lunedì 14 settembre 2015
Per la famiglia è tempo di misericordia
Relazione del vicario di Roma al convegno diocesano.
Il primo passo è «accogliere», il secondo è «accompagnare». La diocesi di Roma affronta quello che da qualche tempo ormai viene ritenuto l’«anello debole» della pastorale ordinaria delle parrocchie, e dunque il rapporto con gli adulti, in particolare con i genitori. Uno snodo decisivo per l’evangelizzazione e per una Chiesa che, come ricorda incessantemente Papa Francesco, per essere veramente se stessa non può che essere «in uscita». La centralità dei genitori «è la carta vincente», rileva il cardinale vicario Agostino Vallini nella relazione conclusiva del convegno pastorale diocesano, letta lunedì mattina al clero romano, riunito nella cattedrale del Laterano, e poi nel pomeriggio ai catechisti.
Dedicato al tema cruciale della trasmissione della fede, il convegno diocesano, come si ricorderà, era stato aperto dal Pontefice il 14 giugno scorso in piazza San Pietro. Intervento che ha orientato i lavori, che sono successivamente proseguiti nei diversi laboratori tematici, dai quali è emerso con chiarezza che accompagnare i genitori nel cammino della fede «è un’opera di misericordia». Sullo sfondo anche la celebrazione ormai imminente dei vescovi, che sottolinea ancora una volta la centralità della famiglia in ogni opera pastorale. «Anche dinanzi al dramma dell’immigrazione — ha osservato il cardinale Vallini — ci accorgiamo sempre più che accogliere i migranti vuol dire accogliere famiglie. In presenza di una cultura che snobba il matrimonio e il divenire genitori, è centrale far riscoprire la bellezza del matrimonio. Dunque occuparsi della famiglia manifesta che abbiamo a cuore non soltanto le famiglie di oggi, ma anche quelle di domani». In questo senso, ha aggiunto, «la nostra conversione pastorale deve mirare a far comprendere che esseri genitori è il “mestiere” più importante e più bello che esiste ed è un’arte attraverso la quale si esercita la misericordia».
Tuttavia, ha rilevato ancora il cardinale vicario citando recenti indagini del Censis, occorre anche tener bene presenti i cambiamenti avvenuti nella società, con i mutamenti della condizione della donna, la crisi della figura paterna e una sorta di generale appiattimento generazionale. Accade così, oggi più di ieri, che anche «molti genitori cattolici non ritengono di dover trasmettere la fede ai figli, seppure per essi chiedono il battesimo e danno una certa importanza agli altri sacramenti». Di qui, la necessità di un’accoglienza che non sia «fredda e burocratica», ma faccia scattare quella «scintilla» per cui i genitori in parrocchia possano respirare «un’aria di casa».
Focalizzando l’attenzione su quei genitori che vivono particolari «ferite familiari» — separati, divorziati risposati, soli, accompagnati o coinvolti in altri tipi di relazioni — dai laboratori è emerso «con unanime consenso» che si debba avere verso costoro «una particolare cura e attenzione, esprimendo loro misericordia». Infatti, ha sottolineato il cardinale vicario, «Papa Francesco ci chiede di non tenerli distanti dalla vita cristiana; al contrario, dobbiamo avere verso di loro “una fraterna e attenta accoglienza, nell’amore e nella verità” e “raccomandare a questi genitori di fare il possibile per educare i loro figli alla vita cristiana, dando loro l’esempio di una fede convinta e praticata”». In questa prospettiva, il «cammino di preparazione alla prima Eucarestia dei figli è un momento privilegiato». L’occasione anche perché questi genitori siano invitati «a compiere nella liturgia quei gesti che ne valorizzano la loro testimonianza di credenti» per «far sentire loro quanto il Signore li ami e quanto la Chiesa riconosca la bellezza della loro partecipazione».
L'Osservatore Romano
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Sinodo, per gli sposi nuova responsabilità?
di Luciano Moia (Avvenire)
Sessualità, coniugalità, fecondità, regolazione delle nascita. Temi di grande urgenza che saranno, tra tanti altri, nell’agenda dei padri sinodali. Ma, a differenza di altri argomenti di natura più specificamente ecclesiale, il rapporto tra amore e generazione fa parte della vita concreta delle persone, esprime in profondità il senso dell’esistenza, rappresenta quel confine delicatissimo tra linguaggio del corpo e categoria del mistero, parla di fiducia nel futuro e di investimento affettivo e relazionale.
