sabato 13 ottobre 2012

Sinodo - Intervento del prof. Werner Arber



CITTA’ DEL VATICANO, sabato, 13 ottobre 2012.- “Se Gesù Cristo vivesse in mezzo a noi oggi, egli sarebbe favorevole all’applicazione di una solida conoscenza scientifica per il bene a lungo termine dell’umanità e del suo ambiente naturale”.
Lo ha detto ieri pomeriggio al Sinodo dei vescovi che si sta svolgendo a Roma, il prof. Werner Arber, professore di Microbiologia nel Biozentrum dell'Università di Basilea, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. Insieme ai ricercatori americani Hamilton Smith e Daniel Nathans, Werner Arber ha condiviso il premio Nobel in fisiologia o medicina nel 1978. 
Nel corso della relazione sul tema “Riflessione sulle relazioni tra le scienze e la fede religiosa” il Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze ha spiegato che “mentre la scienza finora non è riuscita a trovare risposte pertinenti a tutti gli interrogativi sollevati, soprattutto a quelli che trascendono la sfera naturale, diverse credenze (comprese quelle che affondano le loro radici nella religione) hanno un loro ruolo nel dare risposte a questi interrogativi sul senso”. 
Secondo il prof. Arber le religioni rappresentano una parte essenziale del sapere orientativo, che funge da fondamento guida per le attività umane. 
E’ evidente che nella società cristiana, importanti regole di condotta sono state divulgate da Gesù Cristo attraverso la sua vita e da allora sono state largamente seguite dai cristiani.
“Tuttavia – ha precisato l'accademico  - rappresenta un importante compito per le società di oggi, aggiornare l’insieme di regole stabilite prestando particolare attenzione alla nostra conoscenza scientifica acquisita”.
In tale contesto il prof. Arber ha voluto indicare un esempio particolare.
“Grazie ai recenti progressi nel campo della genomica, della protomica e della metabolomica, - ha illustrato - è diventato possibile orientare l’evoluzione biologica al fine di venire meglio incontro alle nostre esigenze di una alimentazione sana come contributo a importanti miglioramenti in campo medico”.
A questo proposito, la Pontificia Accademia delle Scienze ha dedicato una settimana di studio nel maggio del 2009 proprio a questo argomento, con particolare attenzione alle piante transgeniche per la sicurezza alimentare nel contesto dello sviluppo.
Il premio Nobel svizzero ha sottolineato che “la nostra Accademia ha concluso che i metodi recentemente adottati nel preparare gli organismi transgenici seguono le leggi naturali di evoluzione biologica e non comportano rischi legati alla metodologia dell’ingegneria genetica”.
Il Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze ha concluso affermando che i metodi utilizzati nelle piante transgeniche sono simili alle strategie naturali per la generazione spontanea di varianti genetiche nell’evoluzione biologica e che “le prospettive benefiche per migliorare i raccolti delle piante alimentari più ampiamente consumate, potrebbero alleviare la denutrizione e la fame che ancora esistono nella popolazione del mondo in via di sviluppo”. (A. Gaspari)
Fonte: Zenit
Di seguito il testo dell'intervento del prof. Werner Arber.

* * *

INTERVENTO DELL’INVITATO SPECIALE, PROF. WERNER ARBER, PROFESSORE DI MICROBIOLOGIA NEL BIOZENTRUM DELL'UNIVERSITÀ DI BASILEA, PRESIDENTE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE (SVIZZERA)

L’Invitato Speciale è stato introdotto dal Presidente Delegato con le seguenti parole:

Werner Arber è un microbiologo e genetista svizzero. Insieme ai ricercatori americani Hamilton Smith e Daniel Nathans, Werner Arber ha condiviso il premio Nobel in fisiologia o medicina per la scoperta degli enzimi di restrizione. Il concetto di virus ibridi trasducenti è stato successivamente utile come modello per il progetto di clonare vettori nella tecnologia ricombinante del DNA.
Fra i molti riconoscimenti, premi e titoli accademici, Werner Arber è membro del World Knowledge Dialogue Scientific Board, professore associato dell’Accademia delle Scienze del Terzo Mondo (TWAS) (1997) e Presidente del Consiglio Internazionale delle Unioni Scientifiche (ICSU) (1996-1999). Dal 1891 è stato membro della Pontificia Accademia delle Scienze. Nel gennaio 2011 il Santo Padre, Papa Benedetto XVI, lo ha nominato Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, facendone il primo Protestante a ricoprire tale ruolo.
Ed ora, il professor Werner Arber.



