il tuo studio non sarà inutile".

Lo starec Nektarij di Optina, infaticabile intercessore per la Russia e per lo sventurato popolo russo, si spense il 29 aprile/12 maggio 1928. Egli morì sotto la stola del suo figlio spirituale Adrian Rymanenko, il futuro arcivescovo Andrej di Rockland, allora arciprete a Kiev, che gli lesse la preghiera dei morenti. Il noto prete moscovita Sergij Mecev, chiamato dalla capitale su ri­chiesta di padre Nektarij, confessò e comunicò lo starec. Lo iero­schimonaco fu sepolto a Cholmisci, nel cimitero del villaggio. Con la morte di padre Nektarij, benché rimanessero in vita altri membri della comunità, Optina venne meno come faro della grazia dello starcestvo. Tuttavia i figli spirituali degli starcy, chie­rici e laici, seppero mantenere in vita lo spirito di Optina.

Il 26 luglio '996 Nektarij e Anatolij entrarono a far parte del­la schiera dei santi locali nella sinassi degli starcy di Optina, e nell'agosto 2000 furono canonizzati per la venerazione univer­sale dal concilio della Chiesa ortodossa russa. Il 16 luglio 1989 furono recuperate le reliquie di padre Nektarij, e collocate nel­la chiesa della Presentazione del rinato monastero. Il 10 luglio 1998 ebbe luogo il ritrovamento delle reliquie di padre Anatolij con quelle di altri santi starcy di Optina. Ora esse riposano nel­la chiesa dell'icona della Madre di Dio di Vladimir a Optina Pustyn'.

Tratto da: A.A.V.V., Optina Pustyn' e la paternità spirituale, ed. Qiqajon - Comunità di Bose a cui rimandiamo per l'approfondimento dei temi relativi allo Starcestvo russo. In questo volume sono pubblicati gli atti del X Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa - sezione russa - svoltosi a Bose il 19-21 settembre 2002.


* * *

Damaskin Orlovskij

LA VITA DEL SANTO CONFESSORE

NIKON DI OPTINA

Il santo monaco e confessore Nikon (al secolo Nikolaj Mi­trofanovic Beljaev) nacque il 26 settembre 1888 a Mosca da Mitrofan Nikolaevic e Vera Lavrent'evna. La famiglia, pur essendo credente, non era particolarmente assidua nella pratica religiosa, com'era costume allora nelle famiglie cittadine.

A cinque anni, Nikolaj guarì miracolosamente da una grave malattia. L'archimandrita Varsonofij di Optina avrebbe in seguito commentato così l'accaduto:

Sicuramente si tratta di un fatto straordinario. Ma per la verità non è un caso, perché tutto ciò che ci capita ha uno scopo ben preciso. A voi è stata donata la vita. La vostra mamma ha pregato, e anche san Nicola Taumaturgo ha pregato per voi, e il Signore, sapendo nella sua onniscienza che sareste entrato in monastero, vi ha ridato la vita. Credetemi, voi resterete monaco fino alla fine della vita.

NikoIaj aveva un cuore buono e sensibile, comprensivo verso chi aveva bisogno. Una straordinaria documentazione del suo itinerario umano e spirituale è conservata nel suo diario:

Io non ho mai provato il bisogno materiale. Al contrario, da quando ero in fasce fino alla morte del nonno, cioè fino all'età di tredici anni, ho vissuto quasi nel lusso. Inoltre ero il preferito della nonna e, sembra, anche del nonno. Insomma, vivevo bene. Mi ricordo che per Natale facevamo l'albero: c'erano bambini allegri, dolci, il brillio delle decorazioni: tutto questo mi dava gioia ... Mi ricordo bene una sera. Ero solo vicino all'albero. Nella stanza in penombra ardeva una lampada e l'ombra dell'abete cadeva su metà della grande stanza. Ed ecco che pensiero mi venne in mente: sono sazio, vestito, i miei genitori mi hanno regalato un bellissimo albero, mangio dolci, nella stanza c'è un bel tepore. Ma ci sono, io lo so, bambini a cui manca anche il necessario. Di alberi di Natale neanche si parla: sono mezzi svestiti, chiedono l'elemosina nel gelo o stanno affamati in fredde cantine...

Ricordo che spesso, anche nei giochi che amavo, provavo un senso di insoddisfazione e di vuoto. Io non sapevo che studi fare dopo il ginnasio, che cosa scegliere, quale campo della scienza e di conseguenza quale strada nella vita. Niente mi piaceva tanto da dedicarmici totalmente

Alla fede in Dio non ci pensavo e non me ne rendevo conto, avevo un'idea falsa delle cose della fede, del monachesimo, ad esempio. Voglio sottolineare che la chiesa (a questo io attribuisco una grande importanza) fu uno dei motivi principali che mi condussero al monastero, a Dio. A partire dai dodici-tredici anni io non la lasciai più, nonostante tutto.

Nikolaj così ricordava il suo cammino religioso:

Il mio primo confessore fu l'arciprete Sergij Ljapidevskij; dopo la sua morte fu suo figlio, padre Simeon, a diventare mio confessore. Nonostante la religiosità della mamma, della nonna, del nonno, di papà, essi ci mandavano raramente in chiesa, soprattutto d'inverno, per timore dei raffreddori. Un bambino non ci può andare da solo. Noi eravamo viziati e vezzeggiati, ma non ci permettevano di fare di testa nostra e noi non osavamo uscire senza permesso.

Una volta, credo in confessione, padre Simeon mi disse che era indispensabile andare in chiesa nelle feste. "È un dovere davanti a Dio". Io ci pensai su e fui d'accordo. Da allora cominciai ad andare spesso in chiesa, anche nei giorni feriali, quando ero libero. E questa divenne un'abitudine. Andavo anche alle catechesi serali della domenica. Veramente ci andavo più per "interesse", ma a volte, comunque, provavo qualcosa di simile alla commozione. Mi ricordo che una volta, alla catechesi, ascoltavo la predica nel coro e alla fine conclusi: “Non so come avrei passato il tempo a casa, ma qui ho udito qualcosa di utile all'anima".

Dopo il ginnasio, Nikolaj si iscrisse all'Università di Mosca, ma vi rimase per poco tempo. Egli così ricordava:

All'università riuscii a studiare poco più di mezzo anno. Dopo Natale i miei pensieri e desideri di essere gradito a Dio cominciarono a formarsi e io cominciai a frequentare l'università, anche se quotidianamente, con uno scopo particolare. Arrivavo all'università e rimanevo là fino alle nove; alle nove mi avviavo alla cattedrale di Kazan' per la messa, dopo aver fatto una visita alla chiesa Iverskaja, se non c'era molta gente. Dopo la liturgia, che a volte ascoltavo interamente in ginocchio, ritornavo lentamente a casa, entrando per strada nella cappella del Salvatore presso il ponte della Moscova; dopo aver pregato lì, ritornavo direttamente a casa. A casa pensavano che fossi all'università, mentre ero nella cattedrale della Madonna di Kazan'.

All'inizio del 1907 Nikolaj provò un serio e tenace desiderio di vivere in Cristo; in questo periodo non leggeva nessun libro, eccetto i Vangeli e il Cammino verso la salvezza del vescovo Teofane il Recluso. Nel febbraio 1907 provò il desiderio di confessarsi e comunicarsi in piena consapevolezza, cosa che fece confessandosi allo ieromonaco Serafim del monastero del Miracolo; per la prima volta si accostava al sacramento della confessione non formalmente, ma desiderando coscientemente la riconciliazione con Dio e l'unione con la chiesa.

Nikolaj parlò della sua intenzione di entrare in monastero a padre Petr Sacharov, suo insegnante di religione al ginnasio. Quest'ultimo non si sentì in grado di prendere una decisione da solo e lo indirizzò al suo compagno dell'Accademia teologica, l'arcivescovo Trifon Turkestanov. Questo avvenne prima della quaresima del 1907, nella settimana del figlio prodigo. All’incontro era presente la madre di Nikolaj, Vera Lavrent'evna. Sua eccellenza le disse, a proposito dei figli che provavano il desiderio di entrare in monastero: "Non preoccupatevi, essi vedranno là soltanto cose buone, e questo rimarrà loro per tutta la vita".

La sera del 23 febbraio Nikolaj partì per Optina, "senza avere di quel luogo - come egli stesso scrisse - la più pallida idea. Due settimane prima di quel momento non sapevo nemmeno che Optina esistesse". Il 24 febbraio, nel giorno del Ritrovamento della testa di Giovanni il Precursore, egli vide Optina per la prima volta. Dopo essere vissuto là per qualche tempo, Nikolaj voleva rimanere al monastero, ma tutti i monaci più anziani gli consigliarono di vivere ancora un po' nel mondo e il padre superiore non volle accoglierlo. Al momento del commiato gli propose di fargli una breve visita, gli diede le regole generali di preghiera, lo benedisse con l'icona della Madre di Dio "Rifugio dei peccatori" e gli disse: "Vi benedico, Nikolaj Mitrofanovic, per la gioia dei familiari e dei conoscenti e per il vantaggio della vostra amma.

