sabato 23 novembre 2013

La cultura dell’incontro eredità dell’Anno della fede




(Stefania Careddu, Sante Cavalleri) Monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la  Nuova Evangelizzazione e dunque organizzatore e testimone privilegiato  dei diversi raduni, racconta questo tempo speciale di grazia, che ha  visto oltre 8 milioni di pellegrini sulla Tomba di Pietro e agli  incontri con il successore Francesco 
A chi si chiedeva a cosa potesse servire l’Anno della Fede che aveva  indetto - il secondo dopo quello voluto da Paolo VI nel 1968 - Benedetto  XVI rispose, nel motu proprio ‘Porta Fidei’, che la celebrazione sarebbe  servita per “riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo  nel comunicare la fede”. Un’idea molto chiara, sostenuta e fortemente  rilanciata da Papa Bergoglio: entrambi i Pontefici si sono spesi  tantissimo per dare slancio e credibilità all’iniziativa. E se Benedetto  ne ha guidato l’ avvio, nell’ottobre 2012,  presiedendo la XIII  Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “La nuova  evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” (i cui  frutti, come quelli di tutte le iniziative di questo tempo speciale di  grazia, si raccoglieranno in futuro) il culmine dell’Anno della fede è  stato - almeno sul piano emotivo -  quando Papa Francesco si è rivolto  ai cresimandi (per lo più giovani) arrivati da tutto il mondo,  insieme  ai cresimati, per invocarli: “Rimanete saldi nel cammino della fede con  la ferma speranza nel Signore”. Un’esortazione che ha segnato la  Giornata del 28 aprile, durante la quale ha conferito il sacramento  della Confermazione a 44 di loro.
A caldo abbiamo chiesto a monsignor Rino Fisichella, presidente del  dicastero per la Nuova Evangelizzazione, che ha organizzato gli eventi,  quale bilancio si può azzardare a pochi giorni dalla chiusura del 24  novembre.
Un bilancio altamente positivo perché in ogni parte del mondo si è  celebrato un Anno della fede con le iniziative più svariate. Accanto a  quella che è stata la presenza qui a Roma, bisogna calcolare anche tutte  le esperienze che si sono moltiplicate nel corso di questi tredici mesi.
Penso a tutte le catechesi  sulla fede proposte dai vescovi nelle  Cattedrali e dai sacerdoti nelle parrocchie, penso alla ripresa  dell’insegnamento del Concilio Vaticano II – non dimentichiamo che  questo Anno era dedicato anche ai 50 anni Concilio – ma anche alle  esperienze di carità sorte anche in questi frangenti.  Penso in sostanza  alla vitalità che la Chiesa ha mostrato  in un momento come quello che  attraversiamo, certamente un momento di crisi globale, antropologica e  non solo finanziaria, ma nel quale questo Anno ci ha messo dinanzi  una  vitalità ed un entusiasmo dei fedeli, dei battezzati e dei cristiani che  sono incredibili. Spesso siamo portati a sottolineare gli aspetti più  negativi e quindi a mostrare sempre più il lato della crisi e non  evidenziamo con altrettanta forza l’esperienza positiva che si sta  realizzando sotto i nostri occhi.
Si possono azzardare delle cifre sui partecipanti agli appuntamenti e  ai pellegrinaggi?
A Roma, dove si è svolto in maniera più visibile l’Anno della fede con  vari appuntamenti presieduti da Papa  Francesco dopo la solenne apertura  celebrata da Benedetto XVI, siamo a più di 8 milioni di pellegrini che  sono venuti a fare la professione di fede sulla tomba di Pietro. Questo  dato è significativo, non tanto per i numeri perché si tratta di stime  per difetto: conteggiamo infatti solo quelli che si sono iscritti, cioè  che hanno fatto conoscere la loro presenza, mentre ben sappiamo come il pellegrinaggio alla tomba di Pietro avvenga spesso in giornata, anche singolarmente e non solo per parrocchie e gruppi, e questo sfugge. Ma  perché ci dice di un fiume ininterrotto di pellegrini che si sono fatti  presenti per approfondire e testimoniare la loro fede.