Quindi l’Invitato Speciale ha pronunciato il suo intervento:

Introduzione

La curiosità è una caratteristica fondamentale della mente umana. Da una parte rappresenta la forza motrice della ricerca scientifica che cerca di scoprire le leggi naturali. Dall’altra, la curiosità è anche alla base dell’interesse di ogni essere umano di conoscere le leggi fondamentali della natura che sono essenziali alla sua ricerca di senso e di verità. Mentre la scienza finora non è riuscita a trovare risposte pertinenti a tutti gli interrogativi sollevati, soprattutto a quelli che trascendono la sfera naturale, diverse credenze (comprese quelle che affondano le loro radici nella religione) hanno un loro ruolo nel dare risposte a questi interrogativi sul senso. Esse rappresentano una parte essenziale del sapere orientativo, che funge da fondamento guida per le attività umane. In questo contesto solleviamo qui il problema dei rapporti e delle compatibilità reciproci tra la conoscenza scientifica e i contenuti fondamentali della fede.

Contesto e impatto del sapere orientativo

Il sapere orientativo viene costruito e si aggiorna nella mente umana durante il corso dell’intera vita. Comprende elementi già acquisiti nello stadio embrionale e nella prima infanzia. Si arricchisce con l’istruzione e con la personale ricerca della verità. La conoscenza scientifica acquisita viene così affiancata a vari tipi di credenze, compresa la fede religiosa. A questo proposito, possiamo considerare che anche gli agnostici abbiano un credo specifico, vale a dire nella non esistenza di Dio. In molte delle nostre attività quotidiane, e soprattutto quando dobbiamo prendere decisioni importanti, siamo guidati consapevolmente, ma spesso anche inconsapevolmente, dal nostro sapere orientativo. Possiamo considerare il sapere orientativo come un elemento socializzante nella nostra vita. Infatti esso contribuisce a conciliare le nostre attività con la nostra vita di comunità e con l’uso sostenibile del nostro habitat e delle risorse disponibili.

Evoluzione cosmica ed evoluzione biologica come fattori che rivelano importanti leggi della natura

La Pontificia Accademia delle Scienze tratta spesso delle scoperte scientifiche in continuo aumento riguardo sia all’evoluzione dell’universo che all’evoluzione della vita. Queste si basano in larga misura sull’osservazione dell’evoluzione in fieri. Alcune delle nozioni così acquisite possono permetterci inoltre di estrapolare i processi evolutivi avvenuti in tempi precedenti. Finora però, la scienza non ha ancora una nozione precisa né delle radici dell’evoluzione cosmica (vale a dire come nascono le particelle fondamentali, gli elementi costitutivi della materia?), né dei fondamenti della vita (come si sono combinati tutti gli elementi necessari alla vita?). In altre parole, fino ad ora non abbiamo prove scientifiche solide di una cosiddetta creazione ex-nihilo, che rimane materia da trattare attraverso la filosofia. D’altra parte, i continui processi di evoluzione dell’universo e della vita rappresentano adesso fatti scientifici stabilmente accertati che forniscono elementi essenziali della creazione permanente.
Negli ultimi secoli e sempre più negli ultimi decenni, grazie a strategie di ricerca estremamente efficienti, le investigazioni scientifiche hanno rivelato che il nostro universo è uno spazio immenso e comprende, oltre un numero grandissimo di sistemi solari, tuttora misteriosi, anche la cosiddetta materia oscura ed energia oscura,. E tutto questo complesso, del quale il nostro pianeta Terra è un minuscolo componente, si sa che è soggetto a una costante ma continua evoluzione. Sul nostro pianeta l’evoluzione fisica a passi relativamente piccoli, quali lo scivolamento del suolo, può essere notata da un attento osservatore.
Oggi riteniamo che la vita possa esistere anche in altri pianeti extraterrestri, ma stiamo ancora aspettando l’evidenza scientifica di questa ipotesi. D’altra parte le scienze della vita hanno acquisito una vasta e solida conoscenza della complessità dei processi vitali, sia rispetto alle attività di un singolo organismo che all’evoluzione biologica in atto a livello di popolazioni.

