di Mario Adinolfi
Ho pubblicato la fotografia di una marcia pro-migranti, la nota "marcia degli scalzi" in cui i partecipanti dicevano di voler procedere a piedi nudi in solidale omaggio ai poveri che arrivano a bussare alle nostre porte privati di tutto. La foto era piuttosto esplicativa: quelli della prima fila, a favore di telecamera, erano effettivamente scalzi. Tutti quelli dietro calzavano regolarmente le loro scarpe, se ne riconoscevano di costose e griffate. A corredo della foto ho aggiunto poche parole: "Il dramma della sinistra italiana? Scalzi a favore di telecamera, dietro tutti comodi con la scarpa griffata. Sempre e solo recita mediatica. Pacifinti".
Ora, poiché dalla sinistra italiana provengo avendo contribuito a fondare e avendo rappresentato in Parlamento il Partito democratico, quando provo a richiamare la sinistra ad una maggiore coerenza con i propri valori, scateno la reazione che potrebbe provocare un miliziano dell'Isis annunciando ai califfi di essersi abbuffato di vino e maiale. Vengo considerato insomma un apostata e trattato da traditore. Il dolore che provo nel vedere la sinistra italiana perduta in maniera così drammatica dietro al nulla, alle prese solo con le rappresentazioni mediatiche e mai con la verità, non provo neanche a dirlo: non interessa, non sarebbe percepito. Ho scritto un libro con una copertina rossa il cui sottotitolo si apre proprio con le parole "da sinistra" per provare a impostare un ragionamento attorno a quel che la sinistra dovrebbe davvero fare per essere coerente con le proprie radici che parlano di sostegno solidale ai più deboli e ai più poveri in materia di diritto alla vita e di diritto di famiglia, ma la sinistra ha risposto con un quotidiano linciaggio. Allora, uscendo dal caso personale poco interessante se non per me, mi sono ritrovato a chiedere: che problema ha la sinistra con la parola "verità"?
Oh, intendiamoci, "verità" è una parola scomoda e complicata per tutti, a destra e a sinistra, sopra e sotto, al centro e in periferia. Ma la sinistra oggi è al potere in Italia, sta oggettivamente forgiando con una serie di nuove leggi (Renzi le chiama "riforme" e le porta avanti a spron battuto) il paese in cui vivremo e, di più, sta formando una nuova classe dirigente diffusa con cui avremo a che fare per molto tempo. Dunque questo crocevia tra potere e verità va un pochino scandagliato.
I nuovi potenti, probabilmente senza saperlo, omaggiano costantemente il principio enunciato nel 1710 da George Berkeley, un sacerdote ovviamente della chiesa anglicana, che aprì la strada alla disperazione dell'uomo contemporaneo: "Esse est percipi". Essere è essere percepito. Se non sei percepito non sei nulla, esisti solo quando qualcun altro attraverso la propria percezione ti consegna all'esistenza. Se stai scrivendo il libro più importante della storia e lo scrivi nella tua cameretta e nessuno lo legge, quel libro non esiste. Tu non esisti. Nel 1710 Berkeley non poteva immaginare le applicazioni all'immaginario collettivo del ventunesimo secolo dei suoi principi, che di fatto fondano la società di Uomini e Donne, del Grande Fratello, dell'Isola dei famosi, dei "like" su Facebook, dei selfie. E ovviamente sono i principi che condizionano totalmente la politica. L'importante non è quel che fai, ma quel che le persone percepiscono che stai facendo.
La generazione politica precedente, quella che possiamo genericamente collocare nella cosiddetta "Prima Repubblica", aveva un'idea esattamente opposta del potere. Cercava un potere nascosto, non evidente, che potesse farsi forza proprio nel suo essere inaccessibile e incomprensibile ai più. I potenti non avevano quella fame spasmodica di "visibilità" (imperativo categorico invece dei potenti del nostro tempo), anzi ne facevano volentieri a meno. I veri potenti concedevano una o due interviste all'anno, proprio se costretti dalle circostanze. Sarebbe stato inimmaginabile un presidente del Consiglio ospite di Amici di Maria de Filippi, piuttosto si sarebbero fatti tagliare un braccio, erano totalmente inadatti al contesto spettacolare. La politica si faceva i fatti suoi, lo spettacolo serviva a intrattenere il popolo. Compartimenti stagni. Quel potere era fatto da uomini di sostanza, era esso stesso sostanza e dunque rifiutava il principio di Berkeley, non necessitava di percezione per esistere. Anzi, proliferava meglio nell'impercettibile. Facendo anche porcate, per carità. Ma guadagnando in credibilità.
Se ti consegni alla condanna del dover avere una telecamera addosso per esistere, le conseguenze sono terrificanti. Ovviamente tra l'appuntamento alla Fiera del Levante di Bari, il più importante appuntamento di natura economica per un meridione d'Italia economicamente disastrato, e la finale Pennetta-Vinci sceglierai di essere dove ci sarà maggiore possibilità di essere percepito. Una scelta da schiavo, non da potente. Se sei solo se sei percepito, allora comandano i media (cioè chi accende o spegne telecamere e taccuini) non più tu. E scatta un danno ancora maggiore: si produce un distacco dalla verità.
