di Andrea Piccolo
Sembra quasi un fatto di costume, una moda, una normale evoluzione delle abitudini e dei comportamenti della popolazione, effetto della costante trasformazione dell’idioma e dei segni utilizzati per comunicare. D’altra parte abbiamo sperimentato tutti l’estrema fluidità del linguaggio e ne è esempio lampante quello gergale giovanile, completamente stravolto e rinnovato nel giro di pochi anni.
Pertanto, le iniziative che a breve distanza di tempo si moltiplicano, che da più parti avanzano la proposta di modificare nella forma modulistica varia, sostituendo i termini padre e madre con un generico genitore lì dove apporre la firma, paiono tutto sommato stravaganze di una modernità linguistica cui dobbiamo ancora fare l’orecchio. Dopo tutto, fa notare qualcuno, tra tanti problemi seri che dobbiamo fronteggiare, la dicitura stampata sui moduli rappresenta un formalismo trascurabile e privo di importanza.
Tutto questo sarebbe condivisibile se si trattasse davvero di una evoluzione della lingua, ma una innovazione linguistica si sarebbe sviluppata dall’uso quotidiano popolare; poiché invece il cambiamento ha origine da figure che rappresentano una autorità, ancorchè modesta come la direzione di una singola scuola, esiste una strategia precisa e una esplicita intenzionalità. Inoltre il numero e la localizzazione di proposte apparentemente disgiunte indica una capacità di coordinamento che non è limitato dai confini nazionali.
Qualcuno potrebbe trovare esagerato parlare di strategia dietro l’adeguamento di un modulo, ma si possono notare delle particolarità piuttosto significative: ovunque la sostituzione avviene utilizzando i medesimi termini genitore 1 e 2; la sostituzione avviene in contesto burocratico, dove siamo solitamente più arrendevoli nel far rispettare i nostri diritti; genitore non è una alternativa in “burocratese” di padre o madre, perché se un burocrate avesse voluto generalizzare la modulistica avrebbe usato termini come vicario (chi fa le veci), tutore (chi cura e protegge), delegato (chi è obbligato a un compito), la numerazione sarebbe scomparsa oppure sarebbe diventata virtualmente illimitata e mai avrebbe usato il termine genitore, che è troppo ricco di valenze sociologiche totalmente fuori controllo per una mente burocratica. Altro aspetto significativo da osservare è che queste iniziative, almeno in Italia, si muovono al di fuori e prima di qualsiasi legislazione o direttiva autorevole in materia (spero si concordi sul fatto che l’auspicio di un ministro non sia ancora una direttiva); le leggi seguiranno, ma l’azione ha preceduto.
Molti ritengono che l’abolizione di padre e madre sia un apripista verso il matrimonio e le adozioni per gli omosessuali, ma io non condivido questo punto di vista: lo scopo non è quello.
Innanzitutto va osservato che gli omosessuali non posso essere genitori più di quanto possano esserlo gli eterosessuali, ovvero diventando papà oppure mamma. Che sia secondo il modo tradizionale, con una fecondazione in vitro, un utero in affitto o qualche altra incredibile depravazione (qualcuno progetta di gestare i bambini negli uteri di maiali, e non è una iperbole letteraria), alla fine ci sono sempre un uomo e una donna che forniscono metà del patrimonio genetico e quindi, in ultima analisi, un papà e una mamma naturali, genetici per intenderci. Che poi questo papà e questa mamma siano gli stessi coi quali il figlio coabita è un altro discorso, per cui, se proprio vogliamo essere onesti, a fronte della compagna omosessuale della mamma naturale (caso piuttosto raro) o della nuova compagna di papà (caso indubiamente più frequente e diffuso) la denominazione “madre” o “genitore” non ci azzecca un bel niente in nessun caso; oltretutto nel momento in cui non sono più il padre e la madre a firmare, non si capisce per quale motivo le firme debbano essere due, e spero che nessuno obbietti “per non far sentire escluso o inferiore l’altro convivente” chè poi ci trovermemo a dover stabilire se sia più paritario porre le firme incolonnate o sulla stessa riga!