Variazioni genetiche spontanee come forza motrice dell’evoluzione biologica

Da circa 60 anni sappiamo che le attività vitali dipendono dalle informazioni genetiche codificate nei lunghissimi filamenti dell’acido nucleico DNA. Le specifiche sequenze lineari di sole quattro particelle elementari (nucleotidi) codificano tutte le attività vitali e il controllo della loro espressione in tempi e siti specifici all’interno degli organismi. Se confrontiamo le sequenze di nucleotidi con la sequenza delle lettere nei nostri scritti, l’informazione genetica di un batterio neunicellulare corrisponde al contenuto di un libro. Per fare un esempio, il batterio molto studiato della E. coli, può paragonarsi al contenuto di informazioni della Bibbia. Per contrasto, piante e animali multicellulari hanno un’informazione genetica corrispondente a un’enciclopedia contenente tra i 100 e i 1000 volumi delle dimensioni della Bibbia. Il genoma umano corrisponde circa a 700 di questi volumi.
L’informazione genetica diventa ereditaria di generazione in generazione. Solo occasionalmente interviene in questo processo un’alterazione nelle sequenze del nucleotide dei genitori. Alcuni di questi cambiamenti provocano un’alterazione del tratto fenotipo dell’organismo interessato. Si sa che tali alterazioni spesso hanno un impatto negativo sulle attività di vita, piuttosto che offrire un vantaggio funzionale all’organismo interessato. Inoltre una parte considerevole di alterazioni della sequenza che si verificano spontaneamente non hanno alcun effetto immediato sulle funzioni vitali.Secondo la teoria dell’evoluzione biologica fondata sul postulato di Charles Darwin della selezione naturale che agisce come variante fenotipica, la generazione spontanea di varianti genetiche rappresenta la forza motrice dell’evoluzione biologica. Nel corso della ricerca scientifica degli ultimi decenni, è diventato più chiaro che una molteplicità di diversi meccanismi specifici può contribuire alla generazione di nuove varianti genetiche. Questi meccanismi molecolari già noti possono avere il compito di contribuire ad una, o, in alcuni casi, a due strategie mutageniche che avvengono nel mondo vivente. Una di queste strategie naturali di variazione genetica implica un cambiamento di sequenza del nucleotide locale, quale può essere una sostituzione del nucleotide, la delezione di uno o alcuni nucleotidi adiacenti, l’inserzione di uno o più nucleotidi aggiuntivi, o, infine un riordinamento casuale di alcuni nucleotidi adiacenti. Ciò può avvenire durante la replicazione di molecole di DNA o per l’impatto di un agente mutagenico. Una seconda strategia naturale di variazione genetica determina un riarrangiamento del segmento dell’informazione genetica disponibile di un organismo. Ciò può determinare una duplicazione, una traslocazione o una delezione di una parte solitamente piccola dell’informazione genetica dell’organismo interessato. La terza strategia naturale di variazione genetica consiste nell’acquisizione di un segmento relativamente piccolo di informazione genetica da un altro tipo di organismo grazie al cosiddetto trasferimento genico orizzontale.
È la selezione naturale che vaglierà e manterrà quelle rare varianti che procureranno all’organismo un vantaggio funzionale. Possiamo inoltre notare che ciascuna delle tre strategie naturali di variazione genetica contribuisce in qualità diversa all’evoluzione biologica. I cambiamenti locali della sequenza del DNA possono contribuire al miglioramento graduale di una particolare funzione. Il riarrangiamento del DNA nei segmenti di informazioni genetiche disponibili può portare a nuove fusioni di settori funzionali o alla fusione di un gene esistente con un elemento alternativo per il controllo dell’espressione del gene. Infine, la strategia dell’acquisizione del DNA viene vista come una partecipazione al successo funzionale di un altro tipo di organismo vivente.