Le dimissioni di Benedetto e l’elezione del nuovo Papa in che modo  hanno influito sull’Anno della fede?
Hanno certamente influito perché il desiderio di molti fedeli di  toccare direttamente Papa Francesco è innegabile. Un tempo si diceva che  con Giovanni Paolo II i fedeli arrivavano per vedere il papa, con  Benedetto si è detto che accorrevano per ascoltarlo, oggi penso si possa  dire che gremiscono piazza San Pietro e gli altri luoghi degli  appuntamenti con Francesco per toccare il Papa.  E’ un’immagine che  colpisce:   in tutti questi eventi ciò che si vede è il desiderio di toccare il Santo Padre. Il Papa viene finanche strattonato: è incredibile la reazione di entusiasmo e di profonda umanità che  accompagna questi incontri. La pazienza del papa, la sua capacità  straordinaria di avvicinarsi a tutti, di avere un sorriso per tutti, di  avere una battuta per ciascuno: questa è una ricchezza, i dialoghi del Pontefice con i pellegrini sono battute estemporanee ma sempre - ho  avuto modo di ascoltarne tanti in questi incontri e raduni - centrano la  questione che viene posta. Significa che il Papa ascolta, reagisce  direttamente a quello che viene detto in qualche frazione di secondo. E  c’è anche un forte coinvolgimento spirituale. Penso ai ragazzi che hanno ricevuto la cresima dalle mani di Francesco  Il movimento di partecipazione agli eventi dell’Anno della fede va però  oltre la dimensione personalistica legata all’indubbio carisma di Papa  Bergoglio, perché abbraccia il contenuto stesso, il messaggio che doveva  essere lanciato. Tutti questi eventi avevano in effetti già il loro  percorso delineato: la presenza del nuovo Papa è stato un incentivo  maggiore per essere presenti, ma tutti gli eventi in realtà hanno visto la partecipazione anche di un numero altissimo di persone che si erano  già iscritte prima del Conclave.
L’Anno della Fede del resto è stata un’idea di Benedetto…
Papa Benedetto ha indetto l’Anno della fede il 16 ottobre 2011 durante  la messa in Basilica a conclusione dell’incontro con i nuovi  evangelizzatori. In quell’occasione, Benedetto si trovava dinanzi a 8000 nuovi evangelizzatori  che il Pontificio Consiglio aveva convocato per  presentargli questa nuova realtà che sta crescendo nella Chiesa.  E il  Papa aveva annunciato la pubblicazione di “Porta Fidei”, poi aveva  approvato il programma, gli eventi, le iniziative, e non solo: si era  impegnato a scrivere un’enciclica sulla fede che doveva essere  consegnata al termine dell’Anno della fede. “Lumen fidei” è stata  pubblicata invece da Francesco ma che rimane come un apporto specifico: un’enciclica, ha detto lui stesso, a quattro mani: ci sono l’idea, il  progetto, alcuni contenuti di Benedetto ma anche l’attualità e personalità carismatica proprie di papa Francesco. Tra i due Pontefici,  del resto, vi è profonda sintonia anche sull’Anno delle fede e Papa  Francesco non solo ha sottoscritto il programma indicato da Benedetto,  ma lo ha arricchito. Diverse iniziative sono state aggiunte a quelle  programmate, le maglie della rete si sono allargate vista la  disponibilità e dedizione di papa Francesco.
Tutti l’abbiamo vista in tv portare in visita a Benedetto la statua  della Vergine di Fatima…  Qualche settimana fa, prima che giungesse in Vaticano la statua della  Madonna di Fatima, ho espresso a papa Francesco il desiderio che il  percorso della processione nei Giardini Vaticani includesse il monastero  Mater Ecclesiae e lui è stato molto contento di accogliere la proposta.
Così ho rivisto Benedetto con tanto affetto, e aver partecipato a questo  momento di preghiera intensa con il Papa Emerito è stato per me un  grandissimo dono. Benedetto era in buona forma e ha intonato canti e  preghiere. La Chiesa di Cristo è guidata dallo Spirito Santo, il quale  sa quali sono i momenti e gli uomini che debbono avere responsabilità  per condurla nel cammino della storia.

