venerdì 29 novembre 2013

La morte degli innocenti

Eutanasia

Morte agli innocenti: eutanasia dei bambini in Belgio
di Tommaso Scandroglio
Il Belgio ha battuto un funereo primato: è diventato il primo paese al mondo che consente di praticare l’eutanasia anche sui bambini, senza limiti di età. E così la vita in Belgio può essere interrotta senza soluzione di continuità dal concepimento fino ai 99 anni.
L’estensione anche ai minori e – così si sta tentando - alle persone affette da demenza della legge del 2002 sull’eutanasia è stata decisa mercoledì dalle Commissioni Giustizia e Affari sociali con 13 voti a favore e 4 contrari (i cristiano-democratici francofoni e fiamminghi e i membri del partito di estrema destra fiammingo).
Entro fine maggio il Senato dovrà esprimersi, ma il risultato è pressoché scontato e la legge quasi certamente passerà.
La proposta di legge, nata in seno al partito socialista, prevede che i medici, una volta ottenuto il consenso di entrambi genitori o dei rappresentanti legali del minore, potranno porre «fine alla vita di un bambino, qualora si trovi in una situazione medica senza uscita, in uno stato di sofferenza fisica costante e insopportabile, e che presenti una domanda di eutanasia». Oltre a ciò è richiesto che versi in uno “stadio terminale” della malattia.
Inizialmente il testo prevedeva che lo stato di sofferenza non fosse soltanto fisico ma anche psichico, ma questa ultima circostanza è stata omessa. In realtà si tratta di una foglia di fico: perché la sofferenza, anche quella generata da un malessere fisico, è uno stato psichico e dunque sperimentabile misurabile solo dal soggetto stesso. Ciò a dire che qualsiasi pur lieve patologia potrà essere percepita dal piccolo paziente come “insopportabile” e quindi risultare motivo sufficiente perché i genitori chiedano l’eutanasia.
In merito poi al requisito che prevede che sia il minore a chiedere di morire – minore che non può acquistare un’auto ma che può decidere di farla finita - un’equipe di psicologi e psichiatri dovranno valutare la «capacità di discernimento» del minore con la «garanzia che ciò che esprime sia ciò che comprende». Ovvio che gli ermeneuti del disagio infantile vedranno in una qualsiasi e innocua smorfia di dolore una dichiarata volontà di morte.
Senza poi contare il fatto che a nessun bambino viene in mente di chiedere di morire. Ma i legislatori belgi hanno pensato pure a questo: il minore dovrà essere edotto anche su tale possibilità. È evidente che l’azione di suggestione su un bambino è facilissima da attuarsi.
All’inizio di novembre un comunicato congiunto dei principali leader religiosi aveva attaccato la proposta di legge: «L'eutanasia di persone vulnerabili, bambini o persone con demenza è una contraddizione radicale del loro status di esseri umani».
La cosiddetta “dolce morte” in Belgio è legale dal 2002. Lo scorso anno si è verificata un’impennata delle morti per eutanasia del 25% rispetto all’anno precedente. Siamo passati dai 235 decessi del primo anno di introduzione della legge ai 1.432 del 2012. Hanno avuto libero accesso anche i detenuti, quasi una decina (d’altronde il carcere non è una pena?), e i disabili.
La pratica eutanasica si tenta di venderla addirittura non come se fosse l’extrema ratio di fronte ad una situazione intollerabile, bensì come atto ricco di umanità proprio del buon samaritano. Infatti a maggio di quest’anno alcuni medici belgi presenti alla 21° Conferenza di Chirurgia Toracica Generale a Birmingham proposero che l’eutanasia venisse diffusa come pratica utile per reperire organi umani.
Nei lavori preparatori della Commissioni parlamentari sono intervenuti il dott. Jan Barnheim, il quale ha reso noto che anche le infermiere ormai praticano l’eutanasia ai pazienti, Alex Schandeberg della Euthanasia Prevention Coalition e il prof. Etienne Veermersch il padre delle leggi su aborto e eutanasia in Belgio. Veermersch – ex seminarista gesuita e sostenitore di una legge sulla pedofilia - ha detto che occorre modificare la legge esistente «per consentire di praticare l’eutanasia sugli handicappati» e che «la paralisi dà diritto all’eutanasia». Chiede che venga abolito il giuramento di Ippocrate e che tutti gli ospedali anche quelli cattolici debbano fornire i servizi abortivi. È un vecchio malthusiano convinto della bontà delle decrescita della popolazione: «È assolutamente immorale che chiunque possa avere dei figli se lo vuole». Propone anche un incentivo per chi non fa figli: «Premi alle donne che si sottopongono alla sterilizzazione»: la chiama “coercizione lieve”. Chiaro è che Veermersch ha visto nella proposta di estendere anche ai minori l’eutanasia una ghiotta opportunità per diminuire il numero di bocche, seppur piccole, che questo esausto pianeta deve sfamare.
Il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, intervistato da Radio Vaticana ha così commentato l’approvazione del testo da parte delle commissioni parlamentari: «È un salto. Un salto abissale, sotto il livello di civiltà, di umanità. […] Se si giustifica un intervento umanitario, anche armato, per fermare la lesione dei diritti umani, qui c’è da mobilitare se non altro le coscienze». E in merito alla verifica da parte di uno psicologo che il bambino sia cosciente di quello che sta chiedendo, il cardinale puntualizza che «chiunque sia a certificarlo, non può certificare il diritto alla vita. Io non ho visto mai che ad una persona che sta per suicidarsi buttandosi da un ponte, gli si vada a chiamare lo psicologo».
È comprensibile che lo sconcerto, non solo in casa cattolica, sia grande, ma in fondo non stupisce più di tanto questa mossa del Belgio, in un certo qual modo anticipata dall’Olanda dove è possibile sopprimere i bambini fino al 12° anno di età. Non stupisce perché laddove si pone come unico criterio quello della qualità della vita e non quello dell’intrinseca preziosità della persona umana allora, per logica, il criterio dell’età appare meramente accessorio. Se le porte dell’eutanasia per gli adulti si possono aprire allorquando la propria esistenza è percepita come un peso perché non estendere questo criterio anche ai bambini? Forse che questi non soffrono come soffrono gli adulti, anzi in modo ancor più acuto? Se il dolore promette ad una piccola creatura di accompagnarlo per tutta la sua vita, non è meglio intervenire il prima possibile per togliergli questa molesta compagnia?