La potenza naturale di evolvere e il suo impatto sulla biodiversità

Nella generazione naturale di varianti genetiche vengono generalmente coinvolti sia prodotti genetici particolari che alcuni elementi non genetici. I prodotti dei cosiddetti geni evolutivi agiscono qui come generatori di variazione e/o modulatori dei tassi di variazione genetica. Gli elementi non genetici possono essere effetti di agenti mutageni chimici o fisici, di incontri casuali e flessibilità strutturali quali le forme isomeriche di molecole biologiche. Si può ritenere che nel lungo processo trascorso dell’evoluzione, i geni dell’evoluzione si siano accordati per esercitare le loro funzioni evolutive, consistenti nella generazione occasionale di nuove varianti genetiche. Questi processi sono per lo più contingenti riguardo al sito dell’alterazione della sequenza del DNA e anche riguardo al tempo della mutagenesi. In natura, i tassi di ogni tipo di variazione genetica vengono mantenuti molto bassi. Ciò garantisce una confortevole stabilità alle informazioni genetiche degli organismi viventi, che è un requisito essenziale per una vita sostenibile nelle popolazioni. Per concludere, il mondo vivente si occupa attivamente dell’evoluzione biologica grazie alla sua naturale potenza di affrontare un’evoluzione biologica. In altre parole, l’evoluzione biologica rappresenta un processo naturale continuo e costante di creatività permanente e graduale.
Siamo consapevoli che la potenza naturale a evolvere rappresenta la sorgente della biodiversità e che l’evoluzione biologica continua garantisce inoltre uno stabile, anche se molto lento, rifornimento di biodiversità. Tuttavia, considerando la generazione in gran parte contingente di varianti genetiche, non ci si può aspettare che la biodiversità perduta possa venir ricostituita esattamente nel progresso evolutivo futuro. Ci si può aspettare piuttosto che la nuova biodiversità sia rappresentata da nuovi tipi di organismi mutanti.

Valori culturali della conoscenza scientifica

Le intuizioni scientifiche delle leggi e delle costanti della natura rappresentano valori culturali dai seguenti due punti di vista. Da una parte, la conoscenza scientifica acquisita arricchisce la nostra visione del mondo contribuendo così al nostro sapere orientativo. Dall’altra, la conoscenza scientifica può anche aprire nuove strade alle applicazioni tecnologiche, innovazioni che migliorano la nostra vita come pure il nostro ambiente. Poiché tali innovazioni contribuiranno spesso a plasmare il nostro futuro, dovremmo postulare idealmente che ogni decisione al riguardo deve dipendere da una valutazione tecnologica attentamente esercitata e, d’altra parte, che la società civile e la Chiesa siano pronte ad assumersi la corresponsabilità, con gli scienziati e con l’economia, di mettere a punto una nuova concezione del futuro, che comporti benefici per l’umanità e il suo ambiente. Tali misure potranno contribuire a garantire la sostenibilità del processo e quindi lo sviluppo futuro a lungo termine sul nostro pianeta.

Il ruolo delle regole di condotta per l’umanità

Siamo consapevoli che la nostra vita sociale esige alcune regole vincolanti di condotta che dovrebbero diventare parte integrante del nostro sapere orientativo. Nelle società moderne, la legislazione stabilita politicamente garantisce che regole opportune di condotta vengano ampiamente rispettate. L’accettazione di queste regole può essere facilitata se i loro principi sono radicati anche nella fede religiosa. Nella società cristiana, importanti regole di condotta sono state divulgate da Gesù Cristo attraverso la sua vita e da allora sono state largamente seguite dai cristiani. Tuttavia rappresenta un importante compito per le società di oggi, aggiornare l’insieme di regole stabilite prestando particolare attenzione alla nostra conoscenza scientifica acquisita. In tale contesto, io presumo che se Gesù Cristo vivesse in mezzo a noi oggi, egli sarebbe favorevole all’applicazione di una solida conoscenza scientifica per il bene a lungo termine dell’umanità e del suo ambiente naturale, almeno finché l’applicazione che porta a plasmare il futuro può garantire che le importanti leggi della natura siano pienamente rispettate.
Permettetemi di illustrare brevemente questo postulato con un esempio particolare. Grazie ai recenti progressi nel campo della genomica, della protomica e della metabolomica, è diventato possibile orientare l’evoluzione biologica al fine di venire meglio incontro alle nostre esigenze di una alimentazione sana come contributo a importanti miglioramenti in campo medico. La Pontificia Accademia delle Scienze ha dedicato una settimana di studio nel maggio del 2009 a questo argomento, con particolare attenzione alle piante transgeniche per la sicurezza alimentare nel contesto dello sviluppo. La nostra Accademia ha concluso che i metodi recentemente adottati nel preparare gli organismi transgenici seguono le leggi naturali di evoluzione biologica e non comportano rischi legati alla metodologia dell’ingegneria genetica. Tali metodi infatti comportano cambiamenti di sequenze locali, un riarrangiamento di segmenti di informazione genetica che è disponibile nell’organismo interessato, e/o il trasferimento orizzontale di un segmento relativamente breve di informazione genetica da un organismo a un’altra specie di organismo. Come abbiamo già sottolineato, queste rappresentano le tre strategie naturali per la generazione spontanea di varianti genetiche nell’evoluzione biologica. Le prospettive benefiche per migliorare i raccolti delle piante alimentari più ampiamente consumate, potrebbero alleviare la denutrizione e la fame che ancora esistono nella popolazione del mondo in via di sviluppo.