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LE RELIQUIE DI SAN PIETRO IN PIAZZA
Per la prima volta le reliquie che la tradizione riconosce come quelle  dell'apostolo al quale il Signore direttamente affidò la guida della  Chiesa saranno esposte in piazza San Pietro. Succederà, per decisione di  Papa Francesco, in occasione della liturgia conclusiva dell'Anno della  Fede che significativamente si celebrerà nella stessa area dove Pietro  ha dato la sua vita per il Signore. "La fede di Pietro – ha sottolineato  monsignor Fisichella - confermerà ancora una volta che la porta per  l'incontro con Cristo è sempre aperta e attende di essere varcata con lo  stesso entusiasmo e convinzione dei primi credenti".


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LE DIECI TAPPE DI UN PELLEGRINAGGIO LUNGO UN ANNO  

Un cammino lungo un intero anno scandito da dieci Giornate  Internazionali organizzate dal Pontificio Consiglio per la promozione  della nuova evangelizzazione che hanno visto arrivare a Roma fedeli  provenienti da diverse parti del mondo per il pellegrinaggio alla Tomba  di Pietro. Tra i diversi eventi, tutti caratterizzati dalla Professione  di fede, dalle catechesi, dall’adorazione eucaristica e dalla messa in  piazza San Pietro con il Pontefice, particolarmente significativo è  stato l’incontro con i cresimandi e i cresimati quando Bergoglio ha  conferito il sacramento della Confermazione a 44 ragazzi. L’appuntamento  con le Confraternite ha preceduto il grande raduno dei movimenti, delle  associazioni e delle aggregazioni laicali del 18 e 19 maggio, mentre dal 26 al 29 settembre si sono ritrovati in Vaticano i catechisti, un mese  prima, cioè, del megaincontro delle famiglie. “Nell’Anno della fede,  vogliamo ringraziare il Signore per il dono della vita, in tutte le sue  manifestazioni; e nello stesso tempo vogliamo annunciare il Vangelo  della Vita”, ha detto Francesco alla Giornata dell’Evangelium Vitae a  cui è seguita quella dei seminaristi, dei novizi, delle novizie e di  quanti sono in cammino vocazionale. Il 2 giugno si è svolta poi  l’adorazione eucaristica in contemporanea mondiale: un evento mai  accaduto prima che ha permesso ai fedeli del mondo intero, dalle Isole  Cook a Reykiavyk, in Islanda, passando per Cile, Burkina Faso, Taiwan,  Iraq, Bangladesh, Stati Uniti d'America e Filippine, di pregare insieme,  alla stessa ora, per le intenzioni proposte dal Papa.
A Sua Immagine

