venerdì 4 settembre 2015

Un nuovo metodo di annuncio.




Con le cellule parrocchiali di evangelizzazione. Un nuovo metodo di annuncio. Il 5 settembre le cellule di tutto il mondo sono attese in udienza da Papa Francesco

(Maria Noemi Grandi) L’aereo toccò il suolo della Florida in tarda mattinata. Sei persone lo attendevano in aeroporto. Tre di queste vollero raccontargli la gioia della loro conversione. «Un convertito si ascolta sempre» pensò, senza poter però nascondere, in cuor suo, dello stupore. Strano sentir parlare di conversioni in uomini già vicini a Dio. Quando gli fu chiesto di testimoniare la propria conversione, ricordò la sua prima comunione, la sua vocazione, la consacrazione sacerdotale, la nomina a parroco, ma non risultò purtroppo «né convinto né convincente». 
Perché quella situazione di disagio? «Perché in quel momento iniziava la mia conversione alla nuova evangelizzazione», dice oggi don Pier Giorgio Perini — don Pigi, come ormai tutti lo chiamano — classe 1929, della parrocchia di Sant’Eustorgio a Milano. 
Era il 6 novembre 1986. Ore 13. Miami.
Due anni dopo, nel 1988, grazie a quel viaggio in Florida, fonda il sistema delle cellule parrocchiali di evangelizzazione. A distanza di ventisette anni, giungono oggi a una fase meravigliosamente importante della loro missione. A termine del Riconoscimentum ad experimentum iniziato nel 2009, lo scorso 15 aprile, il Pontificio Consiglio per i laici le ha approvate in via definitiva. E il 5 settembre le cellule di tutto il mondo sono attese in udienza da Papa Francesco.
«È il riconoscimento dell’incidenza pastorale del metodo sulla Chiesa parrocchiale. Mi aspetto una carica e una giustificazione. Si tratta della Chiesa, che esiste per evangelizzare. Il 5 settembre è una tappa importante del cammino verso la nuova evangelizzazione»: queste le parole del fondatore. Il riconoscimento e l’incontro con il Pontefice rendono, infatti, questo sistema parte integrante della Chiesa esaltandone e legittimandone l’operato. 
Una cellula è un gruppo di laici che si incontra in una casa privata una volta ogni settimana. Una cura particolare è rivolta agli ultimi arrivati, per i quali si è disposti a intraprendere dal principio il cammino compiuto, alla scoperta di Gesù come Signore della vita.
È il ringraziamento ad aprire gli incontri. Se non si sanno cogliere i doni di Dio e per questo ringraziare, come scoprire il suo amore? Cosa ha fatto Gesù per me ma, soprattutto, cosa ho fatto io per lui? Questo è il cardine del momento successivo, la condivisione di ciò che ognuno ha nel cuore. In ultimo le preghiere d’intercessione.
Niente è più caratteristico di una cellula biologica per definire questa realtà. Le cellule nascono, crescono e, raggiunto un certo numero di partecipanti, si moltiplicano per diffondersi nel mondo. I Paesi in cui le cellule esistono sono molti: Italia, Slovenia, Brasile, Colombia, Spagna, Repubblica Ceca, solo per citarne alcuni. Il Vangelo si annuncia fino in Cina. 
Preoccupanti dolci sonni sono invece quelli di molte nostre parrocchie sopite e inermi. Su questo don Pigi è irremovibile: «È un sonno letale che porta alla morte perché man mano si vede ridurre il numero di partecipanti, di coloro che sono attivi, innamorati di Cristo. Ci si adagia. C’è sempre del bene e molta buona fede nei pastori e nelle parrocchie ma, di fatto, non c’è crescita. Non è un tempo comune quello in cui viviamo, ma un tempo drammatico in cui si perde l’identità cristiana in modo spaventoso. Non si ha più il desiderio di conoscere Gesù Cristo e di innamorarsi di lui.»
Innamorarsi. Di un amore coraggioso, rischioso ma al tempo stesso fertile, sicuro e salvifico. Galleggiamo in acqua che ristagna e non nutre alberi che potrebbero fiorire mentre dall’altra parte del mondo le radici della cristianità si rinvigoriscono tra le crepe di una terra arida.
Le parrocchie devono dunque recuperare il motivo fondante della loro esistenza. L’evangelizzazione è il fine primo della religione cristiana e di conseguenza la Chiesa non può dirsi tale se non evangelizza. Senza timori, perché gli ostacoli si dissolvono nella profondità delle intenzioni.
«Andate in tutto il mondo, annunciate il Vangelo a ogni creatura» (Marco, 16, 15). 
Affinché si realizzi questa presa di coscienza, fondamentale è il ruolo dei preti. Le parole del fondatore sono spilli di verità. Ridestano. «Per prepararsi alla nuova evangelizzazione — sostiene — bisogna innanzitutto soffrire perché la situazione ci sta scappando dalle mani e, perciò, essere allerta e insoddisfatti del proprio essere sacerdoti. L’opera sacerdotale è quella che prepara evangelizzatori laici». Questo è l’obiettivo delle cellule, della nuova evangelizzazione. Così definita perché nuova nei metodi, nell’applicazione e, soprattutto, nell’entusiasmo. Interrogarsi, avvertendo l’ansia del tempo che sfugge, è determinante: «Cosa fa ognuno di noi per un mondo cristianizzato?» non smette di ripetere il fondatore delle cellule.
La linfa vitale è l’affidamento completo al Signore, l’umiltà di riconoscersi inadempienti per comprendere quanto lunga sia ancora la strada e accarezzare così i cuori di coloro i quali non conoscono Dio o se lo sono dimenticato, affinché scorgano nella sua Parola lo spiraglio di luce per rivoluzionare la loro vita.
Chi si è lasciato scottare dalla fiamma che arde negli occhi di questo anziano testimone non potrà dimenticare la forza di una vita donata al Signore, riposta nelle sue mani per evangelizzare, l’infusione d’amore, la carica a mettersi in cammino. Che il riconoscimento del Pontificio Consiglio per i laici e l’incontro del 5 settembre con Papa Francesco rappresentino il gioioso inizio di una lunga e ricca storia. 
L’invito è, dunque, a riscoprire l’evangelizzazione per essere veri cristiani, attivi in prima persona. Laici intimamente evangelizzatori. Cristiani capaci di accendere nel mondo il fuoco della fede così come quando la Chiesa, perseguitata ma innamorata, ha mosso i suoi primi passi.

L'Osservatore Romano