La compatibilità della conoscenza scientifica e della fede religiosa

Per lunghi periodi di tempo, uomini curiosi hanno acquisito la conoscenza scientifica soprattutto osservando con i loro sensi e aiutati dalla riflessione mentale e dal ragionamento logico. Il capitolo della Genesi nel Vecchio Testamento rappresenta per me una testimonianza di una antica visione scientifica del mondo già esistente diverse migliaia di anni fa. Questo capitolo riflette inoltre un’ampia concordanza tra la fede religiosa e la conoscenza scientifica disponibile all’epoca. Esso propone una sequenza logica di avvenimenti in cui la creazione del nostro pianeta Terra potrebbe essere stata seguita dalla costituzione delle condizioni per la vita. Vennero quindi introdotte le piante che hanno fornito, in un secondo momento, il cibo per gli animali prima che venissero infine introdotti gli esseri umani. Lasciando da parte la questione della Rivelazione, questo è chiaramente un racconto logico della possibile origine evoluzionistica delle cose secondo avvenimenti immaginati che avevano portato alla natura osservata dalle antiche popolazioni. Dalla genealogia descritta nell’Antico Testamento, posso anche concludere che i suoi autori erano consapevoli delle varianti fenotipiche (vale a dire genetiche). Le persone descritte avevano le proprie caratteristiche personali, non rappresentavano quindi cloni geneticamente identici ad Adamo ed Eva. In questi racconti, possiamo individuare una buona coerenza tra la fede religiosa delle origini e la conoscenza scientifica degli sviluppi evoluzionistici. Oggi è nostro dovere custodire (e, ove necessario, ristabilire) tale coerenza sulla base della migliorata conoscenza scientifica ora disponibile. Secondo la mia opinione, la conoscenza scientifica e la fede sono, e devono rimanere, elementi complementari del nostro sapere orientativo.

Conclusione

Sottolineando l’importanza dell’evoluzione della vita e dei suoi habitat ambientali, abbiamo illustrato qui come la conoscenza scientifica possa influenzare, insieme ad altri elementi del nostro sapere orientativo, le attività umane, compresa l’applicazione della conoscenza scientifica a vantaggio del benessere dell’umanità e di un ambiente inalterato idoneo a uno sviluppo sostenibile a lungo termine del nostro pianeta terra e dei suoi abitanti. Gli esempi qui forniti possono essere estesi a qualsiasi altra attività fattibile basata sulla conoscenza scientifica disponibile che possa servire ai fini di uno sviluppo culturale sostenibile. A questo proposito la Pontificia Accademia delle Scienze cerca di assolvere al proprio compito di seguire con occhio critico lo sviluppo delle ricerche scientifiche e i progetti di applicazione della conoscenza acquisita. Essa pubblica periodicamente, sia in formato cartaceo che digitale (sul sito web www.pas.va) i suoi libri per informare il mondo scientifico, la gerarchia della Chiesa e tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà, offrendo importanti suggerimenti a favore di uno sviluppo sicuro, responsabile e sostenibile.