Per otto mesi Nikolaj visse nel mondo, ricevendo il nutrimento spirituale dall'igumeno Iona del monastero dell'Epifania, accompagnato dalla benedizione del vescovo Trifon. Egli talvolta rimaneva nel monastero fino a tarda sera, quando le porte si chiudevano. Padre Iona insisteva molto che egli lasciasse al più presto il mondo per entrare in monastero.

Il 5 dicembre 1907 Nikolaj arrivò a Optina; il 7 dicembre, festa di sant'Ambrogio di Milano, nel giorno dell'onomastico dello starec Amvrosij, il superiore dello skit,l'archimandrita Varsonofij, benedisse il suo trasferimento a Optina Pustyn'; il 9 dicembre, nel giorno della festa dell'icona della Madre di Dio "Gioia inaspettata", egli partì per Mosca per sistemare definitivamente i suoi affari nel mondo. Il 23 dicembre era già di ritorno a Optina e il 24 prese alloggio in una cella dello skit.

Il 29 gennaio 1908, nel giorno della festa del santo martire Ignazio, Nikolaj fu rivestito dell'abito di novizio. Consegnandogli la corona del rosario, l'archimandrita Varsonofij gli disse: "Eccovi l'arma con cui battere spietatamente i nemici invisibili. Abbiate anzitutto il timor di Dio, senza questo non otterrete nulla. Ora per voi comincia una nuova vita. Anche se avete già vissuto in monastero, non era la stessa cosa. Ora tra i diavoli si dirà: “Erano quasi nostri, e ora sono venuti qui a salvarsi, come è possibile”. Ma voi non temete".

Nello skit Nikolaj compì la sua obbedienza nel giardino, fu aiutante del bibliotecario, ma il suo compito principale divenne ben presto quello di segretario del superiore dello skit, l'archimandrita Varsonofij. Padre Varsonofij prese a benvolere l'umile novizio e gli disse: "Fin dal primo momento fui ben disposto verso di voi e credo che questa buona disposizione si manterrà per tutto il tempo che mi rimane da vivere. Rimanete qui come monaco per tutta la vita. Il fondamento della vita monastica è l'umiltà. Se c'è l'umiltà c'è tutto, se non c'è l'umiltà non c'è niente. Ci si può salvare anche senza opere, con la sola umiltà".

Fin dall'inizio della vita a Optina Nikolaj si diede come regola quella di tenere un diario. Il 17 marzo 1908 egli scriveva:

Ora dall'inizio della quaresima compio l'obbedienza come aiutante del bibliotecario, e in biblioteca c'è molto da fare.

Ecco come il Signore mi rafforza, nella mia indegnità: non risento per nulla del digiuno e nemmeno desidero un cibo migliore. Mi capita di avere pensieri riguardanti il passato, ma sono momentanei e non mi danno fastidio. Cerco di ascoltare la funzione, benché non mi riesca sempre, anzi; di solito sono molto distratto.

Prima criticavo i monaci, ma ora che sono in monastero vedo quant'è difficile essere un vero monaco. Io non sono cambiato affatto, sono rimasto lo stesso uomo passionale: i vizi, i peccati sono gli stessi di quando ero nel mondo, solo che vivo in una cella. Non sono diventato un angelo, cosa che prima pretendevo da ogni monaco, senza distinguere se era giovane o vecchio e da quanto tempo viveva in monastero; non volevo considerare nulla. Ora comincio a capire per esperienza quanto è facile criticare e quanto è difficile fare.

Circa un anno dopo scriveva:

Tutte le mie conoscenze le ho acquisite in monastero, qui, più che al ginnasio e all'università, è avvenuta tutta la formazione di qualcosa di definito riguardo alle mie idee e convinzioni. Non mi sbaglio quando dico che là non ho ricevuto quasi nulla, benché sia vissuto nel mondo diciannove anni, e in monastero abbia trascorso meno di un anno.

Padre Varsonofij, che aveva raggiunto un alto livello spirituale, si sentiva solo nel monastero, tanto più che ebbe in sorte di vivere in un periodo in cui a Optina erano cominciati disordini e conflitti; per questo le conversazioni con quel novizio umile e sincero, desideroso di ricevere insegnamenti e salvezza, furono per lo stessostarec di grande consolazione: per quanto le loro esperienze fossero diverse, essi tendevano allo stesso scopo. Il 30 gennaio 1909 Nikolaj annotò nel suo diario:

Il padre, parlando con me, per la prima volta mi ha chiamato suo "confidente". Io non mi aspettavo questo, e non so come posso meritarmelo. Che Dio salvi il padre. Io comincio a vedere sempre più chiaramente che il padre è un grande starec. E purtroppo per me, il padre sempre più spesso parla della sua morte, del fatto che i suoi giorni "sono contati". "Io sono completamente solo - disse una volta il padre - e le forze diminuiscono". "Noi, cioè io e padre Amvrosij, facevamo tutto insieme, ci consolavamo reciprocamente nei momenti tristi. A volte andavo da lui e gli dicevo: 'Batjuska padre Amvrosij, mi sento in difficoltà. - 'Che cosa c'è di difficile? Ora non è niente. Arriveranno giorni...'. E ora sono arrivati. I monaci sono tanti, tanti sono buoni, ma nessuno è in grado di consolarmi. Ora ho capito cosa significa: 'Verranno giorni..."'

Il 19 febbraio il padre mi disse: "Fratello Nikolaj, io ve l'ho detto diverse volte e ve lo dico ancora: mi viene il pensiero di lasciare tutto e ritirarmi in una qualche cella. La vita diventa terribile, terribile. Solo che ho timore di andarmene da solo e non ho nessuno con cui consigliarmi. Se fosse ancora vivo padre Varnava andrei da lui, ma ormai non è più tra noi. Andarmene di mia iniziativa mi fa paura: ho la stessa paura di una sentinella che si allontana dal suo posto: la fucilano. In una situazione del genere incominci a capire le parole del profeta Davide: 'Salvami, Signore'. Se si prende soltanto una parte della frase, è ovvio che nessuno vuole la propria morte e nessuno dice: 'Portami alla perdizione, Signore '. Tutti in qualunque momento possono dire: 'Salvami, Signore'. Ma poi aggiunge: 'Poiché non c'è più chi è fedele ' (Sal 12,2). Non ho nessuno a cui rivolgermi, Signore, salvami. Soltanto ora mi è chiaro perché i santi padri fuggivano dal mondo, letteralmente fuggivano... Anch'io vorrei fuggire nel deserto...".

Non molto tempo prima, una sera il padre, non su mia domanda ma di sua volontà, cominciò a dirmi: "Prima io non capivo che cosa avveniva nel mondo, ma ora che mi tocca confrontarmi con esso, sono colpito dalla sua estrema complessità e mancanza di gioia. Si, ci sono delle gioie, ma sono passeggere, momentanee. E di che genere sono queste gioie? Del genere più infimo. E noi abbiamo una beatitudine che quasi somiglia al paradiso. Ci sono anche le afflizioni, certo, ma sono temporanee. 'Fa bene chi si preoccupa della vita interiore contemplativa, poiché essa gli dà tutto"'.

Padre Varsonofij diceva al suo novizio e segretario Nikolaj:

"Ognuno deve sopportare il tempo della tentazione e della lotta - una difficile condizione di sofferenza... Chi non ha provato queste malattie che hanno origine nel mondo, prima dell' entrata in monastero, deve necessariamente sperimentarle in monastero. Anche a lei toccherà questa sorte, dato che nel mondo non ha fatto questa esperienza". "Ecco, vede attraverso quali crogioli deve passare un monaco sulla strada della vita monastica, dall'inizio alla fine. Qui è necessaria la preghiera di Gesù, senza di essa nessun'anima può resistere. Finché sono vivo - per quanto il Signore mi sosterrà - lei è al sicuro, ma quando io non ci sarò più, lei sarà affidato a se stesso. Perciò faccia provvista di sopportazione. E non si turbi e non si scoraggi in previsione di questo. Apra il venerabile Teodoro Studita e vedrà che anche allora c'era tutto questo. E ora faccia provvista di sopportazione". Più di una volta ebbi modo di sentir dire dal padre, a me e ad altri: "L'ipocrisia, la doppiezza, la malizia sono sempre peccato, ma sulla strada monastica sono la rovina. Bisogna tenersi saldamente sulla strada, non deviare, non servire agli uni e agli altri".

