sabato 15 ottobre 2011

La moneta di Dio e quella del mondo



Ci sono due monete, l'una di Dio, l'altra del mondo, e ognuna di esse reca impressa
una propria impronta: i non fedeli hanno l'impronta di questo mondo e i fedeli nella
carità hanno l'impronta di Dio Padre attraverso Gesù Cristo.
Ignazio di Antiochia, Ep. ai Magnesi, V, 2


Domani 16 ottobre celebriamo la
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Anno A

Le aspirazioni del cuore, anima della preghiera

Dalla «Lettera a Proba» di sant'Agostino, vescovo
(Lett. 130, 8, 15. 17 - 9, 18; CSEL 44, 56-57. 59-60)

Quando preghiamo non dobbiamo mai perderci in tante considerazioni, cercando di sapere che cosa dobbiamo chiedere e temendo di non riuscire a pregare come si conviene. Perché non diciamo piuttosto col salmista: «Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore e ammirare il suo, santuario»? (Sal 26, 4). Ivi infatti non c'è successione di giorni come se ogni giorno dovesse arrivare e poi passare. L'inizio dell'uno non segna la fine dell'altro, perché vi si trovano presenti tutti contemporaneamente. La vita, alla quale quei giorni appartengono, non conosce tramonto.
Per conseguire questa vita beata, la stessa vera Vita in persona ci ha insegnato a pregare, non con molte parole, come se fossimo tanto più facilmente esauditi, quanto più siamo prolissi. Nella preghiera infatti ci rivolgiamo a colui che, come dice il Signore medesimo, già sa quello che ci è necessario, prima ancora che glielo chiediamo (cfr. Mt 6, 7-8).
Potrebbe sembrare strano che Dio ci comandi di fargli delle richieste quando egli conosce, prima ancora che glielo domandiamo, quello che ci è necessario. Dobbiamo però riflettere che a lui non importa tanto la manifestazione del nostro desiderio, cosa che egli conosce molto
bene, ma piuttosto che questo desiderio si ravvivi in noi mediante la domanda perché possiamo ottenere ciò che egli è già disposto a concederci. Questo dono, infatti, è assai grande, mentre noi siamo tanto piccoli e limitati per accoglierlo. Perciò ci vien detto: «Aprite anche voi il vostro cuore! Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli» (2 Cor 6, 13-14).
Il dono è davvero grande, tanto che né occhio mai vide, perché non è colore; né orecchio mai udì, perché non è suono; né mai è entrato in cuore d'uomo (cfr. 1 Cor 2, 9), perché è là che il cuore dell'uomo deve entrare. Lo riceviamo con tanta maggiore capacità, quanto più salda sarà la nostra fede, più ferma la nostra speranza, più ardente il nostro desiderio.
Noi dunque preghiamo sempre in questa stessa fede, speranza e carità, con desiderio ininterrotto. Ma in certe ore e in determinate circostanze, ci rivolgiamo a Dio anche con le parole, perché, mediante questi segni, possiamo stimolare noi stessi e insieme renderci conto di quanto abbiamo progredito nelle sante aspirazioni, spronandoci con maggiore ardore a intensificarle. Quanto più vivo, infatti, sarà il desiderio, tanto più ricco sarà l'effetto. E perciò, che altro vogliono dire le parole dell'Apostolo: «Pregate incessantemente» (1 Ts 5, 17) se non questo: Desiderate, senza stancarvi, da colui che solo può concederla quella vita beata, che niente varrebbe se non fosse eterna?

MESSALE

Antifona d'Ingresso Sal 16,6.8
Io t'invoco, mio Dio: dammi risposta,
rivolgi a me l'orecchio e ascolta la mia preghiera.
Custodiscimi, o Signore, come la pupilla degli occhi,
proteggimi all'ombra delle tue ali.


Colletta

Dio onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito. Per il nostro Signore...


Oppure:

O Padre, a te obbedisce ogni creatura nel misterioso intrecciarsi delle libere volontà degli uomini; f
a' che nessuno di noi abusi del suo potere, ma ogni autorità serva al bene di tutti, secondo lo Spirito e la parola del tuo Figlio, e l'umanità intera riconosca a te solo come unico Dio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura Is 45,1.4-6
Ho preso Ciro per la destra per abbattere davanti a lui le nazioni.

