venerdì 4 settembre 2015

L'Esodo dei nostri giorni

L'Esodo dei nostri giorni

La tragedia dei profughi e noi: l'immigrazione è davvero un fenomeno biblico e la Bibbia ci dice come leggerlo nella sua attualizzazione storica

ANTONIO SERGIANNI *



Parlando della tragedia degli immigrati qualcuno ha scritto che è un fenomeno dalle “dimensioni bibliche”. Si, è proprio così, l’immigrazione è un fenomeno  biblico. E la Bibbia, la Parola di Dio, ci dice non solo la grandezza del fenomeno, ma  anche come leggerlo nella sua attualizzazione storica, al di là di una lettura puramente sociologica.

Quando Dio  decide di liberare un popolo dalla schiavitù è capace di mobilitare masse enormi:  “Gli Israeliti partirono da Ramses alla volta di Succot, in numero di seicentomila uomini capaci di camminare, senza contare i  bambini. Inoltre una grande massa di gente promiscua partì con loro e insieme greggi e armenti in gran numero” ( Es 12,37-38).

L’Esodo è il libro di un popolo in cammino: non è un libro compiuto. E' la testimonianza e la rivelazione dell’intervento salvifico di Dio nella storia umana, fino alla libertà più fondamentale e più definitiva che realizzerà il Messia, Gesù Cristo. Il Nuovo Testamento ha visto la salvezza recata da Gesù Cristo come un compimento dell’Esodo di Israele. Salvezza che già si compie nella storia di quel popolo. Le pagine dell’Esodo sono segno e sacramento della liberazione dalla schiavitù esistenziale dell’uomo di ogni generazione. 

Spesso è il linguaggio dell’Esodo che viene usato per esprimere la novità dell’esperienza cristiana. L’ultima cena di Cristo, la sua morte e la sua glorificazione sono state capite come la sua Pasqua ( Lc 22,14-20;Gv 13,1-3;19,36). Altri testi (Gv 6; 1Cor 5,7;10,2-4) usano le parole manna, nube, passaggio del mare, acqua dalla roccia, pasqua, pane non lievitato per parlare del battesimo e dell’Eucaristia. L’Apocalisse celebra il Cristo come l’Agnello pasquale (Ap 5,6); nello stesso libro, i flagelli che colpiscono gli adoratori della Bestia sono ripresi dalle piaghe d’Egitto (Ap 15,5-21), e coloro che partecipano al trionfo di Cristo sulla Bestia cantano di nuovo il cantico di Mosè ( Ap15,3); infine, per descrivere l’apparizione di un mondo nuovo, il libro parla di una scomparsa del mare ( Ap 21,1).

Questi testi di una lettura cristiana dell’Esodo furono ampiamente spiegati dai Padri della Chiesa. Ciò spiega la presenza diffusa dei temi dell’Esodo nella liturgia cristiana, basti solo ricordare la lettura del passaggio del mare e il canto del cantico di Mosè ( Es 14-15) durante la notte pasquale, sia nella liturgia bizantina che nella liturgia romana. Nel rito romano alla lettura del cantico di Mosè segue una preghiera così formulata: “O Dio, anche ai nostri tempi vediamo risplendere i tuoi antichi prodigi: ciò che facevi con la tua mano potente per liberare un solo popolo dall’oppressione del faraone, ora lo compi attraverso l’acqua del battesimo per la salvezza di tutti i popoli”.

L’uso del  linguaggio dell’Esodo per esprimere la novità dell’esperienza cristiana  dice qualcosa di profondo: nei fatti dell’Esodo è il Mistero Pasquale del Cristo che si compie e si manifesta. Con insuperabile chiarezza Militone di Sardi, nella famosa Omelia Pasquale affermava: “Egli è colui che ci trasse dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dalla tirannia al regno eterno. Ha fatto di noi un sacerdozio nuovo e un popolo eletto per sempre. Egli è la Pasqua della nostra salvezza. Egli è colui che prese su di sé le sofferenze di tutti. Egli è colui che fu ucciso in Abele, e in Isacco fu legato ai piedi. Andò pellegrinando in Giacobbe, e in Giuseppe fu venduto. Fu esposto sulle acque in Mosè, e nell'agnello fu sgozzato. Fu perseguitato in Davide e nei profeti fu disonorato”. (Capp. 65-67; SC 123, 95-101).

Nei fatti dell’Esodo di Mosè, come negli avvenimenti di ogni generazione, è Cristo che vive il suo Mistero Pasquale. La vita cristiana è entrare e partecipare nel mistero Pasquale che già si è compiuto. Per questo la liturgia canta: “La Gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo viviamo i misteri della salvezza: la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore”.

Possiamo ripetere senza ombra di dubbio: Egli è colui che fu asfissiato nella stiva dei barconi partiti dalla Libia, Egli è colui che fu accolto nel porto di Lampedusa, colui che stremato, dalla Grecia saliva verso i paesi del nord, Egli è colui che dava fastidio nei campi rom.

Non sappiamo come questo processo terminerà: difficile prevederne le future tappe: nascerà un nuovo popolo dalla fusione dell’Africa con l’Europa? Quale sarà la terra promessa, in questo mondo per questi moderni fuggiaschi? Sarà la fine del moderno Faraone, l’Economia mondiale che ha provocato questo fenomeno? Ci sarà una purificazione del monoteismo (ebrei, musulmani e cristiani per una forte testimonianza che Dio esiste di fronte alle nazioni atee?) Certo è che in questi fatti Cristo sta compiendo la sua opera di salvezza per quanti sono chiamati alla fede. La meta finale è, e rimane per tutti la Gerusalemme celeste, ma chi può prevedere per quali strade e a quali condizioni questi nostri fratelli e noi con loro ci troveremo a cantare il cantico di Mosè, prima di cantarlo, avvolti in bianche vesti, tutti insieme, davanti all’Agnello che fu immolato?

* missionario del Pime