Spesso padre Varsonofij parlava con il novizio Nikolaj della preghiera di Gesù, affermando giustamente che essa è lo strumento fondamentale e il più efficace nella lotta contro il nemico, e una volta chiese: "Qual è il segno della provvidenza divina verso l'uomo?". Al silenzio imbarazzato del discepolo, il padre rispose: "Le afflizioni continue che Dio manda all'uomo sono il segno di un particolare interessamento di Dio per lui. Il significato delle afflizioni è molteplice: esse vengono inviate per impedire il male, o per far comprendere qualcosa, oppure per una maggior gloria... Ma far propria la preghiera interiore è necessario... Quella orale da sola non è sufficiente, ma quella interiore sono in pochi a ottenerla. Ci sono alcuni che dicono: 'Che senso c'è a fare la preghiera? Che vantaggio c'è?'. Il vantaggio è grande, soltanto non bisogna tralasciarla".

Una volta Nikolaj annotò nel suo diario: "Ieri il padre ha detto che vivremo dei tempi terribili, ma che la grazia di Dio ci proteggerà. Questo l'ha detto sotto l'impressione dei discorsi sulle nuove invenzioni che, pur avendo dei lati positivi, si dimostrano sempre più dannose che utili".

Il Venerdì santo del 1910, un 16 aprile, insieme ad altri novizi, Nikolaj ricevette la tonsura e l'abito monastico. Dopo la tonsura, si ritrovarono tutti nella cella di padre Varsonofij, che disse ai nuovi monaci:

Vi ho detto prima e ora vi ripeto: l'umiltà è tutto. Se c'è l'umiltà c'è tutto, se non c'è l'umiltà non c'è nulla. Voi avete ricevuto il primo grado del monachesimo. Questa non è una promozione, come ad esempio nel mondo, quando danno il grado di ufficiale. Là chi ha ricevuto il grado si sente in dovere di esserne orgoglioso. Da noi è diverso. Sulla bandiera monastica sono scritte queste parole: "Chi vuole essere primo sia il servo di tutti". Umiliatevi e ancora umiliatevi: ora la grazia di Dio vi consolerà, ma essa farà anche inferocire il Nemico.

Nel febbraio 1912, alcuni monaci e un certo numero di laici legati a Optina manovrarono per far allontanare padre Varsonofij dallo skit. L'agitazione si concluse con un decreto del Sinodo, che nominava Varsonofij superiore del monastero Staro-Golutvin. La protesta della comunità contro il decreto, contrario a Optina Pustyn' e agli interessi della chiesa, rimase inascoltata.

Il 24 maggio 1915 Nikolaj ricevette la tonsura e il mantello monastico con il nome di Nikon in onore del martire Nikon, il 10 aprile 1916 gli fu conferito l'ordine di ierodiacono, il 3 novembre 1917 quello di ieromonaco.

Nel 1917, con l'ascesa dei bolscevichi al potere, ebbe inizio un periodo di cruente persecuzioni contro la chiesa. Nonostante il regime antireligioso, molti monasteri cercarono di resistere nelle mutate condizioni, assumendo esteriormente denominazioni diverse, ma conservando lo statuto monastico.

Il monastero di Optina nel 1919 fu trasformato in plemchoz (azienda zootecnica), di cui fu messo a capo uno dei novizi del monastero. L'impresa di nuova costituzione utilizzava per contratto tutti gli edifici del monastero, tranne le casupole degli starcy e la biblioteca; dopo la liquidazione dell'azienda, tutti gli edifici del monastero divennero di competenza del museo. Presso il museo furono allestiti una fabbrica per la lavorazione del cuoio e dei laboratori per la lavorazione del legname, nei quali lavoravano come operai una trentina di persone fra monaci e novizi. Nel maggio 1919 lo ieromonaco Nikon fu nominato temporaneamente direttore del museo, in mancanza di altre persone. Nell’autunno dello stesso anno le autorità lo arrestarono, per rilasciarlo però subito dopo. Nel 1920 nel museo arrivò una commissione incaricata di liquidarlo e di trasferire tutto il patrimonio del monastero al museo principale. All'inizio di luglio del 1920 una parte delle proprietà della chiesa fu trasferita alla comunità religiosa. In questo periodo nel monastero si stava organizzando una cooperativa ortofrutticola, della quale entrarono a far parte i monaci.

Nel 1922 la commissione per la liquidazione allontanò dal monastero molti monaci e da quel momento Optina Pustyn' divenne di competenza particolare dell'OGPU, che vi inviò un proprio rappresentante a garantire una sorveglianza continua dei monaci; spettava a lui tenere le chiavi di tutti i locali del monastero, eccetto la chiesa e il museo.

Il 9 marzo 1920 morì il superiore dello skit, lo schigumeno Feodosij; il 30 luglio 1922 si spense lo ieroschimonaco Anatolij Potapov e nell'inverno dello stesso anno fu arrestato lo starec Nektarij che indirizzò i suoi figli spirituali allo ieromonaco Nikon. Così a padre Nikon toccò in sorte di guidare il monastero in tempo di persecuzioni, accogliendo per la confessione la gente che, come prima, continuava a recarsi a Optina per ricevere una guida spirituale.

Nell'autunno del 1922 padre Nikon scriveva alla madre:

Riguardo alle nostre condizioni di vita, le cose sono complicate e al tempo stesso semplici: complicate, perché è difficile esporre sulla carta che cosa rappresenta adesso l'ex monastero e tutto ciò che noi viviamo e intraprendiamo; semplici, poiché "se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori", come dice il salmo (Sal 127,1). Sì, bisogna prendere le decisioni possibili, suggerite dal buon senso e non contrarie allo spirito della vita cristiana e monastica; ma prendendole, bisogna attendere il successo totalmente dalla mano del Signore...

Il Signore è la mia ferma speranza e il mio rifugio. Nell'affidare me stesso e ogni cosa alla volontà di Dio trovo la pace della mia anima. Se io mi affido alla volontà di Dio, la volontà divina si compirà, ed essa è sempre buona e perfetta. Se io appartengo a Dio, il Signore mi difenderà e mi consolerà. Se per il mio bene mi arriverà qualche tentazione, sia benedetto il Signore, che predispone la mia salvezza. Anche nelle ondate di afflizioni il Signore è forte nel dare consolazione grande e gloriosa... Così io penso, sento, osservo e così credo.

In questi giorni più di una volta ho ricordato padre Varsonofij. Mi sono ritornati alla mente le sue parole, l'insegnamento che mi diede una volta, e forse più di una volta. Mi disse: "L'Apostolo insegna: 'Mettete alla prova voi stessi per vedere se siete nella fede ' (2Cor 13,5) - e continuava: "guardate che cosa dice lo stesso Apostolo: 'Ho terminato la corsa, ho conservato la fede, e ora già mi si prepara la corona ' (2Tm 4,7-8). Sì, è una gran cosa conservare, tener cara la fede. Per questo anch'io vi dico: mettetevi alla prova per vedere se siete nella fede. Se conserverete la fede potrete avere fiducia nella vostra sorte".

Ora che vacillano le fondamenta della Chiesa ortodossa russa, io vedo quanto è prezioso l'insegnamento dello starec. Ora sembra che sia venuto il tempo della prova: siamo nella fede? Ma bisogna anche sapere che può conservare la fede chi crede con ardore e sincerità, chi ha più caro Dio di ogni altra cosa; e questo succede soltanto a chi custodisce se stesso da ogni peccato, chi custodisce la sua moralità. "O Signore, conservami nella fede per mezzo della tua grazia"

Il pensiero che è possibile mantenere la fede soltanto se si pratica il bene non è mio: è l'insegnamento dell'evangelo e dei santi padri.

Padre Nikon, che doveva tutto a padre Varsonofij, cominciò a tenere le sue prediche, già dopo la morte dello starec, proprio grazie a lui. Celebrando la liturgia e ascoltando l'evangelo, egli si ricordò del modo in cui lo starec Varsonofij commentava quel brano evangelico:

Entrando nella sua cella, egli mi chiese se avessi fatto attenzione all'evangelo che era stato letto nella liturgia e, indicando le parole: "Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'Uomo sarà consegnato ... e lo scherniranno, lo flagelleranno e gli sputeranno addosso" (Mc 10,33-34), disse: "Ecco i gradini della salita all'alta Gerusalemme: bisogna percorrerli. Su quale gradino ci troviamo noi?". Porgendo orecchio alle parole dello starec, collocandole nel mio cuore, io rimanevo in silenzio. Ed ecco che, non ricordo bene se dopo qualche giorno, o forse dopo qualche ora, il superiore annunciò allo starec il trasferimento da Optina all'eparchia di Mosca. Questo destò nellostarec una grande afflizione. Infatti non dev'essere considerato afflizione ciò che si subisce esteriormente, ma quanto Dio permette che si soffra interiormente a causa di questa esperienza, che procura afflizione e sofferenza.