Dal libro del profeta Isaìa
Dice il Signore del suo eletto, di Ciro:
«Io l’ho preso per la destra,
per abbattere davanti a lui le nazioni,
per sciogliere le cinture ai fianchi dei re,
per aprire davanti a lui i battenti delle porte
e nessun portone rimarrà chiuso.
Per amore di Giacobbe, mio servo,
e d’Israele, mio eletto,
io ti ho chiamato per nome,
ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca.
Io sono il Signore e non c’è alcun altro,
fuori di me non c’è dio;
ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci,
perché sappiano dall’oriente e dall’occidente
che non c’è nulla fuori di me.
Io sono il Signore, non ce n’è altri».


Salmo Responsoriale
Dal Salmo 95
Grande è il Signore e degno di ogni lode.

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla,
il Signore invece ha fatto i cieli.

Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri.

Prostratevi al Signore nel suo atrio santo.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
Dite tra le genti: «Il Signore regna!».
Egli giudica i popoli con rettitudine.


Seconda Lettura
1 Ts 1,1-5b
Mèmori della vostra fede, della carità e della speranza.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
Paolo e Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicési che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: a voi, grazia e pace.
Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro.
Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione.


Canto al Vangelo
Fil 2,15d-16a
Alleluia, alleluia.

Risplendete come astri nel mondo,
tenendo alta la parola di vita.

Alleluia.


Vangelo Mt 22,15-21
Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.

Dal vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Parola del Signore.


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COMMENTI


1. Congregatio pro Clericis

Nel brano evangelico, che la Liturgia offre in questa Domenica, sono molteplici i livelli attraverso i quali il Signore si rivolge a noi, dall’atteggiamento ed infinita pazienza che Egli ha verso i propri interlocutori, al contenuto stesso della risposta, alla chiara indicazione di metodo che ad essa sottende. Prenderemo principalmente in considerazione quest’ultimo aspetto: l’indicazione di metodo.

Interrogato e messo alla prova circa le cosiddette “questioni temporali”, il Verbo incarnato non inventa una nuova dottrina, non rivoluziona l’ordine delle cose, non pretende il riconoscimento astratto della propria divina Regalità, ma conduce semplicemente i Suoi avversari a “leggere” la realtà, quella stessa realtà nella quale Egli, che è vero Dio, ha voluto entrare definitivamente come vero uomo.

«Mostratemi la moneta del tributo». Per comprendere il reale valore delle cose, delle relazioni interpersonali, dei propri compiti e responsabilità, per ricevere la risposta autentica ad ogni interrogativo, il metodo è uno solo: sottoporre ogni realtà allo sguardo di Cristo.

Così facendo, però, non si ottiene un’indicazione estranea all’umana intelligenza. Gli stessi farisei ed erodiani, che interrogavano Gesù, non hanno ricevuto da Lui una risposta, che fosse basata su criteri nuovi e sconosciuti, tale da poter essere rifiutata da loro come incomprensibile o “impugnata” dalle autorità romane come sovversiva dell’ordine costituito.

«Egli domandò loro: “Quest’immagine e l’iscrizione, di chi sono?”. Gli risposero: “Di Cesare”». Cristo non risponde all’uomo “saltando” la sua intelligenza e libertà, ma, piuttosto, attraverso di esse. Allo stesso tempo, però, la verità e profondità della Sua risposta sono sempre incredibilmente nuove. «Quest’immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Egli domanda loro che gli venga mostrata la realtà in questione – la moneta del tributo –, per poi guidare i presenti all’osservazione semplice e attenta di quell’oggetto. Cristo non offre dottrine nuove, in virtù della Sua Sapienza divina, né si sostituisce agli uomini, in virtù della sua umana perfezione, ma decide di vivere, dal di dentro, la nostra stessa vicenda, per condurci, come per mano, al reale significato delle cose che ci circondano, alla verità del nostro cuore e di tutto il nostro essere, alla verità del prossimo, alla Verità ultima, che tutte le sottende e che è Dio, fino a quella familiarità “ontologica” con Lui, che è il divenire partecipi della Sua stessa Figliolanza divina.

«Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Dove oggi possiamo fare esperienza di una simile compagnia alla nostra esistenza, che arriva ad offrire il proprio amore ad ogni uomo, anche il più ostile? Dove oggi possiamo fare esperienza dell’Emmanuele, il Dio-con-noi, che, ponendosi al nostro fianco, cammina con noi, per condurci, attraverso la Sua Umanità perfetta, all’oceano eterno della Divinità? Dove, oggi, permane la Presenza di Cristo, che continua a rivolgere agli uomini la stessa domanda: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono

È nell’Unità di coloro che Egli ha voluto associare a Sé, come i tralci alla vite, che Egli permane Presente e Operante nella storia dell’umanità. È nella comunità dei credenti, che vengono generati a Vita nuova nel lavacro battesimale, conformati sempre più al Suo Cuore adorabile, attraverso la Comunione dell’unico Pane Eucaristico, e guidati nel cammino dal Dolce Cristo in terra, il Successore di Pietro, che Egli ricorda agli uomini: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Ma cosa appartiene dunque a Cesare? Cosa egli può, anche oggi, richiedere agli uomini? Egli può esigere il tributo; quel rispetto per la sua autorità, indispensabile alla civile convivenza; la collaborazione per la pace sociale, che permette all’uomo di dedicarsi alle esigenze proprie della sua altissima dignità – collaborazione che si offre con l’onestà della vita e l’obbedienza, in quelle materie legali-amministrative che sono “disponibili” alla volontà del legislatore.

E che cosa appartiene a Dio? In cosa è impressa la Sua immagine e l’iscrizione? Tutto, anche Cesare, anche cioè l’autorità, che non è mai soltanto al di sopra dei singoli per servire il popolo, ma, con i singoli e con il popolo, sta “sotto il Cielo”, sotto lo sguardo di Dio, avendo, quali coordinate del proprio agire, la natura e la ragione. Come affermava Tertulliano: «Grande è l’imperatore, perché più piccolo del Cielo!». L’uomo ha, cioè, quali coordinate fondamentali per comprendere ciò che è giusto la legge naturale, inscritta nelle cose, e l’umana intelligenza, capace di riconoscerla.

Come ha recentemente insegnato il Santo Padre Benedetto XVI nella sua Visita al Parlamento federale, nel Reichstag di Berlino: «“Togli il diritto – e allora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?” ha sentenziato una volta sant’Agostino. Noi tedeschi […] abbiamo sperimentato il separarsi del potere dal diritto, il porsi del potere contro il diritto, il suo calpestare il diritto, così che lo Stato era diventato lo strumento per la distruzione del diritto – era diventato una banda di briganti molto ben organizzata […]. Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia è e rimane il compito fondamentale del politico. In un momento storico in cui l’uomo ha acquistato un potere finora inimmaginabile, questo compito diventa particolarmente urgente».

Fratelli carissimi, osserviamo quel comandamento d’amore che Cristo ci ha donato nella stessa comunione con la Sua Vita divina, siamo autentici promotori dei “diritti di Dio”, senza relativismi né anarchie di sorta, ma coscienti dell’unica vera dipendenza che anima e sorregge la realtà tutta, la dipendenza da Dio, Creatore e Redentore. E ripetiamo al mondo, insieme alla Beata Vergine Maria: «Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza, date al Signore la gloria del suo nome»!

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2. p. Raniero Cantalamessa ofmcapp.

Il Vangelo di questa domenica termina con una di quelle frasi lapidarie di Gesù che hanno lasciato un segno profondo nella storia e nel linguaggio umano: "Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" . Non più: o Cesare o Dio, ma: e l'uno e l'altro, ognuno nel suo piano. È l'inizio della separazione tra religione e politica, fino ad allora inscindibili presso tutti i popoli e i regimi. Gli ebrei erano abituati a concepire il futuro regno di Dio instaurato dal Messia come una teocrazia, cioè come un governo diretto di Dio su tutta la terra tramite il suo popolo. Ora invece la parola di Cristo rivela un regno di Dio che è in questo mondo, ma non è di questo mondo, che cammina su una lunghezza d'onda diversa e che può perciò coesistere con qualsiasi altro regime, sia esso di tipo sacrale che "laico".

Si rivelano così due tipi qualitativamente diversi di sovranità di Dio sul mondo: la sovranità spirituale che costituisce il regno di Dio e che egli esercita direttamente in Cristo, e la sovranità temporale o politica che Dio esercita indirettamente, affidandola alla libera scelta delle persone e al gioco delle cause seconde.