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Nell’ufficio di monsignor Rino Fisi­chella i rumori di via della Conci­liazione arrivano ovattati. Sotto queste finestre nell’ultimo anno sono passati milioni di pellegrini di tutto il mondo. «Un fiume di fede – sintetizza l’arcivescovo – che ci auguriamo possa irrorare con più entu­siasmo la vita delle diocesi e delle comunità locali, per realizzare quella che con papa Francesco potremmo definire la cultura del­l’incontro ». Sì, perché l’Anno della fede è or­mai al suo atto finale. «Ma il lavoro vero – af­ferma il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizza­zione, cioè il dicastero che ha coordinato i grandi eventi di questo intenso periodo – co­mincia adesso». Lei ha detto di recente che lo scopo di que­sto Anno era far ritrovare ai credenti il gu­sto della fede. Obiettivo raggiunto? Direi che si sono poste le premesse perché questo accada. E proprio i milioni di pelle­grini arrivati per visitare la tomba di Pietro lo testimoniano. Ma non basta. L’Anno del­la fede era una 'provocazione'. Adesso dob­biamo riscoprire la continuità. Ciò di cui ab­biamo profondamente bisogno è che l’en­tusiasmo trasmessoci da papa Francesco possa diventare reale conversione di vita ed esprimersi in forme pastorali rinnovate, in gioia di credere e di vivere da cristiani e in im­pegno di evangelizzazione. Come dire che finisce l’Anno della fede, ma inizia il lavoro. Esattamente. Il vero grande lavoro comincia adesso ed è un lavoro che ci sarà affidato da papa Francesco tramite l’esortazione Evan­gelii gaudium, al fine di una rinnovata azio­ne missionaria. La fede riscoperta e rivissu­ta con entusiasmo diventa adesso prodromo di un impegno concreto di evangelizzazio­ne. Questo è il grande segno che dobbiamo cogliere, mettendo in gioco noi stessi, affin­ché l’Anno che abbiamo vissuto diventi a­zione di vita personale e comunitaria pro­lungata nel tempo. Questo documento si può paragonare a «Novo Millennio Ineunte» del dopo Giubi­leo? Penso che sia molto più immediato il colle­gamento con la Evangelii nuntiandi. Perché l’intento di papa Francesco è duplice. In­nanzitutto offrire alla Chiesa un elemento comune su cui potersi impegnare in ordine all’evangelizzazione nel mondo contempo­raneo. Ma anche incoraggiare le singole Chiese locali ad affrontare le sfide particola­ri che ogni singola cultura e ogni singolo Pae­se presentano. C’è un elemento che l’ha particolarmen­te colpita e che dà la cifra dell’Anno della fede? Un’amica suora mi ha portato dalle Filippi­ne una bottiglia che ho messo nella mia li­breria e che contiene il logo dell’Anno della fede. È stata realizzata dai carcerati e a me dà la sensazione di quanto in profondità sia giunto il messaggio di questo anno, che ha toccato tutti gli ambienti ed è giunto persi­no in Cina. Commovente è poi il significato del manufatto in sé. Gli autori, infatti, chiu­dendo il logo nella bottiglia, hanno voluto e­sprimere il segno della privazione della loro libertà, ma anche la speranza che quella na­ve possa uscire dalla bottiglia e ritornare in mare aperto. Inoltre la diffusione capillare del messaggio è anche il motivo per cui il Pa­pa consegnerà Evangelii gaudium a diverse categorie di persone. L’Anno è iniziato con Benedetto XVI e si chiude con Francesco. Quale contributo hanno dato rispettivamente i due Ponte­fici? Papa Benedetto ha avuto l’intuizione di in­dire l’Anno rendendosi conto del momento di difficoltà che la Chiesa stava vivendo. Pa­pa Francesco ci ha mostrato con la sua te­stimonianza e con il suo insegnamento co­me la fede deve essere vissuta: cioè uscendo da noi stessi e andando incontro agli altri. O­ra occorre realizzare una cultura dell’incon­tro, cioè far sì che questo dinamismo diven­ti comportamento abituale. La cultura del­l’incontro del resto proviene dalla Rivela­zione stessa di Dio. È il Signore che ci viene incontro. E io spero che, seguendo l’esem­pio del Papa, questa cultura nuova diventi u­no dei frutti più maturi dell’Anno della fede. Anche perché l’uomo nostro contempora­neo è un uomo solo che si rinchiude sempre di più in se stesso, in un individualismo che si risolve in asfissia. E allora diventa inevita­bile per noi restituirgli il senso della vita, per- ché come credenti noi stessi per primi lo ab­biamo ritrovato nell’incontro con Cristo. Come è stato vissuto in Italia l’Anno della fede? Molto intensamente. Con una partecipazio­ne dinamica ed entusiasta non solo ai gran­di eventi, ma anche nelle diocesi. E colgo l’occasione per ringraziare la Cei, i vescovi, i tanti sacerdoti e i moltissimi laici che ci han­no aiutato nell’organizzazione.​

Mimmo Muolo (Avvenire)

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CONGRESSO NAZIONALE DELLA MISERICORDIA

22/11/2013 - 24/11/2013 

ROMA - VIA DI TORRE ROSSA 94  (ITALIA)


DIO È AMORE

Il tema del Congresso è contenuto in queste tre parole che costituiscono la più alta rivelazione della fede cristiana. Dopo gli appuntamenti del 22 e 23 novembre, i Congressisti sono invitati a partecipare domenica 24 novembre alla celebrazione della solennità di Cristo Re in Piazza San Pietro presieduta da Papa Francesco che concluderà l'Anno della fede. È stato chiesto al Santo Padre un Suo saluto.
Sede del Congresso:
Auditorium Michelangelo
Domus Pacis Torre Rossa Park
Via di Torre Rossa, 94
Per informazioni e prenotazioni contattare la Segreteria Organizzativa:Joining People Srl
Via F. Ferraironi, 25 T3/A - 00177 Roma
Tel. +39 06/2020227 - Fax +39 06/20421308
Email info@joiningpeople.it

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