Lo starec allora soffrì veramente. Confidandomi la sua afflizione, un giorno egli mi disse che per la gran lotta interiore e per l'amarezza egli temeva di impazzire. Egli e noi comprendevamo benissimo che questa disposizione delle autorità supreme era per lo starec un castigo, che era stata macchinata da coloro che gli volevano male, che c'entravano la calunnia, il servilismo, la menzogna e molte altre cose di cui non si può dar conto in breve. Effettivamente lo starec era stato insultato, piagato e coperto di sputi (assurde calunnie e pettegolezzi sul suo conto, persino accuse di eresia e di appartenere alla setta dei chlysty), era stato ucciso, poiché a causa di tutte le afflizioni e pene, sia negli ultimi giorni della sua permanenza allo skit, sia nel luogo del suo nuovo impiego, il suo stato di salute, già debole, ne risentì talmente che dopo un anno esatto egli morì.

L'impiego che gli era stato assegnato, con lo svolgimento di tutti gli obblighi a esso connessi e con le pene che gli procuravano le condizioni e le circostanze della sua vita in un luogo nuovo, era per lui una croce, e una croce pesante. Credendo che la croce sia mandata solo da Dio, lo starec sopportava tutto, rimanendo al suo posto, affidandosi alla volontà di Dio e non ricorrendo ai mezzi umani. Egli percorse i gradini della salita a Gerusalemme.

Tutto questo mi venne subito alla mente, riempì il mio intelletto e il mio cuore di sentimenti e di pensieri. Fino ad allora io non avevo mai pronunciato discorsi e insegnamenti in chiesa (dovevo soltanto fare il lettore), ma in quel momento mi venne il desiderio di esprimere i miei sentimenti parlando alla gente. E' vero: le labbra parlano quando il cuore è colmo. Un pensiero mi chiedeva insistentemente di pronunciare il discorso, un altro mi suggeriva che, se avessi parlato, avrei subito delle conseguenze. Il secondo pensiero mi suggeriva prudenza per salvaguardare il mio benessere esteriore, ma il primo pensiero vinse. Tuttavia, non volendo pronunciare il mio primo discorso in chiesa senza benedizione, decisi, dato che non avevo nessun altro davanti a me all'altare, di sottoporre la cosa allo ierodiacono che celebrava con me perché mi desse il suo giudizio e la sua benedizione.

La risposta fu una conferma e io, alla fine della liturgia, uscii e pronunciai il mio primo discorso. Non parlai dello starec e dei miei ricordi, ma cominciai a spiegare il senso dell'evangelo che era stato letto, le cui sante parole avevano riempito la mia anima.

Nel 1923 i monaci e i novizi del monastero formarono una cooperativa agricola. Nell'autunno del 1923 un ispettore del lavoro, per incarico della giunta provinciale di Kozel'sk, cercò di mettere in discussione in tribunale la legalità di una cooperativa agricola formata da monaci, ma la cosa non gli riuscì e la pratica fu archiviata. Nonostante ciò, nello stesso anno la cooperativa agricola fu chiusa dalle autorità e tutta la proprietà fu trasferita al museo, presso il quale rimase solo un piccolo numero di monaci, mentre agli altri fu ordinato di andarsene. Per le funzioni religiose fu lasciata la chiesa dell'Icona della Madre di Dio di Kazan'. Dopo la concelebrazione dell'ultima liturgia, l'archimandrita Isaakij Bobrikov disse allo ieromonaco Nikon: "Padre Nikon, noi ce ne andiamo, ma tu rimani: qui verranno i fedeli, bisogna che ci siano le funzioni e bisogna accoglierli; e come ierodiacono rimarrà padre Serafim". Prima che l'archimandrita lo benedicesse padre Nikon non osava quasi dare consigli, e se talvolta li dava, lo faceva non a suo nome, ma diceva che lo starec tal dei tali in quel caso avrebbe detto la tal cosa.

Nel 1924 la chiesa dell'Icona della Madre di Dio di Kazan' fu chiusa, il 15 giugno fu celebrata l'ultima messa, dopo la quale padre Nikon, benedicendo il suo gregge afflitto, disse:

Come è strano il vostro comportamento: io sono un monaco e ho fatto voto di sopportare ogni cattiveria e rimprovero, insulto e persecuzione, e se questo avviene, se devo sopportare questo, bisogna rallegrarsi - così si realizza la condizione monastica - e non affliggersi; voi invece spargete lacrime. È stato detto: bisogna rallegrarsi, quando siete in ogni sorta di prova (cf. Mt 5,11-12).

Preparandosi per andare via, egli disse: "Mi ricordo che, quando ero ancora Nikolaj, padre Varsonofij disse su di me queste parole come preghiera: 'Signore, salva questo tuo servo. Sii di aiuto e di difesa per lui, quando egli non avrà né un tetto, né dove andare. Amen"'.

I fratelli del monastero si dispersero, padre Nikon raggiunse Kozel'sk e si stabilì in un appartamento dove già abitava il monaco di Optina Kirill Zlenko. Qui padre Nikon iniziò a ricevere i suoi figli spirituali, visitava le comunità formate dalle monache del monastero di Samordino, che si erano sistemate in vari appartamenti, teneva con loro conversazioni spirituali, rispondeva a molte domande, e un giorno disse: "Il padre spirituale è soltanto una colonna che mostra la strada, ma il cammino bisogna farlo da soli. Se il padre spirituale dà delle indicazioni, ma il discepolo non si muove, egli non andrà da nessuna parte, ma si perderà presso la colonna".

Padre Nikon celebrava nella cattedrale di Kozel'sk e teneva i rapporti con l'amministrazione del museo che si era formato nel territorio di Optina Pustyn', cercando di conservare ciò che era possibile dei libri e del patrimonio della chiesa. Il museo stava vendendo molte cose di proprietà del monastero, per disposizione delle autorità, in particolare alcuni paramenti sacerdotali, e padre Nikon li comprava per il clero. Egli teneva anche una voluminosa corrispondenza e predicava spesso.

Nel giorno della festa del santo martire Nicone, il 28 settembre del 1925, padre Nikon disse ai suoi figli spirituali:

Se noi saremo sempre con il Signore, avremo la forza e la capacità di testimoniarlo e avremo il coraggio, la costanza e la forza di confessarlo, e di confessarlo non solo con la lingua, ma con la nostra vita. Anche a noi sarà data la grazia di sopportare di buon grado ogni sofferenza, ogni difficoltà e vicissitudine della vita per amore di nostro Signore Gesù Cristo

Cercate dunque di essere sempre con il Signore, e allora potrete essere confessori di Cristo, lo testimonierete così saldamente, così impavidamente, così prodigiosamente, come lo testimoniarono i martiri e tutti i santi. Eccovi l'insegnamento. Siate sempre con il Signore, abbiate il ricordo di Dio, temete di respingere l'aiuto del Signore a causa dei peccati o dei pensieri peccaminosi. Temete di rimanere senza il Signore.

Nel giorno della festa della Trinità padre Nikon disse:

Le afflizioni dei monaci di questi ultimi tempi sono più sottili, cioè a uno sguardo superficiale non si può considerarle come afflizioni. Ma questa è solo una subdola astuzia del nostro nemico. Le tentazioni evidenti, grossolane e crudeli suscitano nell'uomo zelo ardente e coraggio per sostenerle. Il nemico ha sostituito le tentazioni grossolane con altre meno forti, ma sottili e molto efficaci. Esse non risvegliano lo zelo nel cuore, non lo infiammano all'ascesi, ma lo tengono in una posizione di incertezza, e tengono l'intelletto nel dubbio. Esse indeboliscono, esauriscono gradualmente le forze dell'uomo, lo conducono all'abbattimento, all'inazione e lo annientano, riducendolo ad abitazione per le passioni a causa dell'indebolimento, dell'inazione e dell'abbattimento ... Questo si manifesta nel fatto che ci si attende qualche miglioramento, dicendo: digiuneremo e pregheremo quando riapriranno i monasteri e le chiese. Ma il Signore ha promesso che se ci pentiremo i nostri peccati ci saranno perdonati, mentre non ci è stato promesso che vivremo fino a domani.

[...]

Nel 1927 le autorità, alla vigilia della chiusura di tutti i monasteri che ancora restavano sul territorio russo sotto le apparenze di cooperative agricole, presero la decisione di eliminare completamente Optina Pustyn', di arrestare i monaci che vivevano a Kozel'sk e di liquidare l'amministrazione del museo, che agli occhi delle autorità non era stata capace di eliminare uno dei centri monastici più importanti e noti dal punto di vista spi­rituale. Preparandosi agli arresti, i funzionari dell'OGPU redassero un documento nel quale veniva così formulata la necessità di procedere in tal senso:

Dopo la rivoluzione dell'ottobre 1917, i monasteri di Optina e di Samordino conservarono la loro indipendenza fino al 1923, organizzando nel monastero di Samordino unsovchoz (grossa azienda agricola), dove le monache in numero di trecento erano come delle operaie e sotto la bandiera dell'economia sovietica conducevano la loro vita monastica, secondo la regola monastica stabilita. Il monachesimo era diretto dagli starcy del monastero dì Optina - Nektarij, Nikon Beljaev e altri -, che davano indicazioni ideologiche e pratiche per il lavoro nei due monasteri. Nel 1921, al tempo della confisca degli oggetti preziosi della chiesa, svolsero la funzione di quartier generale per l'opposizione a questo sequestro.