Cesare e Dio non sono però messi sullo stesso piano, perché anche Cesare dipende da Dio e deve rendere conto a lui. "Date a Cesare quello che è di Cesare" significa dunque: "Date a Cesare quello che Dio stesso vuole che sia dato a Cesare". È Dio il sovrano ultimo di tutti, Cesare compreso. Noi non siamo divisi tra due appartenenze; non siamo costretti a servire "due padroni". Il cristiano è libero di obbedire allo stato, ma anche di resistere allo stato quando questo si mette contro Dio e la sua legge. In questo caso non vale invocare il principio dell'ordine ricevuto dai superiori, come sono soliti fare in tribunale i responsabili di crimini di guerra. Prima che agli uomini, occorre infatti obbedire a Dio e alla propria coscienza. Non si può dare a Cesare l'anima che è di Dio.

Il primo a tirare le conclusioni pratiche di questo insegnamento di Cristo, è stato san Paolo. Egli scrive: "Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio... Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio...Per questo dunque dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio" (Rom 13, 1 ss.). Pagare lealmente le tasse per un cristiano (ma anche per ogni persona onesta) è un dovere di giustizia e quindi un obbligo di coscienza. Garantendo l'ordine, il commercio e tutta una serie di altri servizi, lo stato dà al cittadino qualcosa per il quale ha diritto a una contropartita, proprio per poter continuare a rendere questi stessi servizi.

L'evasione fiscale, quando raggiunge certe proporzioni - ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica -, è un peccato mortale, al pari di ogni altro furto grave. È un furto fatto non allo "stato", cioè a nessuno, ma alla comunità, cioè a tutti. Questo suppone naturalmente che anche lo stato sia giusto ed equo nell'imporre le sue tasse.

La collaborazione dei cristiani alla costruzione di una società giusta e pacifica non si esaurisce nel pagare le tasse; deve estendersi anche alla promozione dei valori comuni, quali la famiglia, la difesa della vita, la solidarietà con i più poveri, la pace. C'è anche un altro ambito in cui i cristiani dovrebbero dare un contributo più incisivo alla politica. Non riguarda tanto i contenuti quanto i metodi, lo stile. Occorre svelenire il clima di perpetuo litigio, riportare nei rapporti tra i partiti un maggiore rispetto, compostezza e dignità. Rispetto del prossimo, mitezza, capacità di autocritica: sono tratti che un discepolo di Cristo deve portare in tutte le cose, anche in politica. È indegno di un cristiano abbandonarsi a insulti, sarcasmo, scendere a risse con gli avversari. Se, come diceva Gesù, chi dice al fratello "stupido!", è già reo della Geenna, che ne sarà di molti uomini politici?

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Commenti dalla Tradizione patristica


San Lorenzo da Brindisi (1559-1619), Cappuccino, dottore della Chiesa
Omelia 1 per la ventiduesima domenica dopo Pentecoste, 2-5 ; Opera omnia, 8, 335

Essere veramente un’immagine di Dio

« Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio ». A ciascuno si deve dare il suo : sentenza piena di sapienza celeste e di dottrina. Egli insegna che vi sono due tipi di potere : uno terreno e umano, l’altro celeste e divino ; e insegna che da noi si richiede una duplice obbedienza : alle leggi umane e a quelle divine... A Cesare dobbiamo dare la moneta che porta l’immagine e l’iscrizione di lui, a Dio invece ciò su cui è impressa l’immagine e la somiglianza divina : « Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto » (Sal 4,7).

Noi siamo creati a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26). Tu, o cristiano, sei uomo : sei dunque moneta del tesoro divino, sei il danaro che porta impressa l’immagine e l’iscrizione del re divino. Con Cristo io ti chiedo : « Di chi è questa immagine e l’iscrizione ? » Tu dici : « Di Dio. » Osservo : « E perché non dài a Dio ciò che è suo ? »

Se vogliamo essere immagine di Dio, dobbiamo essere simili a Cristo, perché egli è l’immagine della bontà di Dio e l’ « impronta della sua sostanza » (Eb 1,3). Dio poi « quelli che da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo » (Rm 8,29). E Cristo ha veramente dato a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio, perché ha osservato alla perfezione le due tavole della legge divina « facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce » (Fil 2,8) ; e fu adorno nel grado più perfetto di tutte le virtù interne e esterne.