lunedì 25 novembre 2013

Sotto il segno di Pietro




Il  tweet di Papa Francesco: "Vivere la carità significa non cercare il proprio interesse, ma portare i pesi dei più deboli e poveri." (25 novembre 2013)

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Papa Francesco ai volontari che hanno prestato servizio nell’organizzazione dell’Anno della fede. “Siamo testimoni che la fede in Cristo è capace di scaldare i cuori, diventando realmente la forza motrice della nuova evangelizzazione

Alle ore 11.30 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i volontari che hanno prestato servizio nell’organizzazione dell’Anno della fede. Dopo l’indirizzo di omaggio del Presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, S.E. Mons. Rino Fisichella, il Papa ha rivolto ai presenti il discorso che riportiamo di seguito:
Cari fratelli e sorelle,
l’Anno della fede, che si è concluso ieri, è stato per i credenti un’occasione provvidenziale per ravvivare la fiamma della fede, quella fiamma che ci è stata affidata nel giorno del Battesimo, perché fosse da noi custodita e condivisa.
Durante questo Anno speciale, voi avete speso con generosità parte del vostro tempo e delle vostre capacità, specialmente al servizio dei percorsi spirituali proposti ai vari gruppi di fedeli con appropriate iniziative pastorali. A nome della Chiesa io vi ringrazio, e insieme ringraziamo il Signore per tutto il bene che ci dona di compiere. In questo tempo di grazia abbiamo potuto riscoprire l’essenziale del cammino cristiano, nel quale la fede, insieme con la carità, occupa il primo posto. La fede, infatti, è cardine dell’esperienza cristiana, perché motiva le scelte e gli atti della nostra vita quotidiana. Essa è la vena inesauribile di tutto il nostro agire, in famiglia, al lavoro, in parrocchia, con gli amici, nei vari ambienti sociali. E questa fede salda, genuina, si vede specialmente nei momenti di difficoltà e di prova: allora il cristiano si lascia prendere in braccio da Dio, e si stringe a Lui, con la sicurezza di affidarsi ad un amore forte come roccia indistruttibile. Proprio nelle situazioni di sofferenza, se ci abbandoniamo a Dio con umiltà, noi possiamo dare una buona testimonianza. Cari amici e amiche, il vostro prezioso servizio di volontariato, per i vari eventi dell’Anno della fede, vi ha dato l’opportunità di cogliere meglio di altri l’entusiasmo delle diverse categorie di persone coinvolte. Insieme dobbiamo veramente lodare il Signore per l’intensità spirituale e l’ardore apostolico suscitati da tante iniziative pastorali promosse in questi mesi, a Roma e in ogni parte del mondo. Siamo testimoni che la fede in Cristo è capace di scaldare i cuori, diventando realmente la forza motrice della nuova evangelizzazione. Una fede vissuta in profondità e con convinzione tende ad aprirsi a vasto raggio all’annuncio del Vangelo. E’ questa fede che rende missionarie le nostre comunità! E in effetti c’è bisogno di comunità cristiane impegnate per un apostolato coraggioso, che raggiunga le persone nei loro ambienti, anche in quelli più difficili.
Questa esperienza che avete maturato nell’Anno della fede aiuta prima di tutto voi, ad aprire voi stessi e le vostre comunità all’incontro con gli altri, soprattutto a quanti sono più poveri di fede e di speranza nella loro vita. Sono tante le persone che hanno bisogno di un gesto umano, di un sorriso, di una parola vera, di una testimonianza attraverso la quale cogliere la vicinanza di Gesù Cristo. Non manchi a nessuno questo segno di amore e di tenerezza che nasce dalla fede. Ancora vi ringrazio e invoco su di voi e sulle vostre famiglie la benedizione del Signore.