Il monastero di Optina era considerato nel periodo prerivoluzionario come il terzo santuario della Russia. Nel momento della rivoluzione di Ottobre i suoi monaci, tenendo conto della situazione, si riorganizzarono e diedero origine a un plemchoz e un sovchoz, che furono presi in tutela dal sel'sojuz di Suchinici. Presso Il monastero si costituì una cooperativa ortofrutticola formata dai monaci, che continuò a esistere fino al 1924 e fu liquidata per agitazione antisovietica. Dopo essere stati definitivamente dispersi, i capi dell'ex monastero, insieme con Nikon Beljaev, si trasferirono nella città di Kozel'sk e nei suoi sobborghi, dove intrapresero un'attiva azione antisovietica. Nelle chiese locali installarono i loro monaci e le loro monache, con queste ultime formarono dei cori nelle chiese e le utilizzarono per i loro rapporti, per la diffusione di voci controrivoluzionarie e via dicendo. Lì frequentano spesso persone sospette, provenienti anche da altre città; il loro punto d'incontro era l'appartamento di Nikon Beljaev, che aveva anche una serie di altri appartamenti nei villaggi. La commissione incaricata dell'esecuzione della condanna, liquidando definitivamente il monastero di Optina Pustyn', e perseguendo inoltre la difesa degli interessi del museo-riserva di Optina Pustyn', con il suo protocollo del '9 luglio c.a. nr. 5/3, ha permesso, prima di assumere degli operai attraverso l'ufficio di collocamento, di far restare al loro posto di lavoro diciassette persone di condizione monastica, indicate nominalmente nel protocollo nr. 5, per la conduzione del museo e la sorveglianza della proprietà. Per il posto di dirigente del museo di Optina Pustyn', come anche per quello di dirigente amministrativo dello stesso, fin dall'inizio della smobilitazione del monastero di Optina, cioè dal 24 marzo ad oggi - per la durata di circa cinque mesi - non è stato assunto nessuno per mezzo dell'ufficio di collocamento. Durante un'ispezione effettuata il 25 luglio è stato accertato che nei confini del monastero vivono, con la conoscenza e il consenso dei dirigenti, cinquantatre persone di condizione monastica e inoltre quaranta persone di varia condizione, arrivate da diversi luoghi, in parte dall'ex monastero di Samordino, e poi dalla città di Belev del governatorato di Tula e via dicendo, che introducono le regole della vita monastica, celebrando quotidianamente funzioni religiose, mattina e sera, nell'unica chiesa lasciata per la riunione dei credenti, attirando il pellegrinaggio dei cittadini, ignorando con ciò stesso le disposizioni del governo sovietico e la condanna del tribunale del governatorato di Kaluga. Nell'ex monastero di Optina Pustyn' i collaboratori continuano come prima a svolgere azioni cultuali; alle pareti del museo ci sono icone di santi in tutti gli angoli, negli armadi rivestimenti di icone, croci, il ritratto della zarina Anna Ioannovna, campane e altre cose del genere, che tra l'altro si possono trovare in qualsiasi chiesa.

Padre Nikon fu arrestato il 16 giugno 1927 e incarcerato nella città di Kaluga. Per il procedimento relativo a Optina Pustyn' furono arrestate in tutto undici persone. L'OGPU chiese con quali mezzi egli vivesse, se aiutasse materialmente qualcuno e se svolgesse azione antisovietica. Padre Nikon rispose che viveva della vendita di piccoli oggetti fatti in casa e di ciò che riceveva in chiesa, ma che non sapeva quanto ricavava; per quanto riguardava l'agitazione antisovietica, egli non se ne occupava.

Una degli arrestati in questa circostanza scriveva dal carcere:

Perché sono finita in carcere non lo so. Dicono per cose di religione, per un certo articolo 58. Anche il dirigente del museo di Optina padre Nikon è incarcerato e anche altre nove persone di Kozel'sk. Mi hanno presa con addosso soltanto il vestito, senza avvertirmi, senza nemmeno le calze; non ho niente su cui sdraiarmi e con cui coprirmi, e non ho nemmeno un soldo. Da mangiare ci danno: al mattino acqua bollente senza tè e zucchero con pane nero rancido, a mezzogiorno lavatura di piatti calda e un cucchiaio di kasa ammuffita, alla sera di nuovo un cucchiaio di lavatura di piatti.

Il 1° luglio a padre Nikon fu notificata l’imputazione. Lo accusavano di

intrattenere stretti rapporti, mentre era domiciliato nella città di Kozel'sk, con il direttore del museo di Optina, con il quale svolgeva azione antisovietica tramite le persone a lui vicine, cioè compagne di fede. Svolgeva inoltre propaganda religiosa tra la popolazione cristiana, suscitando in tal modo sfiducia nel potere sovietico. Oltre a ciò è stato accertato che Beljaev faceva incetta di proprietà e oggetti preziosi ecclesiastici per fini sconosciuti e con mezzi di provenienza ignota, con la collaborazione del dirigente del museo di Optina, che gestisce la suddetta proprietà.

Il 1° agosto l'inquirente interrogò nuovamente padre Nikon:

- Quando e per quanto tempo avete diretto il museo di Optina, chi vi ha raccomandato per ricoprire questo posto e perché siete stato arrestato mentre dirigevate il museo?

- Nel 1919 io effettivamente dirigevo il museo di Optina, o per essere più esatti ero stato nominato conservatore temporaneo della proprietà del museo dai commissari venuti da Mosca, evidentemente nella mia qualità di persona istruita, che aveva svolto in precedenza, cioè durante la vita del monastero, la funzione di segretario; effettivamente fui arrestato, ma non conosco il motivo dell'arresto; pensavo e penso di essere stato arrestato come ostaggio.

- Ci sono stati casi di rivendita ad altre persone dei paramenti da voi acquistati, e inoltre vi è capitato di comprare dei paramenti completi, e con quale frequenza?

- Non escludo casi di rivendita di paramenti ad altre persone, ma io facevo questo non per speculazione, bensì per reverenza. Mi è anche avvenuto di comprare dei paramenti completi, ma non so dire con quale frequenza.

Il 16 agosto 1927 l'indagine fu conclusa e fu redatto l'atto d'accusa, nel quale i collaboratori dell'OGPU scrivevano tra l'altro:

Con la nascita della modernizzazione tra le chiese ortodosse compare un antagonismo per il possesso delle parrocchie tra i monaci e il clero delle parrocchie. Sotto la guida dello ieromonaco Nikon Beljaev i monaci dell'ex monastero di Optina conducono una lotta dapprima per impadronirsi delle parrocchie nella città di Kozel'sk, e in conseguenza di ciò la chiesa principale di Kozel'sk finisce nelle loro mani; per rafforzare la sua posizione Nikon Beljaev allontana il custode della chiesa principale e al suo posto mette i suoi fidati monaci.

Nikon Beljaev, dopo aver installato nel suo appartamento un luogo di preghiera e un locale di ricevimento per coloro che venivano da lui per confessarsi e ricevere la benedizione per altre persone, li rifornisce di libri allo scopo di diffonderli tra la popolazione. Nel suo appartamento, sotto il pretesto della confessione e della benedizione, vengono organizzati incontri con elementi controrivoluzionari.

Avendo molti contatti, Nikon Beljaev, allo scopo di utilizzare adeguatamente i paramenti sacri venduti all'asta nel museo, si assume il compito di ricomprare tutti i paramenti venduti, allo scopo di fornirli ai suoi protetti e in genere a tutte le persone di sua fiducia, per cui Beljaev fa incetta di circa cinquanta paramenti sacri completi e li fornisce non solo ai suoi protetti e persone di fiducia abitanti nel quartiere in cui abita, ma anche a persone aventi stretti rapporti con lui e abitanti in altre città dell'Unione Sovietica.

La pratica fu mandata per la conclusione a Mosca, alla sesta sezione del reparto segreto della OGPU, dove nell'ottobre 1927 fu emessa la conclusione definitiva:

Le persone elencate, facenti parte del suindicato raggruppamento controrivoluzionario, hanno svolto direttamente e indirettamente azione e agitazione controrivoluzionaria, mascherandola con idee religiose, corrompendo in questo modo la mentalità della popolazione cristiana circostante e suscitando scontentezza e ostilità nei confronti del potere sovietico.

Il 19 dicembre 1927 il consiglio speciale presso il collegio della OGPU condannò lo ieromonaco Nikon a tre anni di detenzione in un campo di concentramento. Il detenuto Beljaev fu inviato al campo di concentramento delle Solovki, ma prima che il convoglio arrivasse sulle rive del Mar Bianco la navigazione verso le Solovki fu chiusa, e padre Nikon rimase in un campo di concentramento a Kem', dove lo misero a sorvegliare i depositi sulla riva del mare.