Se la sinistra, nel suo complesso, diventa il luogo dove più platealmente non si fa altro che ricercare spasmodicamente di essere "interessanti" per i media offrendo una rappresentazione di sé in realtà non veritiera, le conseguenze possono essere infernali. Si può dire che anche tutta la vicenda dei cosiddetti "diritti civili" non è altro che una conseguenza infernale del distacco della sinistra dall'analisi su ciò che è e ciò che non è. Pier Paolo Pasolini, il più lucido profeta che intuì il collasso dell'uomo contemporaneo ridotto a oggetto di consumo, non a caso era insieme quello che si schierava con i poliziotti di Valle Giulia contro i manifestanti sessantottini ("Avete le facce di figli di papà, vi odio come odio i vostri papà. Buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo. Siete pavidi, incerti, disperati ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati: prerogative piccolo-borghesi, cari. Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti. Perché i poliziotti sono figli di poveri") e l'intellettuale che si schierava contro l'aborto ("Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio") perché era un uomo di sinistra che aveva a cuore la verità, la studiava e la testimoniava. Senza timore di come le sue parole sarebbe state percepite. La verità se ne frega dell'essere percepita e il testimone di verità è interessato all'essenza di quel che dice, non alla rappresentazione che ne deriverà.
Dove sono i Pasolini di oggi nella sinistra italiana? Vanno tutti al Gay Pride? Ve lo immaginate Berlinguer al Gay Pride in mezzo a tette finte, culi nudi e rivendicazioni della tutela civile per i "poliamori"? Dove sono i politici testimoni di verità, che non fanno quello che vuole Repubblica, ma fanno quel che è giusto? I Togliatti che stipulano l'accordo sull'articolo 7 della Costituzione, che fermano la rivolta che poteva scatenarsi dopo l'attentato, che fondano l'Italia sul lavoro sì, ma anche sulla famiglia (articoli 29 e seguenti della Carta) composta da madre, padre e figli? E quella famiglia difendono. Sempre. Sbarrando la strada a qualsiasi ambiguità in materia di matrimonio, tant'è che anche nel 2013 il Pd non presentò nel suo programma per le elezioni politiche la proposta di andare verso il matrimonio omosessuale e anche alle ultime primarie che incoronarono Renzi il candidato della corrente di sinistra interna, Gianni Cuperlo, si disse contrario al matrimonio omosessuale. Il ddl Cirinnà, che nonostante le chiacchiere delle relatrice diverse a giorni alterni a seconda del clima che respira sulla sua pagina Facebook, è la proposizione del matrimonio omosessuale con un altro nome con tanto di legittimazione della pratica dell'utero in affitto, è totalmente spurio rispetto alla tradizione della sinistra italiana. Si adegua solo all'ultimo filone, quello prono al principio di Berkeley.
Io non contesto il diritto a sostenere anche quelle posizioni, ma chiederei di sostenerle nella verità. I proponenti di quella legge ad esempio provano sempre a imbrogliare: per mesi hanno detto che l'articolo 5 non riguardava l'utero in affitto, che la "stepchild adoption" (si erano rifugiati nell'inglese, la lingua di Berkeley) era un'altra cosa, aggredivano pesantemente anzi chi diceva la verità. E cioè che l'articolo 5 serve proprio a un senatore che si sta votando la legge in commissione giustizia per legittimare la propria pratica di utero in affitto compiuta negli Stati Uniti. Una pratica che è totalmente illegale in Italia grazie alla legge 40 e che invece sarà legittimata dal ddl Cirinnà se compiuta all'estero per compiacere le necessità di quel senatore già presidente dell'Arcigay. Che potrà andare all'anagrafe della sua città, se la legge sarà approvata, dichiarando il contrario della verità: dirà che il bambino è figlio di due papà e nessuna mamma. Il punto più alto di offesa a ciò che è, la dichiarazione più plateale di falso trasformato in vero da una legge ingannatrice e da politici imbroglioni. Gli stessi che marciano "scalzi" dietro bandiere arcobaleno, ma solo la prima fila che finisce al telegiornale, gli altri dietro tutti con le All Stars, le Nike, le Hogan.
Così invece di difendere la sua storia e le sue radici, la sua forza e la sua verità, la sinistra si mette a fare la cameriera dei bisogni di ricchi, tradisce la sua stessa ragion d'essere. Se tra un bambino sradicato come oggetto di una compravendita dal ventre di una donna costretta dal bisogno a rendere commerciabile la maternità e due ricchi che quella maternità e quel bambino si comprano, la sinistra sceglie i ricchi, allora davvero il disastro del rifiuto della verità mi appare compiuto. Persino irrimediabile.