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Francesco chiude l'Anno della Fede: venera le reliquie attribuite a San Pietro tenendole tra le braccia durante il Credo e consegna l'esortazione «Evangelii gaudium». Appello per la pace in Siria e in Terra Santa

ANDREA TORNIELLI


Sulla croce, vicino a buon ladrone, «Gesù pronuncia solo la parola del perdono, non quella della condanna; e quando l’uomo trova il coraggio di chiedere questo perdono, il Signore non lascia mai cadere una simile richiesta». È questo il messaggio con il quale Francesco ha concluso  l'omelia della messa celebrata sul sagrato della basilica vaticana in conclusione dell'Anno della Fede, alla presenza delle reliquie attribuite a San Pietro e ritrovate durante gli scavi effettuati nel dopoguerra: il Papa le venerate e quasi abbracciate reggendo lo scrigno di bronzo che le contiene per sei minuti e mezzo, durante l'intero canto del Credo.


Al termine della celebrazione, Bergoglio ha consegnato a 36 rappresentanti del «popolo di Dio» (compresi due giornalisti) il testo dell'esortazione apostolica «Evangelii gaudium», dedicata all'evangelizzazione, che sarà pubblicata ufficialmente martedì. Prima dell’inizio della messa, è stata effettuata una raccolta di offerte da destinare alle popolazioni delle Filippine colpite dal tifone.


Nell'omelia, il Papa ha ricordato il predecessore Benedetto XVI, con «affetto e riconoscenza», ha definito «provvidenziale iniziativa» l'Anno della Fede, ha salutato i patriarchi e agli arcivescovi maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche. «Lo scambio della pace, che compirò con loro - ha detto - vuole significare anzitutto la riconoscenza del vescovo di Roma per queste comunità, che hanno confessato il nome di Cristo con una esemplare fedeltà, spesso pagata a caro prezzo. Allo stesso modo, per loro tramite, con questo gesto intendo raggiungere tutti i cristiani che vivono nella Terra Santa, in Siria e in tutto l’Oriente, al fine di ottenere per tutti il dono della pace e della concordia».


Commentando le letture bibliche Francesco ha parlato della centralità di Gesù, «centro della creazione; e pertanto l’atteggiamento richiesto al credente, se vuole essere tale, è quello di riconoscere e di accogliere nella vita questa centralità di Gesù Cristo, nei pensieri, nelle parole e nelle opere. Quando si perde questo centro, perché lo si sostituisce con qualcosa d’altro, ne derivano soltanto dei danni, per l’ambiente attorno a noi e per l’uomo stesso».


«Cristo, discendente del re Davide - ha detto ancora Bergoglio - è il “fratello” intorno al quale si costituisce il popolo, che si prende cura del suo popolo, di tutti noi, a costo della sua vita». E, infine, - ha spiegato - «Cristo è il centro della storia dell’umanità e di ogni uomo. A Lui possiamo riferire le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di cui è intessuta la nostra vita. Quando Gesù è al centro, anche i momenti più bui della nostra esistenza si illuminano, e ci dà speranza, come avviene per il buon ladrone nel Vangelo di oggi».


Francesco ha ricordato le parole del buon ladrone e ha aggiunto: «Gesù pronuncia solo la parola del perdono, non quella della condanna; e quando l’uomo trova il coraggio di chiedere questo perdono, il Signore non lascia mai cadere una simile richiesta. La promessa di Gesù al buon ladrone ci dà una grande speranza: ci dice che la grazia di Dio è sempre più abbondante della preghiera che l’ha domandata... Chiediamo al Signore di ricordarsi di noi, certi che, per la sua misericordia, potremo condividere la sua gloria in paradiso».


Al termine della messa, prima dell'Angelus, Francesco ha salutato la comunità ucraina, che «ricorda l’80° anniversario dell’Holodomor, la “grande fame” provocata dal regime sovietico che causò milioni vittime», e «il beato Junípero Serra, missionario francescano spagnolo, di cui ricorre il terzo centenario della nascita». Il Papa ha anche ringraziato in modo particolare monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione.