domenica 14 ottobre 2012

Le beatitudini di Schuster

Ildefonso Schuster


Si ispirò a San Carlo Borromeo e anticipò il rinnovamento del Concilio, eppure non mancarono incomprensioni nella sua vita di Beato. Il cardinale Ildefonso Schuster nel febbraio del '45 veniva bollato come «spregiudicato imbroglione», aiutato «da un piccolo gruppo di farisei chiamati monsignori della curia». Fonte: un rapporto del Comando Speciale della guardia repubblichina. L'accusa: proteggere partigiani ed ebrei. Di lì a pochi mesi, ecco, invece, i leader della Resistenza chiedere l'«epurazione dell'arcivescovo», giudicato compromesso col fascismo. In realtà Schuster era autenticamente un santo, come documentato dal processo di beatificazione. Questa sera alle 23,30 su Rai1 andrà in onda il programma dedicato alla vita del monaco e cardinale che Pio XI volle alla guida della Chiesa Ambrosiana subito dopo il Concordato del 1929. “Ildefonso Schuster: scommettere sull’Italia” è il titolo.


Spiega Marco Simeon, responsabile di Rai Vaticano:“La figura del cardinale è straordinariamente attuale perché, come De Gasperi, è simbolo di quell’Italia umile e vincente che nel secondo dopoguerra seppe difendere il patrimonio di valori indispensabile al rilancio”. Sullo schermo si susseguono testimonianze d’epoca o inedite. Il successore Angelo Scola attualizza la lezione “politica” ai cattolici impegnati nella vita pubblica, il condannato a morte Indro Montanelli descrive il plotone d’esecuzione bloccato all’ultimo istante dall’intervento a San Vittore del porporato, la sua perpetua oggi ultracentenaria rievoca le “soffiate” ai partigiani, il sacerdote reduce dalle carceri fasciste racconta quando Schuster lo inviò a benedire le salme a Piazzale Loreto (“mi chinai per ricomporre i corpi, quando mi voltai vidi centinaia di milanesi inginocchiati a pregare”). Non abbandonò mai i fedeli, rimanendo sempre a Milano durante i bombardamenti. Scrisse persino al re d’Inghilterra chiedendo di sospendere gli attacchi aerei sulla città e trasformò l’arcivescovado in un centro di raccolta di abiti e cibo per soccorrere i  bisognosi. Tentò di convincere Mussolini, il 25 aprile 1945, a consegnarsi agli alleati invece di partire verso quel confine svizzero dove troverà la morte.


“Uomo di mirabile sapienza e dottrina, che svolse con grande sollecitudine l’ufficio di pastore per il bene del suo popolo”, recita il martirologio di Schuster, abate del monastero benedettino di San Paolo fuori le Mura dal 1918 al 1929 prima di traghettare la diocesi di Milano dagli anni bui del fascismo alle prime luci del boom. Ha fatto scuola la sua sensibilità verso le chiese orientali, gli ebrei, la liturgia. Mezzo secolo prima teorizzò scelte accolte solo successivamente dalla Chiesa con il Vaticano II. La percezione del passato come qualcosa di vivo lo portò a partecipare a celebrazioni che avvenivano nelle catacombe e nelle quali si leggevano gli antichi inni. Fu il primo vescovo ad essere nominato dopo il Concordato del 1929, che prevedeva un duplice giuramento di fedeltà al Papa e al re e soprattutto al governo, ma denunciò le violenze sulle associazioni cattoliche e il tentativo di limitare la presenza della Chiesa nella società. Riemerge dagli archivi anche la sua battaglia al Sant’Uffizio per rimuovere dalla liturgia il riferimento ai “perfidis Judaeis” (come farà Giovanni XXIII).Finì in minoranza al Sant’Uffizio, malgrado il sostegno del Papa, però poi toccherà a lui tuonare contro le leggi razziali. (G. Galeazzi)
Fonte: Vatican Insider