Al termine della detenzione, venne confinato nella regione di Archangel'sk. Durante la detenzione nel campo padre Nikon si ammalò di tubercolosi e all'arrivo del convoglio ad Archangel'sk il medico della commissione gli consigliò di prendere in seria considerazione le sue condizioni di salute e di chiedere il trasferimento in un luogo più adatto per lui. Dopo essersi consigliato con padre Agapit Taube, padre Nikon disse: "Sia fatta la volontà di Dio". E non prese alcuna iniziativa in questo senso. Lo ieromonaco Nikon fu mandato nella città di Pinega e si stabilì nel villaggio di Vospola, che si trovava a qualche chilometro da Pinega, presso una donna anziana e dura, che vide nel monaco confinato solo un operaio datole gratuitamente e lo costrinse a un duro lavoro senza compenso. Intanto la tubercolosi progrediva velocemente e padre Nikon si sentiva sempre peggio. La padrona all'inizio pensava che il prete fingesse e che le sue condizioni di salute non fossero tanto gravi quanto egli voleva far vedere; nonostante il suo stato, essa esigeva da lui l'esecuzione di lavori pesanti.

Padre Nikon così descrisse in una lettera l'inizio della sua ultima malattia:

La malattia cominciò all'improvviso. Sentendomi bene, io andai a spalare la neve vicino a casa e sentii un dolore alle vene della gamba malata. Ciò nonostante lavorai per un pò e mi stancai. Subito cominciarono a farmi male tutte le vene, dal ventre ai piedi. Applicai un cataplasma, misurai la temperatura: quaranta gradi. Si manifestò un'emorragia.

Nei tre giorni seguenti la temperatura fu quasi normale. All'improvviso sentii un dolore al petto e la temperatura salì a quaranta gradi, e perdurò per circa una settimana. Io rimasi a letto abbastanza a lungo, per due o tre settimane. Le vene smisero di farmi male, l'emorragia si riassorbì, ma la piaga che si era aperta subito dopo è guarita soltanto da poco. Non ho più il respiro di prima, è più difficoltoso.

La padrona dell'appartamento capì soltanto allora che il sacerdote era gravemente ammalato e cominciò a dirgli di andar via di casa: "Vai dove vuoi, se non puoi lavorare non mi servi, c'è della gente sana che vuole venire da me, loro potranno lavorare, tu invece sei malato. Se poi muori, cosa farò di te?".

Padre Nikon riuscì ad arrivare dal medico, in un ospedale distante sei verste dal villaggio, che gli diagnosticò una tubercolosi. Il sabato precedente la Domenica delle Palme, il 22 marzo 1931, il sacerdote confinato Petr, che viveva nel vicino villaggio di Kozlovka, lo fece trasferire a casa sua. Nelle lettere a una figlia spirituale padre Nikon scriveva:

L'attesa di un trasferimento è una delle condizioni difficili della nostra vita. Volevano trasferire anche me, come molti altri, ma io per ora sono rimasto perché malato. Ma la malattia non mi rallegra. Il dottore ha diagnosticato una tubercolosi polmonare. Di spirito sono tranquillo, perché in tutto c'è la volontà di Dio. Per ora ho tutto il necessario, e il futuro è nelle mani di Dio. Gloria a Dio per ogni cosa. Mi rallegro del tuo buon umore. Sì, Dio ci fa intendere le cose e ci chiama alla salvezza.

A Pinega, oltre alla razione, è difficile trovare prodotti alimentari, e chi non riceve pacchi si trova nel bisogno, fa la fame ... La posta funziona regolarmente. La razione che danno ai disoccupati è, naturalmente, insufficiente: trecento grammi di pane al giorno, seicento grammi di miglio al mese e due chilogrammi di pesce al mese, sale a sufficienza, in inverno mezzo litro di cherosene.

Il clima è come ad Archangel'sk, ma spesso c e un vento penetrante. La gente è piuttosto burbera, poco comprensiva. Verdure quasi non se ne trovano, nemmeno a baratto, nemmeno le patate. Non so come si vive altrove, perciò non posso fare confronti. Ringrazio Dio che finora mi dà la forza interiore e mi manda tutto l'indispensabile alla vita. Gloria a Dio per ogni cosa.

San Teodoro Studita, trovandosi al confino, esulta e si rallegra per coloro che vi muoiono. E a me è venuto il pensiero che noi, monaci che ci siamo esclusi dal mondo, anche ora, involontariamente, facciamo una vita separata dal mondo. Così ha voluto il Signore. Il nostro compito è conservarci nella fede e guardarci da ogni peccato, e tutto il resto affidarlo a Dio. Non avrà motivo di vergogna chi spera nel Signore.

La figlia spirituale di padre Nikon così annotò le notizie sulla sua malattia e sui suoi ultimi giorni:

Sabato 14 giugno fu chiamato il dottore per tranquillizzare il malato. Il medico ascoltò attentamente il padre e "per confortarlo" disse: "Non c'è nessuna tubercolosi galoppante, la debolezza è un fenomeno temporaneo, passerà tutto". Ma a me il dottore disse: "Il padre ha una tubercolosi in pieno sviluppo, in pieno corso, e non c'è più niente da fare, lui è ancora vivo soltanto perché ha un cuore sano.

Le parole dette al padre dal dottore evidentemente lo tranquillizzarono e lo consolarono, poiché egli cominciò persino a pensare e a chiedere di poter fare domanda per essere trasferito in una località più favorevole dal punto di vista climatico.

Il tempo passava e il padre si indeboliva sempre più, ma tuttavia, quando si sentiva meglio, scriveva di sua mano, per quanto a fatica, brevi biglietti ad alcuni suoi figli spirituali; ad alcuni scriveva qualche parola sulle loro lettere, ad altri dettava biglietti che firmava di suo pugno.

Il 20 giugno chiese un foglio di carta e voleva scrivere qualcosa, ma la debolezza non gli consentì di scrivere molto, scrisse soltanto due righe: "Quale bellezza nei libri spirituali".

Il 4 luglio padre Nikon perse completamente le forze. L'8 luglio, alle dodici, l'archimandrita Nikita Kurockin lo comunicò e lesse il canone per la partenza dell'anima. Lo ieromonaco Nikon morì quello stesso giorno, alle dieci e quaranta di sera.

Tratto da: A.A.V.V., Optina Pustyn' e la paternità spirituale, ed. Qiqajon - Comunità di Bose a cui rimandiamo per l'approfondimento dei temi relativi allo Starcestvo russo. In questo volume sono pubblicati gli atti del X Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa - sezione russa - svoltosi a Bose il 19-21 settembre 2002.


* * *

Evlogij di Vladimir
L'EREDITÀ SPIRITUALE DEGLI
"STARCY" DI OPTINA

La paternità spirituale o starcestvo, come guida spirituale alla verità ed esperienza della grazia della vita cristiana, benché non abbia avuto origine in Russia, assunse nelle terre russe tratti specifici, fino a diventare una specie di attributo religioso nazio­nale, con un carattere e una connotazione propri, riconosciuti ben oltre i confini russi. Lo spirito dello starcestvo, che veniva dall'epoca più antica della chiesa, largamente accolto e assimi­lato dalla Rus', deve essere considerato come un frutto della vi­va fede popolare, dono benefico del santo battesimo, che aveva portato con sé un alto e autentico senso della vita.
I russi, conformemente alloro carattere e alla loro natura, accolsero la fede in Cristo nella totalità della loro vita, comprendendola nei fatti, meditandola nell'esemplarità delle vite dei santi. La particolarità del cristianesimo russo trovò la sua espressio­ne in un monachesimo vicino all'antico ascetismo orientale.
Il monastero delle Grotte di Kiev, il più antico in Russia, di­venne in questo paese il vivaio del monachesimo, il monastero per tutti i monasteri, che nella storia avrebbero superato il mi­gliaio. Essi testimoniavano il lato pratico dell'ortodossia nella Rus'. Questo non significava tuttavia che il monachesimo avesse una connotazione utilitaristica. Dai santi monaci noi abbiamo ri­cevuto una spiegazione del senso della nostra attività spirituale che, per la profondità e la forza della sua espressione, può essere paragonata all'ascesi dell'antico oriente. “La vita virtuosa, in­segna san Tichon di Zadonsk, è una predicazione di Cristo".
Nel monachesimo russo non vi fu nessun tipo di ascesi che non fosse ereditata dal cristianesimo orientale. Il significato del monachesimo nella Rus' è enorme: era il modello di vita spiri­tuale a cui si ispirava l'uomo russo. Non è un caso che molti dei nobili e principi russi abbiano vestito l'abito monastico. Essi lo consideravano come l'immagine perfetta del cristianesimo.
L'abito monastico era visto come portatore di un significato universale: dedicare se stessi alla preghiera per il mondo. Nelle antiche cronache si può trovare l'opinione che il mondo si reg­ge sulle preghiere dei monaci. La Russia nel passato era quasi una terra di monaci, sparsa di lavre, di monasteri, di eremi e dì pustyni.Mantenendo il legame spirituale con il Monte Athos, i monasteri russi raggiunsero ben presto un alto grado di ascesi cristiana, mostrando nel monachesimo l'esperienza russa dell’attività spirituale.
I monasteri erano al servizio del popolo: erano, si può dire, focolai popolari del cristianesimo, in cui la gente riceveva un'istru­zione spirituale e imparava un'alta cultura di vita. Davanti a un curvo starec, vestito di un abito nero, persone di vari ceti sociali aprivano i segreti della loro coscienza, gli confidavano i propri dolori e bisogni. Presso la cella di san Serafim di Sarov atten­devano ogni giorno fino a duemila persone. Lo starcestvo russo divenne un fenomeno caratteristico della nostra chiesa ed ele­vò spiritualmente il popolo. “Sforzati - dice san Paisij Velickov­skij - di trovare Gesù Cristo nel tuo cuore, poiché non è possi­bile trovarlo in nessun altro luogo che non sia il nostro cuore".
In verità gli starcy russi ci stupiscono ancor oggi con la loro teologia e i loro insegnamenti, che sono un riflesso della loro vita nello Spirito. I santi Teodosio di Kiev, Sergio di Radonez, Paisij Velickovskij, Serafim di Sarov, Amvrosij di Optina e molti altri padri sono entrati nella pleiade d'oro dei servitori della chiesa di Cristo, e devono essere considerati come pilastri dello starcestvo nella Russia.