E allora vengano le foto opportunities con Vinci-Pennetta invece della Fiera del Levante, vengano le appassionantissime discussioni su legge elettorale e nuovo Senato rappresentate come salvifiche e in verità semplicemente funzionali a costruire assetti inscalfibili di potere, vengano le ospitate da Maria de Filippi e le belle al posto dei competenti. E' tutto collegato e inevitabile. Venga il digiunatore a botte di cappuccini Scalfarotto al posto di Pasolini. Che avvertiva inascoltato: "Il fondo del mio insegnamento consisterà nel convincere a non temere la sacralità e i sentimenti, di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in brutti e stupidi automi adoratori di feticci".
Se essere è solo essere percepiti, se di conseguenza la verità è rifiutata in quanto inesistente e conta solo la rappresentazione, allora gli "adoratori di feticci" ovviamente brutti e stupidi non potranno che organizzare finte manifestazioni di solidarietà con la prima fila scalza e gli altri dietro a marciare in Nike e Hogan. Conta solo la fotografia sul giornale, a questo punto. Ma, attenti, è un castello di carte. Basta un soffio di vento e cade tutto. Il potere che rifiuta la verità non è solo un potere ingiusto. Alla fine, è un potere inconsistente. Che il popolo ha diritto e buon gioco a tirare giù.
QUEL VIZIO DI PIETRO DI PENSARE "SECONDO GLI UOMINI"
di Mario Adinolfi
di Mario Adinolfi
"Voi chi credete che io sia?". Scusate se vi parlo del Vangelo di oggi, non lo faccio mai, non ho titolo. Sono un peccatore di quelli inguaiati e non ho manco la barba bianca di Scalfari per potermi permettere una omelia domenicale. Però ho sempre trovato illuminante questa pagina in cui c'è la scena in cui Pietro rimprovera Gesù perché Lui rivela la verità ("il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare") e Gesù reagisce con durezza ("Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini"). In questa pagina c'è tutto. Il nostro insensato desiderio di piegare Gesù ai nostri miseri bisogni e la nostra incapacità di sopportare la verità. Vorremmo un Gesù "gradito". E invece due righe sotto ce lo spiega Lui, direttamente, cosa dobbiamo fare: "Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà".
Se volete pensare "secondo gli uomini", lasciate perdere il cristianesimo. Se non siete disposti a tutto e a tutto dare per testimoniare la verità "usque ad sanguinem", ci sono tanti altri modi di impiegare un'ora della domenica. Ma la Croce si prende per rinnegare se stessi e per fottersene del pensiero del mondo. Una volta abbracciata la Croce, conta solo la verità. Una volta risposto a quel "voi chi credete che io sia?", la strada è obbligata. Perché a metterci come Pietro a rimproverare Gesù perché vogliamo che Lui si adatti ai nostri desideri, non solo si fa la figura degli idioti, ma si dimostrano anche tutte le nostre insicurezze e paure. Ma Cristo non è la persona giusta a cui accompagnarsi, se si ha paura. Lui ce lo dice chiaro: dopo aver rinnegato se stesso e preso la sua Croce, chi lo segue davvero "perderà la propria vita". Il cristianesimo non è la religione premiale che viene raccontata: fai il bravo e andrai in Paradiso. No. Il cristianesimo ci chiede tutto e ci promette solo che perderemo tutto, ci chiede di essere disponibili a farci massacrare.
La Croce è questo: è l'immagine che ci ricorda che crediamo all'assurdità di un Dio flagellato, irriso, coronato di spine, inchiodato e ucciso come l'ultimo dei delinquenti e con la peggiore delle torture, con chiodi conficcati a ledere le terminazioni nervose dei polsi e dei piedi, fino a perdere tutto il sangue. E quando il mondo gli dà da bere, gli dà aceto. Questo è il patto da sottoscrivere: dare tutto e avere in cambio dolore e disprezzo. Che assurdità, che cacchio di Dio è un Dio così? E così come Pietro lo "prendiamo da parte" e ci mettiamo a rimproverarlo, da patetici quali siamo, gli chiediamo di chiederci molto ma molto di meno che noi al "pensiero degli uomini" ci teniamo. Vogliamo essere stimati, considerati, possibilmente pubblicamente applauditi. Vogliamo la salvezza non della nostra anima per via della verità, ma della nostra "immagine pubblica". E siamo arrivati ormai a confondere l'una con l'altra.
Abbiamo invece una sola via, la consapevolezza. Noi non crediamo in Cristo perché conviene, perché poi ci arriverà qualcosa. Noi crediamo in Cristo perché alla sua domanda "voi chi credete che io sia?", rispondiamo che Lui è la verità. E alla verità non si può sfuggire, perché raccontarsi per tutta la vita caotiche cazzate prive di senso può servire a sopravvivere, ma non a vivere. La salvezza, cioè la vita, è solo nella verità. Costi quel che costi.
Praticando il rapporto con la verità, poi, scoprirete che davvero "il pensiero degli uomini" è poca cosa e dalla libertà che deriva da questa consapevolezza verrà una vita nuova, dagli effetti inesauribili. La verità funziona più e meglio del botulino. E' il vero elisir di vita eterna. Ne consiglio l'assunzione in dosi non omeopatiche, tutti i giorni.