Non poteva quindi rimanere senza conseguenze la riflessione avviata da una trentina di teologi su mandato del Pontificio Consiglio per la famiglia che, nei mesi scorsi, hanno dato vita a due sessioni di studi di grande interesse. Obiettivo quello di aprire un dibattito a viso aperto sugli argomenti fondamentali già affrontati dal Sinodo straordinario dell’ottobre scorso e in vista dell’assemblea ordinaria dei vescovi che si aprirà tra pochi giorni. Gli esperti hanno dato concretezza a un preciso mandato del Papa che aveva chiesto di utilizzare questi “mesi intersinodali” per confrontarsi in modo trasparente.
E così è stato, anche a rischio di suscitare sorpresa agli occhi di qualche fedele convinto che la dottrina cristiana sia un monolite inscalfibile. Basterebbe conoscere un po’ la storia della Chiesa per scoprire che non è così. Giusto quindi – anche perché questa era la volontà espressa da Francesco – discutere e proporre modalità pastorali diverse e più rispondenti alla sensibilità e agli stili di vita delle coppie dei nostri giorni. Non per annacquare o per impoverire il magistero su matrimonio e famiglia, ma per scoprire nell’immenso deposito di fede e di sapienza della Chiesa, percorsi più adeguati per riproporre le verità di sempre. Tre gli ambiti affrontati da teologi, canonisti, pastoralisti provenienti da varie nazioni: sacramento del matrimonio e giovani, coniugalità e sessualità, divorziati risposati. Di ogni incontro abbiamo dato ampio resoconto (vedi box a fondo pagina), sia per l’importanza e l’originalità delle tesi espresse, sia perché i due convegni voluti dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, sono risultati il momento di dibattito più alto di questi mesi.
Come detto, il tema che ha suscitato le maggiori reazioni è stato quello riguardante sessualità, coniugalità e generazione. La tesi di fondo di don Maurizio Chiodi, docente di teologia morale alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano, incaricato di aprire il dibattito con una proposta articolata – che ha incontrato il largo favore dei suoi colleghi – ha però innescato un confronto vivace anche tra i nostri lettori. Cosa ha detto in sostanza don Chiodi? Ha spiegato che il compito di una teologia morale seria non è quello di inseguire novità alla moda o facili accomodamenti ai costumi, ma di pensare in modo rigoroso e sistematico le forme dell’agire buono dei credenti, anche nell’ambito della sessualità, alla luce della verità della rivelazione, nelle concrete condizioni storiche.
Partendo dall’“inscindibile connessione” tra sponsalità e generazione, affermata dall’Humanae vitae, la proposta teologica, cui ha dato voce, ha inteso porsi in perfetta continuità – come da lui stesso spiegato – con l’enciclica di Paolo VI. Il suo elemento innovativo sta nel non far coincidere necessariamente, o a priori, il legame tra sponsalità e generazione con la norma dei metodi naturali. Una scelta, beninteso, che conserva tutto il suo valore. Ma occorre lasciare alla libertà della coscienza degli sposi – rettamente formata – la possibilità di superare l’identificazione tra esperienza morale ed esecuzione del precetto, perché non si può escludere che in questa scelta ci sia un bene che è più rilevante del metodo stesso.
Considerazioni che hanno spinto decine di lettori a scriverci, quasi ugualmente divisi tra favorevoli e contrari. Tra questi ultimi una massiccia presenza di insegnanti di metodi naturali. Nell’impossibilità di pubblicare tutte le lettere, ne abbiamo scelte due, rappresentative di entrambe le posizioni. Il dibattito sul tema, per quanto ci riguarda, finisce qui. Anche perché, tra pochi giorni, a parlare saranno i padri sinodali.
PERCHÉ NO «Non cediamo a suggestioni volute da certa propaganda»
PERCHÉ SÌ «Procreazione responsabile? Rispettiamo tutte le scelte»