Il senso neotestamentario della paternità spirituale

Con la conversione della Russia alla santa ortodossia, che allo­ra viveva i suoi tempi migliori nell'oriente bizantino, nella vita spirituale del paese fu assunta anche la paternità spirituale, qua­le profonda concezione ed esperienza vissuta del cristianesimo nello spirito e nel senso tramandati dai santi padri. In essa si di­stinsero ben presto i monasteri russi, in una secolare tradizione che dal monastero delle Grotte di Kiev giunse fino alla pustyn' di Optina, che ancora sopravviveva nel ricordo della generazio­ne più anziana del secolo scorso.
Lo spirito e il significato della paternità spirituale sono stret­tamente legati alla natura e al contenuto della religione rivelata da Dio, che consiste, com'è noto, non nella teoria, ma nella po­tenza eterna della grazia, o per meglio dire, nella vita stessa. "Le parole che vi dico sono spirito e vita" (Gv 6,63): così insegnò Gesù Cristo. Non esiste altra spiegazione e interpretazione del cristianesimo oltre a quella affidataci dal suo stesso Fondatore. E ogni nuovo tentativo dell'intelletto umano di trovare un altro cammino verso la verità, di darle una forma diversa da quella in­dicata e stabilita dall'evangelo sarà non solo vano, ma anche di­struttivo per l'anima.
Il significato fondamentale del cristianesimo fu sempre la vi­va e attiva confessione della fede con la parola e con l'azione. L'evangelo di Cristo conduce l'uomo a un nuovo rapporto con Dio che lo restituisce all'abbraccio del Padre celeste; esso apre per noi una nuova, sconosciuta e perfetta pagina nella vita uma­na nella persona del secondo Adamo, Cristo redentore, Dio-uomo, incarnatosi per volontà del Padre per riconciliare a quest'ul­timo il mondo caduto nel peccato.
Il secondo Adamo è la nuova, eterna e perfettissima immagi­ne della comunanza dell'uomo con Dio, raggiunta per grazia della divina economia: un'immagine che può essere parzialmen­te spiegata con la parabola evangelica del regno di Dio. La viva e filiale comunanza dell'uomo con Dio, resa possibile grazie all’incarnazione del Figlio di Dio, il Signore Gesù Cristo, non è altro che un coniugio divino, un'alleanza per grazia, da cui sca­turisce la vera beatitudine, l'autentica letizia.
L'incontro di Cristo con gli uomini, l'insegnamento delle ve­rità della vita, la sua esistenza terrena, non indebolirono la sua comunione con il suo Padre celeste, cosa che rimane per sempre come insegnamento morale per il mondo che con il peccato ha perso il legame con Dio. La vita deve per l'appunto apparirci co­me la più sincera, stretta e alta forma di comunione con la Fonte universale della vita. "Colui che crede in me - dice il Signore - ha la vita eterna" (Gv 3,36). Ecco la vera ricompensa e il be­ne imperituro della fede, che apre la porta alla comunione con Dio.
Predicando la necessità di un vivo e filiale rapporto di comu­nione dell'uomo con Dio, il Signore Gesù Cristo lo ha defini­to come essenziale fattore di immortalità e di beatitudine. Tale rapporto richiede all'uomo una totale tensione della sua volontà e della sua libertà. Dai vangeli noi sappiamo che il mondo, in preda al male, cercò di distogliere dal suo scopo principale e dall’'impresa della sua vita anche lo stesso Gesù Cristo, il secondo Adamo, ma fu gloriosamente sconfitto da lui, dalla sua parola di verità, dalla sua morte e resurrezione dai morti.
Gli apostoli di Cristo, dopo aver ricevuto il santo e benefi­co carisma nel giorno della Pentecoste, assunsero l'insegnamento del loro Signore e Maestro come intimo comandamento, nel quale è contenuta non solo la rivelazione, ma anche l'esempio stesso di una nuova vita, quasi sconosciuta all'umanità dell'An­tico Testamento. "La nostra comunione - dice il santo apostolo Giovanni - è con il Padre e il Figlio suo Gesù Cristo... Se cam­miniamo nella luce come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri e il sangue di Gesù Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato" (1Gv 1,3.6-7).
Seguendo l'esempio degli apostoli, dei loro discepoli, dei mar­tiri e dei confessori, degli evangelizzatori, i santi starcy presero sulle loro deboli spalle la missione del rafforzamento della fede, che apre le porte alla comunione con Dio; con la loro vita essi predicarono la "beatitudine di essere con Dio". I santi padri di Optina, percorrendo il difficile cammino della vita cristiana, mostrarono in modo vivo e profondo a un mondo in preda al turbamento i beni inestimabili nascosti nella fede e nell'amore di Cristo: la luce, la gioia e la vita eterna.

La missione ecclesiale dello " starcestvo "

La conversione dell'uomo a Dio, la sincera comunione con lui, che è la fonte della luce e della giustizia, nello spirito e nella forza del santo evangelo, divenne la principale predicazione della chiesa di Cristo. La predicazione dei santi padri pervase il mondo antico, lo trascinò con la profondità della conoscenza della verità insegnata dal santo evangelo e dagli apostoli.
La comparsa di un gran numero di monasteri in oriente dimo­strava al mondo nel modo migliore i pregi straordinari della fede cristiana, come forza soprannaturale che agisce nella vita. Nella Rus' i monasteri furono considerati luoghi di manifestazione della grazia, dove per la forza dello Spirito santo erano fondate nuove e perfette alleanze, un'autentica fratellanza in Cristo, modelli per il mondo circostante, "immerso nel male".
Questa tradizione si conservò nei secoli, e la ritroviamo nella Russia moderna. La stessa Optina divenne per l'uomo russo non soltanto casa della preghiera e della consolazione spirituale; a es­sa era associato un modo di vivere del tutto particolare, irrag­giungibile al mondo e superiore a esso. Gli starcy si proponevano un compito non facile: mostrare, far sentire agli uomini qualco­sa di superiore rispetto al mondo che li circondava. Lo starcestvo di Optina era da un lato uno strumento spirituale molto visibile e percettibile della chiesa, dall'altro un fenomeno quasi imper­cettibile e nascosto. Nell'umile ministero dei padri spirituali di Optina invisibilmente e miracolosamente emerge la grazia del­lo Spirito santo "che risana le debolezze e porta a compimento ciò che manca" e compie l'opera della salvezza tra gli uomini. Lo starcestvo deve essere compreso come un servizio vivo, autenti­camente cristiano, che custodisce l'esperienza interiore della vi­ta spirituale, senza il quale la crescita e il perfezionamento dei membri della chiesa diventano difficili, se non impossibili.
E’ opportuno sottolineare che lo starcestvo come guida cristia­na alla vita spirituale, fu sempre insito nella chiesa di Cristo fin dai primi passi della sua esistenza sulla terra. Come i monaci nei monasteri, così anche i laici che vivono della vita di grazia nella chiesa possiedono i doni dello starcestvo cristiano, servendo assi­duamente e portando beneficio alle persone nella loro ricerca di una vita migliore.
Lo starcestvo, pieno di doni dello Spirito santo, è uno dei mol­ti servizi carismatici della chiesa di Cristo. Esso fu sempre la vi­va testimonianza dell'esistenza e della vita soprannaturali. Tut­tavia lo starcestvo non è un'istituzione indipendente e separata dalla chiesa; al contrario, esso è legato a molte altre manifesta­zioni della sua missione.
Gli starcy di Optina riconducevano le persone che si rivolgevano a loro su quella strada spirituale, fondamentale ed eterna, vera e santa, che esse avevano abbandonato nel loro affannarsi quotidiano. Le sventure e i dolori degli uomini erano visti dagli starcy come cause nascoste e buone motivazioni per il ritorno dell'uomo a Dio e alla comunione con lui.
L'esperienza degli starcy suggerisce agli uomini il modo di fuggire il male, che spesso si presenta sotto le ingannevoli sem­bianze del bene, e come conservare la fede nella verità, la som­ma forza divina della vita, fonte di pace e di gioia per l'anima.
Gli starcy, educatori delle anime umane, vedevano con l'oc­chio dell'intelletto e del cuore, illuminato dallo Spirito santo, i vizi delle anime degli uomini, e paternamente cercavano di dare aiuto spirituale con la loro preghiera, con una parola di confor­to, o anche direttamente con un atto di misericordia. La loro missione spirituale di servizio agli uomini essi la svolgevano in grande umiltà d'animo, tenendo presente l'imperfezione della loro stessa anima, in un rapporto di bontà paterna e pastorale verso il prossimo, ponendosi sotto la guida del santo evangelo, dell'insegnamento dei santi apostoli e dei precetti dei santi pa­dri della chiesa.
Gli starcy insegnavano agli uomini a vivere spiritualmente, in modo vigile, secondo i comandamenti di Cristo e la volontà di Dio, a prepararsi in questo modo all'eternità, a rispondere al giudizio universale di Dio. L'importanza dello starcestvo di Op­tina fu molto grande nel mondo, che essi trasformarono in modo apparentemente impercettibile, liberandolo dal buio dell'igno­ranza, delle passioni e del male.
Nei libri dei santi asceti dei secoli XVIII e XIX, molto conosciu­ti e amati in Russia, troviamo un ricchissimo materiale sullo starcestvo nel mondo, che portava agli uomini la conoscenza della vita cristiana e dava frutti abbondanti. "Lo spirito soffia dove vuole", dice il santo evangelo (Gv 3,8). Questo fenomeno non fu estraneo nemmeno a Optina.
La chiesa di Cristo partecipa con l'azione di grazia all'esisten­za del mondo, riportando le anime allo spirito dell'amore e della verità di Cristo. Il miracolo della vita nella grazia dipende da Dio, dalla sua indicibile misericordia. Non solo nell'antica Ge­rusalemme ardeva la lampada della vita celeste, ma anche nelle terre più appartate, a volte irraggiungibili del nostro pianeta, in forza delle parole profetiche del Signore stesso: "Andate ed evangelizzate tutte le genti, battezzandole nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo" (Mt 28, 19).
La vita religiosa russa durante i secoli non è pensabile senza la profonda cura che le dedicarono gli starcy, sia appartenenti ai monasteri, sia laici, secondo i precetti dei santi padri della chie­sa: salvarsi nell'umiltà dell'anima, facendo atto di sottomissio­ne, con la benedizione e l'insegnamento dei maestri della fede.
La vita spirituale dell'uomo non può essere autonoma, indi­pendente: in questo c'è la morte sicura dell'anima. Essa si co­struisce secondo le regole e le leggi della chiesa di Cristo, che guida secondo la grazia in questo, che è il più impegnativo dei compiti del cristiano. L'obbedienza alla chiesa nella persona dei suoi vescovi, presbiteri, monaci e persino laici credenti, porta il frutto positivo della vita cristiana a coloro che in umiltà l'hanno accettata come insegnamento della volontà di Dio, come legge della perfetta vita spirituale.
Tutti i santi servi di Dio fiorirono spiritualmente proprio grazie a questa virtù evangelica dell'obbedienza. Essa incorona l'uomo con la vita eterna. Al contrario la disobbedienza, cioè la presunzione, lo conduce alla sventura, alla perdita e alla mor­te. La storia della caduta di Adamo è la triste conseguenza della sua disobbedienza alla volontà di Dio. La disobbedienza è pro­prio la mancanza di fiducia nei confronti della verità, la con­trapposizione a essa del proprio intelletto e dei propri giudizi. Perciò la santa chiesa di Cristo dedica una particolare attenzio­ne allo starcestvo, che diffonde la virtù salvifica dell'obbedienza all'evangelo.

Optina e il significato dello " starcestvo "

L'istituzione dello starcestvo è particolarmente importante per il problema della salvezza dell'anima: la guida spirituale è l'aiuto e il sostegno per chi ritiene la salvezza lo scopo primario della vita. Optina Pustyn' ebbe grande fama in tutto il mondo cristiano non per la propria posizione geografica, non per la sua antichità e per i pregi architettonici, ma proprio per l'istituzione dello starcestvo.
Il merito della rinascita di Optina si deve attribuire a tre gran­di personalità della chiesa russa tra Settecento e Ottocento: i metropoliti Platon Levsin, Filaret Amfiteatrov e l'archimandri­ta Moisej Putilov. Soprattutto alle loro cure si deve la forma­zione delle condizioni ideali per l'introduzione dello starcestvo, che incomincia a fiorire a Optina con lo ieroschimonaco Lev Nagolkin.

L'ultimo starec di Optina prima della sua chiusura nel 1923 fu lo ieroschimonaco Nektarij, i cui resti furono trasferiti un de­cennio fa nel monastero dal remoto villaggio dove lo aveva esilia­to la tempesta di quei tempi.
Una pagina di particolare importanza nella storia dello starcestvo a Optina è quella aperta dall'attività spirituale dello iero­schimonaco Amvrosij Grenkov, canonizzato nel 1988, millena­rio del cristianesimo russo. Il santo Amvrosij introdusse larga­mente lo starcestvo nella vita religiosa del popolo russo, e questo diede frutti visibili e santi. Ad esempio, il monastero femmini­le di Samordino, fondato da lui nel 1884, in brevissimo tempo accolse tra le proprie mura più di cinquecento donne delle più varie classi e condizioni, prese dal desiderio di una nuova vita soprannaturale, cosa che rifletteva lo spirito di profonda com­prensione della fede di Cristo da parte del popolo russo.
"Padre, perché voi accogliete tante persone, e in particolare invalidi e malati, che occorre mantenere?", domandavano spes­so al santo starec. Ma egli rispondeva così: "Per i malati Dio mi dà di più, mentre per i sani mi dà meno, e a volte niente".
I nostri monasteri famosi nel passato: la lavra delle Grotte di Kiev, la lavra della Trinità di San Sergio, i monasteri di Valaam, delle Solovki, di Sarov, di Svensk, lepustyni Ploscanskaja, So­fronievskaja e infine Optina, entrarono nella storia della chiesa unicamente per l'alta spiritualità che vi regnava, grazie alla pre­senza di autentici padri spirituali.
Il popolo russo andava dagli starcy dei monasteri come da mae­stri di vita, consegnandosi totalmente nelle loro mani. In Russia vi era uno straordinario processo di formazione della persona, che entrava a far parte della chiesa attraverso l'esperienza spiri­tuale degli starcy.
Senza una guida spirituale non si può immaginare e pensare la vita trasmessaci da Cristo. Il popolo russo amava i luoghi santi e in particolare le persone spirituali, che riconosceva come propri padri e madri nello Spirito. L'essenza del pellegrinaggio dei rus­si deve essere scorta nella profonda consapevolezza e compren­sione della necessità della comunione spirituale con le persone "non di questo mondo", comunione che porta una gioia inespri­mibile, la vera luce di cui la loro anima aveva bisogno.

In conclusione occorre dire che il più prezioso evento della nostra vita, così tempestosa, è l'acquisizione dello Spirito santo, grazie anche alla guida delle persone spirituali che seguono l'e­sperienza della chiesa, i precetti del santo evangelo e l'insegna­mento dei santi apostoli. Né gli enormi grattacieli, che si sbri­ciolano come la torre di Babilonia, né la conquista del cosmo, né il progresso in genere, che dà soltanto l'illusione dell'onnipoten­za umana, possono soddisfare la sete spirituale degli uomini. Soltanto la stupenda e santa struttura dell'anima, la purezza e la luminosità di tutte le sue forze, l'uomo interiore, incorruttibile nello Spirito e vivente in Dio, sua fonte di immortalità, deve es­sere di primaria importanza nel nostro operare sulla terra.

Tratto da: A.A.V.V., Optina Pustyn' e la paternità spirituale, ed. Qiqajon - Comunità di Bose a cui rimandiamo per l'approfondimento dei temi relativi allo Starcestvo russo. In questo volume sono pubblicati gli atti del X Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa - sezione russa - svoltosi a Bose il 19-21 settembre 2002.