Allora come mai continuano a proporre l’adozione di genitore 1 e 2, quando un semplice ragionamento conduce alla conclusione che non è una scelta rispettosa di quel disagio che vorrebbe celare? Per quale motivo si vuole rimuovere il riferimento alla paternità e alla maternità mantenendo quello alla generazione, che rimane una palese impossibilità in qualunque nucleo convivente di omosessuali? Se si trattasse della pertesa forma di rispetto per i legami omosessuali avrebbero scelto altri termini; se qualcuno avesse ragionato liberamente, volendo cambiare avrebe suggerito altri termini; se tanti sparsi nel mondo fanno la stessa proposta irragionevole, è ragionevole sospettare che nasconda una strategia non dichiarata.
Ci sono fatti apparentemente non collegati che sono illuminanti sui perché:
L’ OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha emanato un documento di standard per l’educazione sessuale, di fatto già recepito dall’Unione Europea cui seguirà inevitabilmente l’Italia, che, dietro la parvenza dei nobili intenti di una sessualità matura e responsabile, in concreto caldeggia una pubblica istruzione che garantisca una scoperta esplicita della sessualità, fin dagli asili nido e scuole materne.
Magari qualche lettore ha pensato cose sconvenienti, allora mi spiego meglio: nel documento “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa” reperibile nella versione ufficiale italiana qui: è stata stilata una matrice dell’educazione sessuale che “è un quadro di riferimento dal quale il formatore/l’educatore può selezionare gli argomenti di particolare interesse per il gruppo al quale si rivolge” (pag 33), ad esempio nella sezione 0-4 anni, per la tematica sessualità, prevede tra le informazioni “gioia e piacere nel toccare il proprio corpo, masturbazione infantile precoce” e tra le competenze “esprimere i propri bisogni, desideri e limiti, ad esempio nel “gioco del dottore”; (pag 38) essendo poi “evidenziati in arancione sono argomenti principali o standard minimi che devono essere presenti nell’educazione sessuale.” (pag 36)
Ora è chiaro che se nella scuola materna di mio figlio si azzardano a fare qualche attività che possa anche vagamente assomigliare a “educazione sessuale”, due minuti dopo sono lì a rivoltare il corpo docente dal primo all’ultimo individuo, dopo di che passo dal dirigente. Ma se io invece di essere il padre sono soltanto genitore, posso ancora rivendicare il diritto-dovere di decidere l’educazione da impartire a mio figlio?
Genitore 1 e genitore 2 non hanno la finalità di introdurre matrimonio e adozioni per gli omosessuali ma piuttosto il contrario, mentre la comunità omosessuale sembra prestarsi quale pedina inconsapevole alle mire di un progetto totalitario. Anche il caso del bambino dato in affidamento alla “coppia gay”, in ultima analisi non è un problema in quanto apripista per le adozioni omosessuali, ma in quanto affermazione di una autorità che può decidere arbitrariamente qualunque cosa, a prescindere da qualunque buonsenso e in dispregio del diritto di chiunque.
Per scalzare la famiglia tradizionale, fanno leva sulle unioni omosessuali, ma al totalitarismo non interessa niente né degli uni né degli altri; la sola cosa importante è mantenere il controllo assoluto sulla educazione e sul percorso di maturazione dell’infanzia, per garantirsi generazioni di sudditi obbedienti e remissivi.
Esagerazioni? Vaneggiamenti? In Francia già si tengono convegni dove relatori molto vicini a chi sta organizzando la legge famiglia, il passo successivo al matrimonio per tutti, propongono di separare genitorialità e relazione coniugale in modo che i bambini fin dalla nascita, giusto passato il tempo dello svezzamento, alternino la residenza in cui vivono ( anche l’audio ma tutto in francese).
Pensate un attimo che il numero di bambini con sei mesi di età che ha i genitori separati è praticamente zero; poi pensate a cosa stanno veramente dicendo che vorrebbero fare dei nostri bambini.
La prossima volta che ti fanno osservare che cambiare padre in genitore è un formalismo e non si vede perché fare difficoltà, rispondi che se è un formalismo può restare così com’è adesso.
E scusate se ho concluso dando del tu…